Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10328 del 20/05/2015
Civile Sent. Sez. 5 Num. 10328 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: DI BLASI ANTONINO
Ud.04.02.2015
Oggetto: Catasto.
Classamento Varia
zione categoria Onere probatorio.
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VASSALLO GIUSEPPA FRANCESCA PAOLA, quale erede di
Mazzonello Giovanni, residente a Trapani, rappresentata
e difesa, giusta delega in calce al ricorso, dall’Avv.
Giovanni Consolazione, elettivamente domiciliato in
Roma, Piazza della Libertà, 20 presso lo studio
dell’Avv. Marco Orlando, RICORRENTE
CONTRO
AGENZIA DEL TERRITORIO,
in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata nei
relativi uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12
CONTRORICORRENTE
E MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona
del Ministro pro tempore,
Data pubblicazione: 20/05/2015
INTIMATO
AVVERSO
la sentenza n.51/24/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di Palermo – Sezione n. 24, in data
05/03/2010, depositata il 09 aprile 2010.
udienza del 04 Febbraio 2015 dal Relatore Dott.
Antonino Di Blasi;
Sentito,
per la controricorrente Agenzia,
l’Avv.
Massimo Bachetti, dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Presente il P.M. dott. Giovanni Giacalone, che ha
chiesto dichiararsi l’inammissibilità o, in subordine,
il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di notifica di classamento automatico, in
categoria A/2 classe 6a di una unità immobiliare sita
in Trapani Viale Umbria, 5, il proprietario Mazzonello
Giovanni proponeva tempestivo ricorso davanti alla
Commissione Tributaria Provinciale di Trapani,
chiedendo la modifica dei dati censuari con
attribuzione della categoria A/3 ed una classe non
superiore alla 5 0 , deducendo, fra l’altro, la
disparità di trattamento tra il contestato classamento
del citato alloggio e quelli realizzati da altre
cooperative con le stesse caratteristiche, nel medesimo
P.E.E.P.2
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica
L’Ufficio resisteva, difendendo l’operato classamento.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale, accoglieva
il ricorso, attribuendo all’immobile la categoria A/3,
classe 5a.
Regionale della Sicilia, con la sentenza in epigrafe
indicata, accoglieva l’impugnazione, proposta nei
confronti degli eredi del ricorrente, nelle more
deceduto e rigettava l’originario ricorso.
I giudici di appello ritenevano che l’Ufficio avesse,
erroneamente,
valorizzato
dati
riguardanti
l’ubicazione dell’immobile e la tipologia del
finanziamento e che dovesse farsi riferimento, invece,
allo stato di fatto dell’immobile.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale ha proposto ricorso per cassazione la coerede
dell’originario ricorrente, denunciando la violazione
dell’art. 2697 c.c. e l’erronea attribuzione della
categoria.
L’Agenzia del Territorio, giusto controricorso, ha
chiesto che venga dichiarata l’inammissibilità
dell’impugnazione e, comunque il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via
preliminare,
va
rilevata
e
dichiarata
l’inammissibilità del ricorso per Cassazione, la dove
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Sull’appello dell’Agenzia, la Commissione Tributaria
risulta diretto anche contro il Ministero dell’Economia
e delle Finanze, in quanto proposto nei confronti di
soggetto non legittimato passivamente.
L’inammissibilità è ricollegabile al fatto che il
decisione impugnata, si è svolto nei confronti
dell’Agenzia del Territorio – Ufficio di Trapani, che è
l’unica controparte contemplata in sentenza, e non
anche nei confronti del Ministero dell’Economia e delle
Finanze, rimasto estraneo a detto giudizio e chiamato
in causa solo con il ricorso per cassazione.
D’altronde, il ricorso di che trattasi è stato
notificato, a mezzo posta, il 19 novembre 2010, cioè
successivamente alla data dell’1.01.2001, a partire
dalla quale trova applicazione la riforma ordinamentale
di cui al D.Lgs n.300/1999 ed i principi
giurisprudenziali alla relativa stregua fissati (Cass.
n.15643/2004, n.3116/2006, n.3118/2006).
Il ricorso per Cassazione di che trattasi, promosso
anche nei confronti del Ministero, non può, ciò stante,
ritenersi correttamente intrapreso, stante che la
sentenza impugnata non risulta emessa nei confronti del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, – bensì,
esclusivamente, contro l’Agenzia del Territorio, cioè
di soggetto giuridico diverso.
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giudizio di appello, al cui esito è stata emessa la
Ne deriva che il Ministero, rimasto estraneo al
giudizio nel precedente grado di appello e, quindi, non
contemplato nella sentenza all’esito resa, deve
ritenersi privo di legittimazione passiva nel presente
interloquire solo i soggetti che hanno partecipato al
precedente giudizio di appello (Cass.n.15021/2005,
n.9538/2001, n.16100/2006, n. 17234/2014).
