Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10337 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10337 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA
sul ricorso 20323-2008 proposto da:
ARNOLDO MONDADORI EDITORE SPA 08386600152 in persona
del legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex
lege in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati DI
GRAVIO VALERIO e GIOVANNI POLVANI giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

MILLER ARCIBALDO, domiciliato ex lege in ROMA, presso
la

CANCELLERIA

DELLA

CORTE

1

DI

CASSAZIONE,

Data pubblicazione: 13/05/2014

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO BARRA
CARACCIOLO giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 2102/2007 della CORTE

2128/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/03/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso;

2

D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/07/2007, R.G.N.

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

Svolgimento del giudizio.
Nell’aprile ’97 Arcibaldo Miller – magistrato in Napoli
conveniva in giudizio, avanti al tribunale di Milano, la Arnoldo
Mondadori Editore spa, Marco Corrias (giornalista) e Roberto
Briglia (direttore responsabile) al fine di ottenerne la condanna

pubblicazione in data 5 aprile ’94, sul periodico ‘Epoca’, di due
articoli ritenuti gravemente diffamatori della sua reputazione
personale e professionale.
Nella costituzione dei convenuti, interveniva la sentenza n.
4034 del 2 aprile 2003, con la quale il tribunale adito accoglieva
la domanda limitatamente al primo dei due articoli dedotti in
giudizio, dal titolo “Siamo entrati nell’hotel della camorra”,

con

condanna solidale dei convenuti al pagamento della complessiva
somma di euro 8000; di cui euro 6000,00 a titolo di risarcimento
del danno, ed euro 2000,00 a titolo di sanzione pecuniaria ex
articolo 12 1.47/48; oltre accessori e spese. Respingeva invece la
domanda relativa al secondo articolo, intitolato

“Miller non più

Miller”.
Interposto appello principale dalla Arnoldo Mondadori Editore
spa, ed appello incidentale dal Miller, interveniva la sentenza n.
2102 del 17 luglio 2007 con la quale la corte di appello di Milano
rigettava l’appello

principale e, in parziale

accoglimento di

quello incidentale, dichiarava diffamatorio anche il secondo,
articolo, condannando la Arnoldo Mondadori al risarcimento del
danno equitativamente stabilito in complessivi euro 50.000,00,
3

in via solidale al risarcimento dei danni causatigli dalla

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

ferma restando la somma di euro 2000,00 a titolo di sanzione
pecuniaria come già stabilita dal primo giudice.
Avverso tale statuizione viene dalla Arnoldo Mondadori Editore
spa proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, ai
quali resiste il Miller con controricorso.

§ 1.1 Con il primo motivo di ricorso la Arnoldo Mondadori Editore
deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex
art. 360, 1^co., n.3) cpc, con riferimento all’art. 331
cod.proc.civ., dal momento che la corte di appello si era
pronunciata senza integrare il contraddittorio nei confronti del
giornalista Corrias e del direttore responsabile Briglia, già
costituitisi nel primo grado di giudizio. Con ciò tralasciando di
considerare che l’accertamento della responsabilità della casa
editrice per il reato di diffamazione a mezzo stampa, ancorché
effettuato in via incidentale, non poteva che essere reso
quantomeno nel contraddittorio del giornalista ed autore materiale
dell’illecito, vertendosi nella specie di un’ipotesi di
litisconsorzio necessario.
§.1.2

Motivi della decisione.

Il motivo è infondato.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, sussiste
nella specie un’ipotesi di responsabilità solidale
secondo quanto previsto dall’art. 11 l. 47/1948:

ex lege,

“Per i reati

commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili,
in solido con gli autori del reato e fra di loro, il
proprietario della pubblicazione e l’editore”.
4

/

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

Costante è l’orientamento di legittimità per cui il regime
sostanziale di solidarietà passiva si associa, in sede
processuale, a scindibilità di cause e litisconsorzio facoltativo:
Cass. 12.11.10 n.23016; 18.5.12 n.7907; 29.10.13 n.24362 ed altre.
Tale principio è stato affermato

(Cass.

n.

