Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10317 del 20/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10317 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 9548-2013 proposto da:
A2A SPA 11957540153 (già AEM SpA) in persona del Direttore degli
Affari Legali, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE
112, presso lo studio delltav-vocato SERGIO MAGRINI, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati GILDA PISA,
LORENZO CANTONE, ANDREA DELL’OMARINO, CLAUDIO
DAMOLI, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore in proprio
e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei
Crediti INPS (SCCI) SpA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

‘54
:=2-5

Data pubblicazione: 20/05/2015

EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, ANTONINO
SGROI, CARLA D’ALOISIO, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –

EQUITALIA NORD SPA già Equitalia Esatti SpA;

intimata

sul ricorso 9628-2013 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE in persona del Direttore Centrale Entrate in proprio e quale
procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS
(SCCI) SpA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
EMANUELE DE ROSE, LETJO MARITATO, ANTONINO
SGROI, CARLA D’ALOISIO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
A2A SPA 11957540153 (già AEM SpA) in persona del Direttore degli
Affari Legali, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE
112, presso lo studio dell’avvocato SERGIO MAGRINI, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati GILDA PISA,
LORENZO CANTONE, ANDREA DELL’OMARINO, CLAUDIO
DAMOLI, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– CallttOliCatrellte –

nonché contro

P.ic. 2013 n. 09548 sez. ML
-2-

ud. 29-01-2015

nonché contro

EQUITALIA NORD SPA – concessionaria per la riscossione per la
Provincia di Milano;
-intimata –

avverso la sentenza n. 338/2012 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/01/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA
PA GETTA;
per il ricorso R.G. 9548/2013 per la ricorrente sono presenti gli
Avvocati Pisa Gilda e Damoli Claudio che si riportano ai motivi del
ricorso e per il controricorrente é presente l’Avvocato Carla D’Aloisio
che si riporta agli scritti;
per il ricorso RG. 9628/2013 per il ricorrente é presente l’Avvocato
Carla D’Aloisio che si riporta ai motivi del ricorso e per la
controricorrente sono presenti gli Avvocati Claudio Damoli e Gilda
Pisa che si riportano agli scritti.
Fatto e diritto
Il Consigliere relatore con riferimento al ricorso recante il n. RG
9548/2013 ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis
cod. proc. civ. e 375 cod. proc. civ. : “La A2A s.p.a ( già AEM s.p.a.)
proponeva opposizione avverso cartella esattoriale con la quale le era
intimato il pagamento all’INPS di somme a titolo di contributi omessi
e relative sanzioni.
Il Tribunale respingeva la opposizione . La Corte di appello di Milano,
in parziale riforma della decisione di primo grado dichiarava non
dovuta la contribuzione per maternità richiesta con la cartella opposta.

Ric. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
-3-

MILANO del 20.3.2012, depositata il 02/04/2012;

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’A2A s.p.a. sulla
base di nove motivi.
L’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I.. s.p.a, ha
resistito con tempestivo controricorso.
Equitalia Nord s.p.a è rimasta intimata

e mobilità la società ricorrente, denunciando violazione di plurime
norme deduce che alla luce della disciplina comunitaria e della
disciplina nazionale, il riferimento alle imprese industriali degli enti
pubblici, anche se municipalizzate e dello Stato, contenute nell’art. 3
comma 1. d.lgs C.S. n. 1869 del 1947, non può essere inteso come
relativo solo alle società esercenti servizi pubblici a capitale totalmente
pubblico e non anche a quelle a capitale maggioritario pubblico a
influenza dominante pubblica; in particolare, nell’articolata deduzione
richiama la nozione di influenza dominante quale tratto distintivo della
impresa pubblica, secondo quanto previsto nei rispettivi ambiti dalle
Direttive n. 50 del 1992, n. 38 del 1993 e n. 53 del 200Q deduce
altresì che la unicità della nozione di impresa non esclude la esistenza
di diversità tra impresa pubblica ed impresa privata come si evince
dall’art. 2093 ultimo comma cod. civ. ; non sarebbe dunque
condivisibile l’affermazione che la società per azioni con
partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto
privato solo perché lo Stato e gli enti pubblici ne posseggano le azioni
in tutto o in parte, non assumendo rilievo alcuno per le vicende della
medesima la persona dell’azionista, dato che tale società, quale
persona giuridica privata, opera nell’esercizio della sua autonomia
negoziale, senza alcun collegamento con l’ente pubblico; ad avviso
della ricorrente, ciò che rileva non è il dato formale della personalità
giuridica privata e/o l’esercizio o meno di poteri autoritativi, al fine di
Ric. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
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Con il primo motivo di ricorso attinente ai contributi per CIGS, CIGO

determinare una significativa alterazione del modello societario tipico
ma il dato sostanziale dell’unitarietà economica e funzionale con il
soggetto pubblico proprietario di semplice maggioranza, ciò sarebbe
sufficiente a determinare un’alterazione del modello societario come
evidenziato dalla Corte di giustizia nella sentenza 6 dicembre 2007 (

