Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10337 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10337 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Comune di Verbania, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in Roma via G. B. Morgagni 2/A , presso l’avv. Umberto Se’garelli, rappresentato e difeso dall’avv. Donato Antonucci, giusta delega
in calce al ricorso;
– ricorrente

Contro
Congregazione Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, piazza delle Cinque Giornate 2, presso gli avv.ti Paolo e Massimo
Merlini che la rappresentano e difendono, giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte (Torino), Sez. 38, n. 63/38/11 del 6 giugno 2011, depositata il 29 settembre 2011, non notificata;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 18 febbraio 2015 dal
Relatore Cons. Raffaele Botta;
Udito l’avv. Donato Anton.ucci per il Comune ricorrente e l’avv. Massimo
Merlini per l’Istituto Religioso controricorrente;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

Oggetto:
ICI. Accertamento.
Esenzione ex art. 7,
comma 14, lett. i),
D.Lgs. n. 504 del
1992.

Data pubblicazione: 20/05/2015

Immacolata Zeno, che ha concluso per raccoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento ai
fini ICI per l’anno 2004 relativamente a due immobili di proprietà della
Congregazione, la quale, oltre a contestare l’atto impositivo per difetto di
motivazione, reclamava il proprio diritto all’esenzione prevista dall’art.
7, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 504 del 1992, affermando la sussistenza

ecclesiastico civilmente riconosciuto, sia del requisito oggettivo, in quanto per uno degli immobili era utilizzato in modo diretto strumentale a
servizio della Comunità religiosa come “casa del custode” e l’altro era utilizzato come “casa per ferie” quale servizio ricettivo a carattere extraalberghiero per il perseguimento di finalità sociali a carattere non commerciale.
L’ente locale nel costituirsi in giudizio contestava che l’attività di custodia potesse direttamente realizzare la destinazione del bene a finalità di
religione e di culto e faceva rilevare, con riferimento all’altro immobile
oggetto di accertamento, che l’attività di accoglienza era svolto dietro
pagamento di una retta giornaliera non irrilevante e prescindendo dallo
stato di bisogno del richiedente, sicché si trattava di una attività connotata in concreto come “attività commerciale” (almeno “non esclusivamente”).
La Commissione adita rigettava il ricorso dell’ente religioso riconoscendo
il carattere oggettivamente commerciale dell’attività esercitata dal contribuente. L’appello proposto dall’ente religioso, mentre nulla deduceva
in ordine all’immobile utilizzato come “casa del custode”, affermava, invece, rispetto all’immobile utilizzato come “casa per ferie”, che un ente
religiose per presunzione iuris et de iure può perseguire accanto ad
un’attività di religione e di culto anche altre attività, enumerate nella
norma agevolativa, ma sempre ugualmente perseguendo il medesimo fino, in quanto le predette attività “altro non sono che lo strumento per il
raggiungimento di un obiettivo apostolico, volto a realizzare e manifestare in concreto il carisma dello stesso Fondatore dell’opera religiosa.
La Commissione Tributaria regionale, con la sentenza in epigrafe, affermato che la controversia concerneva esclusivamente la situazione relativa
alla “casa per ferie”, accoglieva l’impugnazione, affermando che “l’ente
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nella specie tanto del requisito soggettivo, per la propria qualità di ente

