Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10333 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10333 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 15223-2008 proposto da:
COSTA GIOVANNI MARCELLO, COSTA BENEDETTO, considerati
domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi
dall’avvocato CARONNA ANDREA in 90100 PALERMO, VIA
DANTE 58 giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –

2014

contro

623

BANCA SICILIA SPA ;
– intimata –

sul ricorso 17390-2008 proposto da:

Data pubblicazione: 13/05/2014

BANCA SICILIA SPA 05102070827,

in persona del

Responsabile Funzione Gestione e Coord. Rete Direz.
Contenzioso, Dott. GIOVANNI TRIOLO, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAllA DEL FANTE 2, presso lo
studio dell’avvocato PALMERI GIOVANNI, rappresentata

GIOVANNI giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

COSTA BENEDETTO, COSTA GIOVANNI MARCELLO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 2305/2007 del TRIBUNALE di
PALERMO, depositata il 28/05/2007 R.G.N. 8833/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

10/03/2014

dal

Consigliere

Dott.

FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale assorbito quello
incidentale condizionato.

2

e difesa dagli avvocati PIAZZA LUCIANO, MASSA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l. Il Banco di Sicilia otteneva sequestro conservativo presso
di sé, in qualità di terzo debitore, fino alla concorrenza di
euro 1.500.000, nei confronti di una serie di soggetti fra i
quali Benedetto Costa e Giovanni Marcello Costa. Il sequestro

titoli esistenti presso il Banco medesimo. In seguito, il
Giudice istruttore della relativa causa di merito ed il
Tribunale, adito in sede di reclamo, riducevano l’importo del
sequestro fino alla somma di euro 850.000.
Nel corso del giudizio di merito veniva emessa, in favore del
Banco di Sicilia, ordinanza di ingiunzione ai sensi dell’art.
186-ter cod. proc. civ., per il pagamento immediato di euro
1.071.732,46, cui facevano seguito atti di precetto e di
pignoramento che il Banco effettuava sui titoli esistenti nella
sua disponibilità, previa dichiarazione positiva emessa dal
Banco stesso ai sensi dell’art. 547 del codice di procedura
civile.
Avverso tale procedura proponevano opposizione all’esecuzione
Benedetto Costa e Giovanni Marcello Costa, fondata
essenzialmente su due punti: da un lato, il fatto che tale
esecuzione aveva ad oggetto titoli costituiti in pegno dei quali
era stata chiesta la restituzione in via riconvenzionale, sicché
l’esecuzione forzata avrebbe comportato violazione degli artt.
2795 e ss. cod. civ.; dall’altro, il fatto che i beni sui quali
3

veniva eseguito con apposizione del vincolo su una serie di

era stato imposto il pignoramento erano beni già oggetto di
sequestro conservativo, con conseguente violazione degli artt.
493 e 686 del codice di rito.
Costituitosi il Banco di Sicilia, il Tribunale rigettava
l’opposizione all’esecuzione, con compensazione delle spese di

Osservava il giudicante – dopo aver rammentato che
l’esecuzione era stata sospesa, ma che l’ordinanza di
sospensione era stata annullata dal Tribunale in sede di reclamo
– che il fatto che fossero stati assoggettati a pignoramento
anche beni dati in pegno ed oggetto di domanda riconvenzionale
di restituzione non implicava, di per sé, violazione delle norme
relative al pegno.
Quanto, invece, al problema relativo alla possibilità, per il
creditore procedente, di pignorare beni già assoggettati a
sequestro conservativo da lui stesso e per il medesimo credito,
il Tribunale rilevava che la compatibilità tra il sequestro
conservativo e la concorrente procedura di esecuzione forzata
sui medesimi beni derivava dagli artt. 498 e 686, secondo comma,
del codice di procedura civile.
2. Contro la sentenza del Tribunale di Palermo propongono
ricorso Benedetto Costa e Giovanni Marcello Costa, con unico
atto affidato a tre motivi.
Resiste il Banco di Sicilia con controricorso, contenente
ricorso incidentale condizionato su tre motivi.
4

lite.

