Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10329 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/04/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 20/04/2021), n.10329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37331-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SORGENTE – SOCIETA’ DI GESTIONE DEL RISPARMIO – SPA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GERMANICO, 107, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

BRUNETTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2675/15/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 06/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Ritenuto che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 15.4. 2019 n. 2675 non notificata, che, nella controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per l’omesso pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale per l’ammontare complessivo di Euro 58918,00 in relazione ad un rogito notarile di compravendita immobiliare, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti di Sorgente società di Gestione del Risparmio avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma nr 1796/2017.

La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di primo grado, sul presupposto che il notaio rogante, in qualità di “sostituto d’imposta”, fosse l’unico obbligato alla registrazione (con il versamento delle relative imposte per conto dei contribuenti) della compravendita immobiliare. L’intimata si è costituita nel presente procedimento con controricorso.

Diritto

Considerato che:

Con unico motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 1913, art. 57, art. 22, comma 3 bis, ivi introdotto dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 139, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che il notaio rogante fosse l’unico obbligato alla registrazione della compravendita immobiliare e, quindi, al pagamento per conto dei contribuenti delle imposte di registro, ipotecaria e catastale di cui all’avviso di liquidazione.

RITENUTO CHE:

Il motivo è fondato.

La questione controversa è stata recentemente affrontata da questa Corte (si veda: Cass., Sez. 5, 7 giugno 2019, n. 15450) con ragionate argomentazioni che meritano di essere riportate in questa sede.

Disciplinando le “procedure di controllo sulle autoliquidazioni” in materia di registrazione degli atti relativi a diritti su beni immobili, mentre il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, art. 3-bis, comma 3, (quale introdotto dal D.Lgs. 18 gennaio 2000, n. 19, art. 1, comma 1), prevede che, “in caso di presentazione del modello unico informatico per via telematica, le formalità di cui al comma 2, (cioè, “le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione nonchè le domande di annotazione e di voltura catastale, relative agli atti per i quali è attivata la procedura telematica”) sono eseguite previo pagamento dei tributi dovuti in base ad autoliquidazione”, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, art. 3-ter, (quale introdotto dal D.Lgs. 18 gennaio 2000, n. 19, art. 1, comma 1), stabilisce che “gli uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte e qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta, notificano, anche per via telematica, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata. Il pagamento è effettuato, da parte dei soggetti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. n. 26 aprile 1986, n. 131, art. 10, lett. b), entro quindici giorni dalla data della suindicata notifica; trascorso tale termine, sono dovuti gli interessi moratori computati dalla scadenza dell’ultimo giorno utile per la richiesta della registrazione e si applica la sanzione di cui al D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 47, art. 13. Nel caso di dolo o colpa grave nell’autoliquidazione delle imposte, gli uffici segnalano le irregolarità agli organi di controllo competenti per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari. Per i notai è ammessa la compensazione di tutte le somme versate in eccesso in sede di autoliquidazione con le imposte dovute per atti di data posteriore, con conseguente esclusione della possibilità di richiedere il rimborso all’Amministrazione finanziaria”.

Il ricorso ex lege alle modalità di registrazione telematica dell’atto e di versamento dei tributi su autoliquidazione del notaio, mediante il modello unico informatico (M.U.I.), costituisce un’applicazione meramente strumentale tecnologica ed evolutiva – propria della fase di registrazione dell’atto e riscossione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, con obiettivi di velocizzazione e semplificazione.

Non si può, però, dire che il ricorso alla procedura automatizzata “muti” la natura della responsabilità giuridica del notaio per il pagamento delle imposte. Non risulta, infatti, variato – nè sussistono vincoli di incompatibilità con tale procedura – il disposto fondamentale di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, il quale stabilisce che il notaio sia solidalmente obbligato al pagamento dell’imposta di registro (ma anche delle imposte ipotecaria e catastale, ai sensi del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, art. 11, e art. 13, comma 1), con le parti dell’atto.

Si tratta di responsabilità che, per un verso, trova fondamento e ragione pratica nel ruolo di garanzia a lui assegnato dalla legge nel rafforzamento dei presupposti di satisfattività della pretesa impositiva, così da giustificare che egli intervenga nella sua qualità di responsabile d’imposta, come definita in via generale dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 64, comma 3.

Per altro verso, l’affermazione della responsabilità concorrente del notaio non toglie che questi, ancorchè pubblico ufficiale obbligato a richiedere la registrazione, rimanga, tuttavia, estraneo al presupposto impositivo, che concerne unicamente le parti contraenti nel momento in cui partecipano alla stipulazione di un atto traslativo di ricchezza o regolativo di un affare al quale l’ordinamento riconduce ma in capo ai contraenti stessi e soltanto a costoro un’espressione di capacità contributiva (tra le altre: Cass., Sez. 5, 6 maggio 2005, nn. 9439 e 9440; Cass., Sez. 5, 12 marzo 2015 n. 5016; Cass., Sez. 5, 17 maggio 2017, n. 12257), sicchè può ben dirsi che contribuente in senso sostanziale non sia il notaio, ma la parte (difatti, assoggettata a rivalsa per l’intero). Neppure, però, risulta variata o in altro modo influenzata – venendo con ciò all’oggetto precipuo della lite – l’ulteriore regola generale stabilita dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, comma 2, secondo cui la responsabilità solidale del notaio (e del pubblico ufficiale in genere) “non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive”, rimanendo, pertanto, limitata alle imposte principali. Previsione, quest’ultima, volta tra l’altro ad evitare che il notaio possa essere direttamente inciso (seppure con potestà di rivalsa) per importi indeterminati nell’an e nel quantum – che non trovino copertura nella precostituzione della necessaria provvista presso le parti. In un contesto nel quale l’impulso di modernizzazione affidato al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, ha comportato il semplice adeguamento di alcuni profili operativi (essenzialmente di liquidazione e riscossione) della disciplina-base di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, senza, tuttavia, stravolgerne i principi fondamentali, si pone allora il problema di definire ed individuare in concreto la tipologia dell’unica imposta per la quale – pur nell’ambito della procedura automatizzata – può essere invocata la responsabilità del notaio, appunto quella “principale”.

