Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10339 del 03/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10339 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 6824-2010 proposto da:
POSTE

ITALIANE

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio
dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa
dalllavvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

664

SPINIELLO ANTONIETTA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 49/2009 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 03/05/2013

di REGGIO CALABRIA, depositata il 04/03/2009 r.g.n.
768/04;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/02/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;

GAETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’inammissibilità o rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato SERRANI TIZIANA per delega GRANOZZI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 4 marzo 2009) respinge l’appello di
Poste Italiane s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 2061/03 del 30 maggio
2003, che ha dichiarato l’illegittimità del trasferimento da Reggio Calabria all’Ufficio postale di
Palmi disposto dalla suddetta società nei confronti di Antonietta Spiniello, con ordine di servizio n.
273 del 13 settembre 2000.
La Corte d’appello di Reggio Calabria, per quel che qui interessa, precisa che:
a) è pacifico tra le parti che nella specie trova applicazione la circolare n. 7 del 1999, peraltro
espressamente richiamata da Poste Italiane sia nell’atto di impugnazione sia nell’ordine di servizio
n. 273 del 13 settembre 2000, con cui è stato disposto il trasferimento di cui si discute;
b) in base alla suddetta circolare il caso in esame deve essere ricondotto alla fattispecie della
mobilità intercomunale, che prescinde dalla nozione di unità produttiva;
c) la circolare prevede che la società indichi i criteri in base ai quali ricollocare le unità di
personale interessate alle procedure di mobilità collettive, con l’inserimento in diverse graduatorie;
d) nella graduatoria unica interdistrettuale vanno collocati quei lavoratori che, come la
Spiniello, dato il minor punteggio attribuito, non si sono collocati in posizione utile nelle singole
graduatorie settoriali;
e) in tale graduatoria la Spiniello risulta collocata al 1° posto, mentre la sua collega Bruno è al
20° posto della graduatoria;
f) il personale inserito in tale graduatoria insieme con quello proveniente dalle Agenzie di
coordinamento confluisce nella graduatoria unica intersettoriale, nella quale risultano collocati
dipendenti tutti eccedentari e quindi tutti da trasferire dall’ufficio di provenienza, ma non
necessariamente in un Comune diverso da quello di appartenenza;
g) lo scopo della graduatoria, infatti, è proprio quello di attribuire un trattamento migliore a
chi è collocato in una posizione migliore, nella graduatoria unificata, sulla base della provenienza
dei dipendenti;
h) nella specie sia la Spiniello sia la Bruno appartenevano alla medesima graduatoria
unificata, ma la prima era collocata in posizione nettamente migliore della seconda, pertanto la
Spiniello avrebbe potuto essere trasferita in un Comune diverso da quello di provenienza solo dopo
la Bruno, la quale invece ha continuato a prestare servizio nell’originaria sede di Reggio Calabria.
2.— Il ricorso di Poste Italiane s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi;
Antonietta Spiniello non svolge attività difensiva.
1

Udienza del 21 febbraio 2013 — Aula A
n. 12 del ruolo — RG n. 6824/10
Presidente: Miani Canevari – Relatore: Tria

MOTIVI DELLA DECISIONE

I — Sintesi dei motivi di ricorso
1.— Il ricorso è articolato in tre motivi.

Nel relativo quesito si chiede di stabilire, alla luce delle disposizioni sull’interpretazione dei
contratti, se, a fronte della suindicata circolare aziendale e dell’accordo sindacale di medesimo
contenuto in essa trascritto, i quali prevedono la formazione di distinte graduatorie per l’attuazione
della mobilità del personale tra diversi Comuni e per la mobilità nell’ambito dello stesso Comune,
un lavoratore inserito in una sola graduatoria di mobilità intercomunale possa permanere
nell’ambito del medesimo Comune di provenienza ove ciò sia eccezionalmente consentito
dall’azienda ad altro lavoratore che lo segue nella medesima graduatoria, ovvero se lo stesso debba
essere comunque trasferito, unitamente agli altri lavoratori inseriti nella medesima graduatoria, in
altro Comune.
1.2.— Con il secondo motivo si denuncia contraddittoria e insufficiente motivazione su punti
decisivi della controversia.
Si sostiene che, se la Corte avesse attentamente esaminato la documentazione in atti, avrebbe
sicuramente rilevato che la permanenza a Reggio Calabria della Bruno era stata deliberata non a
seguito di applicazione o scorrimento della graduatoria unica, ma con un provvedimento ad
personam, frutto di scelte discrezionali dell’imprenditore.
1.3.— Con il terzo motivo di ricorso si denunciano: a) violazione e falsa applicazione degli
artt. 1175, 1375 e 2103 cod. civ., dell’art. 111 Cost., degli artt. 100, 166 e 416 cod. proc. civ.,
nonché dell’art. 2697 cod. civ.; b) omessa motivazione su punti decisivi della controversia.
Si lamenta che la Corte d’appello non abbia esaminato i documenti allegati dai quali risultava
che il trasferimento in oggetto è stato determinato da comprovate ragioni tecniche e organizzative
dell’azienda.
Si sostiene che, non avendo la lavoratrice contestato nella memoria di costituzione o nella
prima difesa utile, i fatti allegati dalla società per comprovare le ragioni tecnico-organizzative poste
base del trasferimento, tali fatti avrebbero dovuto essere considerati pacifici e non più oggetto di
dimostrazione, senza che la società potesse considerarsi ancora onerata a fornirne la prova, anche in
assenza di contestazione della parte avversaria.
Si soggiunge che la soppressione del posto di lavoro nella sede di provenienza e la vacanza
del posto nella sede di destinazione sono da considerare — diversamente da quanto ritenuto dalla
Corte territoriale — elementi sufficienti per desumere la sussistenza di comprovate ragioni tecnicoorganizzative del provvedimento di trasferimento, senza che a nulla rilevi, in base ai principi di
correttezza e buona fede, l’avvenuta adozione di un difforme provvedimento ad personam con
2

1.1.— Con il primo motivo si denuncia violazione della circolare n. 7 del 1999 e dell’accordo
sindacale 17 febbraio 1999 e violazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ.

riguardo ad altri lavoratori posti in graduatoria in posizioni meno favorevoli rispetto al lavoratore
trasferito.

Esame delle censure

jus receptum che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste
nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie
astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa (Cass. SU 5 maggio 2006, n. 10313; Cass. 22 luglio 2007, n. 4178; Cass. 16 luglio
2010, n. 16698).
D’altra parte, come questa Corte ha avuto modo di affermare in controversie analoghe alla
presente, l’interpretazione della disciplina collettiva e delle varie direttive e circolari citate nel
ricorso nonché dei relativi atti di attuazione costituisce operazione riservata ai giudici del merito,
come tale censurabile in questa sede di legittimità unicamente per violazione delle norme legali di
ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 cod. civ. e ss., o per vizio logico nella relativa
motivazione di sostegno.
Nel caso di specie, la censura di violazione dei criteri legali di interpretazione è unicamente
enunciata nella rubrica relativa al ricorso restando viceversa non sviluppata nella illustrazione dello
stesso, ove ci si limita a sostenere, senza darne alcuna pertinente spiegazione, una diversa
interpretazione della circolare n. 7 del 1999 e dell’accordo sindacale 17 febbraio 1999 richiamati.
3.—Anche il secondo motivo non è da accogliere.
Le censure con esso prospettate si risolvono, infatti, nella generica denuncia di vizi di
motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai
fini della ricostruzione dei fatti.
Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di
riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza
giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo
consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze
probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito
(vedi, tra le tante: Cass. 20 dicembre 2012, n. 23649; Cass. 22 novembre 2012, n. 20723; Cass. 18
ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3
gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16
febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati acquisiti al
processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza
impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli
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2.—Il primo motivo non è da accogliere.

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono
congruamente motivate e l’iter logico—argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente
individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione e
risultando saldamente ancorato ad un esame approfondito del materiale probatorio.
Ne consegue che le doglianze mosse dalla società ricorrente si risolvono sostanzialmente nella
prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già
valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative della medesima ricorrente e si
traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile
in sede di legittimità.
4.—Pure il terzo motivo non è da accogliere.
Va, infatti, osservato, che, per il profilo riguardante la prospettata violazione di norme di
legge, le censure risultano basate sull’erroneo presupposto dell’ammissibilità dell’emissione del
provvedimento ad personam per il trasferimento della Bruno, che è in contrasto con il consolidato
principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui in materia di trasferimento
collettivo dei dipendenti postali, operato sulla base di una procedura concordata in sede sindacale
con formazione di graduatorie redatte in forza di criteri predeterminati, è onere del datore di lavoro
provare il rispetto delle regole stabilite per la formazione delle graduatorie, essendo questo
condizione della legittimità del mutamento di sede lavorativa del dipendente (vedi, per tutte: Cass.
23 novembre 2010, n. 23675).
Da tale principio si desume infatti che l’espletamento della suddetta procedura ai fini dei
trasferimenti del personale, con la compilazione delle diverse graduatorie, rende vincolante il
rispetto delle graduatorie stesse da parte della datrice di lavoro, perché fa nascere nel candidato
utilmente collocato il diritto soggettivo al rispetto della posizione acquisita in graduatoria.
A questi principi si è uniformata la Corte d’appello di Reggio Calabria, supportando la
propria decisione con congrua e logica motivazione.
III — Conclusioni
5.—In sintesi il ricorso deve essere respinto. Nulla si deve disporre per le spese del presente
giudizio di cassazione, non avendo Antonietta Spiniello svolto attività difensiva.
P.Q.M.
4

elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al
principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui
all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura
della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26
marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12
febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18
settembre 2009, n. 20112).

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 21 febbraio 2013.

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