Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10327 del 20/05/2015
Civile Sent. Sez. 5 Num. 10327 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: DI BLASI ANTONINO
Ud.04.02.2015
Oggetto:Catasto.
Classamento Varia
zione categoria Onere probatorio.
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FARACI ANGELO AURELIO e FARACI ANTONINO residenti a
Trapani, rappresentati e difesi, giusta delega in calce
al ricorso, dall’Avv. Giovanni Consolazione,
elettivamente domiciliato in Roma, Piazza della
Libertà, 20 presso lo studio dell’Avv. Marco Orlando,
RICORRENTI
CP4
.
CONTRO
AGENZIA DEL TERRITORIO,
in persona del
legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata nei
relativi uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12
– CONTRORICORRENTE
E MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona
del Ministro pro tempore,
Data pubblicazione: 20/05/2015
INTIMATO
AVVERSO
la sentenza n.55/24/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di Palermo – Sezione n. 24, in data
05/03/2010, depositata il 09 aprile 2010.
udienza del 04 febbraio 2015 dal Relatore Dott.
Antonino Di Blasi;
Sentito, per la controricorrente Agenzia l’Avv. Massimo
Bachetti, dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Presente il P.M. dott. Giovanni Giacalone, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile e, comunque, il
rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di notifica di classamento automatico, in
categoria A/2 classe 6a di una unità immobiliare sita
in Trapani Viale Umbria, 10, i proprietari Faraci
Angelo Aurelio, Faraci Antonino e Palombo Francesco
proponevano tempestivo ricorso davanti alla Commissione
Tributaria Provinciale di Trapani, chiedendo la
modifica dei dati censuari con attribuzione della
categoria A/3 ed una classe non superiore alla 5 ° ,
deducendo, fra l’altro, la disparità di trattamento
tra il contestato classamento del citato alloggio e
quelli realizzati da altre cooperative con le stesse
caratteristiche, nel medesimo P.E.E.P.2
Udita la relazione della causa, – svolta nella pubblica
L’Ufficio resisteva, difendendo l’operato classamento.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale, accoglieva
il ricorso, attribuendo all’immobile la categoria A/3,
classe 5a.
Regionale della Sicilia, con la sentenza in epigrafe
indicata, accoglieva l’impugnazione e rigettava
l’originario ricorso dei sigg.ri Faraci Angelo Aurelio,
Faraci Antonino a Palumbo Francesca.
I giudici di appello ritenevano che l’Ufficio avesse,
erroneamente,
valorizzato
i
dati
riguardanti
l’ubicazione dell’immobile e la tipologia del
finanziamento e che dovesse farsi riferimento, invece,
allo stato di fatto dell’immobile.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale hanno proposto ricorso per cassazione i
signori Faraci Angelo Aurelio e Faraci Antonino, quali
eredi della de cuius Palumbo Francesca, denunciando la
violazione dell’art. 2697 c.c. e l’erronea attribuzione
della categoria.
L’Agenzia del Territorio, giusto controricorso, ha
chiesto, in via preliminare, dichiararsi il difetto di
legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e
delle Finanze, indi pronunciarsi l’inammissibilità del
motivo di ricorso relativo alla dedotta violazione
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Sull’appello dell’Agenzia, la Commissione Tributaria
dell’onere probatorio, nonché rigettarsi la doglianza
riguardante il contestato classamento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via
preliminare,
va
rilevata
e
dichiarata
risulta diretto anche contro il Ministero dell’Economia
e delle Finanze, in quanto proposto nei confronti di
soggetto non legittimato passivamente.
L’inammissibilità è ricollegabile al fatto che il
giudizio di appello, al cui esito è stata emessa la
decisione impugnata, si è svolto nei confronti
dell’Agenzia del Territorio – Ufficio di Trapani, che è
l’unica controparte contemplata in sentenza, e non
anche nei confronti del Ministero dell’Economia e delle
Finanze, rimasto estraneo a detto giudizio e chiamato
in causa solo con il ricorso per cassazione.
D’altronde,
il ricorso di che trattasi è stato
notificato, a mezzo posta, il 19 novembre 2010, cioè
successivamente alla data dell’1.01.2001, a partire
dalla quale trova applicazione la riforma ordinamentale
di cui al D.Lgs n.300/1999 ed i principi
giurisprudenziali alla relativa stregua fissati (Cass.
n.15643/2004, n.3116/2006, n.3118/2006).