11952 del

diffamatorio. In ordine al quale la scindibilità processuale delle
posizioni sostanziali caratterizzate dalla solidarietà trova
fondamento nel fatto che tale illecito è unisoggettivo e non a
concorso plurisoggettivo necessario; e che l’accertamento di
responsabilità in capo ad uno dei soggetti coinvolti (pur in
presenza di condotte autonome e diverse tra i vari agenti) non
costituisce il presupposto logico-giuridico della pronuncia nei
confronti degli altri.

potrebbe

affermarsi

nella

specie

un’ipotesi

di

litisconsorzio necessario – di pura genesi processuale – per il
solo fatto della partecipazione del giornalista e del direttore
responsabile al primo grado di giudizio. Non risulta infatti la
proposizione di domande tra i convenuti ingeneranti un vincolo di
dipendenza processuale tra le posizioni dei medesimi: non di
accertamento della responsabilità esclusiva di taluno ad esonero
di altri, e nemmeno di accertamento della quota di responsabilità
ascrivibile a ciascuno a titolo di regresso anticipato (Cass. n.
19584 del 27/08/2013).
§ 2.1

Con il secondo motivo di ricorso, la Arnoldo Mondadori

Editore lamenta violazione o falsa applicazione di norme di
5

17/05/2010) anche con specifico riguardo all’illecito

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

diritto, ex art.360, 1^co., n.3) cpc, nonché omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia, ex articolo 360 l” co. n.5 cpc, atteso che la corte
di appello aveva ritenuto sussistenti – con riguardo ad entrambi
gli articoli considerati – tutti gli elementi del reato di cui

sussistenza nella specie della scriminante di cui all’articolo 51
codice penale, in ragione del legittimo esercizio del diritto di
libera manifestazione del pensiero di cui all’articolo 21 Cost.:
inteso sia come diritto di cronaca, sia come diritto di critica.
Con riguardo al primo articolo, la corte di appello aveva
escluso l’esimente in questione assumendo la non veridicità della
notizia (frequentazione da parte del Miller, in Napoli, di un
albergo equivoco gestito da camorristi), nonostante che
l’oggettiva rispondenza di quest’ultima risultasse sia da quanto
emerso in seno alla Prima Commissione Referente del Consiglio
Superiore della Magistratura che, anche per tale ragione, aveva
espresso parere negativo di minoranza (menzionato nell’articolo)
in ordine alla nomina del Miller a magistrato di cassazione; sia
da quanto ammesso da quest’ultimo in ordine al fatto di aver
conosciuto di vista il proprietario dell’hotel, ed alla
possibilità di

‘aver preso, presso quell’albergo, qualche caffè’.

A nulla rilevando, trattandosi di aspetto secondario rispetto alla
notizia di fondo (data dalla frequentazione dell’albergo), che
l’articolo non riportasse l’intera dichiarazione dell’interessato,
secondo cui tale evenienza poteva essersi verificata casualmente;
6

all’articolo 595 codice penale, senza affermare al contempo la

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

appunto per prendere

‘qualche caffe”,

ed

“in compagnia di

qualche carabiniere”.
Con riguardo al secondo articolo, la decisione della corte
d’appello di non riconoscere l’esimente citata urtava con la
circostanza che l’elemento diffamatorio individuato nell’aver

conto della loro avvenuta archiviazione, doveva invece essere
escluso dal fatto che l’articolista aveva menzionato quest’ultimo
evento con un’espressione esplicita ed inequivocabile:
quella tempesta passò”.

“ma anche

Inoltre, doveva considerarsi che – come

più volte affermato dalla corte di legittimità – il criterio della
verità oggettiva (comunque nella specie rispettato) poteva valere
per l’esercizio del diritto di cronaca, non anche per quello di
critica, per sua natura connaturato alla manifestazione soggettiva
di un’opinione.
§ 2.2

La censura è infondata sotto entrambi i profili dei quali

si compone.
Per quanto concerne il primo articolo
nell’hotel della camorra”)

(“Siamo entrati

la corte di appello ha escluso

l’esimente di cui all’articolo 51 cp, atteso che esso: – non dava
conto del fatto che la notizia (frequentazione dell’albergo
equivoco) era di ‘terza mano’ perché non proveniente direttamente
dall’avvocato Bargi, in esso menzionato, bensì da altre notizie di
stampa, sicché la legittimità della propalazione dell’informazione
doveva ritenersi (sent.pag.4)

“comunque discutibile, a fronte

della necessità di verificare l’attendibilità della fonte e,
7

menzionato trascorsi giudiziari del Miller senza dare al contempo

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

altresì, di evitare di fungere da cassa di risonanza”; –

poneva

una serie di domande retoriche, tendenziose e screditanti su fatti
non veri e come tali, estranei al diritto di cronaca (si
domandava nell’articolo se il Miller fosse

