Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10327 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10327 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA

sul ricorso 27418-2010 proposto da:
PORRETTA CALOGERO PRRCGR37M08B430X, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 70, presso lo
studio dell’avvocato PANSINI GIOVANNA, rappresentato
e difeso dall’avvocato CRISPINO IPPOLITO giusto
mandato in calce;

t.
– ricorrente –

2014

contro

440

DI PIETRO SANTINA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 5504/2009 del TRIBUNALE di

1

Data pubblicazione: 13/05/2014

PALERMO, depositata il 03/11/2009 R.G.N. 17701/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2014 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

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Svolgimento del processo

1. Calogero Porretta ricorre, affidandosi a due motivi,
per la cassazione della sentenza n. 5504 del 3.11.09, con
cui è stata rigettata la sua opposizione ex art. 617 cod.
proc. civ. avverso il precetto intimatogli da Santina Di
fondato

su

ordinanza

presidenziale

di

determinazione di assegno di mantenimento, con la quale
egli aveva lamentato la nullità della previa notifica del
titolo esecutivo, siccome eseguita presso il procuratore e
non presso il debitore di persona.
Non svolge attività difensiva l’intimata.
Motivi della decisione

2. Il Porretta si duole, col primo motivo, al contempo
di violazione e falsa applicazione degli artt. 479, 480,
156,

160

e

617

cod.

proc.

civ.,

nonché di vizio

motivazionale, in ordine alla ritenuta sanatoria del vizio
formale in dipendenza del dispiegamento dell’opposizione
volta invece soltanto a fare valere il medesimo; col
secondo motivo, lamenta violazione dell’art. 91 cod. proc.
civ. quanto alla condanna alle spese ai suoi danni, perché
egli avrebbe dovuto risultare parte vincitrice.
3. Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte
regolatrice è ormai attestata sulla conclusione che,
affinché possa rilevare con effetti idonei ad inficiare il
processo esecutivo, una qualsiasi nullità formale di uno
degli atti di esso – o di quelli che devono necessariamente IV
precederlo – deve essere comunque di gravità tale da
rendere impossibile il perseguimento dello scopo della
norma che la impone, oppure deve trasmodare nella vera e

3

Pietro,

propria inesistenza – intesa in senso materiale, ovvero
giuridico, allorché essa sia eseguita in modo assolutamente
abnorme e cioè non previsto dalla normativa – della
formalità, prevista ad irriducibile presidio di una facoltà
essenziale per il diritto di difesa del soggetto a cui

dell’ordinaria impugnabilità degli atti suddetti per vizi
formali deve coordinarsi – e, sostanzialmente, sottostare alla disciplina generale sulla sanatoria di ogni tipo di
nullità.
4. Al riguardo, il principio è di recente (Cass., ord.
21 dicembre 2012, n. 23894) ribadito da questa Corte,
affermandosi la rilevanza della nullità ed al contempo
escluderne anche in astratto la sanabilità, con riguardo
alla materiale insussistenza della previa notifica del
titolo: una tale insussistenza legittima la declaratoria di
nullità del successivo precetto, non sanabile neppure col
dispiegamento di un’opposizione ai sensi dell’art. 617 cod.
proc. civ. e soprattutto se volta esclusivamente a fare
valere tale vizio, senza, cioè, sollevare ulteriori
questioni di merito.
Con detta pronunzia, alla cui ampia ed approfondita
motivazione conviene comunque rinviare per ogni aspetto,
questa Corte ha pure:
ribadito

che

l’esercizio

dell’azione

prevista

dall’art. 617 cod. proc. civ. produce la sanatoria del
vizio di nullità della notificazione del titolo esecutivo o
del precetto con efficacia ex

tunc,

per raggiungimento

dello scopo ex art. 156 cod. proc. civ. (cfr. Cass. n.

