Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10336 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10336 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Roma Capitale (già Comune di Roma), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma via del Tempio di Giove 21 , presso
l’avv. Angela Raimondo, che la rappresenta e difende, giusta delega in
calce al ricorso;

–<51 - ricorrente Contro Congregazione Suore Ancelle della Carità, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Alessandro Farnese 7, presso gli avv.ti Claudio Berliri e Alessandro Cogliati Dezza che la rappresentano e difendono, giusta delega a margine del controricorso; - controricorrente — avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (Roma), Sez. 22, n. 289/22/10 dell'il novembre 2010, depositata il 7 dicembre 2010, non notificata; Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 18 febbraio 2015 dal Relatore Cons. Raffaele Botta; Udito l'avv. Alessandro Cogllati Dezza per la parte eontroricorrente; Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Immacolata Zeno, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Oggetto: ICI. Accertamento. Esenzione ex art. 7, comma 14, lett. i), D.Lgs. n. 504 del 1992. Data pubblicazione: 20/05/2015 • .11, SVOLGEVIENTO DEL PROCESSO La controversia concerne l'impugnazione di un avviso di accertamento ai fini ICI per l'anno 2001 relativamente unità immobiliari di proprietà dell'ente religioso, per le quali l'ente religioso reclamava, rispetto ad una di esse (sita in Roma via del Casaletto n. 538) l'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 504 del 1992, e rispetto all'altra (sita in Roma via Nomentana n. 240-244) deduceva il frazionamento, l'alienazione e la successiva demolizione. Il comune, nel costituirsi in giudizio, affermava l'avvenuta eliminazione parziale del provvedimento in ordine all'immobile sito in via Nomentana, insistendo per l'immobile sito in via del Casaletto n. 538,. sulla non spettanza dell'esenzione richiesta. La Commissione adita rigettava il ricorso, affermando che nel caso di specie mancava il requisito oggettivo per aver diritto alla pretesa esenzione, in quanto l'attività svolta nell'immobile in questione è concretamente esercitata "in forma di attività commerciale" e l'ente religioso non ha fornito, come era suo onere, alcuna prova del diritto all'esenzione. La decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, la quale, ritenutane la valenza interpretativa, applicava alla fattispecie la formulazione della norma agevolativa introdotta con il D.L. n. 223 del 2006 ed perveniva alla conclusione che rispetto all'immobile in questione, poiché adibito in via principale a residenza delle religiose e in via sussidiaria a casa per ferie, sussisteva il diritto all'esenzione. Avverso tale sentenza l'ente locale propone ricorso per cassazione con due motivi, illustrati anche con memoria. Resiste l'ente religioso con controricorso, illustrato anche con una memoria, con la quale si eccepisce il giudicato esterno costituito dalla contestualmente prodotta sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma n. 1154/22/14 del 5-25 febbraio 2014, relativamente ad identici accertamenti ai fini ICI per i successivi anni, 2003, 2004, 2005 e 2006. MOTIVAZIONE Preliminarmente va disattesa l'eccezione di giudicato esterno sollevata dal'ente religioso con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ. Intanto si tratta di una giudicato che attiene ad altre annualità del'imposta. Inoltre va riaffermato il principio enunciato da questa Corte secondo cui: «La preclusione del giudicato opera nel caso di giudizi identici — per identità di soggetti, causa petendi e petitum, per la cui valutazione occorre tenere 2 4 conto dell'effettiva portata della domanda giudiziale e della decisione — ma nei soli limiti dell'accertamento della questione di fatto e non anche in relazione alle conseguenze giuridiche. (Nella specie, la S.C., disattendendo la corrispondente eccezione, ha ritenuto privo di effetti preclusivi il dedotto giudicato concernente il pagamento del canone di fognatura e depurazione relativo agli anni 1997, 1998 e 2000, siccome relativo a tributi afferenti annualità distinte rispetto a quella oggetto di causa ed incentra- dall'accertamento degli elementi di fatto essenziali)» (Cass. n 12763 del 2014). Nel caso in esame non viene in rilievo l'accertamento del fatto, in verità nemmeno contestato tra le parti, che gli immobili in questione fossero posseduti dall'Istituto religioso e utilizzati per attività sanitaria, bensì la valutazione giuridica delle conseguenze del fatto in questione e cioè se esso sia o meno rilevante ai fini del riconoscimento dell'esenzione pretesa dall'Istituto: e su tale