Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10320 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10320 Anno 2015
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

negativi

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
~ZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro terwore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n.
12;

xicorrente

contro
th
Si« spa, rappresentata e difesa dall’avv. Livia Salvini, presso
la quale è elettivamente domiciliata in Roma al viale Giuseppe
Mazzini n. 11;

cantrurLoorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Lombardia n. 57/18/07, depositata il 10 settembre 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16 maggio 2014 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per la
ricorrente e l’avv. Livia Salvini per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Giovanni Giacalone, che ha concluso per il rigetto
del ricorso.

/41

Data pubblicazione: 20/05/2015

WADDGMMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
affidato a tre motivi, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale della Lombardia che,
rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento dell’avviso
di accertamento, ai fini dell’IVA, dell’IRPEG e dell’IRAP per
l’anno 2000, con il quale – per quanto ancora rileva – era stata
relativi al contratto di somministrazione in atto fra la spa TA
Rinascente, controllante, e la società contribuente, controllata,
perché consideranti inerenti all’attività della prima, e quindi
estranei all’attività aziendale ed al contesto della SMA, ad
eccezione dei costi inerenti al trasporto, per i quali, tuttavia
non risultavano forniti i dettagli.
Il giudice d’appello ha anzitutto premesso che La
Rinascente e la SMA, appartenenti al medesimo gruppo, avevano
messo in comune una serie di funzioni operative e di servizi di
carattere generale, utilizzando a tal fine le strutture esistenti
presso La Rinascente, sottoscrivendo il 9 novembre 1998 un
contratto di somministrazione, in forza del quale questa si
obbligava ad eseguire prestazioni periodiche e continuative di
servizi nei confronti della SM/-\ in cambio di un prezzo:
quest’ultima si assicurava così la facoltà di accedere
all’assortimento di prodotti messo a disposizione da La
Rinascente, compresa la fornitura costante, continuativa e
periodica di merci e di servizi logistici relativi alle merci,
con garanzia delle prestazioni, la convenienza e la stabilità dei
prezzi di fornitura delle merci.
“E’ evidente – si legge nella sentenza impugnata – che la
contribuente, pur disponendo di suoi magazzini, abbia la
convenienza ad appoggiarsi anche ai magazzini centralizzati di
cui La Rinascente si accollava l’onere della gestione logistica”.
In ordine “alla non inerenza dei costi”, perché estranei al
contesto aziendale della SMAFIN, questa aveva dimostrato
l’esistenza dei servizi a fronte dei quali erano stati effettuati
gli addebiti controversi, l’inerenza, la necessarietà dei servizi

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negata alla spa SMAFIN, ora spa SMA, la deducibilità di costi

„5tessi, l’oggettività e la congruità dei relativi costi,
l’effettiva utilità ed il reale vantaggio ottenuto”.
In ordine al contratto di somministrazione, alla non
inerenza dei costi ed alla non conoscenza del loro ammontare, la
Commissione regionale ha osservato che gli stessi importi che per
la SMA costituiscono oneri deducibili, stante l’effettività e
l’inerenza alla produzione dei redditi, per La Rinascente
rappresentano proventi che hanno concorso alla formazione del
evasa, elusa o risparmiata.
La spa SM/L resiste con controricorso, illustrato con
successiva memoria.

mem ruguArecismms
Con il primo motivo, denunciando violazione o falsa
applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., in relazione
all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., l’amministrazione ricorrente
assume che, in presenza di un contratto che le stesse parti
qualificano espressamente come di somministrazione, non sarebbe
consentito al giudice di ritenere che esso stabilisca obblighi
della parte alienante di prestare servizi e, quindi, obblighi
della parte acquirente di versare il corrispettivo, definito
“prezzo”, per attività quali: l’assicurazione dei depositi di
proprietà della parte alienante e delle merci ivi collocate; gli
ammortamenti tecnici e immobiliari relativi a detti depositi o i
canoni di quelli assunti in locazione dall’alienante; il costo
del lavoro di alcune persone addette a tali depositi (capo
deposito, carrellista, personale amministrativo); il costo per la
vigilanza, la pulizia la manutenzione dei depositi medesimi e dei
nastri ivi utilizzati; i noleggi, i viaggi, i soggiorni ed il
costo di trasporto e movimento merci, senza che alcuna clausola
contrattuale lo preveda e in presenza della sola previsione
secondo la quale spetti al somministrante un compenso,
determinato sulla base dei costi effettivamente sostenuti, per
l’attività di ricevimento, stoccaggio e per il trasporto dei
prodotti in colli agli esercizi gestiti direttamente dalla
somministrata.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia vizio di
insufficiente motivazione per non avere il giudice d’appello