4

favore quest’ultima è prescritta. Pertanto, il regime

5213/98, n. 9185/00); ma che occorre distinguere (salvo
quanto risulta dalla massima di Cass. n. 15378/06, che non
appare in senso conforme a tale distinzione) tra la nullità
del procedimento notificatorio, suscettibile di sanatoria

ex

art. 156 cod. proc. civ. e la sua totale omissione,

anche in ragione di quanto previsto dall’art. 160 cod.
proc. civ, che appunto consente di sanare soltanto le
notificazioni nulle, e non anche quelle inesistenti (cfr.
Cass. n. 9772/05);
– riaffermato il principio per il quale la disciplina
dell’opposizione agli atti esecutivi va coordinata con le
regole generali in tema di sanatoria degli atti nulli,
sicché con l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. non
possono farsi valere vizi – quale la nullità della
notificazione del titolo esecutivo e del precetto – che
devono considerarsi sanati per raggiungimento dello scopo
ex art. 156, ult. co ., cod proc. civ., in virtù della
proposizione dell’opposizione da parte del debitore: quella
al precetto – in particolare – costituendo prova evidente
del conseguimento della finalità di invitare il medesimo ad
adempiere, rendendolo edotto del proposito del creditore di
procedere ad esecuzione forzata in suo danno;
– argomentato nel senso che anche per opporsi ai sensi
dell’art. 617 cod. proc. civ. condizione dell’azione sia la
sussistenza dell’interesse ad agire ai sensi dell’art. 100
cod. proc. civ.: questo sussistendo però tutte le volte in
cui il soggetto opponente abbia un concreto ed attuale
interesse al corretto compimento dell’atto esecutivo e

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rispetto alla quale non potrebbe operare quest’ultima,

dall’accertamento della nullità dell’atto possa conseguire
un’effettiva utilità (cfr. Cass. n. 12326/05); sicché, nel
caso di violazione delle norme sulle forme del processo
esecutivo, questa utilità sussiste ogniqualvolta
l’adempimento formale sia imposto dalla legge quale

l’omissione dell’adempimento ovvero l’inosservanza delle
forme prescritte impongano di dichiarare la nullità
dell’atto medesimo, facendone perciò venire meno gli
effetti in capo al destinatario, a meno che non ricorra
un’ipotesi di sanatoria della nullità ai sensi dell’art.
156 cod. proc. civ., ult. co .;
riaffermato che l’interesse a proporre opposizione
agli atti esecutivi sussiste ogniqualvolta l’accertamento
della nullità dell’atto comporti per l’opponente l’utilità
attuale e concreta del venir meno degli effetti dell’atto
tuttora operanti nei suoi confronti; specificamente,
sussiste l’interesse a proporre opposizione avverso il
precetto non preceduto dalla notificazione (nel senso di
non preceduto da alcuna notificazione, siccome non eseguita
o giuridicamente o materialmente inesistente) del titolo
esecutivo, al fine di farne dichiarare la nullità e quindi
porre nel nulla l’intimazione e l’avvertimento di cui
all’art. 480 cod. proc. civ., comma l, impedendo il
regolare inizio dell’azione esecutiva; e ciò, a prescindere
dalla conoscenza che la parte opponente abbia
dell’esistenza e del contenuto del titolo esecutivo, ed
anche quando, in aggiunta all’opposizione formale, proponga

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requisito di validità intrinseca dell’atto, sicché

opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod.
proc. civ.;
– escluso tuttavia che la questione della sussistenza
dell’interesse ad agire possa essere confusa con la diversa
questione della sanabilità dell’atto esecutivo o pre-

mossi con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod.
proc. civ.: scontata essendo l’applicabilità anche a questi
atti delle norme di portata generale di cui agli artt. 156
e seg. cod. proc. civ., occorre distinguere le ipotesi in
cui il precetto sia stato preceduto dalla notificazione del
titolo esecutivo, ma questa notificazione sia nulla ex art.
160 cod. proc. civ. o comunque per inosservanza delle norme
sulle notificazioni degli atti, dalle ipotesi in cui il
vizio della notificazione sia talmente grave da comportarne
l’inesistenza ovvero in cui la notificazione sia totalmente
mancata; soltanto nella prima ipotesi il vizio è sanato per
raggiungimento dello scopo, qualora il destinatario della
notificazione abbia proposto opposizione per fare valere
tale vizio ovvero proponendo anche motivi di opposizione
all’esecuzione;
– concluso nel senso che non è invece sanabile per
raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156 cod.
proc. civ., ult. co ., la nullità del precetto conseguente
all’omissione

– ovverosia alla radicale

mancanza

– della

notificazione del titolo esecutivo, anche quando sia
proposta opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. per fare
valere il vizio della mancata osservanza dell’art. 479 cod.
proc. civ., comma 1 (ma pure allorché, unitamente a

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esecutivo nullo, di cui si occupa il secondo dei rilievi

quest’ultima, vengano proposti motivi di opposizione ex
art. 615 cod. proc. civ., non configurandosi come espresso
precedente contrario, nonostante appaia il contrario dalla
massimazione ufficiale, l’insegnamento di Cass. n.
15378/06): tanto corrispondendo alla giurisprudenza