E nel fare ciò resta dirimente quanto stabilito dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 42, (richiamato dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, art. 13, comma 1), secondo cui “è principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso”.

Questa definizione legislativa ricomprende nella nozione di imposta principale un duplice prelievo: sia quello direttamente versato al momento della registrazione (quale imposta principale contestuale o “autoliquidata”), sia quello integrativamente richiesto dall’ufficio allo scopo di correggere errori od omissioni incorsi nella autoliquidazione medesima (c.d. imposta principale “postuma”). Al di là di questi limiti, l’imposta deve ritenersi complementare (oppure, in caso di errori dell’ufficio, suppletiva).

Tornando al disposto di partenza, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, art. 3-ter (quale introdotto dal D.Lgs. 18 gennaio 2000, n. 19, art. 1, comma 1), prevede una particolare procedura di controllo automatizzato dell’autoliquidazione, attribuendo all’amministrazione finanziaria la potestà di notificare al notaio un avviso di liquidazione integrativo, dal quale scaturisce la possibilità, per il notaio medesimo, sia di pagare entro i 15 giorni successivi senza interessi moratori nè sanzioni, sia di eventualmente compensare il proprio debito di rettifica con il credito risultante per le somme da lui versate in eccesso su altre registrazioni telematiche autoliquidate. Orbene, in ogni caso, questa particolare procedura di controllo riguarda unicamente le imposte autoliquidate la cui difformità dal dovuto risulti immediatamente percepibile potremmo dire per tabulas – dal M.U.I. ovvero dalla disamina dell’atto trasmesso per la registrazione telematica; dispone, infatti, la norma che, in tanto la procedura automatizzata di controllo e recupero delle imposte autoliquidate sia esperibile, in quanto il maggior dovuto emerga “sulla base degli elementi desumibili dall’atto”.

Al contrario, ogniqualvolta la pretesa impositiva non trovi riscontro cartolare ed ictu oculi, ma richieda l’accesso ad elementi extratestuali o anche l’esperimento di particolari accertamenti fattuali o valutazioni giuridico-interpretative, l’amministrazione finanziaria non potrà procedere alla notificazione al notaio, nei 60 giorni, dell’avviso di liquidazione integrativo, dovendo invece emettere, secondo le regole generali, avviso di accertamento – per un’imposta che, a quel punto, avrà necessariamente natura complementare nei confronti delle parti contraenti.

Si ritiene pertanto di confermare l’orientamento consolidato di questa Corte per cui, in tema di imposta di registro, il notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, è responsabile d’imposta, ma, come è stabilito dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, i soggetti obbligati al pagamento del tributo restano le parti sostanziali dell’atto medesimo, alle quali, pertanto, è legittimamente notificato, in caso d’inadempimento, l’avviso di liquidazione (in termini: Cass., Sez. 5, 10 agosto 2010, n. 18493; Cass., Sez. 6, 12 marzo 2015, n. 5016; Cass., Sez. 5, 7 giugno 2019, n. 15450; Cass., Sez. 5, 11 giugno 2019, n. 15627). Si rammenta, peraltro, come, valutando manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, comma 1, nella parte in cui prevede, ai fini della riscossione dell’imposta, la permanenza del vincolo di solidarietà a carico delle parti contraenti anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere al versamento delle somme destinate al pagamento, questa Corte abbia ritenuto che, nell’effettuazione di tale pagamento, il notaio non agisce in qualità di delegato alla riscossione o di esattore per conto dello Stato, ma in virtù dell’affidamento fiduciario delle predette somme, con la conseguenza che i danni derivanti da comportamenti scorretti o illeciti a lui eventualmente ascrivibili non sono ricollegabili al predetto vincolo di solidarietà, non attenendo al rapporto tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente, ma al rapporto negoziale che lega quest’ultimo al notaio, e non possono quindi tradursi nella violazione dei principi di eguaglianza e di capacità contributiva (in termini: Cass., Sez. 5, 12 giugno 2009, n. 13653; Cass. 2020 nr 17357).

Come è evidente, la Commissione Tributaria Regionale si è nettamente discostata dai principi enunciati, valutando in modo erroneo, anche sul presupposto dell’impropria qualificazione del ruolo del notaio rogante in termini di “sostituto d’imposta”, che i contraenti/contribuenti fossero esenti da responsabilità per il pagamento delle imposte (supplementari) di registro, ipotecaria e catastale e non potessero, perciò, essere destinatari del relativo avviso di liquidazione.

Dunque, stante la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di rigetto del ricorso originario dei contribuenti.

Possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio del merito, tenuto conto dell’andamento del medesimo e del progressivo consolidamento della giurisprudenza di questa Corte sulla questione trattata, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario dei contribuenti; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna la contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione finanziaria, che liquida nella somma complessiva di Euro 7500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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