I ricorrenti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

l. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento
all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione
degli artt. 2794, 2795, 2796, 2797 e 2798 del codice civile.

assoggettate a pignoramento, tra gli altri titoli, anche alcune
obbligazioni del banco di Sicilia intestate a Giovanni Marcello
Costa, per il valore nominale di euro 40.000. La sentenza
impugnata non avrebbe tenuto nella giusta considerazione il
fatto che per tali beni era stata avanzata domanda
riconvenzionale di restituzione; da ciò consegue che, in caso di
espropriazione, l’obbligo di restituzione dei beni potrebbe
essere adempiuto solo se si fosse in presenza di beni mobili
fungibili, cosa che non si verifica nel caso specifico.
Attraverso lo strumento dell’esecuzione forzata, pertanto,
potrebbe divenire del tutto inefficace l’obbligo di cui all’art.
2794 cod. civ., poiché il debitore rischia di non poter più
ottenere la restituzione dei titoli dati in pegno, siccome
usciti dalla disponibilità della Banca.
Il motivo è supportato dal seguente quesito di diritto:
«Se, allorché il pegno venga costituito con la consegna al
creditore di cosa mobile non fungibile e sia pendente domanda di
restituzione a norma dell’art. 2794 c.c., è legittimo oppure
illegittimo procedere all’esecuzione forzata speciale o
5

Rilevano i ricorrenti che nel caso in esame sono state

ordinaria sul bene consegnato prima della definizione del
processo».
2.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,
violazione degli artt. 493, 498 e 686, secondo comma, del codice

Secondo i ricorrenti, la sentenza avrebbe dovuto dichiarare
l’illegittimità del pignoramento. A norma dell’art. 493 cod.
proc. civ., infatti, la possibilità di avere più pignoramenti
sullo stesso bene presuppone che vi siano più creditori,

mentre

«il secondo pignoramento sullo stesso bene ad opera del medesimo
creditore non avrebbe neanche senso logico», perché al creditore
unico è riservata, nel sistema vigente, la possibilità di
ricorrere al cumulo dei mezzi di esecuzione (art. 483 cod. proc.
civ.), ma «evidentemente e necessariamente su beni diversi».
Il motivo è supportato dal seguente quesito di diritto:
«Se i beni oggetto di sequestro conservativo sono pignorabili
con atto autonomo ad istanza del sequestrante oppure no,
dovendosi invece attendere l’eventuale conversione a norma
dell’art. 686, secondo comma, c.p.c.».
3. Ritiene la Corte che il ricorso, soggetto ratione temporis
al regime dell’art. 366-bis cod. proc. civ., debba essere
dichiarato inammissibile per inidoneità dei quesiti.
Entrambi i quesiti sopra trascritti, infatti, oltre ad essere
formulati sotto forma di domanda alternativa ed irrisolta 6

di procedura civile.

sicché pongono in definitiva alla Corte il compito di scegliere
quale delle due opzioni interpretative sia quella corretta – si
rivelano comunque inadatti a cogliere la

ratio decidendi

della

sentenza impugnata.
Il punto fondamentale della presente vicenda è costituito dal

dell’esecuzione presso terzi assumendo contemporaneamente la
qualità di creditore procedente e quella di terzo che provvede
alla dichiarazione di cui all’art. 543 del codice di rito.
Rispetto a tale questione, che la sentenza lascia intuire,
motivi di ricorso pongono quesiti del tutto ininfluenti. Tanto
vale sia per la questione relativa alla possibilità di procedere
all’espropriazione di un bene già oggetto di pegno

che,

peraltro, non sembra potersi escludere in base al dettato delle
norme richiamate nel primo motivo di ricorso – sia per quella
relativa alla possibilità, per il sequestrante, di procedere ad
autonomo atto di pignoramento dei medesimi beni (punto sul
quale, tra l’altro, si pronuncia in modo sufficientemente chiaro
l’art. 158 delle norme di attuazione del codice di procedura
civile).
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento
all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione
dell’art. 91 cod. proc. civ., rilevando che l’accoglimento
dell’opposizione all’esecuzione avrebbe dovuto comportare che le
spese fossero poste a carico del Banco di Sicilia.
7

fatto che la Banca esecutante ha scelto lo strumento processuale

3.1. Osserva la Corte che tale motivo non può neppure essere
definito tale. Il Tribunale, pur avendo rigettato l’opposizione
all’esecuzione degli odierni ricorrenti, ha compensato le spese
di giudizio, sicché non è chiaro di cosa oggi i ricorrenti
possano dolersi.

4.

, L’inammissibilità del ricorso principale determina
4

;C-a2._ C”.4.

l’assorbime

del

ricorso

incidentale,

avente

natura

condizionata.
A tale pronuncia segue la condanna dei ricorrenti principali,
in solido fra loro, al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti
dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a
disciplinare i compensi professionali.
PER QUESTI MOTIVI

La

Corte,

decidendo

inammissibile

il

ricorso

incidentale, e

condanna

sui

ricorsi

principale,

riuniti,

dichiara
quello

i ricorrenti, in solido, al pagamento

delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi
euro 14.200, di cui euro 200 per spese, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 10 marzo 2014.

Ciò comporta l’inammissibilità anche del terzo motivo.

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