Con il secondo motivo, denunciando violazione di plurime norme di
legge e vizio di motivazione, ha censurato la decisione per avere
escluso che la natura strettamente strumentale rispetto a quella
generale di pubblico servizio non comportasse la qualificazione
dell’attività svolta nell’ambito del servizio pubblico medesimo.
Con il terzo motivo denunciando violazione di norme di diritto e vizio
di motivazione, si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto
conto della circostanza che la sussistenza della “stabilità d’impiego”,
requisito indispensabile ,ai fini dell’esonero dal contributo per la
disoccupazione involontaria, era stata riconosciuta dal Ministero del
Lavoro, con lettera del 10.7.1956, in favore della AEM, azienda
municipalizzata poi trasformata nella AEM s.p.a.. Secondo la società
ricorrente tale provvedimento, mai revocato era idoneo a determinare
l’effetto di esonero anche nei confronti della AEM s.p.a e delle società
dalla stessa derivate per effetto di cessione del ramo di azienda.
Con il quarto motivo, denunziando violazione e falsa applicazione di
norme di diritto e omesso esame di un punto decisivo del giudizio ha
sostenuto che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza
impugnata, dalla disamina della disciplina collettiva (CCNL 17.11.1995
dipendenti di imprese del gas e dell’acqua; CCNL 9.7.1996 dipendenti
di imprese elettriche), e tenuto anche conto di quanto affermato nel
Protocollo Federgasacqua dell’11.3.2003, emergevano le condizioni per

Ric. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
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cause C-463 /04 e C- 464 /04) .

ritenere la sussistenza di una stabilità di impiego rafforzata ai fuii
dell’esonero dalla contribuzione per la disoccupazione involontaria.
Con il quinto motivo, denunciando violazione di norma di diritto,
nonché vizio di motivazione, parte ricorrente si duole che la Corte
territoriale non abbia tenuto conto che il Consiglio di Stato, con parere

poteva produrre effetti retroattivi, in relazione al disposto dell’art. 3,
comma 8, legge n. 335/95.
Con il sesto motivo, denunciando violazione di plurime norme di
diritto, deduce che, ai sensi dell’art. 3, comma 23, legge n. 335/85 e
del d.m. 21.2.1996, attraverso un’interpretazione costituzionalmente
orientata, avrebbe dovuto riconoscersi che la riduzione delle aliquote
CUAF spettava, a decorrere dal 1° gennaio 1996, anche per quei
lavoratori delle aziende municipalizzate privatizzate del settore
elettrico, che, ai sensi dell’art.5, comma 1, lett. a) e b), legge n. 274/91,
avevano optato per mantenere l’iscrizione all’ INPDAP dovendosi
altrimenti ritenere il contrasto della normativa di riferimento con gli
artt. 81 e ss del Trattato CE e con gli artt. 3 e 41 della Costituzione,
con conseguente disapplicazione del ridetto dm 21.2.1996.
Con il settimo motivo, svolto in via subordinata al precedente, la
società ricorrente, denunciando violazione di plurime norme di diritto,
deduce che ai sensi dell’art. 41 legge n. 88/99, come interpretato
autenticamente dall’art. 68 legge n. 88/00, attraverso un’interpretazione
costituzionalmente orientata, avrebbe dovuto riconoscersi che la
riduzione delle aliquote CUAF spettava a decorrere dal 1° gennaio
2000 anche per quei lavoratori delle aziende municipalizzate
privatizzate del settore elettrico, che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett.
a) e b), legge n. 274/91, avevano optato per mantenere l’iscrizione

Ric. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
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de1118.2.2006, aveva concluso che la circolare INPS n. 63/2005 non

all’INPDAP , dovendosi altrimenti ritenere il contrasto con le sopra
indicate norme comunitarie e costituzionali.
Con l’ottavo motivo ribadisce le censure di incostituzionalità e di
contrarietà alla normativa comunitaria già dedotte, in relazione all’art.
1, comma 238, legge n. 662/96.

legge censura la decisione per non avere applicato le sanzioni in misura
ridotta in applicazione dell’art. 116, comma 15 lett a) 1 n. 388 del 2000.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte ( v. tra le altre,
Cass. n. 14847 del 2009, n. 5816 del 2010, n. 19087, n. 20818, n.
20819, n. 22318, n. 27513 del 2013, n. 14089 , n. 13721 del 2014) M
tema di contribuzione previdenziale, le società a capitale misto, ed in
particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi
ad oggetto l’esercizio di attività industriali sono tenute al pagamento
dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e
la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per
le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura
essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico
in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica
esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto
privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina
derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera
partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalit2r3a – da parte
dell’ente pubblico. E’ stato in particolare precisato che la forma
societaria di diritto privato è per l’ente locale la modalità di gestione
degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso per la
duttilità dello strumento giuridico, M cui il perseguimento dell’obiettivo
pubblico è caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto
Ric. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
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Con il nono motivo, denunziando omessa motivazione e violazione di

privato e che la finalità perseguita dal legislatore nazionale e
comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la
gestione dei servizi pubblici locali è specificamente quella di non ledere
le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in
ordine all’obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla

Cass. n. 20818 del 2013, Cass. 27513 del 2013 ) .
Il secondo, terzo, quarto e quinto motivo, attinenti tutti alla
contribuzione per la disoccupazione involontaria, sono
manifestamente infondati. Le censure svolte ad illustrazione degli
stessi sono state già esaminate e disattese da numerose pronunzie del
giudice di legittimità.
Questa Corte, richiamata la normativa di riferimento , all’epoca
costituita dall’art. 40 RDL n. 1827 del 1935 e dall’art. 36 dpr n. 818 del
1957, ha affermato che dalla coordinata lettura di tali norme si evince
che:
– anche in relazione al personale dipendente delle aziende esercenti
pubblici servizi
l’esenzione dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione
volontaria opera soltanto ove ai medesimi sia garantita la stabilità
d’impiego;
– anche in relazione ai personale dipendente delle aziende esercenti
pubblici servizi detta stabilità d’impiego, ove non risultante da norme
regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico, deve essere
accertata dal Ministero competente su domanda del datore di
lavoro,con decorrenza dalla data di tale domanda.
In difetto di disposizioni di legge o regolamentari specificamente
riguardanti la tipologia d’impresa cui appartiene la ricorrente principale,
diviene quindi sostanzialmente irrilevante, ai fini de quibus, accertare
Ric. 2013 n. 09548 sez. ML ud. 29-01-2015
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gestione del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico.(

se alla stessa debba o meno essere riconosciuta la qualifica di azienda
esercente un pubblico servizio, posto che, anche in ipotesi affermativa,
da ciò non potrebbe farsene derivare, de plano, l’invocata esenzione
contributiva; donde l’inammissibilità, per carenza di interesse, del
primo motivo.

contrattazione collettiva di diritto comune fra le “norme regolanti lo
stato giuridico e il trattamento economico” ,l’eventuale stabilità
d’impiego garantita da detta contrattazione collettiva non potrebbe di
per sé condurre all’esenzione contributiva in difetto di domanda di
accertamento al riguardo da parte del datore di lavoro e di conseguente
riconoscimento di detta stabilità da parte dell’Autorità amministrativa
competente.. (cfr, altresì, sul punto, ex p/urimis, (cfr, altresì, sul punto,
ex plurimis v. Cass. n. 18455 del 2014, n. 28022 del 20139; n.24524
del 2013 )
In merito poi al riconoscimento amministrativo della ” stabilità di
impiego” si rileva che nel caso di specie la ricorrente non deduce di
avere inoltrato la domanda, né tanto meno, che sia stata riconosciuta
nei suoi confronti la stabilità d’impiego dei dipendenti. Sostiene invece,
di essere “subentrata”, in quanto società derivata, nell’esonero
contributivo a suo tempo accordato all’azienda municipalizzata AEM
L’assunto non può essere condiviso, sia perché l’azienda
municipali7zata AEM, oggi non più esistente, era un soggetto giuridico
diverso dalla società per azioni in cui venne trasformata e,a fortiori,
dalle altre società che da quest’ultima sono state scorporate; sia perché,
essendo stata la valutazione della sussistenza della stabilità d’impiego
per i dipendenti dell’azienda municipalizzata AEM necessariamente
resa in relazione alle disposizioni vigenti all’epoca (si parla del lontano
956), il riconoscimento invocato non è parametrabile alla diversa
Ric. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
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Del pari, non essendo ricomprese le clausole pattizie di cui alla

disciplina vigente all’epoca dei fatti per cui è causa, atteso che i
contratti collettivi di lavoro che, secondo l’assunto della ricorrente
principale, regolano il rapporto d’impiego dei suoi dipendenti, sono
stati conclusi a distanza di molti anni (cfr, altresì, sul punto, ex
plurimis, (cfr. Cass. n. 13721/2014, n. 28022 del 2013, n.24524 del

Parimenti infondati sono il sesto il settimo e l’ottavo motivo che
investono, sotto vari profili, l’applicabilità dell’aliquota ridotta in
relazione ai contributi dovuti per gli assegni familiari.
Le questioni proposte con i detti motivi, anche sotto il profilo della
necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle
norme di riferimento sono state disattese dalla giurisprudenza di
questa Corte. la quale ha escluso che la disciplina di riferimento,
interpretata nel senso della non applicabilità dell’aliquota ridotta per i
dipendenti rimasti all’INPDAP, si ponesse in contrasto con le norme
costituzionali e comunitarie.
E’ stato infatti precisato che ” l’obiettivo di armonizzazione degli
ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralità degli organismi
assicurativi, fatto proprio alla riforma previdenziale di cui alla legge n.
335/95, non implica che sia sottratta alla discrezionalità del legislatore
la regolamentazione della disciplina contributiva in relazione alle
peculiari necessità dei diversi enti previdenziali, sicché non può
ritenersi che le norme che implichino al riguardo una diversificazione
contributiva costituiscano violazione del principio di uguaglianza; tanto
meno potrebbe quindi legittimarsi una loro interpretazione che, nella
suddetta ottica, si discosti dal contenuto testuale delle disposizioni
scrutinate. La manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalità
sollevati sussiste anche con riferimento al parametro di cui all’art. 41
della Costituzione, la cui asserita violazione è del resto espressa in
Ric. 2013 n. 09548 sez. ML ud. 29-01-2015

2013).