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religioso, sorretto da suore, difficilmente non conferisce alla propria attività una matrice marcatamente religiosa e che tale attività per la “parte
commerciale” era strettamente e intimamente collegata a motivazioni di
ordine religioso.
Avverso tale sentenza l’ente locale ha proposto ricorso per cassazione con
unico motivo. Resiste l’ente religioso con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Con l’unico motivo di ricorso, l’ente locale denuncia, sotto il profilo della
violazione di legge e del vizio di motivazione, l’affermato riconoscimento
all’ente religioso dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i),
D.Lgs. n. 504 del 1992, contestando l’applicabilità di formulazioni (di carattere innovativo) della norma agevolativa non riferibili al tempo dell’accertamento e la mancata ricorrenza nella fattispecie della natura
commerciale dell’attività svolta dal contribuente.
Il motivo è fondato. Questa Corte ha stabilito con chiarezza che: «In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista
dall’art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 è limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo
svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nell’art.
16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, e pertanto non si applica
ai fabbricati di proprietà di enti ecclesiastici nei quali si svolga attività
sanitaria (come è nel caso di specie), non rilevando in contrario né la destinazione degli utili eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali o religiosi, che costituisce un momento successivo alla loro produzione e non fa venir meno il carattere commerciale dell’attività, né il principio della libertà di svolgimento di attività commerciale da parte di un ente ecclesiastico — fondato, oltre che sull’art. 16, lett. a), della legge n. 222
del 1985, anche sulla legge 25 marzo 1985, n. 121 in tema di revisione del
concordato —, né la successiva evoluzione normativa, in quanto a) l’art. 7,
comma 2-bis, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 (aggiunto dalla legge di
conversione 2 dicembre 2005, n. 248, poi modificato dal comma 133
dell’art. i della legge 23 dicembre 2005, n. 266 ed infine sostituito

dall’art. 39, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto
2006, n. 248) nell’estendere l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett.

i), cit. alle attività ivi indicate “a prescindere dalla natura eventualmen3

MOTIVAZIONE

.V.

te commerciale delle stesse” (versione originaria) e poi a quelle “che non
abbiano esclusivamente natura commerciale” (versione vigente), ha carattere innovativo e non interpretativo; b) l’art. 111-bis del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, (aggiunto dall’art. 6 del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n.
460), nel prevedere (comma 1) la perdita della qualifica di ente non commerciale per gli enti che esercitino prevalentemente attività commerciale
per un intero periodo d’imposta ad esclusione (comma 4) di quelli eccle-

zatore dell’immobile, ma non sul requisito oggettivo dell’attività nello
stesso esercitata» (v. anche Cass. n. 14530 del 2010).
Questa Corte ha altresì affermato che: «l’esenzione prevista dall’art. 7,
comma primo, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata
alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività
equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia
come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali
(art. 87, comma primo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il
citato art. 7 rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato,
pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale» (Cass. n. 4502 del 2012). La prova della sussistenza
del requisito oggettivo spetta al soggetto che pretende l’applicazione
dell’esenzione, secondo quanto ha già riconosciuto questa Corte: «La sussistenza del requisito oggettivo — che in base ai principi generali è onere
del contribuente dimostrare — non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui
l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur
rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di
un’attività commerciale» (Cass. n. 5485 del 2008; sull’onere della prova
gravante sul contribuente v. anche Cass. n. 27165 del 2011).
In questa prospettiva la Corte ha escluso che il beneficio dell’esenzione
dall’imposta spetti «in relazione agli immobili, appartenenti ad un ente
ecclesiastico — come pure agli enti di istruzione e beneficenza, ai quali
quelli ecclesiastici aventi fine di religione o di culto sono, ai fini tributari,
equiparati ex art. 7 della legge 25 marzo 1985, n.121 —, che siano destinati
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siastici, riflette i suoi effetti unicamente sulla qualità del soggetto utiliz-

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allo svolgimento di attività oggettivamente commerciali (nella fattispecie, gestione di pensionati con pagamento di rette)».
Quanto all’immobile utilizzato come “casa del custode” la mancata specifica impugnazione sul punto da parte dell’appellante Ente religioso determina la formazione del giudicato in ordine al disconoscimento dell’esenzione affermata dal giudice di prime cure. In ogni caso va rilevato
che lo stesso Ente religioso indica (pag. 21 del controricorso) che la “casa

ricettiva extralberghiera » e quindi non può che seguirne le sorti.
Pertanto il ricorso deve essere accolto in quanto la sentenza impugnata si
presenta in contrasto con il chiaro orientamento espresso da questa Corte
di legittimità e incongruamente motivata in ordine all’esercizio in concreto dell’attività svolta nell’immobile in questione con caratteri di “non
commercialità”. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio
della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del
Piemonte che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del
giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio el 18 febbraio 2015.

del custode” è «servizio direttamente funzionale all’esercizio dell’attività

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