“socio onorario”

dell’hotel legato alla camorra; se ne avesse

“la tessera VIP”;
e

“novello eroe partenopeo di Mani Pulite” potesse vendersi “se l’ha
fatto, per qualche ora d’amore”; – non aveva riportato quanto il
Miller aveva dichiarato al PM di Salerno in ordine alla
frequentazione dell’albergo secondo cui

“forse, qualche caffè

poteva averlo preso in compagnia di qualche carabiniere”,
si doveva evincere che ammettere

dal che

“di aver preso forse ‘qualche

caffè’ era a tutta evidenza cosa ben diversa dall’avere ammesso di
frequentare l’albergo”.
Per quanto attiene al secondo articolo

Miller”),

(“Miller non più

la corte di appello (sent.pag.5) ne ha fornito una

valutazione unitaria con il primo, in quanto riportato in un
‘box’, e ad esso riferito. In tale articolo la corte ha ravvisato
contenuto diffamatorio non scriminato, in ragione del fatto che
esso: – non rispondeva a verità nella parte in cui ometteva

doverosa notizia dell’archiviazione”

“la

di due vicende giudiziarie

alle quali il Miller era stato sottoposto; né tale informazione si
poteva univocamente desumere dall’aver scritto semplicemente

“ma

anche quella tempesta passò”; – attribuiva al Miller l’aver fatto /
“marcire” per anni l’inchiesta sul dopo-terremoto, senza che tale
notizia fosse stata provata come vera, posto che “il
8

mero

oppure, come un magistrato definito “il Di Pietro di Napoli”,

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

riferimento alla sua provenienza da magistrati non identificati
non appare certo sufficiente ad imprimerle né il carattere della
verità, né della verosimiglianza”.
§ 2.3 Per quanto concerne la doglianza ex articolo 360, l” co.n.3)
cod.proc.civ., la corte di appello ha correttamente applicato la

costantemente interpretata in sede di legittimità; segnatamente in
punto verità e continenza della pubblicazione.
Così quanto, in particolare, alle valutazioni di merito rese in
ordine: – al mancato raggiungimento della prova di verità; nella
specie tentata, da un lato, attraverso l’attribuzione di
significato senz’altro ammissivo ad un’affermazione del Miller
che, al contrario, non implicava ammissione di frequentazione
dell’albergo con le modalità e per gli scopi indicati
nell’articolo; e, dall’altro, attraverso il richiamo ad un inciso
inadeguato ed equivoco nel dare doverosa contezza del fatto che le
indagini giudiziarie a carico del Miller erano state archiviate; alla considerazione necessariamente unitaria e complessiva delle
modalità di esposizione della notizia, nella specie concretantesi
nell’individuazione di un messaggio informativo comune ai due
articoli, dei quali il secondo costituiva appendice/integrazione
del primo nell’ambito di un unico contesto denigratorio; contesto
caratterizzato dalla formulazione di interrogativi retorici di per
sé chiaramente tendenziosi e diffamatori.
Va qui ribadito che “la divulgazione a mezzo stampa di notizie
lesive dell’onore è scriminata per legittimo esercizio del diritto
9

normativa di riferimento (artt.595-51 cp; 21 Cost.), come

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

di cronaca se ricorrono: a) la verità oggettiva (o anche solo
putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di
ricerca), la quale non sussiste quando, pur essendo veri i singoli
fatti riferiti, siano dolosamente o colposamente taciuti altri
fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne

accompagnati da sollecitazioni emotive, sottintesi, accostamenti,
insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare
nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà; b)
l’interesse pubblico all’informazione, cioè la cosiddetta
pertinenza; c) la forma “civile” dell’esposizione e della
valutazione del fatti, cioè la cosiddetta continenza”

(Cass. n.