17 marzo 2006 n. 5906; ma v. pure Cass. 22 marzo 2007 n.
6957, anche in ordine all’estensione del principio
all’ipotesi in cui la notificazione del titolo esecutivo
sia giuridicamente inesistente, cioè compiuta in luogo o a
persona non riferibili in alcun modo al destinatario e
quindi rimasta totalmente estranea alla sfera giuridica del
notificando).
5. In definitiva, la nullità è suscettibile di sanatoria
salvo quanto appresso in dipendenza dell’effettivo
dispiegamento di un’opposizione agli atti esecutivi
finalizzata a dolersi della nullità medesima (Cass., ord.
24 maggio 2013, n. 13038; nello stesso senso – richiamando
come precedenti Cass. 11 luglio 2000, n. 9185 e Cass., 25
maggio 1998, n. 5213 – anche Cass., ord. 7 giugno 2013, n.
14495): e solo talora (come, espressamente, Cass. 6 luglio
2006, n. 15378) la sanabilità è collegata pure al
presupposto del contemporaneo dispiegamento con
l’opposizione per il vizio formale – pure di contestazioni
nel merito della pretesa (queste ultime lasciando intendere
che, nonostante il vizio stesso, l’opponente abbia avuto
comunque modo di prendere cognizione dell’atto invalido,
tanto da potere dispiegare comunque le sue difese come se
il vizio formale non vi fosse stato).

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consolidata di questa Corte (tra cui, specificamente, Cass.

6. La sanabilità di ogni nullità – e quindi anche di
quelle del processo esecutivo – può ritenersi comunque in
linea col generale principio secondo cui l’ordinamento non
appresta alcuna tutela all’interesse alla mera regolarità
formale del processo (ovvero all’astratta regolarità
l’interesse a denunciare

la violazione di una norma processuale in tanto sussiste in
guanto ciò abbia comportato un pregiudizio alla sfera
giuridica della parte

(Cass. 13 luglio 2007, n. 15678;

Cass. Sez. Un., 19 luglio 2011, n. 15763; Cass. 9 marzo
2012, n. 3712): e questa è tenuta ad allegare e dimostrare
quali attività avrebbe svolto, quali i danni le sono
derivati dall’inosservanza delle norme sulla regolarità
formale e, infine, che l’una e l’altra circostanza aveva
sottoposto invano al giudice del merito (per tutte: Cass.
23 luglio 2012, n. 12812).
In altri termini, la possibilità di denunciare vizi
formali del processo garantisce soltanto l’eliminazione del
pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa
della parte in dipendenza del prospettato
procedendo;

error in

qualora, pertanto, la parte ricorrente non

indichi lo specifico e concreto pregiudizio subito,
l’addotto error in procedendo non acquista rilievo idoneo a
determinare la cassazione della sentenza impugnata (Cass.
22 aprile 2013, n. 9722; Cass. 19 febbraio 2013, n. 4020;
Cass. 14 novembre 2012, n. 19992; Cass. 23 luglio 2012, n.
12804; Cass. 12 settembre 2011, n. 18635; Cass. 21 febbraio
2008, n. 4435).

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dell’attività giudiziaria), sicché

7. Ora, la riforma del capoverso dell’art. 479 cod.
proc. civ. [di cui all’art. 2, co. 3, lett. a), d.l. 14
maggio 2005, n. 35, conv. con modif. in 1. 14 maggio 2005,
n. 80; e che si applica soltanto alle notifiche dei titoli
eseguiti dopo l’entrata in vigore – fissata nel 1.3.06 –

soppressione della facoltà, per il creditore, di notificare
il titolo esecutivo costituito da sentenza anche al
procuratore costituito della controparte (purché entro
l’anno dalla pubblicazione), mira al combinato effetto di
intensificare, allo stesso tempo, la responsabilizzazione e
la tutela del debitore, mettendolo sempre – e quindi pure
nel caso del titolo costituito da sentenza o altro
provvedimento giudiziale reso nel corso o all’esito di un
procedimento in cui egli era rappresentato e difeso da un
professionista legale – in grado di sapere di persona e da
subito dell’esistenza del titolo e quindi del rischio
dell’avvio di una procedura esecutiva in caso manchi la
spontanea ottemperanza ai comandi ivi pronunciati nei suoi
confronti, onde attrezzarsi nel modo più idoneo o a
contestare le pretese – sussistendone i presupposti – o ad
ottemperare al comando del titolo.
Ma la notifica alla parte presso il suo procuratore
non perfino al procuratore stesso
stessa, ma personalmente,

se

anziché a quella

integra sempre – non già

un’inesistenza, bensì semplicemente – una nullità sanabile
(giurisprudenza consolidata; tra le molte, in relazione a
diverse fattispecie processuali: Cass., ord. 15 febbraio
2013, n. 3827; Cass. 21 febbraio 2012, n. 2475; Cass. Sez.