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reddito imponibile, e che di conseguenza nessuna imposta risulta

indicato le fonti da cui avrebbe tratto gli elementi di giudizio
che hanno consentito ad esso di ritenere che l’intento pratico
del contratto fosse quello di stabilire che dovessero far carico
alla somministrataria una serie di costi, e nell’avere omesso di
esaminare il dato contrattuale dal quale sarebbe emerso
inequivocabilmente che i detti costi non dovessero far carico
alla contribuente, somministrata.
Con il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 75,

sostenendo che la norma dovrebbe essere interpretata “nel senso
di imporre al giudice, chiamato a pronunciarsi sulla inerenza di
costi dedotti da una società in esecuzione di un contratto
stipulato con la controllante, una verifica oggettiva circa la
necessità, o quantomeno circa la opportunità (sia pure secondo
una valutazione condotta con riguardo all’epoca della stipula del
contratto) di tali costi rispetto all’oggetto dell’attività, non
potendo egli limitarsi a riscontrare che i costi abbiano
effettivamente origine nel contratto”.
I motivi di ricorso, che in quanto parzialmente legati
vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
Il giudice d’appello va anzitutto assolto dall’addebito di
aver violato o falsamente applicato, con riguardo al contratto
del novembre 1998 che regolava i rapporti fra La Rinascente e la
spa SMA, i canoni ermeneutici fissati dagli artt. 1362 e 1363
cod. civ. per aver ritenuto, secondo la prospettazione della
ricorrente, che nella attività – svolta dalla prima contro
compenso, “determinato sulla base dei costi effettivamente
sostenuti”, corrisposto dalla seconda – “di ricevimento,
stoccaggio e trasporto dei prodotti in colli agli esercizi
gestiti direttamente dalla somministrataria” (di cui al punto 9
del contratto) non fossero comprese le prestazioni, e più in
generale i costi, analiticamente indicati nel motivo (e
trascritti supra),

afferenti alla gestione in senso ampio dei

prodotti acquistati da La Rinascente per la SMA, sino alla loro
consegna ai punti vendita di quest’ultima.
La ricostruzione del rapporto operata nella sentenza,
infatti, per un verso coglie “la comune intenzione delle parti”
(art. 1362, cod. civ.), manifestata nel contratto denominato “di

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quinto coma (ora 109, comma 5), del d.P.R. n. 917 del 1986,

„soministrazione”, della capogruppo La Rinascente da una parte, e
dalla SMAFIN srl poi SMA, nonché dalle “altre società del
gruppo”, dall’altra, intenzione costituita dal mettere in comune
“una serie di funzioni operative e di servizi di carattere
generale e di utilizzare a questo fine le strutture esistenti
presso La Rinascente”, la quale “era obbligata ad eseguire
prestazioni periodiche e continuative agi

servizi_ nei confronti

della SMAFIN in cambio di un prezzo”.
le une per mezzo delle altre, “attribuendosi a ciascuna il senso
che risulta dal complesso dell’atto” (art. 1363 cod. civ.): “è
evidente – osserva in giudice d’appello – che la ricorrente, pur
disponendo di suoi magazzini, abbia la convenienza ad appoggiarsi
anche ai magazzini centralizzati di cui La Rinascente si
accollava l’onere della gestione logistica”.
In forza del contratto, “la SMAFIN si assicurava così rileva ancora la Commissione regionale – la facoltà di accedere
all’assortimento di prodotti messo a disposizione da La
Rinascente, compresa la fornitura costante continuativa e
periodica di merci e oli servizi logistici relativi alle merci,
con garanzia di regolarità delle prestazioni, la convenienza e la
stabilità dei prezzi di fornitura delle merci stesse”.
Il Collegio, una volta ricordato di passaggio che quando
l’attività di fare è strumentale rispetto alla prestazione di
cose, come avviene nella specie, si resta nell’ambito della
somministrazione, mentre se è prevalente il lavoro prestato, si
ha appalto (Cass. n. 12546 del 2003), ritiene che il giudice
d’appello ha correttamente inteso che i
relativi alle merci

