Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10324 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10324 Anno 2014
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 29666-2010 proposto da:
COOPERATIVA EDILE SRL 0098730096, in persona del suo
Presidente e legale rappresentante pro tempore, Geom.
GIAMPIERO ROSSO, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio
dell’avvocato CONTALDI MARIO, che la rappresenta e
2014

difende giusta delega in calce;
– ricorrente –

391
contro

VALDATA LATERIZI PREFABBRICATI SRL 00188700181, in
persona del suo Amministratore Unico Sig. PAOLO

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Data pubblicazione: 13/05/2014

VALDATA, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA
GIUNONE REGINA l, presso lo studio dell’avvocato
CARLEVARO ANSELMO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PACE FURIO giusta procura
speciale notarile del Dott. Notaio MAURIZIO DE BLASI

– controricorrente

avverso la sentenza n. 512/2010 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 29/04/2010 R.G.N. 701/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato ANSELMO CARLEVARO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto.

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in Voghera del 18/01/2011 rep. n. 63146;

I FATTI
Con sentenza del 21 luglio 2003, il Tribunale di Savona, in
composizione monocratica, chiamato a pronunciarsi su un
complesso di domande hinc et inde proposte dalle parti in
causa, statuì:

convenuta s.r.l. Valdata Laterizi Fabbricati e le terze
chiamate in causa F.11i Riva snc e Milano Assicurazioni
spa;
2) Il diritto dell’attrice COA (acronimo di Centro Operativo
Albissolese), ad essere garantita e manlevata dall’altra
convenuta, la s.c.r.l. Cooperativa Edile, dalle pretese
vantate nei suoi confronti dal Condominio del fabbricato
sito in Albissola Marina in relazione a lavori eseguiti e
contestati, nell’ambito di altro giudizio pendente dinanzi
allo stesso Tribunale savonese, con conseguente condanna
della Cooperativa Edile a rifondere al Centro Operativo
Albissolese tutte le somme eventualmente dovute al
suindicato condominio;
3) il diritto della convenuta Cooperativa Edile di essere
garantita e manlevata dall’altra convenuta, Valdata
Laterizi, in relazione a quanto eventualmente dovuto dalla
predetta Cooperativa Edile alla società Centro Operativo
Albissolese, con conseguente condanna della Valdata a
rifondere

alla Cooperativa

Edile

tutte

le

somme

eventualmente dovute a quest’ultima.

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/112

1)La cessazione della materia del contendere tra la

Il gravame proposto dalla Valdata Laterizi avverso tale
sentenza fu accolto dalla Corte di appello di Genova, che
rigettò la domanda di garanzia proposta dalla s.c.r.l.
Cooperativa Edile nei confronti dell’appellante Valdata.
La sentenza della Corte territoriale è stata impugnata dalla

motivi di censura ed illustrato da memoria.
Resiste la Valdata Laterizi con controricorso.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo,

si denuncia

violazione e falsa

applicazione degli artt. 325 e 326 c.p.c., 82 R.D. n. 37 del
1934 (ex art 360 comma l n. 3 c.p.c.); contraddittorietà e
illogicità della statuizione circa la decorrenza del termine
breve per l’appello dalla notifica della sentenza presso codifensore fuori circondario/distretto (ex art. 360 comma l n. 5
c.p.c.).
Il motivo – che ripropone la medesima censura già svolta in
appello e già rigettata dalla Corte territoriale – è privo di
pregio.
Sostiene l’odierna ricorrente che, essendo stata la Valdata
assistita, in sede di giudizio di merito, da due legali, ed
essendo venuto a mancare lo ius postulandi del domiciliatario
intra districtum

(e cioè dell’avvocato esercente nel

circondario di Savona), la notifica della sentenza di primo
grado, al fine della decorrenza del termine breve, non potendo

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Cooperativa Edile con ricorso per cassazione sorretto da 2

essere effettuata presso tale domicilio eletto, stante il
sopravvenuto difetto di patrocinio, andava indirizzata
unicamente alla parte personalmente, presso la relativa sede
legale, non potendo il secondo difensore a sua volta ritenersi
legittimo destinatario di tale notifica, poiché esercente extra
(e cioè nel circondario di Milano), giusta disposto,

in relazione alla posizione processuale di quest’ultimo,
dell’art. 82 RD 37/1934 (parte ricorrente richiama, in
proposito, l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte,
di cui alla sentenza n. 2714 del 2010, a mente del quale,

in

caso di morte del procuratore costituito dopo l’udienza di
precisazione delle conclusioni ma prima dell’udienza di
discussione della causa, il termine breve per l’impugnazione
decorre dalla notifica personale della sentenza alla parte
rimasta priva di difensore, senza che assuma rilievo la mancata
conoscenza incolpevole dell’evento interruttivo verificatosi benché non dichiarato – ai danni della parte stessa; da un
lato, invero, in questa fase processuale di transizione, la
parte non può sottrarsi all’onere di informarsi circa le
ragioni dell’avvenuta notifica alla sua persona e non al
difensore, e, dall’altro, nessun dovere di avvisare la
controparte della morte del suo difensore ricade sulla parte
notificante).
Osserva il collegio che, nell’ipotesi di co-difensori uno dei
quali (il domiciliatario intra districtum)
postulandí

