Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10318 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10318 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 14356-2008 proposto da:
CARTARASA VINCENZO, elettivamente domiciliato in
ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
VAGGINELLI EDOARDO CARLO giusta delega a margine;
– ricorrente 2014
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contro

FONDIARIA SAI SPA , MIGLIORE DANIELA MARIA, SEDITA
MARIA LUISA, SARP ASSIC SPA ;

intimati

avverso la sentenza n. 191/2007 della CORTE D’APPELLO

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Data pubblicazione: 13/05/2014

di CALTANISSETTA, depositata il 30/06/2007 R.G.N.
237/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/02/2014 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;

udito l’Avvocato EDOARDO VAGGINELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

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2

Svolgimento del processo

l. Vincenzo Cartarasa convenne in giudizio, dinanzi al
Tribunale di Caltanissetta, Maria Luisa Sedita, Daniela Maria
Migliore e le società assicuratrici Sarp e Sai, chiedendo la
condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni

settembre 1995.
Secondo l’attore il sinistro era stato causato dalla elevata
velocità e imprudente condotta di guida di Daniela Migliore che
si trovava alla guida dell’autovettura Ford Fiesta (di proprietà
di Maria Luisa Sedita), sulla quale egli stesso era
trasportato.
2. La Sedita e Daniela Migliore si costituirono assumendo
che

il

sinistro

si

era

invece

verificato

a

causa

dell’abbagliamento subito dalla Migliore da parte di altra
autovettura, rimasta non identificata, che aveva costretto la
stessa Migliore ad una improvvisa sterzata verso destra, con
conseguente ribaltamento del veicolo.
3. Si costituirono anche la Sai e la Sarp chiedendo il
rigetto della domanda.
:

4. Con separato atto di citazione notificato alla Sai
Assicurazioni spa

nella qualità di impresa assicuratrice

designata alla liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di
garanzia per le vittime della strada – Daniela Migliore convenne
la medesima Sai chiedendo il risarcimento dei danni alla sua

3

5nD

subiti in occasione del sinistro stradale verificatosi il 7

persona subiti in occasione del sinistro per cui è causa,
verificatosi, a suo dire, a causa dell’imprudente condotta di
guida tenuta da persona rimasta non identificata.
5. Si costituì la Sai chiedendo il rigetto della domanda.
6. Con provvedimento presidenziale del 27 gennaio 1999 le

7.

Il Tribunale, sulla scorta degli elementi probatori

acquisiti nel corso dell’attività istruttoria, dichiarò che la
responsabilità doveva imputarsi a carico del conducente
dell’autovettura rimasta non identificata e condannò la Sai al
risarcimento del danno biologico e morale in favore di Vincenzo
Cartarasa per l’importo di C 111.215,00, oltre il rimborso
spese, ed in favore di Daniela Maria Migliore per il complessivo
importo di C 55.977,00. Condannò inoltre Vincenzo Cartarasa al
pagamento delle spese processuali in favore di Maria Luisa
Sedita, di Daniela Maria Migliore e della società assicuratrice.
La Sai fu, a sua volta, condannata al pagamento delle spese
del giudizio in favore di Daniela Maria Migliore e dello stesso
Vincenzo Cartarasa.
8. Avverso tale sentenza propose appello La Fondiaria Sai
Spa, già Sai-Società Assicuratrice Industriale Spa, sostenendo,
con nove motivi di censura, che il sinistro per cui è causa si
era verificato per esclusiva colpa e responsabilità di Daniela
Maria Migliore, per avere quest’ultima tenuto, alla guida
dell’autovettura, una velocità particolarmente elevata.

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due cause furono riunite.

