Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10325 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. II, 29/05/2020, (ud. 02/07/2019, dep. 29/05/2020), n.10325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22457-2015 proposto da:

IMPRESA EDILE P.C. DI PA.CO., elettivamente

domiciliato, in ROMA, VIALE B. BUOZZI 99, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO D’ALESSIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIO FIACCAVENTO;

– ricorrente –

contro

C.M., S.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 925/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 25/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La vicenda trae origine dalla domanda proposta dall’Impresa Edile P.C. di Pa.Co. nei confronti di C.M. con cui veniva chiesta la risoluzione del contratto preliminare del 20.4.2000 avente ad oggetto un appartamento per inadempimento del promittente venditore.

1.1. Il C., costituitosi in giudizio unitamente alla moglie S.A.M., aveva chiesto il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, aveva svolto domanda ex art. 2932 c.c. in relazione ad un altro contratto preliminare stipulato in data 25.11.1998.

1.2. All’esito dei giudizi di merito, la Corte d’Appello di Catania, con sentenza del 25.6.2014, confermava la sentenza del Tribunale di Siracusa, che aveva dichiarato risolto il contratto del 20.4.2000 per inadempimento del C. ed aveva ritenuto ancora vigente il contratto del 25.11.1998, concluso tra le medesime parti.

1.3. Secondo la corte territoriale, per quel che ancora rileva nel giudizio di legittimità, l’appello non era pertinente e conferente rispetto alla motivazione della sentenza del primo giudice ma introduceva un nuovo thema decidendum; inoltre, in grado d’appello, le parti non avevano depositato il fascicolo di parte con la documentazione allegata.

2. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso l’Impresa Edile P.C. di Pa.Co. sulla base di tre motivi.

2.1. C.M. e S.A.M. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere il giudice d’appello omesso di pronunciarsi sulla validità del contratto del 25.11.1998, che non sarebbe stato prodotto in giudizio in originale ma solamente in fotocopia, tempestivamente disconosciuta e contestata da parte appellante; denuncia, inoltre, di aver tempestivamente e validamente contestato la vigenza e l’efficacia del contratto del 25.11.1998 sin dalle difese svolte in primo grado e reiterate nel corso del giudizio, sicchè il motivo di appello non avrebbe introdotto un nuovo thema decidendum.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. La ricorrente, con un motivo articolato in modo confuso, contesta impropriamente la violazione dell’art. 112 c.p.c., che ricorre quando il giudice non si sia pronunciato sulle domande od eccezioni proposte dalle parti, mentre, nella specie, la corte di merito ha esaminato l’eccezione relativa all’invalidità del contratto, ma ha ritenuto che le censure alla sentenza di primo grado non fossero pertinenti e conferenti e che introducessero un thema decidendum del tutto nuovo.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c., art. 1325 c.c., art. 1418 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la corte territoriale avrebbe accertato l’esistenza del contratto del 25.11.1998 sulla base del principio di non contestazione mentre la prova dell’esistenza e della validità del contratto avrebbe dovuto essere provata per iscritto, trattandosi di atti che richiedono la forma scritta ad substantiam.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2967 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’esistenza e la validità del contratto del 25.11.1998 sarebbe stato oggetto di contestazione per l’assenza del documento scritto originale, richiesto a pena di nullità, in caso di atti dispositivi della proprietà o di altri diritti reali. Il contratto non sarebbe stato prodotto nemmeno nel giudizio d’appello, ragione per la quale la corte avrebbe dovuto ritenere che non fosse provata l’esistenza del contratto.

4. I motivi, che vanno trattati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

4.1. Essi non colgono la ratio decidendi, che è basata sulla inconferenza delle argomentazioni proposte in sede d’appello rispetto alle motivazioni del primo giudice ed all’introduzione di temi ulteriori rispetto a quelli oggetto del giudizio di primo grado.

4.2. Era onere della ricorrente, nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., produrre la sentenza di primo grado e l’atto d’appello, al fine di consentire alla corte di verificare la congruenza del motivo rispetto alla decisione impugnata.

4.3. Si evince chiaramente dalla motivazione della sentenza impugnata che la corte territoriale non ha tratto l’esistenza del contratto dal principio di non contestazione, ma dalla circostanza che il contenuto dell’accordo non fosse stato contestato dalla stessa ricorrente.

4.4. Nè la ricorrente allega in quale sede processuale avrebbe contestato l’esistenza del contratto, come previsto dall’art. 366 c.p.c., ma si limita genericamente (pag. 16 del ricorso) ad affermare di aver sempre contestato “l’esistenza fisica documentale in originale” e “l’efficacia giuridica della relativa fotocopia contestata”.

4.5. Quanto all’assenza dei fascicoli di parte, la corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio dispositivo delle prove, in ossequio al quale, il mancato reperimento nel fascicolo di parte, al momento della decisione, di alcuni documenti ritualmente prodotti, deve presumersi espressione, in assenza della denuncia di altri eventi, di un atto volontario della parte stessa, che è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione di esso o di alcuni dei documenti ivi contenuti; ne consegue che è onere della parte dedurre quella incolpevole mancanza (ove ciò non risulti in maniera palese anche in assenza della parte e di una sua espressa segnalazione in tal senso) e che il giudice è tenuto ad ordinare la ricerca o disporre la ricostruzione della documentazione non rinvenuta solo ove risulti l’involontarietà della mancanza, dovendo, negli altri casi, decidere sulla base delle prove e dei documenti sottoposti al suo esame al momento della decisione (Cassazione civile sez. II, 12/12/2017, n. 29716).

4.6. Nella specie, la ricorrente non ha dedotto che l’assenza del proprio fascicolo fosse dovuta a cause non dipendenti dalla sua volontà, sicchè, correttamente, il giudice di merito ha deciso sulla base dei documenti a sua disposizione, confermando la sentenza di primo grado, in quanto l’esistenza e la validità del contratto del 25.11.1998 aveva costituito oggetto di accertamento da parte del giudice di primo grado, non scalfito dai motivi proposti dall’appellante.

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

6. Non deve provvedersi sulle spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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