Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10321 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. II, 29/05/2020, (ud. 11/06/2019, dep. 29/05/2020), n.10321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12554/2015 proposto da:

G.L., rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO GRECO;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE PUGLIESE CAPOGRUPPO GRUPPO BANCARIO BANCA POPOLARE

PUGLIESE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN SEBASTIANELLO

6, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE CAPPIELLO, rappresentato

e difeso dagli avvocati GIUSEPPE DELL’ANNA MISURALE, RAFFAELE

DELL’ANNA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 757/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 31/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/06/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La vicenda processuale trae origine dalla domanda di pagamento delle competenze professionali proposta da G.L. innanzi al Tribunale di Lecce nei confronti della Banca Popolare Pugliese.

1.1 L’attore deduceva di aver svolto, per conto della banca, l’incarico di effettuare i sopralluoghi e le analisi sull’olio d’oliva dalla medesima detenuto in garanzia, con determinazione convenzionale del compenso; assumendo che la propria prestazione professionale fosse stata estesa anche alla stima del prodotto, chiedeva liquidarsi il compenso anche per tale attività secondo i parametri previsti dalle tariffe professionali per gli agronomi, D.M. n. 232 del 1991, ex art. 73.

1.2 All’esito dei giudizi di merito, la Corte d’Appello di Lecce, confermando la sentenza di primo grado, accertava che la prestazione professionale svolta dal G. era stata limitata ai sopralluoghi ed al controllo di qualità dei prodotti, mentre non era stata svolta alcuna attività di stima del prodotto, poichè la quantificazione del valore era stata effettuata attraverso una mera operazione aritmetica, tenendo conto del valore di mercato dell’olio.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.L. sulla base di tre motivi.

3. Ha resistito con controricorso la Banca Popolare Pugliese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1938,2049,2967 c.c., artt. 232 e 246 c.p.c., nonchè il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; il ricorrente, richiamati i principi in materia di affidamento dei ricorrente, terzi in relazione all’attività del falsus procurator, lamenta che il giudice d’appello non avrebbe considerato che egli aveva fatto affidamento sull’incarico conferito dal M., funzionario della banca, avente ad oggetto la verifica della qualità, quantità e valore dell’olio stoccato. Avrebbe, inoltre, errato ad assumere la testimonianza dello stesso M., che, quale dipendente dell’istituto di credito, era incapace di testimoniare.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1173,1337,1364, 1398,1846, 1851, 2720 e 2967 c.c., artt. 232 e 246 c.p.c., D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 48, nonchè l’omessa ed insufficiente motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere erroneamente utilizzato come elementi di prova documenti relativi alla corrispondenza interna della banca, con motivazione illogica nella parte in cui escludeva che la prestazione professionale non avesse ad oggetto la stima delle merci che erano date in pegno alla banca e per aver errato nella ricostruzione dei rapporti con la banca alla luce della documentazione prodotta in giudizio.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2233,2697, 232 e 246 c.c., D.Lgs. n. 232 del 1991, nonchè il vizio di omessa, insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non aver determinato il compenso sulla base delle tariffe professionali per gli agronomi, in assenza di accordo tra le parti.

4. I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

4.1. Le svolte censure presuppongono come ancora esistente (ed applicabile nella concreta fattispecie) il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza nei termini in cui esso era possibile prima della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito – nella L. n. 134 del 2012; la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ratione temporis applicabile, rende viceversa denunciabile soltanto l’omesso esame di uno specifico fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, rimanendo – alla stregua della detta novella legislativa – esclusa qualunque rilevanza del vizio di “insufficienza” o “contraddittoria” motivazione (Cass. civ., SS.UU., Sent. n. 8053/2014).

4.2 Nè è ravvisabile il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, che consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione della fattispecie astratta di una norma di legge, mentre i motivi di ricorso non precisano in cosa consista la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, ma si risolvono in una ricostruzione alternativa, non consentita in sede di legittimità, rispetto a quella effettuata dal giudice di merito.

4.3 La corte d’appello ha fondato la sua decisione sulla documentazione in atti, con particolare riferimento alla “proposta di consulenza per il controllo dell’olio ceduto a garanzia”, corredata dagli importi dovuti per i sopralluoghi e per le analisi. Sulla base del contenuto della proposta, delle dichiarazioni del teste M., il quale aveva confermato che l’annotazione degli importi venne effettuata personalmente dal G., e del contenuto dei verbali di constatazione, il giudice d’appello ha ritenuto che esulava dall’incarico la stima del valore dell’olio (pag. 7-9 della sentenza impugnata).

4.4 Tale ricostruzione fattuale esclude la sussistenza di trattative tra il dipendente M. ed il G., tali da generare affidamento in relazione alla spendita del potere rappresentativo del funzionario per conto della banca, ed ha ritenuto che la prestazione professionale svolta dal G. fosse limitata ai sopralluoghi ed al controllo di qualità dei prodotti; in relazione a detta attività, le parti avevano convenzionalmente determinato il compenso sicchè non dovevano trovare applicazione le tariffe professionali.

4.5 Quanto, poi, alla questione relativa all’incapacità a testimoniare del teste M., rileva il collegio che l’eccezione è stata introdotta per la prima volta in sede di legittimità mentre essa doveva essere proposta al momento di espletamento della prova o all’udienza successiva, atteso che le disposizioni limitative della capacità dei testi a deporre, non costituendo norme di ordine pubblico, sono dettate nell’esclusivo interesse delle parti che possono pertanto del tutto legittimamente rinunciare anche tacitamente alla relativa eccezione, facendo acquiescenza al provvedimento di rigetto dell’eccezione come nel caso in cui la stessa non sia riproposta in sede di precisazione delle conclusioni (ex multis Cassazione civile sez. VI, 12/03/2019, n. 7095).

4.6 I ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

6.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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