termini generici, non potendo ravvisassi nelle specifiche disposizioni
regolanti gli oneri contributivi a carico delle aziende in misura
diversificata a seconda dell’ente previdenziale di iscrizione dei
dipendenti una limitazione della libertà di iniziativa economica. Non
consta, né è stato dedotto, che la Commissione UE abbia ravvisato

incompatibile; il che, dei resto, avrebbe semmai condotto

alla

soppressione della disposta riduzione, non certo ad una sua estensione
nel senso propugnato dalla ricorrente principale. 5..2 Ciò premesso,
deve rilevarsi che l’art. 3, comma 23, legge n. 335/95, laddove prevede
che “Con effetto dal 10 gennaio 1996, l’aliquota contributiva di
finanziamento dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori
dipendenti è elevata al 32 per cento con contestuale riduzione delle
aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee a
carico della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n.
88, (…)” è assolutamente inequivoco nel ricollegare la “contestuale”
riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le
prestazioni temporanee all’elevazione dell’aliquota contributiva dovuta
a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, onde non vi è
spazio per poter ritenere che la prevista riduzione operi anche a favore
dei soggetti che non versano i contributi a tale Fondo; e il successivo
comma 24, nel prevedere invece un aumento delle aliquote
contributive dovute “all’assicurazione generale obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle
forme di previdenza esclusive, sostitutive ed esonerative della
medesima” suona a conferma che la ricordata previsione di cui al
precedente comma deve ritenersi sancita con riferimento alle sole
contribuzioni relative al Fondo pensioni lavoratori dipendenti. 5.3
Anche per ciò che riguarda le disposizioni di cui all’art. 41 legge n.
Ric. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
-11-

nella riduzione contributiva di che trattasi un aiuto di stato

488/99 deve riconoscersi che la riduzione delle percentuali
contributive introdotte dal quarto periodo del primo comma è
direttamente collegata alle previsioni di cui ai precedenti periodi dello
stesso comma (soppressione del Fondo di previdenza per i dipendenti
dell’Ente nazionale per l’energia elettrica e delle aziende elettriche

servizi di telefonia; iscrizione all’assicurazione generale obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti dei
titolari di posizioni assicurative e dei titolari di trattamenti pensionistici
diretti e ai superstiti presso i detti fondi soppressi) e si applica quindi in
relazione alle posizioni dei soggetti che venivano ad essere iscritti
all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i
superstiti dei lavoratori dipendenti, non certo ai dipendenti delle
imprese del settore elettrico che avevano mantenuto l’iscrizione
all’Inpdap. Parimenti il contributo straordinario di cui ai commi 2 e 3
del medesimo art. 41 legge n. 488/99 è testualmente ricollegato alla
soppressione degli anzidetti fondi e risulta pertanto privo di
consequenzialità voler desumere dalla norma di interpretazione
autentica del terzo comma (art. 68, comma 7, legge n. 388/00)
l’estensione alle posizioni dei dipendenti iscritti all’Inpdap della
riduzione contributiva di cui al primo comma.”( Cass. n.18455/2014
e, in termini, fra le altre, Cass. n. 14098 / 2014, 13721/ 2014).
Il nono motivo di ricorso che concerne il diritto alla riduzione delle
sanzioni in base al disposto dell’art. 116 comma 15 1 n. 388 del 2000.
è anch’esso infondato. Il rigetto della richiesta di riduzione delle
sanzioni è stata motivata dall’insussistenza dei relativi presupposti
rappresentati dalla preventiva richiesta della società e dall’integrale
pagamento della contribuzione controversa. Parte ricorrente non ha
contestato tali ultime circostanze di fatto ma si è limitata a ribadire che
Ric. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
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private e del Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici

la riduzione delle sanzioni era giustificata secondo quanto previsto
dalla previsione richiamata da oggettive incertezze connesse a
contrastanti orientamenti giurisprudenziali o a determinazioni
amministrative.
La statuizione del giudice di appello è corretta . Essa secondo quanto

nella lettera della legge, atteso che il citato comma 15, pone come
premessa per “la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8”, in
presenza delle suddette incertezze, “l’integrale pagamento dei
contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali”
circostanza questa pacificamente non verificatasi
In conclusione il ricorso è da respingere
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’Adunanza
camerale”.
Il Consigliere relatore, in riferimento al ricorso iscritto al n. RG 9628/
2013, avverso la medesima sentenza impugnata con il ricorso sopra

esaminato, ha depositato la seguente Relazione: “La A2A s.p.a ( già
AEM s.p.a.) proponeva opposizione avverso cartella esattoriale con la
quale le era intimato il pagamento all’INPS di somme a titolo di
contributi omessi e relative sanzioni.
Il Tribunale respingeva la opposizione . La Corte di appello di Milano,
in parziale riforma della decisione di primo grado dichiarava non
dovuta la contribuzione per maternità richiesta con la cartella opposta.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS, anche
quale procuratore speciale della S.C.C.I.. s.p.a., sulla base di un unico
motivo.
La società intimata ha resistito con controricorso con il quale ha
preliminarmente evidenziato di avere proposto autonomo ricorso per
cassazione avverso la medesima sentenza.
Rio. 2013 n. 09548 sez. ML – ud. 29-01-2015
-13-

