Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10326 del 20/05/2015
Civile Sent. Sez. 5 Num. 10326 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: DI BLASI ANTONINO
Ud.04.02.2015
Oggetto:Catasto.
Classamento Varia
zione categoria Onere probatorio.
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CORDARO DIEGO residente a Trapani, rappresentato e
difeso, giusta delega in calce al ricorso, dall’Avv.
Giovanni Consolazione, elettivamente domiciliato in
Roma, Piazza della Libertà, 20 presso lo studio
dell’Avv. Marco Orlando, RICORRENTE
60,
CONTRO
AGENZIA DEL TERRITORIO,
in persona del
legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata nei
relativi uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12
CONTRORI CORRENTE
E MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona
INTIMATO
del Ministro pro tempore,
AVVERSO
Data pubblicazione: 20/05/2015
la sentenza n.53/24/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di Palermo – Sezione n. 24, in data
05/03/2010, depositata il 09 aprile 2010.
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica
Antonino Di Blasi;
Sentito, per la controricorrente Agenzia l’Avv. Massimo
Bachetti, dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Presente il P.M. dott. Giovanni Giacalone, che ha
chiesto dichiararsi l’inammissibilità, in subordine, il
rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di notifica di classamento automatico, in
categoria A/2 classe 6a di una unità immobiliare sita
in Trapani Viale Umbria, 5, i proprietari Cordaro Diego
e Catalano Emma proponevano tempestivo ricorso davanti
alla Commissione Tributaria Provinciale di Trapani,
chiedendo la modifica dei dati censuari con
attribuzione della categoria A/3 ed una classe non
superiore alla 5 ° , deducendo, fra l’altro, la
disparità di trattamento tra il contestato classamento
del citato alloggio e quelli realizzati da altre
cooperative con le stesse caratteristiche, nel medesimo
P.E.E.P.L’Ufficio resisteva, difendendo l’operato classamento.
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udienza del 04 Febbraio 2015 dal Relatore Dott.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale, accoglieva
il ricorso, attribuendo all’immobile la categoria A/3,
classe 5a.
Sull’appello dell’Agenzia, la Commissione Tributaria
indicata,
accoglieva
l’impugnazione
e
rigettava
l’originario ricorso dei sigg.ri Cordaro – Catalano.
I giudici di appello ritenevano che l’Ufficio avesse,
erroneamente,
valorizzato
i
dati
riguardanti
l’ubicazione dell’immobile e la tipologia del
finanziamento e che dovesse farsi riferimento, invece,
allo stato di fatto dell’immobile.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale ha proposto ricorso per cassazione il signor
Cordaro Diego, denunciando la violazione dell’art. 2697
c.c. e l’erronea attribuzione della categoria.
L’Agenzia del Territorio, giusto controricorso, ha
chiesto, in via preliminare, dichiararsi il difetto di
legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e
delle Finanze, indi pronunciarsi l’inammissibilità del
motivo di ricorso relativo alla dedotta violazione
dell’onere probatorio, nonché rigettarsi la doglianza
riguardante il contestato classamento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via
preliminare,
va
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rilevata
e
dichiarata
Regionale della Sicilia, con la sentenza in epigrafe
l’inammissibilità del ricorso per Cassazione, la dove
risulta diretto anche contro il Ministero dell’Economia
e delle Finanze, in quanto proposto nei confronti di
soggetto non legittimato passivamente.
giudizio di appello, al cui esito è stata emessa la
decisione impugnata, si è svolto nei confronti
dell’Agenzia del Territorio – Ufficio di Trapani, che è
l’unica controparte contemplata in sentenza, e non
anche nei confronti del Ministero dell’Economia e delle
Finanze, rimasto estraneo a detto giudizio e chiamato
in causa solo con il ricorso per cassazione.
D’altronde,
il ricorso di che trattasi è stato
notificato, a mezzo posta, il 19 novembre 2010, cioè
successivamente alla data dell’1.01.2001, a partire
dalla quale trova applicazione la riforma ordinamentale
di cui al D.Lgs n.300/1999 ed i principi
giurisprudenziali alla relativa stregua fissati (Cass.
n.15643/2004, n.3116/2006, n.3118/2006).
Il ricorso per Cassazione di che trattasi, promosso
anche nei confronti del Ministero, non può, ciò stante,
ritenersi correttamente intrapreso, stante che la
•
sentenza impugnata non risulta emessa nei confronti del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, – bensì,
esclusivamente, contro l’Agenzia del Territorio, cioè
4
L’inammissibilità è ricollegabile al fatto che il
di soggetto giuridico diverso.