14822 del 04/09/2012, ed altre).
Tali parametri – correttamente applicati nella sentenza in
esame al fine di escludere nel caso concreto le invocate esimenti
– debbono valere per il diritto di critica non meno che per quello
di cronaca (Cass.15443 del 20/06/2013).
Ciò perchè anche il diritto di critica, ancorchè per sua natura
contrassegnato non dalla divulgazione di un fatto obiettivo, ma
dalla libera manifestazione di un’opinione soggettiva, deve pur
sempre esercitarsi non soltanto in presenza di un apprezzabile
interesse pubblico all’interpretazione critica della notizia
commentata, ma anche nel rispetto della continenza verbale; la
quale deve a sua volta essere sempre valutata, secondo parametri
complessivi e non formali, nel bilanciamento della libera

10

completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita, con il
diritto individuale alla reputazione ed all’onore.
.5 2.4 Per quanto concerne la censura ex articolo 360, l” co.n.5)
cod.proc.civ., il ragionamento seguito dalla corte milanese
risulta sufficientemente logico e lineare nell’individuazione nel

invocate.
E’ vero che, per quanto concerne il primo articolo, la
ricorrente ripropone in questa sede una diversa interpretazione
del testo della relazione di minoranza CSM cit., in forza della
quale l’inciso, ivi contenuto,

riportato dalla stampa”

“secondo quanto ampiamente

andrebbe riferito ai rapporti di amicizia

tra l’ex senatore Bargi, il Lancuba ed il Miller; e non alla
frequentazione dell’albergo da parte del Miller, come
inopinatamente ravvisato dalla corte territoriale (sent.pag.3).
Una siffatta interpretazione, secondo la ricorrente,
evidenzierebbe un errore di tipo logico nel ragionamento della
corte di appello, la quale proprio su tale errore avrebbe fondato
uno specifico profilo dell’illecito diffamatorio; insito nella
mancata esplicitazione da parte dell’articolista della notizia che
la frequentazione dell’albergo da parte del Miller era stata
riferita non già dall’avvocato Bargi, ma da fonti di stampa (e,
dunque, di “terza mano”) non meglio identificate nè diligentement
verificate.
Orbene, l’interpretazione proposta dalla ricorrente – per
quanto tutt’altro che peregrina e, anzi, apparentemente ancorata
11

caso concreto delle cause di non riconoscibilità delle esimenti

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

al dato logico-testuale

non sarebbe comunque in grado di

giustificare l’annullamento della sentenza.
Ciò perché il vizio di motivazione deve concernere un punto non
soltanto controverso, ma anche decisivo ai fini del giudizio; in
maniera tale da inficiare in maniera radicale il ragionamento

proprio convincimento e la soluzione del caso pratico.
Nella fattispecie, quand’anche la corte territoriale abbia
basato il proprio convincimento circa l’illecito ‘anche’ su tale
erronea interpretazione dell’inciso riportato, appare dirimente
osservare come il convincimento in parola si sia comunque radicato
– nell’ambito di un percorso logico e di ricostruzione fattuale
assai più vasto ed articolato – sul concorso di molteplici altri
aspetti attestanti il contenuto complessivamente diffamatorio dei
due articoli. E, nel ragionamento della corte di appello, questi
ultimi aspetti assumono una valenza tale da poter fondare – anche
da soli e, cioè, senza il supporto logico rappresentato
dall’inciso che si assume erroneamente interpretato – la
responsabilità per l’illecito dedotto (v.sent.pag.4:

“ma

nell’articolo non vi è solo questo (…)”).
Tale conclusione si avvalora in considerazione del fatto che,
indipendentemente dalla individuazione della fonte della notizia
della frequentazione dell’albergo da parte del Miller, il primo
articolo conteneva espressioni gratuitamente sensazionalistiche e
ad effetto, capziosamente veicolate attraverso la formulazione di
domande retoriche di natura tendenziosa e diffamatoria:
12

logico-giuridico sul quale il giudice di merito ha fondato il

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

(sent.pag.4)

“Corrias non si limita a domandarsi se la notizia

data da Bargi sia vera o meno; va oltre, si domanda se Miller era
‘socio onorario’ dell’equivoco albergo legato alla camorra; se ne
aveva la ‘tessera vip’ (con cui accedere agli speciali servigi di
esso). Associa continuamente il nome del magistrato Lancuba (già

dell’albergo) al nome del magistrato Míller; si chiede, sempre
retoricamente, come sia possibile che un magistrato chiamato il
‘Di Pietro di Napoli (..3 novello eroe partenopeo di Mani Pulite’,
tanto esperto da essergli stata affidata l’inchiesta ‘più
popolare’ non avesse colto quello che qualsiasi persona che
leggesse i giornali locali sapeva; si domanda, infine, come
possano essersi dei giudici (ergo, quelli citati nell’articolo,
tra cui il Miller) ‘venduti, se l’hanno fatto, per qualche ora
d’amore”.
La corte di appello rafforza poi tale convincimento – anche in
tal caso del tutto indipendentemente dall’interpretazione
dell’inciso contenuto nella relazione di minoranza CSM sulla
provenienza della notizia della frequentazione dell’albergo – in
ragione del fatto che, diversamente da quanto sostenuto dai

