Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10335 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10335 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Associazione Fraternità di Comunione Liberazione, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Aniene 14, presso lo Studio Legale Tributario Sciumè & Associati, rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Seiumè, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente —

Contro
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in Roma via Lungotevere Marzio 3 , presso l’avv. Raffaele
Izzi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano, Ruggero Meroni ed Irma Marinelli, giusta delega in calce al controricorso;
controricorrente —

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (Milano), Sez. 44, n. 85/44/11 del 29 novembre 2010, depositata il
10 maggio 2011, non notificata;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 18 febbraio 2015 dal
Relatore Cons. Raffaele Botta;
Udito l’avv. Pietro Sciumè per delega per la parte ricorrente e Donato
Antonucei per il Comune ricorrente e l’avv. Donatella Resta per delega
per il Comune controrieorrente;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

Oggetto:
ICI. Accertamento.
Esenzione ex art. 7,
comma 14, lett. i),
D.Lgs. n. 504 del
1992.

Data pubblicazione: 20/05/2015

Immacolata Zeno, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione con separati ricorsi degli avvisi
di accertamento ai fini ICI per gli anni dal 2001 al 2005 per un’immobile
di proprietà dell’Associazione che reclamava per la fattispecie
l’applicabilità dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i),
D.Lgs. n. 504 del 1992, oltre a dedurre la decadenza dal potere impositivo

La Commissione adita con separate sentenze rigettava i ricorsi. La Commissione Tributaria Regionale, riuniti i separati appelli proposti dall’Associazione, con la sentenza in epigrafe li respingeva.
Avverso tale sentenza l’Associazione propone ricorso per cassazione con
tre motivi. Resiste l’ente locale con controricorso, illustrato anche con
memoria.
MOTIVAZIONE

Con il primo motivo di ricorso, l’Associazione denuncia la violazione
dell’art. 7, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 504 del 1992, in quanto essa è
un ente non commerciale ai sensi dell’art. 87, comma 1, lettera e) del
TUIR (requisito soggettivo) e una porzione dell’immobile è utilizzata dalla “Fondazione Sacro Cuore per l’educazione e l’istruzione dei giovani”, la
quale ha come unico socio fondatore l’Associazione e come unico scopo
l’educazione e l’istruzione dei giovani (requisito oggettivo). La parte ricorrente, insistendo sul carattere strumentale della Fondazione nei confronti dell’Associazione, contesta la correttezza della posizione espressa
dal giudice di merito, secondo il quale solo l’utilizzo diretto dell’immobile
da parte dell’ente proprietario può dar diritto all’esenzione.
Il motivo non è fondato. Questa Corte, con orientamento costante, ha affermato che «in materia di ICI, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i) del D.Lgs. 504 del 1992 — che costituisce, al parti delle altre norme
che prevedono trattamenti agevolati in materia tributaria, una deroga
alla regola generale ed è perciò di stretta interpretazione — opera alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente
possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non
siano produttive di reddito, escludendo che il beneficio possa spettare in
caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse» (Cass. n. 7385 del 2012; v. in senso conforme Cass. n. 12495 del
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e l’errato calcolo dell’imposta.

2014). Nel caso di specie essendo pacifico che non si tratta di utilizzazione
diretta, il beneficio va escluso.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Associazione deduce l’insussistenza
dell’obbligo dichiarativo riguardo alle annualità oggetto dell’accertamento, in quanto la “variazione” dei dati che ne avrebbe potuto determinare l’obbligo sarebbe avvenuta nel 1995 con il contratto d’affitto
dell’immobile, mentre la reiterazione dell’omissione per gli anni successivi

l’applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni, tuttavia non applicato.
Il motivo non è fondato. Da un lato, va rilevato che la denunciata esistenza di un contratto di locazione relativo all’immobile ne rafforza
l’esclusione dal diritto all’esenzione, dall’altro, va evidenziato il principio
affermato da questa Corte secondo cui «l’obbligo posto a carico dei possessori di immobili soggetti ad ICI, di denunziare il possesso ovvero di dichiarare le variazioni degli immobili dichiarati incidenti sulla determinazione dell’imposta, non cessa allo scadere del termine fissato dal legislatore con riferimento all’inizio del possesso (e per gli immobili posseduti al
primo gennaio 1993, con la scadenza del “termine di presentazione della
dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1992″) ma permane finché la
dichiarazione (o la denuncia) non sia presentata e determina, per ciascun
anno di imposta, una antonoma violazione punibile ai sensi dell’art. 14,
comma 1» (Cass. n. 932 del 2009; v. in senso conforme, Cass. nn. 18503 e
21686 del 2010). La sentenza impugnata fa espressamente riferimento a
tale orientamento giurisprudenziale, condividendolo, senza che il ricorso
alleghi convincenti argomenti per una diversa decisione.
Con il terzo motivo di ricorso, l’Associazione deduce l’inapplicabilità, delle
sanzioni per l’obiettiva incertezza interpretativa della norma agevolativa.
Il motivo non è fondato. Questa Corte ha affermato che per il giudice tributario il potere di disapplicazione delle sanzioni «sussiste quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di prescrizioni,
con un coordinamento concettualmente difficoltoso per equivocità di
contenuto, derivante da elementi positivi di confusione, il cui onere di allegazione grava sul contribuente» (Cass. n. 18031 del 2013). Situazione
che non ricorre nel caso di specie, stante la chiara inesistenza nella nonna
in questione di una pluralità di prescrizioni di difficile coordinamento e

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(e tra questi quelli oggetto dell’accertamento) avrebbe dovuto imporre

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restando irrilevanti le successive modifiche, tutte di carattere innovativo
e non interpretativo.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza. (valore superiore a 52.000 euro e inferiore a 260.000 curo).
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente

ed oneri accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 18 febbraio 2015.

fase del giudizio e liquida in complessivi E 7.000,00 oltre spese forfettarie

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