9. Si costituì la SARP Assicurazioni Spa in 1.c.a. chiedendo
il rigetto dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza.
Si costituì anche Vincenzo Cartarasa chiedendo il rigetto
dell’appello e proponendo appello incidentale con il quale
contestò la ricostruzione della dinamica del sinistro.

comparsa di costituzione con la quale chiese il rigetto
dell’appello proposto dalla SAI e dell’appello incidentale
proposto da Vincenzo Cartarasa.
Si costituì, infine, Maria Luisa Sedita che depositò
comparsa di costituzione e risposta con la quale chiese il
rigetto dell’appello proposto dalla Fondiaria Sai Spa e da
Vincenzo Cartarasa. La stessa chiese altresì la conferma
integrale dell’impugnata sentenza.
10. La Corte d’appello di Caltanissetta ha condannato la
società Fondiaria-Sai Spa al pagamento, in favore di Vincenzo
Cartarasa, della somma di C 72.800,00 a titolo di risarcimento
per il danno biologico e della somma di C 18.200,00 a titolo di
risarcimento del danno morale, oltre rivalutazione monetaria ed
interessi legali sulle somme via via rivalutate, nonché
interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza fino
al soddisfo.
La suddetta Corte ha poi condannato la società Fondiaria-Sai
Spa al pagamento in favore di Daniela Migliore della somma di C
36.640,00 a titolo di risarcimento per danno biologico e della

5

.s7h

Si costituì ancora Daniela Maria Migliore la quale depositò

somma di C 9.160,00 a titolo di risarcimento del danno morale,
oltre accessori.
Ha dichiarato compensate fra le parti le spese del giudizio
di primo grado.
11. Propone ricorso per cassazione Vincenzo Cartarasa con

Gli intimati non svolgono attività difensiva.
Motivi della decisione

12. Con il primo motivo si denuncia «violazione o falsa
applicazione di norme di diritto – omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360 nn. 2 e 5 c.p.c. in relazione
agli artt. 2056 e 1223 c.c. e 2727 e 2729 c.c. )».
Sostiene il ricorrente che egli, nell’articolare le proprie
domande, con l’atto introduttivo del giudizio, chiese la
liquidazione in suo favore oltre che del danno biologico e del
danno morale ex art. 2059 c.c., anche del danno patrimoniale da
lucro cessante.
In tal senso afferma il Cartarasa di aver prodotto in
giudizio l’atto costitutivo di un’impresa artigiana a conduzione
familiare di costruzione e revisione macchine industriali,
datato 29 dicembre1994, di cui egli era collaboratore e copia
della documentazione fiscale costituita dai Modelli Unici dei
redditi 1996, 1997, 1998, 1999 e 2000 atta a provare che, dalla
data del sinistro il suo reddito è di anno in anno diminuito.

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due motivi.

Per l’accertamento di tale danno è stata esperita Ctu
medico-legale nella quale si afferma che «la menomazione
dell’integrità psico-fisica del soggetto non ha inciso sulla sua
capacità lavorativa che, al momento dell’evento lesivo,
consisteva nell’impegno scolastico come studente; i postumi

impedirebbero una attività di tipo manuale con uso contro forza
del braccio e mano destra».
Ad avviso del ricorrente tale valutazione è errata in quanto
egli, alla data del sinistro (7/9/95), era collaboratore di
un’impresa meccanica artigiana a conduzione familiare, nella
quale svolgeva attività di tipo manuale, e proprio da tale
collaborazione ricavava il proprio reddito.
Il Ctu inoltre, richiamato dal G.I. per rendere chiarimenti
sulla sua relazione peritale, ha precisato che la menomazione
subita all’arto superiore destro lo avrebbe “notevolmente
ostacolato” nelle mansioni lavorative.
Tutti i suddetti elementi non sono stati tenuti in
considerazione, secondo il Cartarasa, da parte dei giudici di
merito.
13. Il motivo è fondato.
La motivazione dell’impugnata sentenza è infatti del tutto
inconsistente, essendosi limitata ad affermare che il
risarcimento del danno patrimoniale è rimasto privo di prova,
particolarmente sotto il profilo causale, anche considerata la

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subiti non gli impediscono un’attività di concetto, gli

natura intrinsecamente aleatoria del reddito dichiarato dal
Cartarasa, derivante dalla sua partecipazione all’impresa
familiare.
Il Giudice di merito non ha, in particolare, adeguatamente
esplicitato le ragioni per le quali ha negato il danno

sua sentenza se la menomazione sofferta dal Cartarasa è stata
oppure no tale da incidere sulla di lui capacità lavorativa
specifica.
È del resto giurisprudenza consolidata di questa Corte che
il danno patrimoniale futuro, nel caso di fatto illecito lesivo
della persona, è da valutare su base prognostica ed il
danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni
semplici. Pertanto, provata la riduzione della capacità di
lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra
tra i postumi permanenti di piccola entità (cosiddette
“micropermanenti”, le quali non producono danno patrimoniale ma
costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile
presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta
nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo
proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività o
presumibilmente la svolgerà.
In quanto prova presuntiva essa potrà essere superata dalla
prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di
lavoro specifica, non vi è stata alcuna riduzione della capacità