abbia perso lo ius

e non possa, pertanto, essere legittimamente

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districtum

raggiunto dalla notifica della sentenza di primo grado, tale
notifica, nel caso in cui l’altro difensore abbia il proprio
domicilio extra districtum,

deve essere indirizzata, ai sensi

della norma ex art. 82 poc’anzi ricordata, alla cancelleria del
giudice adito, ovvero, se il notificante lo ritenga, al

risulti, come nel caso di specie (e come espressamente rilevato
nella la sentenza impugnata al folio 4) a sua volta
destinatario di una dichiarazione della parte di elezione di
domicilio presso il proprio studio. Deve, conseguentemente,
essere esclusa, in tal caso, la legittimità della notifica alla
parte personalmente, verificandosi tale esigenza nella sola
ipotesi in cui quest’ultima sia rimasta priva di difensore
(ricorrendo, cioè, solo in tal caso la

ratio

indicata

in

subiecta materia dalle sezioni unite di questa Corte, a mente
della quale la parte stessa non potrebbe sottrarsi all’onere di
informarsi circa la ragione dell’avvenuta notifica alla sua
persona e non al proprio difensore).
Avendo l’odierna ricorrente provveduto alla notifica della
sentenza del tribunale di Savona al secondo difensore – fornito
di

ius postulandi,

e domiciliato

extra districtum -, è dalla

data di tale atto che deve ritenersi decorrere (come
correttamente opinato dalla Corte genovese) il termine breve
per l’impugnazione in appello – termine che, nella specie, non
era ancora scaduto al momento della proposizione del gravame.

6

domicilio del secondo procuratore, qualora anche quest’ultimo

Con il secondo motivo,

si denuncia

violazione e falsa

applicazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la sentenza
esorbitato dall’oggetto della domanda di garanzia (ex art. 360
comma 1 n. 3 c.p.c.); contraddittorietà e illogicità della
sentenza circa la natura “condizionata’ dell’azione di garanzia

risultanze istruttorie di altro giudizio (ex art. 360 primo
comma n. 5 c.p.c.).
Sostiene parte ricorrente che, avendo proposto in prime cure
una domanda di garanzia condizionata, nell’an e nel quantum, al
parallelo giudizio in corso dinanzi al tribunale di savona e
promosso dal Condominio nei confronti della COA (al quale tanto
la Cooperativa Edile quanto la Valdata erano rimasti estranei),
la Corte territoriale si sarebbe dovuta limitare a confermare
la condanna di primo grado al pagamento, da parte della
Valdata, in favore della Cooperativa, di quanto quest’ultima
fosse stata in ipotesi condannata a corrispondere alla COA per
danni e spese in seguito alla eventuale condanna della stessa
COA nei confronti del condominio.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale,

difatti,

petitum

e della

dall’ambito del

senza punto esorbitare
causa petendi

così come

delineatesi nel giudizio di primo grado, ha ritenuto, con
apprezzamento di fatto congruamente, esaurientemente ed
analiticamente motivato, oltre che privo del tutto di vizi
logico-giuridici, in ordine alla ritenuta mancanza assoluta di

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verso la Valdata e circa la opponibilità a Valdata delle

prova della responsabilità di Valdata in seno al rapporto di
garanzia (ff.9-11 della pronuncia oggi impugnata), onde del
tutto inconferente si appalesa il richiamo alla giurisprudenza
di questa Corte di legittimità sul tema della condanna
condizionale.

ad infrangersi sul corretto impianto motivazionale adottato dal
giudice d’appello dianzi descritto, dacché essi’, nel suo
complesso, pur formalmente abbigliato sotto la veste di una
(peraltro del tutto genericamente denunciata) violazione di
legge e un di decisivo difetto di motivazione, si risolve,
nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile)
richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come
definitivamente accertati in sede di merito. Il ricorrente,
difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della
sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 n. 3 e
n. 5 c.p.c., indugia piuttosto ad invocare una diversa lettura
delle risultanze procedimentali così come accertare e
ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata
sentenza censure del tutto inaccoglibili, perché la valutazione
sub specie

delle risultanze probatorie,

del riparto del

relativo onere, al pari della scelta di quelle – fra esse ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un
apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di
merito il quale, nel porre a fondamento del proprio
convincimento e della propria decisione una fonte di prova con

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Il duplice motivo appare, pertanto, irrimediabilmente destinat»

esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione
circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili
e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che
quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza
essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola

difensiva. E’ principio di diritto ormai consolidato quello per
cui il codice di rito non conferisce in alcun modo e sotto
nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di
riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di
converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e
della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal
giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta
l’individuazione delle fonti del proprio convincimento
valutando le prove (e la relativa significazione),
controllandone la logica attendibilità e la giuridica
concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla
dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove
cd. legali, tassativamente previste dal sottosistema
ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie, pur
denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della
sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perché in
contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del
giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova
valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad
effectum)

sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del

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risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione

procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia
trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non
consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere
analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di
fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità

procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice
di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di
ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri
desiderata -,

quasi che nuove istanze di fungibilità nella

ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente
proponibili dinanzi al giudice di legittimità.
Il ricorso è pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione possono essere in questa
sede compensate, attesa la complessità e la non univocità delle
questioni trattate e il dissonante esito dei precedenti giudizi
di merito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate
le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, li 13.2.2014

maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione

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