Ne deriva che il Ministero, rimasto estraneo al
giudizio nel precedente grado di appello e, quindi, non
contemplato nella sentenza all’esito resa, deve
giudizio di legittimità, nel quale hanno titolo ad
interloquire solo i soggetti che hanno partecipato al
precedente giudizio di appello (Cass.n.15021/2005,
n.9538/2001, n.16100/2006, n. 17234/2014).
Nulla va disposto per il regolamento delle spese tra
dette parti, in assenza dei relativi presupposti.
Anche
l’impugnazione,
dell’Agenzia
del
proposta
Territorio,
va
nei
confronti
rigettata,
per
inammissibilità delle censure.
Rileva, il Collegio che
la sentenza della CTR,
impugnata in questa sede,
è pervenuta al rassegnato
decisum, con cui, in accoglimento dell’appello, ha
respinto l’originario ricorso della parte privata e,
quindi, confermato il classamento operato dall’Ufficio,
richiamando ed applicando, per un verso, l’orientamento
giurisprudenziale secondo cui la circostanza che un
immobile sia stato realizzato con finanziamenti
pubblici per l’edilizia economia e popolare, non
riveste rilievo determinante ed esaustivo, ai fini
della relativa classificazione catastale, dovendosi
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ritenersi privo di legittimazione passiva nel presente
fare
riferimento
alle
concrete,
peculiari
caratteristiche, quali desumibili dallo stato di fatto
dell’immobile e rilevando, sotto altro profilo, che
l’Ufficio aveva tenuto conto proprio di tali dati
“ampiezza ed al numero dei vani”, ai “servizi ed
accessori”, elementi idonei a “dimostrare che l’unità
immobiliare aveva le caratteristiche rispondenti alla
tipologia della categoria A/2”.
La decisione impugnata, quindi, sotto il profilo
giuridico, si colloca, correttamente, nel solco di
quell’orientamento giurisprudenziale,
condiviso dal
Collegio, secondo cui “In tema di controversie
tributarie concernenti la classificazione catastale di
un’unita’ immobiliare, non assume rilievo determinante
ed esaustivo, per la relativa collocazione
nella categoria “economico-popolare”
la circostanza
che un immobile sia stato realizzato
finanziamenti
pubblici
per
mediante
l’edilizia
residenziale economica e popolare, atteso, da un
canto, che le caratteristiche
di
un
immobile a
fini catastali attengono soprattutto ad uno stato
di fatto che e’ – come tale
finalita’
del
finanziamento
utilizzazione ben puo’
indipendente dalle
pubblico
(la
cui
risultare in concreto difforme
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fattuali, attinenti al “-grado di rifiniture”, alla
dagli scopi per i quali esso sia stato
dall’altro,
corrispondenza
ai
necessariamente
non
che
tra
concesso),
classificazione
fini dell’attribuzione
della
vi è
catastale
rendita
e
sull’edilizia popolare ed economica (contenuta in
svariate disposizioni legislative, di diverso contenuto
e a diversi effetti)” Cass. n. 15235/2004, n.
21725/2006, n. 27917/2009 -.
D’altronde, l’argomentazione svolta dalla CTR per
giustificare l’adottata decisione e gli elementi
fattuali presi in considerazione nell’iter decisionale,
sotto il profilo della correttezza giuridica e logico
formale, danno piena contezza dell’adottato decisione,
risultando evidenziate, sia le ragioni che rendevano
non condivisibile, in punto di diritto, l’operato del
giudice di primo grado,- che aveva ritenuto rilevante,
ai fini del classamento dell’immobile,- la natura del
finanziamento e l’ubicazione dello stesso in un
apposito piano di zona economico-popolare, sia pure
l’infondatezza, in punto di fatto, della tesi
prospettata dal Cordaro, secondo cui “l’ubicazione
dell’immobile in zona economico – popolare e non
residenziale, influenza l’attribuzione dei dati
censuari relativi ad abitazioni di tipo economico
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qualificazione ai fini della normativa
categoria A/3″; tesi, peraltro, motivatamente disattesa
dalla CTR, mediante il richiamo del condiviso principio
(Cass.n. 15235/2004, 21725/2006) secondo cui la
realizzazione di un complesso immobiliare nell’ambito
costituire prova che detto complesso possegga le
caratteristiche proprie della peculiare tipologia della
categoria economico popolare”.
Il ricorrente, con l’impugnazione di che trattasi, non
ha aggredito specificamente e puntualmente, le
precitate argomentazioni, utilizzate dalla CTR per
giustificare la decisione, limitandosi a generiche ed
apodittiche affermazioni, con le quali ha dedotto che
l’Ufficio, nei due gradi di merito, non aveva fornito
la prova della consistenza e delle caratteristiche
dell’immobile e che, invece, esso ricorrente, aveva
prodotto in atti una certificazione del Comune di
Trapani ed una convenzione, con detto ente
intervenuta, dai quali era possibile desumere che
l’attività edilizia si era svolta nel rigoroso rispetto
della normativa di settore, che, per l’appunto,
autorizza solo la costruzione di edifici di edilizia
economica e popolare.