Nulla va disposto per il regolamento delle spese tra
dette parti, in assenza dei relativi presupposti.
Anche
l’impugnazione,
proposta
nei
confronti
dell’Agenzia del Territorio, va rigettata, per
inammissibilità delle censure.
Rileva, il Collegio che la sentenza della CTR,
impugnata in questa sede, è pervenuta al rassegnato
decisum, con cui, in accoglimento dell’appello, ha
respinto l’originario ricorso della parte privata e,
quindi, confermato il classamento operato dall’Ufficio,
richiamando ed applicando, per un verso, l’orientamento
giurisprudenziale secondo cui la circostanza che un
immobile sia stato realizzato con finanziamenti
pubblici per l’edilizia economia e popolare, non
riveste rilievo determinante ed esaustivo, ai fini
della relativa classificazione catastale, dovendosi
fare riferimento alle concrete, peculiari
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giudizio di legittimità, nel quale hanno titolo ad
caratteristiche, quali desumibili dallo stato di fatto
dell’immobile e rilevando, sotto altro profilo, che
l’Ufficio aveva tenuto conto proprio di tali dati
fattuali, attinenti al “grado di rifiniture”, alla
accessori”, elementi idonei a “dimostrare che l’unità
immobiliare aveva le caratteristiche rispondenti alla
tipologia della categoria A/2”.
La decisione impugnata, quindi, sotto il profilo
giuridico, si colloca, correttamente, nel solco di
quell’orientamento giurisprudenziale,
condiviso dal
Collegio, secondo cui “In tema di controversie
tributarie concernenti la classificazione catastale di
un’unita’ immobiliare, non assume rilievo determinante
ed esaustivo, per la relativa collocazione
nella categoria “economico-popolare”
la circostanza
che un immobile sia stato realizzato
mediante
finanziamenti pubblici per l’edilizia
residenziale economica e popolare, atteso, da un
canto, che le caratteristiche di un immobile a
fini catastali attengono soprattutto ad uno stato
di fatto che e’ come tale – indipendente dalle
finalita’
del
finanziamento
utilizzazione ben puo’
pubblico
(la
cui
risultare in concreto difforme
dagli scopi per i quali esso sia stato
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concesso),
“ampiezza ed al numero dei vani”, ai “servizi ed
dall’altro,
corrispondenza
ai
che
non
tra
necessariamente
classificazione
fini dell’attribuzione
della
vi è
catastale
rendita
e
qualificazione ai fini della normativa
svariate disposizioni legislative, di diverso contenuto
e a diversi effetti)” Cass. n. 15235/2004, n.
21725/2006, n. 27917/2009 -.
D’altronde, l’argomentazione svolta dalla CTR per
giustificare l’adottata decisione e gli elementi
fattuali presi in considerazione nell’iter decisionale,
sotto il profilo della correttezza giuridica e logico
formale, danno piena contezza dell’adottato decisione,
risultando evidenziate, sia le ragioni che rendevano
non condivisibile, in punto di diritto, l’operato del
giudice di primo grado,- che aveva ritenuto rilevante,
ai fini del classamento dell’immobile,- la natura del
finanziamento e l’ubicazione dello stesso in un
apposito piano di zona economico-popolare, sia pure
l’infondatezza, in punto di fatto, della tesi
prospettata dal Coccellato, secondo cui “l’ubicazione
dell’immobile in zona economico – popolare e non
residenziale, influenza l’attribuzione dei dati
censuari relativi ad abitazioni di tipo economico
categoria A/3”; tesi, peraltro, motivatamente disattesa
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sull’edilizia popolare ed economica (contenuta in
dalla CTR, mediante il richiamo del condiviso principio
(Cass.n.
15235/2004,
21725/2006)
secondo
cui
la
realizzazione di un complesso immobiliare nell’ambito
di “un’area di edilizia economica e popolare non può
che detto complesso possegga le
caratteristiche proprie della peculiare tipologia della
categoria economico popolare”.
La ricorrente, con l’impugnazione di che trattasi, non
ha
aggredito
specificamente
precitate argomentazioni,
e
puntualmente,
le
utilizzate dalla CTR per
giustificare la decisione, limitandosi a generiche ed
apodittiche affermazioni, con le quali ha dedotto che
l’Ufficio, nei due gradi di merito, non aveva fornito
la prova della consistenza e delle caratteristiche
dell’immobile e che, invece, esso ricorrente, aveva
prodotto in atti una certificazione del Comune di
Trapani ed una convenzione, con detto ente
intervenuta, dai quali era possibile desumere che
l’attività edilizia si era svolta nel rigoroso rispetto
della normativa di settore, che, per l’appunto,
autorizza solo la costruzione di edifici di edilizia
_ economica e popolare.