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patrimoniale da lucro cessante, non essendo comprensibile dalla

di guadagno e che, quindi, non è venuto a configurarsi in
concreto alcun danno patrimoniale (Cass., 25 gennaio 2008, n.
1690).
Nel caso in esame, a fronte di un risarcimento del danno
biologico nella misura del 30%, risultante dall’accertamento

artigiana a conduzione familiare, di cui l’attuale ricorrente
era partecipe, nonché di copia della documentazione fiscale
costituita dai modelli di dichiarazione dei redditi atta a
provare che, dalla data del sinistro il reddito del medesimo
ricorrente è diminuito di anno in anno, la Corte non spiega
perché ha negato il risarcimento del lucro cessante. Non spiega,
in particolare, perché la menomazione fisica e la ridotta
capacità lavorativa del ricorrente non avevano avuto incidenza
economica alcuna, diretta o indiretta, nell’ambito dell’impresa
familiare, e se in essa lo stesso apportava un contributo
economicamente appezzabile ed incidente sul reddito dell’impresa
stessa e dunque del ricorrente medesimo.
14. Con il secondo motivo si denuncia «violazione o falsa
applicazione di norme di diritto – omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (Art. 360 n. 2 e 5 c.p.c., con
riferimento all’art. 4 L. 39/77)».
Si duole il ricorrente che i Giudici di merito non abbiano
ritenuto di applicare alla fattispecie dedotta in giudizio,

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della ctu e dalla produzione dell’atto costitutivo di un’impresa

quanto disposto dall’art. 4, 3 0 comma, del D.L. 23.12.1976 n.
857, convertito nella legge 39/77, secondo il quale “in tutti
gli altri casi, il reddito che occorre considerare ai fini del
risarcimento non può comunque essere inferiore a tre volte
l’ammontare annuo della pensione sociale”.

disatteso a favore di un reddito maggiore, individuato anche
secondo criteri presuntivi ed equitativi; ma ove il Giudice di
merito non ritenga raggiunta la relativa prova, non può
prescindere dall’applicazione della suddetta norma. L’impugnata
sentenza pertanto, nella misura in cui ha disapplicato
quest’ultima, senza peraltro motivarne le ragioni, è da ritenere
certamente meritevole di censura.
15. Il motivo rimane sostanzialmente assorbito dalle
considerazioni di cui al precedente motivo.
Giova sul punto ricordare che, secondo giurisprudenza
consolidata di questa Corte, che in tema di danno patrimoniale
da incapacità lavorativa, non può farsi luogo ad una
liquidazione in modo automatico in base ai criteri dettati dal
suddetto art. 4 l. 39/1977, non comportando tale disposizione
alcun automatismo di calcolo, ma limitandosi ad indicare alcuni
criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova
relativa, che comunque incombe al danneggiato e che può essere
data anche in via presuntiva, purché sia certa la riduzione di

10

Tale criterio, prosegue il ricorrente, può certamente essere

capacità di lavoro specifica (Cass., 14 novembre 2011, n. 23761;
conforme, per ultimo, la n. 3290 del 2013).
Ora nella specie, ove dovesse risultare che la menomazione
fisica del ricorrente ha avuto incidenza sui redditi prodotti
nell’ambito dell’impresa familiare, il danno patrimoniale non

all’evidenza, ove un tale risultato dovesse essere escluso,
difetterebbe il presupposto per la liquidazione di un danno.
16. In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei
termini predetti. La Corte di rinvio provvederà anche sulle
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo del
ricorso, assorbito il secondo. Cassa e rinvia alla Corte
d’appello di Palermo anche per le spese del giudizio di
cassazione.
Roma, 5 febbraio 2014

potrebbe che essere commisurato alla incidenza medesima; mentre,

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