già affermato da questa Corte ( Cass. n. 27513/ 2013) trova riscontro

Equitalia Nord s.p.a è rimasta intimata
Con l’unico motivo di ricorso l’INPS, deducendo violazione e falsa
applicazione degli artt. 78 e 79 d. lgs n. 151 del 2001 ha censurato la
decisione per avere ritenuto applicabile l’aliquota ridotta ai fini del
contributo di maternità in relazione alle dipendenti che avevano

l’INPDAP.
Il motivo è manifestamente infondato. Questa Corte in numerose
pronunzia ha chiarito che l’art. 78, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001,
n. 151, prevede, a decorrere dal 1.1.2002, la riduzione degli oneri
contributivi quale conseguenza della fiscalizzazione degli importi delle
indennità di maternità erogate per eventi successivi al 10 luglio 2001 e
per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza
alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta al
Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all’art. 3, comma 23, della
legge 8 agosto 1995, n. 335, con la conseguente applicabilità della
riduzione contributiva anche sulle retribuzioni dei lavoratori che siano
dipendenti da datori di lavoro privati e che, in forza di pregresse
disposizioni legislative, abbiano optato per il mantenimento della
posizione assicurativa presso l’INPDAP. ( v., tra le altre, Cass. n.
9593/2014, 7834/2014, 18455 /2014, 14098/2014 8211/2014)
E’ stato in particolare precisato che l’art. 78 dl.vo n. 151 del 2001, (in
cui è stato trasfuso l’art. 49, commi 1, 4 e 11, legge n. 488/99),
introduce la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza
(“Conseguentemente”) della prevista messa a carico del bilancio statale (nei

limiti indicati) degli importi delle prestazioni relative ai parti, alle
adozioni e agli affidamenti intervenuti successivamente al luglio 2001 e
per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza far
quindi alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta
Ric. 2013 n. 09548 sez. ML
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ud. 29-01-2015

optato per il mantenimento del rapporto previdenziale presso

al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all’art. 3, comma 23,
legge n. 335/95.; non può quindi condividersi l’assunto dell’INPS a e
secondo cui la suddetta disposizione costituirebbe la disciplina di
riferimento. Sotto il profilo testuale, inoltre, l’art. 79 dl.vo n. 151/01
stabilisce espressamente che il contributo “in attuazione della riduzione

di tutti i lavoratori dipendenti”; l’ineq-uivoca dizione legislativa “tutti i
lavoratori dipendenti” impedisce pertanto di accogliere l’opzione
ermeneutica secondo cui la riduzione in parola non dovrebbe
applicarsi per i lavoratori (dipendenti da datori di lavoro privati) che,
per effetto di pregresse disposizioni legislative, abbiano optato per il
mantenimento della propria posizione assicurativa presso l’Inpdap”. (
Cass. n. 18455/2014)
Non avendo l’istituto ricorrente offerto elementi per una rirneditazione
dell’orientamento richiamato, il ricorso non appare meritevole di
accoglimento
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’adunanza in
camera di consiglio.”.
La società ha depositato memoria ai sensi dell’att. 380 ter cod. proc.
civ. .
Preliminarmente deve essere disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc.
civ., la riunione dei ricorsi di A2A s.p.a e dell’INPS in quanto
entrambi avverso la medesima decisione.
Nel merito ritiene il Collegio di condividere le conclusioni del Relatore
in quanto coerenti con la consolidata giurisprudenza in materia e rileva
che la memoria depositata dalla società non offre argomenti utili a
sollecitare un ripensamento degli indirizzi giurisprudenziali alla base
della proposta del Relatore.

Ric. 2013 n. 09548 sez. MI ud. 29-01-2015
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degli oneri di cui all’art. 78″ è “dovuto dai datori di lavoro (..) sulle retribuzioni

Tale memoria si incentra sui seguenti rilievi : in merito all’obbligo
contributivo per CIGO, CIGS e mobilità, non sussiste un
orientamento consolidato in ordine alla rilevanza del “quantum” di
partecipazione pubblica al fine dell’esonero contributivo ai sensi
dell’art. 3 comma 1 d. lgs n. 869 del 1947; b) è errata da un punto di

Relazione secondo cui assumerebbe “rilevanza determinante, in ordine
all’obbligo contributivo, il passaggio dal personale addetto alla gestione
del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico” . Ciò in
quanto è pacifico e non è mai stato contestato che da sempre (
quanto meno dal 1925) i dipendenti di aziende municipplizzate
ponevano in essere rapporti di natura privatistica per cui, sotto il
profilo del regime dei rapporti di lavoro del personale alle dipendenze
di queste aziende nulla è mutato tra il periodo precedente e quello
successivo alla cd. privatizzazione della società; c) le peculiarità di
carattere normativo delle società partecipate, segnalate nelle memorie
finali relative ad alcuni dei contenziosi richiamati nella Relazione,
hanno incontestabilmente ricadute dirette sui rapporti di lavoro e non
possono ritenersi non pertinenti al tema del regime contributivo di
queste società. Di tali norme , che si sono in particolare implementate
enormemente negli ultimi anni (2012/2014), si è prodotto un elenco
in tutte le memorie finali dei giudizi in cui sono parte società del
Gruppo A2A e l’elenco di dette norme non è stato preso in
considerazione da alcuna delle decisioni richiamate nella Relazione. ;
d) non è vero che, come affermato nella Relazione, non sono stati
offerti da parte ricorrente argomenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli
esaminati e disattendersi dal giudice di legittimità , in quanto “quelli
evidenziati” si possono definire argomenti diversi ed ulteriori rispetto
a quelli esaminati nelle pronunce richiamate ; e) ulteriore elemento non
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vista storico, oltre che giuridico, la affermazione contenuta nella