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della novella: Cass. 18 luglio 2013, n. 17570], con la

Un., 18 giugno 2010, n. 14699; Cass. Sez. Un., ord. 15
luglio 2008, n. 19343; Cass. Sez. Un., 1 febbraio 2006, n.
2197; Cass. 26 luglio 1991, n. 8358; Cass. 19 novembre
1987, n. 8541), implicando una mera violazione di
prescrizioni in tema di forma, e non già l’impossibilità di

della sua categoria.
Del resto, non si può sostenere l’estraneità del
destinatario e del luogo della notifica rispetto al reale
ed effettivo interessato, se non altro in virtù dei doveri
contrattuali e deontologici del professionista verso il
cliente, col normale effetto di un immediato coinvolgimento
di quest’ultimo da parte del primo, come, ad esempio o se
non altro, in ordine alle eventuali successive modalità di
reazione alla soccombenza resa manifesta dalla notifica.
8. Ritiene il Collegio che i principi appena ricordati
consentano di giungere alla conclusione che:
anche la notifica del titolo esecutivo (quand’anche
costituito da sentenza o altro provvedimento giudiziale) al
procuratore per lui costituito nel processo in cui esso è
stato reso, anziché al debitore di persona, integra una
mera nullità, che si propaga al successivo precetto: ma
tale nullità –

a differenza che nei casi di inesistenza

materiale o giuridica della notificazione stessa
sanabile,

vuoi mediante rinnovazione dell’atto, vuoi

è
in

dipendenza del raggiungimento dello scopo;
il raggiungimento dello scopo è manifesto, allorché,
in uno alla relativa doglianza, l’intimato abbia contestato

11

riconoscere nell’atto la rispondenza al modello legale

anche altri profili o sviluppato altre difese, che
presuppongono un’idonea conoscenza del titolo esecutivo;
– ove non siano addotte contestazioni diversa da quella,
in mero rito, della vista nullità, peraltro, quest’ultima
può ex se rilevare soltanto in caso di allegazione – e, in

limitazioni o compressioni del diritto di difesa che ne
sarebbero derivate, anche in rapporto alle peculiarità del
caso di specie:

come in caso di incolpevole difetto di

coordinamento – si pensi, ad es., agli intimati articolati
su strutture organizzative complesse col procuratore
costituito, ovvero per altre ragioni.
9. Ora, benché effettivamente la gravata sentenza si
limiti così applicando non correttamente i principi
suddetti – ad affermare il principio generale per il quale
la nullità sarebbe sempre sanabile per raggiungimento dello
scopo e desuma quest’ultimo dal fatto stesso della mera
proposizione dell’opposizione per farla valere,

il

ricorrente non adduce quale lesione concreta al suo diritto
di difesa gli sia derivata dalla mera nullità in esame,
resa unico oggetto della sua opposizione e, soprattutto,
quando e come tale lesione abbia fatto valere dinanzi al
giudice del merito: sicché, non avendo prospettato alcuna
ulteriore negativa conseguenza, lo scopo della notifica del
titolo esecutivo, cioè quello di preavvertirlo del rischio
di una ben determinata esecuzione, deve aversi per
raggiunto e la gravata sentenza – se del caso in tal senso
doverosamente od opportunamente integrata la motivazione
si sottrae alle censure mosse con il primo motivo.

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caso di contestazione, pure di prova di specifiche

10. Il rigetto del primo motivo comporta l’assorbimento
del secondo, ove non inammissibile in dipendenza del fatto
che nessuna censura esso muove alla consequenzialità
logico-giuridica della condanna alle spese rispetto alla lì
ritenuta soccombenza.

luogo a provvedere in ordine alle spese, non avendo in
questa sede parte intimata svolto attività difensiva.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 19 febbraio 2014.

11. In conclusione, il ricorso va rigettato; ma non vi è

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