Ciò posto, è consequenziale ritenere che le questioni
poste dal ricorso, con il quale si deduce che l’Agenzia
non avrebbe fornito la prova della consistenza e delle
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costituire prova
caratteristiche dell’unità abitativa, riguardano il
processo di valutazione degli elementi probatori in
atti, da parte del Giudice di merito e, quindi, che le
censure, così come formulate, impingono nella
Per
condiviso
orientamento
giurisprudenziale,
si
ritiene, infatti, che “In tema di ricorso per
cassazione, il vizio di violazione di legge consiste
nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte
del provvedimento impugnato, della fattispecie
astratta recata da una norma di legge e quindi
implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle
risultanze di causa e esterna all’esatta
interpretazione della norma di legge e inerisce alla
tipica valutazione del giudice di merito, la cui
censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto
l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine
tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge
in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione
dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea
applicazione della legge in ragione della carente o
contraddittoria ricostruzione della fattispecie
concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima
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violazione di norme e principi consolidati.
censura,
e
non anche la prima, e’ mediata dalla
valutazione
contestata
delle
risultanze
di
causa”(Cass.SS.UU. n. 10313/2006, n. 15499/2004).
Le doglianze della ricorrente, peraltro del tutto
merito, risolvendosi in una diversa valutazione dei
medesimi elementi utilizzati dai Giudici secondo grado,
i quali ultimi hanno ritenuto che i dati fattuali
riscontrati e presi in considerazione fossero idonei a
costituire prova, di per sé, idonea ed esaustiva della
consistenza e delle caratteristiche necessarie per la
disposta classificazione della data unità abitativa.
Rileva,
peraltro,
il
Collegio
che
la
sentenza
impugnata, non solo non contiene alcuna affermazione di
principio in contrasto con il diritto positivo ma,
anzi,
espressamente,
richiama
ed
applica,
condividendoli, principi già affermati dal Giudice di
legittimità.
Sotto
altro
aspetto,
le
doglianze
risultano,
egualmente, inammissibili, in quanto non aggrediscono
con la necessaria specificità le precitate rationes
decidendi, che sorreggono la decisione impugnata e,
quindi, si pongono in evidente contrasto con il
principio, condiviso dal Collegio, secondo cui “La
proposizione, con il ricorso per cassazione, di
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ineriscono alla tipica valutazione di
generiche,
censure prive di specifiche
attinenze al “decisum”
della sentenza impugnata
e’ assimilabile alla
mancata enunciazione dei
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numero
motivi richiesti dall’art.
cod. proc. civ., con
anche d’ufficio”(Cass. n.21490/2005, n.7046/2001,
n.7375/2010, n. 19959/2014, n. 16051/2014).
Per altra via, ancora, le censure non possono trovare
ingresso, in quanto formulate in spregio al consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in
sede di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare
in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano
condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa
decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare
contenere in sé tutti gli
autosufficiente e, quindi,
elementi che diano al Giudice di legittimità la
possibilità di provvedere al diretto controllo della
decisività dei punti controversi e della correttezza e
sufficienza della motivazione della decisione
impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio
agli
atti
ed
(Cass.n.849/2002,
risultanze
alle
n.2613/2001,
processuali”
n.9558/1997)
e,
d’altronde, che costituisce pacifico principio quello
configurare il vizio di
secondo cui per potersi
motivazione su un asserito punto decisivo della
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conseguente inammissibilita’ del ricorso, rilevabile
controversia, è necessario un rapporto di causalità fra
la circostanza che si assume trascurata e la soluzione
giuridica data alla controversia, tale da far ritenere
che quella circostanza, se fosse stata considerata,
(Cass.n.9368/2006, n.1014/2006, n.22979/2004).
Ritiene, conclusivamente, il Collegio che, a fronte
delle precitate argomentazioni, poste a base della
sentenza di appello, la Vassallo abbia formulato
censure, assolutamente generiche e, comunque, non
specifiche in relazione alle rationes decidendi della
sentenza impugnata e, quindi, inammissibili.
Il ricorso va, dunque, rigettato, per inammissibilità
dei motivi.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, in
favore dell’Agenzia Entrate ed a carico della
ricorrente, in ragione di complessivi Euro seicento,
oltre spese prenotate a debito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso della Vassallo, che
condanna alle spese del giudizio, in ragione di
complessivi Euro seicento, oltre spese prenotate a
debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della V
sezione civile il 04 Febbraio 2015
avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza