Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10337 del 20/04/2021
Cassazione civile sez. VI, 20/04/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 20/04/2021), n.10337
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10864-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
I.M., G.G., G.A., B.F.,
tutti in proprio e quali soci della CONSULTING CORE SRL,
elettivamente domiciliati presso la cancelleria della CORTE DI
CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentati e difesi
dall’Avvocato RAFFAELE MARENGHI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8588/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 09/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI
ROBERTO GIOVANNI.
Fatto
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE
La CTR della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava gli appelli proposti dall’ufficio avverso le sentenze rese nei confronti del liquidatore della società Consulting Core s.r.l. e dei soci G.A., B.F., I.M. e G.G., previa loro riunione, confermando le decisioni di primo grado che avevano annullato gli atti di accertamento relativi all’anno di imposta 2010 per la ripresa di redditi maggiori individuati ed in particolare di IVA, IRES, IRAP. Secondo la CTR l’esistenza di un bilancio di liquidazione finale ritenuto dall’Ufficio come mai avvenuto denotava l’illegittimità della pretesa fiscale nei confronti dei soci, risultando l’avvenuta compilazione dello stesso in data 29.9.2011 e perciò illegittima la pretesa nei confronti dei soci quali aventi causa della società anteriormente cessata, o in proprio, in relazione alla presunzione semplice di percezione di utili in ragione della ristretta base sociale, anche considerando il deficit di contraddittorio preventivo, dovendosi ritenere che proprio la compilazione del bilancio finale integrava la prova di resistenza alla stregua dei principi fissati da Cass., S.U., n. 24823/2015.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Le parti intimate si sono costituite con controricorso, pure depositando memoria.
Con il primo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, e dell’art. 2495 c.c. La CTR avrebbe erroneamente valorizzato la presentazione del bilancio finale di liquidazione, al fine di ritenere illegittima la pretesa fiscale azionata nei confronti dei soci della società cancellata dal registro delle imprese, non rilevando tale elemento ai fini dell’accertamento fiscale.
Con il secondo motivo si deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, e dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. La CTR avrebbe errato nel considerare la presentazione del bilancio finale di liquidazione quale prova di resistenza ai fini del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale in tema di tributi armonizzati, non rilevando tale elemento rispetto alle pretese oggetto dell’accertamento.
Il primo motivo è fondato.
Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte dall’estinzione della società, derivante dalla sua volontaria cancellazione dal registrò delle imprese, non discende l’estinzione dei debiti ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo, poichè in tale ipotesi si riconoscerebbe al debitore di disporre unilateralmente del diritto altrui, con conseguente ingiustificato sacrificio dei creditori (Cass., S.U., 12 marzo 2013, n. 6070, Cass. 23 maggio 2017, n. 12953, Cass. 28 dicembre 2017, n. 31040). L’estinzione della società determina, pertanto, un fenomeno di tipo successorio tale per cui i debiti insoddisfatti della stessa si trasferiscono in capo ai suoi soci.
Peraltro, questa Corte, sulla scia dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte sopra ricordati, si è andata ormai consolidando nell’affermare che la questione per cui “i soci abbiano goduto, o no, di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non è dirimente (…) ai fini dell’esclusione dell’interesse ad agire del Fisco creditore” – Cass. n. 9094/2017 -.
Secondo tale indirizzo giurisprudenziale gli ex soci sono sempre destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società estinta ma non definiti al termine della liquidazione, fermo restando il loro diritto di opporre il limite di responsabilità ex art. 2495 c.c. Ove tale limite rendesse evidente l’inutilità per il creditore di fare valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò inciderebbe sull’interesse ad agire, ma il creditore potrebbe comunque avere interesse a proseguire il giudizio se vi fosse la possibilità per i soci di succedere in eventuali rapporti attivi della società non definiti al termine della liquidazione.
Sicchè l’assenza nel bilancio di liquidazione della società estinta di ripartizioni agli ex soci non esclude “l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti” – conf. Cass. n. 12953/2017, Cass. n. 9672/2018, Cass. n. 17243/2018, Cass. n. 29117/2018 -.
Tale indirizzo ha di recente avuto l’avallo delle Sezioni Unite – cfr. Cass., S.U., n. 619/2021 -.
Ora, a tale orientamento la CTR non ha mostrato di uniformarsi, laddove ha escluso la legittimazione dei soci della società cancellata ed ha poi ritenuto illegittimi gli avvisi di accertamento notificati ai soci di società cancellata dal registro delle imprese per il fatto che non sarebbe stata considerata l’esistenza del bilancio finale di liquidazione, risultando tale elemento irrilevante ai fini della successione dei soci, proprio in forza dei principi giurisprudenziali avanti indicati.
Parimenti fondato risulta il secondo motivo di ricorso.
Giova premettere che secondo i principi fissati da questa Corte a sezioni unite in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito – cfr. Cass. S.U. n. 24823/2015 -.
Orbene, tornando al caso di specie non può revocarsi in dubbio che la c.d. prova di resistenza rappresentata dal bilancio finale di liquidazione, alla quale ha fatto riferimento la CTR, per superare la questione relativa al mancato rispetto del principio endoprocedimentale del contraddittorio, applicabile in parte qua almeno in relazione alla natura armonizzata di una parte dei tributi oggetto di pretesa- v.pag.5 primo periodo sentenza CTR impugnata e pag.11 ricorso per cassazione- non poteva costituire quell’elemento che, astrattamente, avrebbe potuto essere sperimentato in sede di contraddittorio endoprocedimentale al fine di giustificare il fumus in ordine alla prova di un diverso risultato rispetto a quello proposto dall’Ufficio. E ciò per la assorbente ragione della natura dell’accertamento, relativa al contestato occultamento di ricavi della società nel periodo anteriore all’estinzione ed alla mancanza di elementi concreti che i soci avrebbero semmai dovuto individuare come contenuti nel detto bilancio.
Ed invero, questa Corte è ferma nel ritenere che la prova di resistenza ai fini del contraddittorio endoprocedimentale si ha solo se il contribuente dimostri che il rispetto dello stesso avrebbe condotto ad un risultato diverso, quindi un pregiudizio concreto al proprio diritto di difesa – cfr. Cass. n. 12832/2018 -. Ora, non vi è traccia alcuna della verifica anzidetta da parte del giudice di appello, sicchè la censura proposta dalla ricorrente deve per l’effetto ritenersi fondata nei limiti sopra esposti essendo la statuizioni impugnata errata in diritto laddove ha ritenuto sussistente la violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale.
Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti anche in memoria dai controricorrenti, non essendo qui in contestazione la posizione del liquidatore sulla quale si sono pure soffermati i predetti la sentenza impugnata, in accoglimento dei motivi di ricorso va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 11 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021