oggetto di valutazione si rintraccia anche in alcuni passaggi del
“programma di razionalizzazione delle partecipate locali” datato
7.8.2014 del Commissario Straordinario per la revisione della spesa ; f)
le sentenze richiamate nella Relazione, di fatto non hanno mai
esaminata la questione, dedotta in via, subordinata, relativa al diritto

2005, per violazione da parte dell’INPS delle norme di legge sui nuovi
inquadramenti previdenziali delle aziende come da indicazioni del
parere reso dal Consiglio di Stato nel 2006. In ordine ai contributi per
assegni familiari si segnala il contrasto tra l’orientamento richiamato
nella Relazione e la pronunzia n. 10119/2014, nonché il rilievo
dell’argomento cd. cronologico , mai considerato ed esaminato nelle
pronunce di cui dà atto la Relazione che si fondano, invece su una
pretesa valenza estensiva delle prescrizioni del dm 21.2.1996 . Il
richiamo al detto decreto ministeriale non è dirimente in quanto esso
non può disporre anche per il futuro ma può riferirsi al solo
incremento per la contribuzione cd. maggiore già intervenuto a quella
data (IVS ) laddove è pacifico che quanto ad 1NPDAP ( e agli altri
regimi) l’incremento è stato introdotto in epoca successiva
all’emanazione del decreto ministeriale richiamato; h) riguardo alla
contribuzione per disoccupazione la tesi della Relazione si pone in
contrasto con Cass. n. 10119/2014 e con il consolidato orientamento
della S.C. (Cass. n. 1492/1982) secondo il qiiale la esistenza della
stabilità di impiego si può desumere anche da norme di fonte
collettiva; vi è inoltre contraddizione tra l’assunto della Relazione che
esclude ogni rilievo alla fonte collettiva e altra affermazione in cui si
conferma, sia pure indirettamente, l’assoluto rilievo delle norme
contenute nella contrattazione collettiva al fine di stabilire o meno la

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all’esonero dall’obbligo contributivo per il periodo anteriore all’anno

esistenza di un regime di stabilità idoneo a giustificare la esenzione
dalla contribuzione DS senza bisogno di apposita domanda.
In merito al punto a), il Collegio rileva la assoluta genericità del
riferimento alla contraddittorietà intrinseca dell’orientamento
richiamato dal Relatore; la deduzione non è corredata infatti da alcuna

relativi passaggi motivazionali rivelatori, in tesi, della denunziata
contraddittorietà, attinente al rilievo o meno da attribuire al quantum
di partecipazione pubblica al fine dell’esonero dalla contribuzione per
CIGS. CIGO e mobilità. In tale contesto, ricordato che dalle stesse
allegazioni della società ricorrente (v. pag. 4 e sgg. del ricorso ), si
evince che la A2A s.p.a è società a capitale misto, non può che
confermarsi l’orientamento assolutamente consolidato del giudice di
legittimità che, valorizzando l’adozione dello strumento societario per
la gestione del servizio pubblico, ritiene, in difetto di norma
derogatoria ed in una prospettiva di tutela del principio comunitario di
libera concorrenza, l’assoggettamento a contribuzione di detto
soggetto avente natura essenzialmente privata. In merito al punto b)
della memoria si segnala che l’errore ascritto alla Relazione, di avere
ritenuto dirimente ai fini dell’obbligo contributivo la “trasformazione”
in senso privatistico del rapporto di lavoro alle dipendenze della
società partecipata esercente un pubblico servizio, è frutto della non
esatta interpretazione del significato dell’espressione utilizzata nella
Relazione che, nel riconoscere di ” rilevanza determinante, … il
passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime
pubblicistico a quello privatistico”, ha solo inteso ribadire che proprio
il passaggio della gestione dei servizi pubblici locali da soggetti pubblici
(quali le aziende municipalizzate) a soggetti privati, anche se

