Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10332 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10332 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;
– ricorrente —
Contro
Ditta Fratelli Ciampoli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore;
– intimata —

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo
(L’Aquila — Sezione Staccata di Pescara), Sez. 10, n. 113/10/08 del 26 aprile 2007, depositata il 18 luglio 2008, non notificata;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 18 febbraio 2015 dal
Relatore Cons. Raffaele Botta;
Preso atto che nessuno è presente per le parti;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott.ssa
Immacolata Zeno, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Ditta Fratelli Ciampoli S.r.l. in data 31 luglio 1991 presentava istanza
di rimborso della tassa di concessione governativa pagata per gli anni
1988, 1989, 1990, 1991 e 1992, convenendo l’amministrazione finanziaria
innanzi il Tribunale de L’Aquila, il quale dichiarava decaduta la società
contribuente dal diritto al rimborso ai sensi dell’art. 13, d.P.R. n. 641 del
1972 relativamente agli anni dal 1985 al 1991, accogliendone la domanda
solo per l’anno 1992.
La Corte d’appello de L’Aquila, in accoglimento dell’impugnazione della
società contribuente, ne affermava il diritto al rimborso e riconduceva il

Oggetto:
Tassa di concessione
governativa sulle Socie-

tà. Rimborso. Art. 13
d.P.R. n. 641 del 1972.
Giudizio di rinvio.
Mancata riassunzione.
Presentazione di nuova
istanza di rimborso.
Conseguenze.

Data pubblicazione: 20/05/2015

dies a quo per il termine di decadenza triennale al 31 agosto 1993, momento dell’avvenuta trasposizione nell’ordinamento interno della direttiva

termine.
La società contribuente, tuttavia, non riassumeva il giudizio innanzi al
giudice del rinvio, ma, mentre ancora erano pendenti i relativi termini, in
data 9 gennaio 2004, presentava un’altra istanza di rimborso della medesima tassa per gli anni dal 1989 al 1991 e, formatosi il silenzio rifiuto
dell’amministrazione finanziaria, ne proponeva impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Chieti.
Quest’ultima rigettava il ricorso sulla base della litispendenza di cause,
che sarebbe stata determinata dal fatto che al momento della proposizione del ricorso innanzi al giudice tributario erano ancora pendenti i termini per la riassunzione della precedente controversia innanzi al giudice di
rinvio in ossequio alla sentenza della Corte di cassazione n. 9593 del 2003.
La decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, la quale
riteneva, sul piano processuale, che la mancata riassunzione del giudizio
di rinvio avesse determinato l’estinzione dell’intero processo, sicché erroneamente era stata dichiarata la litispendenza e, quanto al merito, che la
società aveva diritto al rimborso essendo stato rispettato il termine di decadenza previsto dall’art. 13, comma 2, d.P.R. n. 641 del 1972.
Avverso tale sentenza l’amministrazione propone ricorso per cassazione
con unico motivo. La società contribuente non si è costituita.
MOTIVAZIONE

Preliminarmente occorre osservare che la parziale coincidenza del collegio
tra la ricordata sentenza di questa Corte n. 9593 del 2003 e la controversia qui in esame non determina alcuna ipotesi di incompatibilità in quanto:

a) il presente giudizio non costituisce un giudizio relativo all’impugnazione della sentenza pronunciata in sede di giudizio di rinvio a
seguito della cassazione disposta con la richiamata sentenza n.
9593 del 2003;
b) le Sezioni Unite di questa Corte haCcluso la possibile esistenza di
incompatibilità in relazione alla presenza nel collegio giudicante di
magistrati che ab biano esaminato i precedenti ricorsi per cassazione nell’ambito del medesimo giudizio (ipotesi di impugnazione
per cassazione della sentenza che abbia deciso in sede di giudizio di
rinvio). Limitando qui il richiamo alle ipotesi nelle quali la Corte
abbia cassato con rinvio in accoglimento di un denunciato vizio di