Il ricorso per Cassazione di che trattasi, promosso
anche nei confronti del Ministero, non può, ciò stante,
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l’inammissibilità del ricorso per Cassazione, la dove
ritenersi correttamente intrapreso, stante che la
sentenza impugnata non risulta emessa nei confronti del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, – bensì,
esclusivamente, contro l’Agenzia del Territorio, cioè
Ne deriva che il Ministero, rimasto estraneo al
giudizio nel precedente grado di appello e, quindi, non
contemplato nella sentenza all’esito resa, deve
ritenersi privo di legittimazione passiva nel presente
giudizio di legittimità, nel quale hanno titolo ad
interloquire solo i soggetti che hanno partecipato al
precedente giudizio di appello (Cass.n.15021/2005,
n.9538/2001,n. 16100/2006, n.17234/2014).
Nulla va disposto per il regolamento delle spese tra
dette parti, in assenza dei relativi presupposti.
Anche
l’impugnazione,
dell’Agenzia
del
proposta
Territorio,
va
nei
confronti
rigettata,
per
inammissibilità delle censure.
Rileva, il Collegio che la sentenza della CTR,
impugnata in questa sede, è pervenuta al rassegnato
decisum, con cui, in accoglimento dell’appello, ha
respinto l’originario ricorso della parte privata e,
quindi, confermato il classamento operato dall’Ufficio,
richiamando ed applicando, per un verso, l’orientamento
giurisprudenziale secondo cui la circostanza che un
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di soggetto giuridico diverso.
immobile sia stato
realizzato con finanziamenti
pubblici per l’edilizia economia e popolare, non
riveste rilievo determinante ed esaustivo, ai fini
della relativa classificazione catastale, dovendosi
caratteristiche, quali desumibili dallo stato di fatto
dell’immobile e rilevando, sotto altro profilo, che
l’Ufficio aveva tenuto conto proprio di tali dati
fattuali, attinenti al “grado di rifiniture”, alla
“ampiezza ed al numero dei vani”, ai “servizi ed
accessori”, elementi idonei a “dimostrare che l’unità
immobiliare aveva le caratteristiche rispondenti alla
tipologia della categoria A/2”.
La decisione impugnata, quindi, sotto il profilo
giuridico, si colloca, correttamente, nel solco di
quell’orientamento giurisprudenziale,
condiviso dal
Collegio, secondo cui “In tema di controversie
tributarie concernenti la classificazione catastale di
un’unita’ immobiliare, non assume rilievo determinante
ed esaustivo, per la relativa collocazione
nella categoria “economico-popolare”
la circostanza
che un immobile sia stato realizzato
finanziamenti
pubblici
per
mediante
l’edilizia
residenziale economica e popolare, atteso, da un
canto, che le caratteristiche
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di
un
immobile a
fare riferimento alle concrete, peculiari
fini catastali attengono soprattutto ad uno stato
di fatto che e’ – come tale
indipendente dalle
finalita’ del finanziamento pubblico (la cui
utilizzazione ben puo’ risultare in concreto difforme
dall’altro,
corrispondenza
ai
che
non
tra
necessariamente
classificazione
fini dell’attribuzione
della
vi è
catastale
rendita
e
qualificazione ai fini della normativa
sull’edilizia popolare ed economica (contenuta in
svariate disposizioni legislative, di diverso contenuto
e a diversi effetti)” Cass. n. 15235/2004, n.
21725/2006, n.27917/2009 -.
D’altronde, l’argomentazione svolta dalla CTR per
giustificare l’adottata decisione e gli elementi
fattuali presi in considerazione nell’iter decisionale,
sotto il profilo della correttezza giuridica e logico
formale, danno piena contezza dell’adottato decisione,
risultando evidenziate, sia le ragioni che rendevano
non condivisibile, in punto di diritto, l’operato del
giudice di primo grado,- che aveva ritenuto rilevante,
ai fini del classamento dell’immobile,- la natura del
finanziamento e l’ubicazione dello stesso in un
apposito piano di zona economico-popolare, sia pure
l’infondatezza, in punto di fatto, della tesi
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dagli scopi per i quali esso sia stato concesso),
prospettata dai ricorrenti Faraci,
“l’ubicazione dell’immobile
in
secondo cui
zona economico
popolare e non residenziale, influenza l’attribuzione
dei dati censuari relativi ad abitazioni di tipo
disattesa dalla CTR, mediante il richiamo del condiviso
principio (Cass.n. 15235/2004, 21725/2006) secondo cui
la realizzazione di un complesso immobiliare
nell’ambito di “un’area di edilizia economica e
popolare non può costituire prova che detto complesso
possegga le caratteristiche proprie della peculiare
tipologia della categoria economico popolare”.
I ricorrenti, con l’impugnazione di che trattasi, non
hanno aggredito specificamente e puntualmente, le
precitate argomentazioni, utilizzate dalla CTR per
giustificare la decisione, limitandosi a generiche ed
apodittiche affermazioni, con le quali hanno dedotto
che l’Ufficio, nei due gradi di merito, non aveva
fornito la prova della consistenza e delle
caratteristiche dell’immobile e che, invece, essi
ricorrenti, avevano prodotto in atti una certificazione
del Comune di Trapani ed una convenzione, con detto
ente intervenuta, dai quali era possibile desumere che
l’attività edilizia si era svolta nel rigoroso rispetto
della normativa di settore, che, per l’appunto,
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economico categoria A/3″; tesi, peraltro, motivatamente
autorizza solo la costruzione di edifici di edilizia
economica e popolare.