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indicazione degli estremi delle singole pronunce e, tanto meno, dei

partecipati, comporta il venir meno delle condizioni a cui il legislatore
ha connesso l’esonero dal pagamento della contribuzione in questione.
Con l’affermazione sopra riprodotta non si è, pertanto, in alcun
modo inteso connettere la disciplina del regime contributivo ad una
pretesa “trasformazione” da pubblicistico in privatistico del rapporto

del servizio da un soggetto pubblico ( azienda municipalizzata ) ad un
soggetto privato ( società partecipata).
I rilievi formulati al punto c) si limitano a evocare, in termini anch’essi
generici e riassuntivi, peculiarità della disciplina delle società
partecipate, per inferirne, in maniera peraltro non argomentata, che tali
peculiarità dovrebbero necessariamente riverberarsi sul relativo regime
contributivo. In questo contesto priva di concreto significato è
l’ulteriore deduzione difensiva ( punto sub d) ) con la quale si
contrasta l’affermazione del Relatore in ordine al fatto che il ricorso
riproponeva deduzioni già scrutinate e disattese dai richiamati
precedenti di legittimità. Tale affermazione non può che correlarsi a
quanto risultante dal testo delle decisioni di legittimità richiamate nella
Relazione e non può, come ovvio, estendersi a deduzioni difensive
che, secondo quanto allegato dalla ricorrente medesima, non risultano
in alcun modo prese in considerazione nelle dette pronunzie e, quindi,
in alcun modo conoscibili. La deduzione svolta sub e) è priva di
pregio essendo del tutto evidente che la materia de qua non potrebbe
essere incisa da alcuni passaggi del Programma di razionalizzazione
delle partecipate locali del Commissario Straordinario per la revisione
della spesa, che non si colloca tra le fonti di diritto alle quali è affidata
la regolamentazione dell’obbligo contributivo.
Infine, in ordine al punto f) deve riaffermarsi il difetto di
autosufficienza del motivo con il quale si deduce l’omesso esame del
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di lavoro dei dipendenti in conseguenza del passaggio della gestione

Parere reso dal Consiglio di Stato in data 8.1 e comunque la non
vincolatività dello stesso, rilievo quest’ultimo che consente di escludere
la decisività dell’omessa considerazione da parte del giudice di appello
di detto Parere.
In merito alle deduzioni svolte nella memoria in esame e attinenti

che avevano optato per il mantenimento dell’iscrizione all’INPDAP,
ritiene il Collegio in primo luogo di ribadire che l’orientamento
assolutamente consolidato di questa Corte è nel senso che ai contributi
per assegni familiari, in relazione ai dipendenti che avevano optato per
il mantenimento dell’iscrizione presso l’INPDAP, non si applica la
aliquota ridotta pretesa dalla società. Invero alla sentenza n.
10119/2014 richiamata in memoria dalla società, a sostegno
dell’assunto dell’assenza di un orientamento consolidato sulla
questione, hanno fatto seguito le pronunce n. 13720/2014,
13721/2014 e 14098/2014, conformi all’indirizzo tradizionale alla
base della proposta del Relatore. Quanto alla sentenza n. 10119/2014,
che ha respinto il motivo di ricorso con il quale l’INPS aveva
censurato la statuizione del giudice di appello che aveva ritenuto
dovuti in misura ridotta i contributi per assegni familiari in relazione
alla retribuzioni corrisposte ai dipendenti che avevano optato per il
mantenimento della iscrizione presso l’INPDAP, la motivazione della
decisione in oggetto non sembra inficiare le argomentazioni espresse
nella pronunzie di segno opposto richiamate nella Relazione.
In primo luogo è da sottolineare che, per come si desume dalla
ricostruzione, nella decisione ora richiamata, il motivo di ricorso
dell’INPS era incentrato sul fatto che l’esclusione dalla riduzione sulla
contribuzione minore (versata alla “Gestione prestazioni temporanee
per i lavoratori dipendenti” istituito presso l’INPS) sulle retribuzioni
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all’obbligo contributivo per gli assegni familiari relativo ai dipendenti

corrisposte ai lavoratori che avevano optato per il mantenimento
dell’iscrizione presso l’INPDAP, era giustificata dal fatto che la
contribuzione cd. maggiore dovuta a quest’ultimo ente non aveva
subito il medesimo incremento percentuale stabilito dall’art. 3 comma
23 L. n. 335 del 1994 per la contribuzione versata al FPLD,

aveva stabilito una riduzione della contribuzione per prestazioni
temporanee. L’INPS aveva inoltre evidenziato che, comunque, la 1. n.
662 del 1996, art. 1 comma 238, nel prevedere un aumento della
contribuzione maggiore da versare all’INPDAP non aveva previsto
una correlativa riduzione delle aliquote per la contribuzione minore.
La decisione n. 10119/2014 si sofferma sulla prima censura laddove,
nel rilevare che l’incremento percentuale del carico contributivo da
versare all’INPDAP, quale risultante, ai sensi dei commi 238 e 239
dell’art. 11. n. 662 del 1996, dalla somma della contribuzione a carico
del datore di lavoro ed a carico del lavoratore, era pari al 32% e quindi
identico a quella (da corrispondersi al FPLD) in relazione alla quale
l’art. 3 comma 23 1. n. 335 del 1995 aveva stabilito la correlativa
diminuzione della contribuzioni cd. minore ritiene, in tale ottica,
giustificata la riduzione della contribuzione per assegni familiari da
versarsi alla Gestione prestazioni temporanee istituita presso l’INPS.
La decisione n. 10119/2014 non investe tuttavia il nodo della
questione che viene in rilievo nel presente giudizio, rappresentato dalla
assenza di specifica previsione normativa di riduzione della
contribuzione cd. minore, per i dipendenti iscritti all’INPDAP. Tale
previsione non è ravvisabile né nell’art. 23 comma 3 1. n. 335 del 1995
che pone in relazione la riduzione della contribuzione cd. minore
all’aumento della contribuzione per il FPLD gestito dall’INPS , né nei
comrni 238 e 239 art. 11. n. 662 del 1996 che nello stabilire un analogo
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incremento percentuale in relazione al quale il medesimo comma 23