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comunitaria n. 69/335/CE.
La Corte di cassazione, adita dall’amministrazione finanziaria, con la sentenza n. 9593 del 2003 affermava, in continuità con il costante orientamento della Corte, l’applicabilità nella fattispecie del termine di decadenza di cui all’art. 13, comma 2, d.P.R. n. 641 del 1972, decorrente dalle date di pagamento del tributo, e cassava con rinvio la sentenza d’appello
perché il giudice del rinvio accertasse nel caso l’osservanza del predetto

violazione di legge o di difetto di motivazione (ipotesi che potrebbe concernere il caso in esame) le Sezioni Unite hanno escluso
l’incompatibilità affermando: «Nel caso di cassazione con rinvio
per riscontrata violazione o falsa applicazione di norma di diritto,
il sindacato è esclusivamente di legalità e prescinde da qualsiasi
valutazione di merito, riguardando l’interpretazione della norma
ovvero la verifica dell’ambito della sua applicazione, al fine della
sussunzione della fattispecie concreta — come delineata dal giudice
di merito — in quella astratta; il nuovo ricorso per cassazione avverso la statuizione del giudice di rinvio, in tal caso, investe sostanzialmente il controllo dei poteri del medesimo alla stregua del
principio di diritto enunciato dalla Corte e a cui egli è tenuto ad
uniformarsi. Quanto, infine, all’ipotesi del vizio di motivazione, è
agevole rilevare che la sentenza di annullamento non ha affrontato direttamente le questioni di fatto, ma ha meramente sancito la
sussistenza del denunciato vizio (omissione, ovvero insufficienza,
ovvero contraddittorietà) di motivazione». Conclusivamente le
Sezioni Unite hanno statuito il seguente principio di diritto: «Qualora una sentenza pronunciata dal giudice di rinvio formi oggetto
di nuovo ricorso per cassazione, il Collegio della Corte può essere
composto anche con magistrati che hanno partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, in
quanto ciò non determina alcuna compromissione dei requisiti di
imparzialità e terzietà del giudice».
Passando, quindi, all’esame della presente impugnazione, si rileva che
con l’unico motivo di ricorso, l’amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 63, D.Lgs. n. 546 del 1992 in quanto
l’estinzione del processo a seguito della mancata riassunzione del giudizio
di rinvio avrebbe determinato il consolidamento dell’atto impugnato in
quella sede (nella specie il silenzio rifiuto dell’ammi-nistrazione) con
l’impossibilità di fondare una nuova impugnazione rispetto allo stesso atto.
La tesi dell’amministrazione trova positivo riscontro nel costante orientamento di questa Corte, secondo cui a norma dell’art. 63, D.Lgs. n. 546
del 1992, «ove nessuna delle parti si sia attivata per la riassunzione, il
processo si estingue, determinando, con riguardo al giudizio tributario, la
definitività dell’avviso di accertamento, che ne costituiva l’oggetto»
(Cass. n. 16689 del 2013; v. anche in senso conforme Cass. n. 5044 del
2012; Cass. n. 3040 del 2008). Non diversamente può accadere nel caso di
specie, pur se non si tratta di “avviso di accertamento”, ma di un “diniego di rimborso” (non importa se esplicito o “di fatto”), in quanto comunque siamo in presenza di un consolidamento della “pretesa tributaria”,
implicita nel rifiuto del rimborso per inosservanza del termine di decadenza.
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2.

pendenza, non essendo al tempo della domanda ancora consumato il termine di riassunzione del giudizio di rinvio e il giudice d’appello avrebbe
dovuto confermarne la decisione. Tuttavia, qualora la situazione di litispendenza fosse stata di fatto superata durante il giudizio d’appello per
l’accertata estinzione del processo preventivamente introdotto a seguito
della mancata riassunzione del giudizio di rinvio, il giudice d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la domanda della società contribuente alla luce dell’intervenuta defmitività del diniego di rimborso conseguente all’estinzione del processo innanzi al giudice preventivamente
adito.
Pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Ricorrendone le condizioni la causa può essere decisa nel merito con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso della società contribuente stante l’intervenuta definitività del diniego di rimborso conseguente all’estinzione del processo innanzi al giudice preventivamente adito. La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese
relativamente al giudizio di merito, con condanna della società contribuente alle spese relative al giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito
dichiara inammissibile il ricorso originario della Società contribuente.
Condanna quest’ultima alle spese della presente fase del giudizio che liquida in € 1400,00 oltre spese prenotate a debito, compensando tra le
parti le spese relative alla fase di merito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consigli d i 18 febbraio 2015.

Sicché legittimamente il giudice di prime cure aveva dichiarato la litis-

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