Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10319 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/04/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 20/04/2021), n.10319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E. Lui – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12379/2014 R.G. proposto da

F.lli G. S.n.c., G.G., G.P.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via XXI Aprile n. 34, presso lo

Studio dell’Avv. Gentile Juan Carlos, rappresentati e difesi anche

dall’Avv. Niccolini Aldo, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e

G.G. (1);

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte n. 28/24/13, depositata il 21 marzo 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 29 gennaio

2021 dal Cons. Bruschetta Ernestino Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con l’impugnata sentenza, la Regionale del Piemonte rigettava i riuniti appelli proposti da G.G., G.P. e G.G., soci della concessionaria di automobili F.lli G. S.n.c., avverso la decisione della Provinciale che aveva respinto, sia il ricorso promosso dalla Società contro l’avviso di accertamento che recuperava a tassazione ai fini IVA IRAP 2002 ricavi non dichiarati e costi non riconosciuti, con metodo induttivo “puro” D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 2, in quanto la contribuente non aveva presentato la dichiarazione dei redditi ed era rimasto senza esito l’invito dell’ufficio a esibire la documentazione; sia i ricorsi promossi dai soci contro gli avvisi di accertamento che recuperavano nei loro confronti IRPEF per trasparenza, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, in relazione al maggior imponibile sociale accertato;

2. a giudizio della Regionale, la F.lli G. non aveva proposto appello, risultando perciò passato in giudicato il capo di sentenza della Provinciale che aveva respinto il suo originario ricorso, con il conseguente “riverbero sulla posizione processuale dei soci”, nel senso che dovevano essere rigettati anche i ricorsi da quest’ultimi promossi, in ragione del carattere unitario dell’accertamento; peraltro, sempre per la Regionale, anche “ammettendo in via ipotetica” che la Società avesse effettivamente proposto appello, la decisione della Provinciale avrebbe dovuto essere lo stesso confermata, sia perchè era rimasta indimostrata l’affermazione di G.G., di essere stato estromesso dalla Società in epoca anteriore al 2002; sia perchè la F.lli G. S.n.c. non aveva dato prova dei costi sostenuti, atteso che il conto economico redatto dal commercialista di fiducia, nella sostanza una consulenza tecnica di parte, oltre che “privo di autonomo valore probatorio”, mancava degli indispensabili riscontri documentali; sia perchè, sullo specifico punto, nemmeno poteva essere accolta l’istanza di ammettere una consulenza tecnica contabile, poichè con ciò si sarebbe illegittimamente sollevata la contribuente dall’onere di produzione della prova documentale; sia perchè non era stata offerta alcuna prova contraria, rispetto alla presunzione di esistenza dei ricavi sociali induttivamente accertati ai sensi del citato D.P.R. n. 600, art. 39, comma 2,; sia perchè, infine, non era stata provata la forza maggiore, che secondo i contribuenti, aveva “impedito il rispetto delle norme tributarie”;

3. la F.lli G. S.n.c., i soci G.G. e G.P., ricorrevano per tre motivi; l’ufficio resisteva con controricorso, mentre G.G. non presentava difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. i ricorrenti, con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 denunciavano la violazione dell’art. 2298 c.c., evidenziando che tutti i soci avevano la legale rappresentanza della F.lli G. S.n.c., che tutti i soci avevano chiesto, coi rispettivi atti d’appello, l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della Società, che perciò si era “formato il litisconsorzio necessario”, che quindi erroneamente la Regionale aveva affermato l’esistenza di un “giudicato definitivo contro la F.lli G. S.n.c., riverberante sui singoli soci”;

1.1. il motivo è fondato, ma solo nella misura appressa, in disparte la non del tutto limpida formulazione della doglianza, specialmente nella parte in cui i ricorrenti lamentano che in grado appello erano presenti tutti i litisconsorti necessari, atteso che la Regionale mai ha posto in discussione la circostanza, essendosi invece limitata ad affermare che la Società non aveva impugnato il capo di sentenza della Provinciale che aveva rigettato il suo originario ricorso; rimane, che i contribuenti hanno però ragione a dolersi del principio statuito dalla Regionale, per cui il giudicato formatosi sul recupero dell’imponibile della Società, si “riverberava” sui soci; in effetti, è vero l’opposto; difatti, è sufficiente che uno dei soci litisconsorti necessari abbia impugnato la statuizione della Provinciale di rigetto del ricorso della Società, come nella concreta fattispecie avvenuto, visto che tutti i soci hanno chiesto alla Regionale di annullare l’avviso notificato alla F.lli G. S.n.c., per evitare il formarsi di un giudicato nei loro confronti, come anche per evitare il formarsi di un giudicato nei confronti della Società (Cass. sez. H n. 24751 del 2013; Cass. sez. lav. n. 26043 del 2009);