interpretazione non può mai formarsi il giudicato. Con i due motivi di ricorso, che possono essere valutati unita rimanete per ragioni di connessione logica, l'ente locale contesta la correttezza dell'interpretazione data dal giudice di merito alla norma agevolativa, peraltro applicandone una formulazione non riferibile alla fattispecie razione ternporis (primo motivo) ed evidenzia la spettanza al contribuente dell'onere della prova circa il fatto che le attività svolte nell'immobile oggetto dell'accertamento non siano in concreto esercitate in forma commerciale. Il ricorso è fondato. Questa Corte ha stabilito con chiarezza che: «In tema di imposta comunale sugli immobili (TCI), l'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 è limitata all'ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nell'art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, e pertanto non si applica ai fabbricati di proprietà di enti ecclesiastici nei quali si svolga attività sanitaria (come è nel caso di specie), non rilevando in contrario né la destinazione degli utili eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali o religiosi, che costituisce un momento successivo alla loro produzione e non fa venir meno il carattere commerciale dell'attività, né il principio della libertà di svolgimento di attività commerciale da parte di un ente ecclesiastico — fonda3 to sulla difforme soluzione di una questione giuridica non condizionata -4 to, oltre che sull'art. 16, lett. a), della legge n. 222 del 1985, anche sulla legge 25 marzo 1985, n. 121 in tema di revisione del concordato —, né la successiva evoluzione normativa, in quanto a) l'art. 7, comma 2-bis, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 (aggiunto dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 24.8, poi modificato dal comma 133 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 ed infine sostituito dall'art. 39, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248) nell'estendere cate "a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse" (versione originaria) e poi a quelle "che non abbiano esclusivamente natura commerciale" (versione vigente), ha carattere innovativo e non interpretativo; b) l'art. 111-bis del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, (aggiunto dall'art. 6 del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460), nel prevedere (comma 1) la perdita della qualifica di ente non commerciale per gli enti che esercitino prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta ad esclusione (comma 4) di quelli ecclesiastici, riflette i suoi effetti unicamente sulla qualità del soggetto utilizzatore dell'immobile, ma non sul requisito oggettivo dell'attività nello stesso esercitata» (v. anche Cass. n. 14530 del 2010). Questa Corte ha altresì affermato che: «l'esenzione prevista dall'art. 7, comma primo, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell'immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. e), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l'attività cui l'immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un'attività commerciale» (Cass. n. 4502 del 2012). La prova della sussistenza del requisito oggettivo spetta al soggetto che pretende l'applicazione dell'esenzione, secondo quanto ha già riconosciuto questa Corte: «La sussistenza del requisito oggettivo — che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare — non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui 4 l'esenzione disposta dall'art. 7, comma 1, lett. i), cit. alle attività ivi indi- l'immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un'attività commerciale» (Cass. n. 5485 del 2008; sull'onere della prova gravante sul contribuente v. anche Cass. n. 27165 del 2011). In questa prospettiva la Corte ha escluso che il beneficio dell'esenzione dall'imposta spetti «in relazione agli immobili, appartenenti ad un ente ecclesiastico — come pure agli enti di istruzione e beneficenza, ai quali equiparati ex art. 7 della legge 25 marzo 1985, n.121 —, che siano destinati allo svolgimento di attività oggettivamente commerciali (nella fattispecie, gestione di pensionati con pagamento di rette)». Pertanto, il ricorso deve essere accolto in quanto la sentenza impugnata si presenta in contrasto con il chiaro orientamento espresso da questa Corte di legittimità e incongruamente motivata in ordine all'esercizio in concreto dell'attività svolta nell'immobile in questione con caratteri di "non commercialità". La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio. P.Q.M. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio 18 febbraio 2015. quelli ecclesiastici aventi fine di religione o di culto sono, ai fini tributari,

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