Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10323 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/04/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 20/04/2021), n.10323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25555-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), Ufficio Provinciale di Roma

Territorio, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.L.A., B.G., B.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE AMERICA 111, presso lo studio

dell’avvocato NARDI RAFFAELLA, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2999/8/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

B.G. ha impugnato l’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate Ufficio di Roma con il quale sono stato riclassato un immobile di cui era proprietario, sito in Roma,microzona Aventino nell’ambito di un procedimento per revisione parziale del classamento del centro storico ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

Il contribuente ha lamentato il difetto di motivazione dell’avviso. La CTP ha accolto il ricorso ritenendo che non fossero sufficientemente valorizzati gli elementi specifici e concreti idonei a giustificare il diverso classamento. La CTR del Lazio, adita in appello dall’Agenzia, ha rigettato l’appello

La Agenzia ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi. Resistono con controricorso B.A., B.G. e B.L. Angelo. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

Ritenuto che:

– Con il primo motivo di ricorso, L’Agenzia in primo luogo eccepisce la mancata integrazione del contraddittorio nei gradi di merito perchè l’immobile è in comproprietà tra B.A., B.G. e B.L.A. quali eredi di Bracci Giuseppe.

Si sostiene che pur configurandosi una ipotesi di litisconsorzio necessario fra gli intestatari dell’unità immobiliare soltanto B.G. aveva proposto ricorso sicchè la sentenza sarebbe inutiliter data.

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 335, della L. n. 241 del 1990, art. 3.

Si lamenta che la CTR non avrebbe fatto buon governo dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di motivazione degli atti e delle norme di cui si denuncia la violazione.

Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza per inesistenza e carenza e contraddittorietà della motivazione laddove afferma che esiste una nuova categoria e una nuova classe e non semplicemente uno scostamento di valore. Il primo motivo è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che (Cass. n. 23701/2014) nell’ipotesi in cui il litisconsorte necessario pretermesso intervenga volontariamente in appello ed accetti la causa nello stato in cui si trova, chiedendo che sia così decisa, e nessuna delle altre parti resti privata di facoltà processuali non già altrimenti pregiudicate, il giudice di appello non può rilevare d’ufficio il difetto di contraddittorio, nè è tenuto a rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ma deve trattenerla e decidere sul gravame, risultando altrimenti violato il principio fondamentale della ragionevole durata del processo, il quale impone al giudice di impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione della controversia (conf. Cass. nr 2018 2663 L. n. 16504/2005; Cass. n. 7068/2009; Cass. n. 9752/2011).

Alla luce della condotta processuale tenuta da B.L.A. e B.A., parti individuati come litisconsorti pretermessi, i quali, pur costituendosi per la prima volta in appello, hanno espressamente aderito alla posizione di B.G., chiedendo confermarsi la decisione adottata in primo grado, senza quindi lamentare alcun pregiudizio per effetto della sua pretermissione, nè avendo introdotto elementi di novità tali da privare le altre parti di facoltà non altrimenti già pregiudicate, la Corte distrettuale non poteva addivenire alla declaratoria di nullità del giudizio di primo grado e della relativa sentenza, ma come correttamente ha fatto ha deciso nel merito la causa.

Il secondo motivo è infondato con l’assorbimento del terzo.

Costituisce infatti principio consolidato di questa Corte quello secondo cui è necessaria una rigorosa – e cioè completa, specifica e razionale – motivazione dell’atto di riclassamento, non solo con riferimento alla microzona ove insiste l’immobile, ma con specifico riferimento all’immobile oggetto di riclassamento. In particolare, quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non può consistere nella mera evoluzione del mercato immobiliare, ma deve essere accertata la variazione di valore degli immobili presenti nella microzona (Cass. n. 22671 del 2019).

Ne consegue la necessità che nell’avviso di accertamento siano precisate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario, non essendo sufficiente il richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura di riclassamento. L’amministrazione comunale è tenuta pertanto ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione risultando inidonei i richiami ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 4712 del 2015; n. 3156 del 2015) e a fornire riscontri estimativi individualizzanti (Cass. n. 9770 del 2019).

Questa Corte ha affermato che nella procedura di revisione del classamento si debba tener conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente sulla qualificazione della stessa (Cass. n. 10403 del 2019).

In effetti, la L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 154, lett. e), stabilisce espressamente che, ai fini dell’attribuzione della rendita catastale alle unità appartenenti alle varie categorie ordinarie, si tenga contemporaneamente conto dei caratteri specifici dell’unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita.

Pertanto, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che, come affermato dalla CTR, si limiti ad una motivazione generica, di fatto riferibile a tutti gli immobili ricadenti nella stessa zona, a prescindere da una valutazione in termini di inammissibilità del motivo per carenza di autosufficienza per non essere stato prodotto dall’Agenzia l’avviso di accertamento.

Pertanto, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati. Viceversa, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare. (Cass. 22671 del 2019; Cass. 23051 del 2019). Del resto questa Corte ha affermato che in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto (Cass. n. 25960/2018; n. 23792/2018; n. 17413/2018; n. 17412/2018; n. 8741/2018); e ciò anche considerando che l’attribuzione di una determinata classe è correlata sia alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), sia alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, sia infine alle caratteristiche edilizie dell’unità stessa e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, eccetera) (Cass. n. 25960/2018; n. 23792/2018; n. 22900/2017; n. 3156/2015).

Inoltre, secondo le sezioni unite, l’Agenzia delle entrate competente deve specificare se il mutamento è dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (Cass. SU n. 7665/2016: nello stesso senso Cass. n. 25960/2018; n. 23792/2018).

Infine, la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha da un lato affermato che “la scelta fatta dal legislatore con il censurato L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, non presenta profili di irragionevolezza (in quanto) la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene”, evidenziando però che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”.

La CTR si è, in definitiva, uniformata ai predetti principi, posto che lo scostamento tra le medie dei valori riscontrati nella microzona di riferimento costituisce un mero presupposto per l’adozione della procedura di revisione, dovendosi poi verificare in concreto, ai sensi della L. n. 662 del 1996, i caratteri specifici dell’unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove le unità immobiliare sono site.

Le spese vanno compensate in ragione dell’assenza, al momento della proposizione del ricorso, di precedenti specifici riguardanti il caso di specie.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; spese compensate.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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