incremento retributivo della contribuzione dovuta all’INPDAP, non
prevedono la corrispondente riduzione della contribuzione minore
versata alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti
istituita presso l’INPS. La questione è stata invece espressamente
affrontata – e risolta in senso negativo per la società – dalle pronunzie

affermato che la previsione di incremento (della contribuzione
maggiore) e della correlativa riduzione ( della contribuzione minore) di
cui all’art. 23 comma concerneva esclusivamente la ipotesi di lavoratori
iscritti al FPLD gestito dall’INPS, e che tale opzione era legittima in
quanto “l’obiettivo di armonizzazione degli ordinamenti pensionistici
nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi, fatto proprio alla
riforma previdenziale di cui alla legge n. 335/95, non implica che sia
sottratta alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione della
disciplina contributiva in relazione alle peculiari necessità dei diversi
enti previdenziali…”.
Con riferimento alla deduzione formulata nella memoria depositata
dalla società, deduzione attinente alla corretta individuazione
dell’ambito temporale del DM 1.2.1996 emanato in attuazione dell’art.
3 comma 23, si rileva che, a prescindere dalla novità della
argomentazione, la stessa risulta non dirimente atteso il difetto di
specifica previsione normativa di riduzione delle aliquote relative alla
contribuzione minore in presenza di incremento di quella maggiore
versata all’INPDAP per i lavoratori che avevano optato per il
mantenimento della propria posizione assicurativa presso tale gestione.
Analogamente non persuasive nel senso preteso dalla società sono le
argomentazioni di questa circa il diretto rilievo della fonte collettiva in
merito all’accertamento della stabilità di impiego al fine dell’esonero
dalla contribuzione per disoccupazione involontaria.
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di legittimità richiamate nella Relazione, le quali hanno ripetutamente

PIP—.4o

E’ da premettere che le pronunce di legittimità successive alla sentenza
n. 10119/2014, evocata dalla società come a sé favorevole, hanno
confermato l’orientamento tradizionale alla base della proposta del
Relatore (Cass. n.13720/2014, n.13721/2014, n.25648/2014), per cui
sotto questo profilo, non si ravvisano i presupposti per una rimessione
della questione alle Sezioni Unite.
Quanto alla sentenza n. 10119/2014 si rileva che la conferma del
diritto all’esonero dalla contribuzione per disoccupazione è
conseguenza del rigetto del motivo di ricorso con il quale l’INPS aveva
denunziato il vizio di motivazione a riguardo della decisione di appello.
E’ quindi alla luce dello specifico vizio denunziato che deve essere
interpretata la decisione di rigetto del ricorso dell’INPS nella quale
non viene affrontata specificamente la questione delle modalità di
accertamento della “stabilità di impiego” e della rilevanza diretta o
indiretta delle fonti collettive.
Infine, i dedotti profili di incostituzionalità della disciplina differenziata
relativa alla misura del contributo per assegni familiari dovuto in
relazione ai lavoratori che avevano optato per il mantenimento
dell’iscrizione presso l’INPDAP, sono stati espressamente presi in
considerazione dal Relatore laddove ha richiamato le precedenti
pronunce di questa Corte che hanno ritenuto manifestamente
infondate le censure di incostituzionalità proprio in relazione agli artt.
3 e 41 Cost. ed evidenziato che il loro eventuale accoglimento avrebbe,
semmai, condotto alla soppressione della disposta riduzione, non
certo ad una sua estensione nel senso propugnato dalla società
ricorrente.
Occorre infatti ricordare che il giudice costituzionale ha ripetutamente
affermato il principio della incomparabilità dei sistemi previdenziali,
che deriva dalla loro complessità inerente alla varietà delle prestazioni e
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ord. n. 325 del 1993), chiarendo che la realizzazione definitiva della
tendenziale attuazione dell’omogeneizzazione dei regimi previdenziali è
affidata alla discrezionalità del legislatore trattandosi di scelte di politica
sociale ed economica (Corte cost. n. 173 del 1986 ) e che tale
discrezionalità concerne anche la conformazione dell’obbligo

Alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale il Collegio non
può che confermare la valutazione di manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale dedotte dalla società.
In conclusione, in base alle considerazioni che precedono, tutti i ricorsi
devono essere respinti. Le spese del giudizio di legittimità sono
compensate per un quarto tenuto conto della misura della
soccombenza dell’ente previdenziale . Il residuo è posto a carico delle
società e liquidato come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa per un
quarto le spese del giudizio di legittimità e condanna A2A s.p.a. a
pagare i residui tre quarti. Liquida le spese nell’intero ammontare in €
12000,00 per compensi professionali, oltre C 100,00 per esborsi, oltre
spese forfettizzate nella misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del
ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.

Roma, 29 gennaio 2015

contributivo ( Corte cost. n. 48 del 2010, ord. n. 896 del 1988).

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