convenuti, non risultava affatto che quest’ultima notizia fosse
stata confermata direttamente dallo stesso Miller nelle
dichiarazioni da lui rese al PM di Salerno che indagava
sull’intera vicenda (riportate nella più volte citata mozione
CSM). In effetti, anche quest’ultimo aspetto svolge un ruolo
fondamentale nella formazione del convincimento del giudice di
13

in carcere per collegamenti alla camorra e sicuro frequentatore

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

merito, atteso che da tali dichiarazioni risultava effettivamente
che il Miller non avesse affatto riconosciuto di frequentare
l’albergo nel senso denunciato dall’articolista, ma soltanto di
esservi andato per prendere
qualche carabiniere”.

“qualche caffè”

ed “in compagnia di

Il che – indipendentemente dalla verità di

nella specie desumersi un’ammissione, da parte del diretto
interessato, del fatto così come riportato nell’articolo
(frequentazione dell’albergo per la fruizione di prestazioni
sessuali corrispettive alla ‘vendita’ della funzione di magistrato
alla camorra).
In definitiva, il convincimento della corte di appello circa la
natura diffamatoria non scriminata dell’articolo trova ampio ed
autonomo basamento su circostanze della fattispecie diverse ed
ulteriori rispetto alla ‘fonte’ della notizia; il che rende non
decisivo che quest’ultimo aspetto possa essere stato malamente
inteso dal giudice di merito.
Sicchè l’affermazione di responsabilità – nel ragionamento
della corte territoriale – preserva sufficiente riscontro fattuale
sia nel mancato raggiungimento della prova di verità di quanto
• contenuto dell’articolo, sia nel superamento dei limiti della
continenza. In ciò è ravvisabile l’applicazione dei suddetti
principi interpretativi in materia, nonché della regola (Cass. n.
25157 del 14/10/2008, ed altre) per cui: “per

stabilire se uno

scritto giornalistico abbia o meno contenuto diffamatorio non è
sufficiente avere riguardo alla verità delle notizie da esso
14

quanto da lui così dichiarato al PM – comunque esclude che potesse

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

diffuse, né limitarsi alla sola analisi testuale dello scritto, ma
è invece necessario considerare tutti gli ulteriori elementi
come ad esempio i titoli, l’occhiello, le fotografie, gli
accostamenti, le figure retoriche – che formano il contesto della
comunicazione e che possono arricchirla di significati ulteriori,

Considerazioni analoghe valgono specificamente anche per il
secondo articolo, con riguardo al quale la sentenza qui impugnata
ha parimenti ritenuto l’insussistenza della invocata scriminante
sulla scorta di una valutazione fattuale concernente i parametri
tanto di continenza, quanto di verità della notizia. Nel senso che
tale articolo riferiva due notizie (l’assoggettamento del Miller a
vicende giudiziarie, delle quali non si segnalava in maniera
doverosamente chiara ed esplicita l’avvenuta archiviazione; la
responsabilità del Miller per aver fatto ‘marcire’ per anni
l’inchiesta sul dopo-terremoto) non rispondenti nè ai canoni della
dovuta temperanza verbale ed espositiva, né a quelli di verità.
Va anzi detto che – nell’ambito della già segnalata e corretta
valutazione d’insieme degli articoli in questione – anche queste
ultime circostanze sono state valorizzate dalla corte di appello a

riscontro

del

proprio

convincimento

circa

la

natura

complessivamente diffamatoria dei medesimi; ben al di là del
problema della più appropriata lettura dell’inciso contenuto nella/
mozione CSM.
Ciò posto, deve concludersi nel senso che – in assenza dei
denunciati vizi motivazionali – la censura mira a suscitare nulla
15

anch’essi lesivi dell’altrui onore o reputazione”.

Ric.n. 20323/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

più che una diversa valutazione di merito dei risvolti fattuali
della fattispecie diffamatoria; il che è precluso nella presente
sede di legittimità.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte
ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio

luglio 2012 n.140.
Pqm

La Corte
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione che liquida in euro 3.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre
accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
in data 12 marzo 2014.

liquidate, come in dispositivo, ai sensi del DM Giustizia 20

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