servizi logistici

fossero appunto quelli, e tutti quelli,

funzionali alla fornitura costante continuativa e periodica delle
merci destinate alla SMA, dall’acquisto alla consegna ad opera de
La Rinascente.
Le ragioni della scelta delle parti, dichiarate in apertura
del contratto (integralmente riprodotto nel ricorso
dell’amministrazione), risiedono d’altronde nel carattere dei
soggetti componenti il gruppo di società e nel conseguente
assetto dato ai relativi rapporti commerciali. La società madre,
che dispone di vasta e completa conoscenza della distribuzione

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Per altro verso, le clausole dell’accordo sono interpretate

,nazionale e che per sfruttare il potenziale del mercato opera con
differenti tipologie “sotto appositi e diversi marchi e segni
distintivi propri, fra cui il marchio SMA”, dispone, “in virtù
della diffusione nazionale della propria rete di vendita, di
servizi centralizzati per un ordinato e tempestivo rifornimento
delle merci in assortimento e per la loro rotazione_ e di centri
di distribuzione delle merci, dotati di propria organizzazione ed
utilizzati per il ricevimento, lo stoccaggio ed il trasporto dei

dagli affiliati” (così le premesse nel contratto).
Con particolare riguardo al terzo motivo, è appena il caso
di ricordare che “in tema di imposte sui redditi, affinché un
costo sostenuto dall’imprenditore sia fiscalmente deducibile dal
reddito d’impresa non è necessario che esso sia stato sostenuto
per ottenere una ben precisa e determinata componente attiva di
quel reddito, ma è sufficiente che esso sia correlato in senso
ampio all’impresa in quanto tale, e cioè sia stato sostenuto al
fine di svolgere una attività potenzialmente idonea a produrre
utili” (Cass. n. 16826 del 2007), e che “il concetto di inerenza
è, invero, nozione di origine economica, legata all’idea del
reddito come entità calcolata al netto dei costi sostenuti per la
sua produzione, che, nel campo fiscale, si traduce in un
risparmio di imposta e in relazione alla cui sussistenza, ove si
abbia riguardo a spese intrinsecamente necessarie alla produzione
del reddito dell’impresa, non incombe alcun onere della prova in
capo al contribuente” (Cass. n. 6548 del 2012).
Ciò posto, se “rientra nei poteri dell’Amministrazione
finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi
esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di
queste ultime, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta
delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti
nell’esercizio d’impresa, con negazione della deducibilità di
parte di un costo non proporzionato ai ricavi o all’oggetto
dell’impresa” (tra le altre, Cass. n. 8072 del 2010, n. 9036 del
2013), un siffatto sindacato non sembra possa spingersi, corre
postulato dall’annànistrazione ricorrente, sino alla “verifica
oggettiva circa la necessità, o quantomeno circa la opportunità
(sia pure secondo una valutazione condotta con riguardo all’epoca

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prodotti fino agli esercizi commerciali gestiti direttamente

ESENTE DA REGISTRAZIONt
AI SENSI DEL D.PR. 26/4/19e6
N.131 TAB. ALL.
MATERIA TRIBUTARIA
glella stipula del contratto) di tali costi rispetto all’oggetto
dell’attività”. E tanto perché il controllo attingerebbe
altrimenti a valutazioni di strategia commerciale riservate
all’imprenditore.
Nella specie ciò comporterebbe infatti un sindacato in
ordine all’assetto organizzativo ed economico inverato, con il
contratto più volte menzionato, dalla contribuente, società
figlia nell’ambito del gruppo, assetto dato – per utilizzare la
“dall’accentramento ne La Rinascente della intera funzione
logistica di gestione dei depositi in varie aree del Paese, nel
perseguimento di intuibili economie di scala”.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio, liquidate in euro 45.000 per compensi di avvocato oltre
a spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma il 16 maggio 2014.

definizione offerta in una difesa della stessa SMR,

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