Ciò posto, è consequenziale ritenere che le questioni
poste dal ricorso, con il quale si deduce che l’Agenzia
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di “un’area di edilizia economica e popolare non può
non avrebbe fornito la prova della consistenza e delle
caratteristiche dell’unità abitativa, riguardano il
processo di valutazione degli elementi probatori in
atti, da parte del Giudice di merito e, quindi, che le
violazione di norme e principi consolidati.
Per
condiviso
orientamento
giurisprudenziale,
si
ritiene, infatti, che “In tema di ricorso per
cassazione, il vizio di violazione di legge consiste
nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte
del provvedimento impugnato, della fattispecie
astratta recata da una norma di legge e quindi
implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle
risultanze di causa
e
esterna
all’esatta
interpretazione della norma di legge e inerisce alla
tipica valutazione del giudice di merito, la cui
censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto
l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine
tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge
in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione
dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea
applicazione della legge in ragione della carente o
contraddittoria ricostruzione della fattispecie
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censure, così come formulate, impingono nella
concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima
censura,
e
non anche la prima, e’ mediata dalla
contestata
valutazione
delle
risultanze
di
causa”(Cass.SS.UU. n. 10313/2006, n. 15499/2004).
generiche,
ineriscono alla tipica valutazione di
merito, risolvendosi in una diversa valutazione dei
medesimi elementi utilizzati dai Giudici secondo grado,
i quali ultimi hanno ritenuto che i dati fattuali
riscontrati e presi in considerazione fossero idonei a
costituire prova, di per sé, idonea ed esaustiva della
consistenza e delle caratteristiche necessarie per la
disposta classificazione della data unità abitativa.
Rileva,
peraltro,
il
Collegio
che
la
sentenza
impugnata, non solo non contiene alcuna affermazione di
principio in contrasto con il diritto positivo ma,
anzi,
espressamente,
richiama
ed
applica,
condividendoli, principi già affermati dal Giudice di
legittimità.
Sotto
altro
aspetto,
le
doglianze
risultano,
egualmente, inammissibili, in quanto non aggrediscono
con la necessaria specificitò le precitate rationes
decidendi, che sorreggono la decisione impugnata e,
quindi, si pongono in evidente contrasto con il
principio, condiviso dal Collegio, secondo cui “La
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Le doglianze del ricorrente, peraltro del tutto
proposizione,
con il ricorso per cassazione, di
censure prive di specifiche
attinenze al “decisum”
della sentenza impugnata e’ assimilabile alla
mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art.
numero
4
cod.
proc.
civ.,
con
conseguente inammissibilita’ del ricorso, rilevabile
anche d’ufficio”(Cass. n.21490/2005, n.7046/2001,
n.7375/2010, n. 19959/2014, n. 16051/2014).
Per altra via, ancora, le censure non possono trovare
ingresso, in quanto formulate in spregio al consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in
sede di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare
in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano
condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa
decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare
autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli
elementi che diano al Giudice di legittimità la
possibilità di provvedere al diretto controllo della
decisività dei punti controversi e della correttezza e
sufficienza della motivazione della decisione
impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio
agli atti ed alle risultanze processuali”
(Cass.n.849/2002,
n.2613/2001,
n.9558/1997)
e,
d’altronde, che costituisce pacifico principio quello
secondo cui per potersi configurare il vizio di
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motivazione su un asserito punto decisivo della
controversia, è necessario un rapporto di causalità fra
la circostanza che si assume trascurata e la soluzione
giuridica data alla controversia, tale da far ritenere
avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza
(Cass.n.9368/2006, n.1014/2006, n.22979/2004).
Ritiene, conclusivamente, il Collegio che, a fronte
delle precitate argomentazioni, poste a base della
sentenza di appello, il Cordaro abbia formulato
censure, assolutamente generiche e, comunque, non
specifiche in relazione alle rationes decidendi della
sentenza impugnata e, quindi, inammissibili.
Il ricorso va, dunque, rigettato, per inammissibilità
dei motivi.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, in
favore dell’Agenzia Entrate ed a carico del ricorrente,
in ragione di complessivi Euro seicento, oltre spese
prenotate a debito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Cordaro, che
condanna alle spese del giudizio, in ragione di
complessivi Euro seicento, oltre spese prenotate a
debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della V
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che quella circostanza, se fosse stata considerata,