Ciò posto, è consequenziale ritenere che le questioni
poste dal ricorso, con il quale si deduce che l’Agenzia
caratteristiche dell’unità abitativa, riguardano il
processo di valutazione degli elementi probatori in
atti, da parte del Giudice di merito e, quindi, che le
censure, così come formulate, impingono nella
violazione di norme e principi consolidati.
Per
condiviso
orientamento
giurisprudenziale,
si
ritiene, infatti, che “In tema di ricorso per
cassazione, il vizio di violazione di legge consiste
nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte
del provvedimento impugnato, della fattispecie
astratta recata da una norma di legge e quindi
implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle
risultanze di causa e
,
esterna all’esatta
interpretazione della norma di legge e inerisce alla
tipica valutazione del giudice di merito, la cui
censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto
l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine
tra l’una e l’altra ipotesi – violazione
9
di
legge
non avrebbe fornito la prova della consistenza e delle
in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione
dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea
applicazione della legge in ragione della carente o
contraddittoria ricostruzione della fattispecie
censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla
contestata
valutazione
delle
risultanze
di
causa”(Cass.SS.UU. n. 10313/2006, n. 15499/2004).
Le doglianze dei ricorrenti, peraltro del tutto
generiche,
ineriscono alla tipica valutazione di
merito, risolvendosi in una diversa valutazione dei
medesimi elementi utilizzati dai Giudici secondo grado,
i quali ultimi hanno ritenuto che i dati fattuali
riscontrati e presi in considerazione fossero idonei a
costituire prova, di per sé, idonea ed esaustiva della
consistenza e delle caratteristiche necessarie per la
disposta classificazione della data unità abitativa.
Rileva,
peraltro,
il
Collegio
che
la
sentenza
impugnata, non solo non contiene alcuna affermazione di
principio in contrasto con il diritto positivo ma,
anzi, espressamente, richiama ed applica,
condividendoli, principi già affermati dal Giudice di
legittimità.
Sotto
altro
aspetto,
le
doglianze
risultano,
egualmente, inammissibili, in quanto non aggrediscono
10
concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima
con la necessaria specificità le precitate rationes
decidendi, che sorreggono la decisione impugnata e
quindi, si pongono in evidente contrasto con il
principio, condiviso dal Collegio, secondo cui “La
con il ricorso per cassazione, di
censure prive di specifiche
attinenze al “decisum”
della sentenza impugnata e’ assimilabile alla
mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art.
366
numero
4
cod.
proc.
civ.,
con
conseguente inammissibilita’ del ricorso, rilevabile
anche d’ufficio”(Cass. n.21490/2005, n.7046/2001,
n.7375/2010, n. 19959/2014, n. 16051/2014).
Per altra via, ancora, le censure non possono trovare
ingresso, in quanto formulate in spregio al consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in
sede di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare
in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano
condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa
decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare
autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli
elementi che diano al Giudice di legittimità la
possibilità di provvedere al diretto controllo della
decisività dei punti controversi e della correttezza e
sufficienza della motivazione della decisione
impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio
11
proposizione,
agli
atti
ed
(Cass.n.849/2002,
alle
risultanze
n.2613/2001,
processuali”
n.9558/1997)
e,
d’altronde, che costituisce pacifico principio quello
secondo cui per potersi configurare il vizio di
controversia, è necessario un rapporto di causalità fra
la circostanza che si assume trascurata e la soluzione
giuridica data alla controversia, tale da far ritenere
che quella circostanza, se fosse stata considerata,
avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza
(Cass.n.9368/2006, n.1014/2006, n.22979/2004).
Ritiene, conclusivamente, il Collegio che, a fronte
delle precitate argomentazioni, poste a base della
sentenza di appello, i sigg.ri Faraci abbiano formulato
censure, assolutamente generiche e, comunque, non
specifiche in relazione alle rationes decidendi della
sentenza impugnata e, quindi, inammissibili.
Il ricorso va, dunque, rigettato, per inammissibilità
dei motivi.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, in
favore dell’Agenzia Entrate ed a carico, solidalmente,
dei ricorrenti, in ragione di complessivi Euro
seicento, oltre spese prenotate a debito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di Faraci Angelo
12
motivazione su un asserito punto decisivo della
Aurelio e Faraci Antonino, che condanna, solidalmente,
alle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro
seicento, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della V
vile il 04 Febbraio 2015
sezione