Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10338 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/06/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 01/06/2020), n.10338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32500 – 2018 R.G. proposto da:

M.G., – c.f. (OMISSIS), – rappresentata e difesa in

virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Fabio

Spanò ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Savorelli, n.

114, presso la dottoressa Loredana Casano.

– ricorrente –

contro

A.F., – c.f. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 883 – 23.2/26.4.2018 della corte d’appello di

Palermo, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24

ottobre 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto del 4.1.2008 M.G. citava a comparire innanzi al giudice di pace di Marsala A.F..

Chiedeva che l’adito giudice – tra l’altro – la dichiarasse comproprietaria del viottolo interposto tra la sua proprietà e la proprietà del convenuto e dichiarasse il convenuto privo sul viottolo di qualsivoglia diritto.

2. Si costituiva A.F..

Instava per il rigetto dell’avversa domanda; in riconvenzionale chiedeva procedersi al regolamento dei confini tra i limitrofi fondi ed alla individuazione dell’esatta sede del viottolo.

3. Riassunto il giudizio dinanzi al tribunale di Marsala, espletata la c.t.u. all’uopo disposta, con sentenza dei 28/29.3.2012 il tribunale – tra l’altro – dichiarava l’attrice comproprietaria del viottolo, dichiarava il convenuto estraneo alla comproprietà del viottolo, accertava il confine tra i fondi.

4. M.G. proponeva appello.

Resisteva A.F.; proponeva appello incidentale.

4.1. Con sentenza n. 883 dei 23.2/26.4.2018 la corte d’appello di Palermo in parziale riforma della gravata sentenza – tra l’altro – rideterminava il confine tra i fondi delle parti in lite rispetto al viottolo comune conformemente a quanto rappresentato nelle tavole n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) allegate alla relazione di c.t.u.

5. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso M.G.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

A.F. non ha svolto difese.

6. Il relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., e quindi la nullità parziale della sentenza.

Deduce che con l’esperito appello principale in nessun modo ha domandato la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui individuava il confine tra i fondi (cfr. ricorso, pagg. 6 – 7); che parimenti con l’esperito appello incidentale in nessun modo A.F. ha censurato il primo dictum nella parte in cui recava determinazione del confine (cfr. ricorso, pag. 7).

Deduce pertanto che la corte di merito è incorsa nel vizio di ultrapetizione, allorchè ha rideterminato il confine già individuato dal tribunale.

8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1.

Deduce che la sentenza di primo grado è passata in giudicato nella parte in cui ha accertato che A.F. non è comproprietario del viottolo; che dunque sul punto, costituente un capo autonomo della sentenza di prime cure, si è formato il giudicato “interno”.

Deduce che conseguentemente la corte distrettuale non avrebbe potuto identificare il confine tra i fondi con l’asse del viottolo.

Deduce per altro verso che la corte territoriale non ha tenuto conto dei chiarimenti successivamente resi dal c.t.u. con la relazione del 10.3.2010, chiarimenti alla cui stregua l’ausiliario ha assunto che i confini tra le limitrofe proprietà e la sede del viottolo fossero da determinare conformemente alle risultanze di cui alle tavole n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS).

9. Il primo motivo è infondato e va respinto.

10. Si premette innanzitutto che il primo mezzo di impugnazione non è, a rigore, debitamente specifico ed “autosufficiente”.

Questo Giudice del diritto spiega che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità qualora sia denunciato un error in procedendo – è il caso de quo – presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dagli oneri correlati alle regole della specificità e dell'”autosufficienza”, quali positivamente sancite all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, (cfr. Cass. (ord.) 29.9.2017, n. 22880; Cass. 20.9.2006, n. 20405).

10.1. In questi termini ben avrebbe dovuto la ricorrente, onde consentire a questa Corte il compiuto vaglio dei suoi assunti, riprodurre più o meno testualmente i passaggi motivazionali del primo dictum, nella parte in cui recava accertamento del confine tra i fondi delle parti in lite, il tenore del motivo dell’appello incidentale esperito, in parte qua, da A.F. (la ricorrente si è limitata ad addurre – cfr. pagg. 4/5 – che dall'”appello incidentale azionato dall’ A. (…) risultava esclusa qualsiasi domanda riconvenzionale/incidentale al fine di ottenere una modifica della sentenza in primo grado in merito al regolamento dei confini ovvero anche solo per far declarare qualche diritto sul viottolo esistente”) ed il tenore del motivo, in parte qua, del proprio appello principale.

11. In ogni caso si reputa che, alla stregua del rilievo per cui “le contrapposte molteplici doglianze (inerivano) a profili e riflessi particolari della principale ragione di contrasto tra le parti, riguardante la determinazione della linea di confine tra i rispettivi fondi” (così sentenza d’appello, pag. 5), la corte di seconde cure ha rettamente interpretato la proiezione, segnatamente, del gravame incidentale esperito da A.F..

Del resto questa Corte spiega che, ai fini della individuazione del “thema decidendum” in appello, sebbene l’art. 342 c.p.c., preveda la devoluzione al giudice d’appello delle sole questioni che siano state fatte oggetto di specifici motivi di gravame, esso si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, necessariamente connessi ai punti censurati, e con possibilità di riesame dell’intero rapporto controverso e di tutte le questioni dibattute dalle parti in primo grado se i motivi d’appello fanno puntuale riferimento all’impianto logico letterale complessivo della sentenza di primo grado, sottoponendola ad una critica completa e radicale (cfr. Cass. 22.7.2002, n. 10681; Cass. sez. lav. 3.4.2017, n. 8604, secondo cui, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicchè non viola il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel “thema decidendum” del giudizio).

Cosicchè del tutto ingiustificato è l’assunto della ricorrente secondo cui “la riforma della sentenza di primo grado, in merito alla determinazione del confine, (…) avrebbe dovuto risultare in modo non equivoco dal complesso delle deduzioni e conclusioni (dell’appello incidentale)” (così ricorso, pag. 7).

12. Il secondo motivo del pari è infondato e va respinto.

13. Si rappresenta che, ove non sia stata proposta impugnazione nei confronti di un capo della sentenza e sia stato, invece, impugnato un altro capo strettamente collegato al primo, è da escludere che sul capo non impugnato si possa formare il giudicato interno (cfr. Cass. 2.3.2010, n. 4934).

Più esattamente la formazione della cosa giudicata, per mancata impugnazione su un determinato capo della sentenza investita dall’impugnazione, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame, perchè fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se gli altri vengono meno (cfr. Cass. 29.4.2006, n. 10043; Cass. 23.3.2012, n. 4732, secondo cui costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato anche interno, quello che risolve una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; la suddetta autonomia manca non solo nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verta in tema di valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorre a formare un capo unico della decisione; Cass. sez. lav. 23.9.2016, n. 18713).

14. In questi termini devesi ritenere che le contrapposte plurime doglianze riguardanti la determinazione della linea di confine tra i rispettivi fondi (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) erano destinate inevitabilmente a riflettersi pur in merito alla dichiarazione – operata dal primo giudice – di estraneità di A.F. alla comproprietà del viottolo, siccome profilo, quest’ultimo, indiscutibilmente collegato al profilo della determinazione del confine.

Cosicchè del tutto ingiustificati sono gli assunti della ricorrente secondo cui si era formato il “giudicato interno” riguardo all’estraneità dell’ A. alla comproprietà del viottolo e secondo cui, ulteriormente, giammai la corte palermitana “avrebbe potuto rideterminare il confine dei fondi (…) ponendolo sull’asse del viottolo largo ottanta centimetri” (così ricorso, pag. 9).

15. Si evidenzia – con riferimento al profilo di censura altresì veicolato dal secondo mezzo di impugnazione – che il principio “judex peritus peritorum”, vigente nel nostro ordinamento e in virtù del quale è consentito al giudice di merito disattendere le argomentazioni tecniche svolte nella propria relazione dal consulente tecnico d’ufficio, importa quale unico onere per il giudice quello di un’adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto (cfr. Cass. 7.8.2014, n. 17757; Cass. 20.7.2001, n. 9922, secondo cui il giudice di merito non può ritenersi vincolato dalle deduzioni tratte dal c. t. u. in base agli accertamenti tecnici, essendo suo precipuo compito trarre autonomamente logiche conclusioni, giuridiche e di merito, sulla base del materiale probatorio acquisito).

16. In questo quadro si rappresenta che la corte siciliana ha del tutto legittimamente ritenuto di privilegiare, dandone conto esaustivamente e congruamente, ai fini della individuazione del confine la “presunzione grave e precisa” desumibile dagli accertamenti della situazione dei luoghi operati dagli ausiliari tecnici nominati nei giudizi civili intercorsi sin dal 1951 tra i danti causa delle parti in lite (cfr. sentenza d’appello, pagg. 8 – 9).

In particolare la corte siciliana ha specificato che i consulenti in precedenza nominati avevano riferito “di avere rilevato, a demarcazione dei fondi limitrofi, l’esistenza di un viottolo largo ottanta centimetri con ai margini due siepi di agave” (così sentenza d’appello, pag. 9) ed ha soggiunto che gli ausiliari avevano puntualizzato che il viottolo rinveniva esatta corrispondenza nei rilievi catastali, “segnando col proprio asse il confine tra i due fondi” (così sentenza d’appello, pag. 9).

17. In questi termini non ha precipua valenza la circostanza che la corte d’appello non abbia fatto specifico riferimento ai chiarimenti resi dal c.t.u. con la relazione del 10.3.2010.

18. A.F. non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione va pertanto assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

19. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2020

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