2. con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, denunciata la violazione del citato D.P.R. n. 917, art. 109, i ricorrenti lamentavano che la Regionale, come già aveva fatto la Provinciale, avesse avlallato l’utilizzo, da parte dell’amministrazione, per l’accertamento “dei componenti positivi e negativi del reddito d’impresa”, di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza;

2.1. questo motivo, può essere accolto solo in parte; nel senso che legittimamente l’ufficio, non essendo stata presentata la dichiarazione dei redditi, non essendo state esibite le scritture richieste, ha proceduto all’accertamento con il metodo induttivo “puro” citato D.P.R. n. 600, ex art. 39, comma 2, mediante presunzioni cosiddette “supersemplici”, prive di gravità, precisione e concordanza; tuttavia, siccome la prova della ripresa induttiva non era analitica, deve essere comunque riconosciuta, sulla scorta di una presunzione avente gli stessi caratteri di genericità, una percentuale forfetaria di costi (Cass. sez. trib. n. 19191 del 2019; Cass. sez. VI 23 ottobre 2018 n. 26748); e, ciò, indipendentemente dalla mancata dimostrazione di questi, come in fatto accertato dalla Regionale, con una statuizione censurata dai contribuenti in modo inammissibile, particolarmente sotto il profilo del difetto di autosufficienza, in quanto nemmeno è stata trascritta la documentazione indicata (Cass. sez. III n. 21806 del 2015);

3. con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, deducendo la violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 5, nonchè omessa o insufficiente motivazione, i ricorrenti lamentavano che la Regionale non avesse riconosciuto l’esistenza della forza maggiore, quest’ultima, in thesi, consistente nel venir meno del mandato a vendere della casa automobilistica di cui la F.lli G. S.n.c. era stata concessionaria, con il conseguente tracollo finanziario; una forza maggiore che, per quanto prospettato dai contribuenti, aveva reso “impossibile mantenere regolari scritture contabili e depositare dichiarazioni dei redditi”;

3.1. il motivo è inammissibile, quantomeno infondato; al di là del difetto di autosufficienza, per esempio circa la non chiara illustrazione del rapporto di causa effetto, al di là della circostanza che l’omessa o insufficiente motivazione non rientra più nel minimo costituzionale garantito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. sez. un. 8053 del 2014), al di là della mancanza di specificità del motivo, atteso che non è dato esattamente comprendere per quali concreti effetti la forza maggiore sia stata invocata, se per evitare l’applicazione delle sanzioni, se per giustificare l’evasione delle imposte oppure per dimostrare l’impossibilità di tenere le scritture contabili (Cass. sez. III n. 5411 del 2014), è comunque vera la considerazione che in mancanza di dichiarazione, in mancanza di contabilità, qualunque sia stata la causa, all’ufficio non può essere impedito di accertare il reddito eventualmente evaso, al minimo con il procedimento previsto dal citato D.P.R. n. 600, art. 39, comma 2; tanto che, il richiamato D.Lgs. n. 472, art. 6, comma 5, ammette il rilievo della forza maggiore unicamente con riguardo alle sanzioni; dovendosi, tuttavia, a questo riguardo, pur sempre sottolineare che la crisi aziendale nemmeno rientra nella fattispecie della forza maggiore citato D.Lgs. n. 472, ex art. 6, comma 5, (Cass. sez. VI n. 7850 del 2018);

4. la sentenza deve essere pertanto cassata e la controversia rinviata al giudice a quo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e secondo motivo nei limiti di cui alla motivazione, dichiara inammissibile il terzo motivo; cassa l’impugnata sentenza; rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte che, in altra composizione, dovrà decidere la controversia uniformandosi ai superiori principi, oltre che regolare le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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