Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10315 del 20/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10315 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 4193-2013 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE in persona del Direttore Centrale Entrate in proprio e quale
procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps
(SCCI) SpA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARLA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DEI L’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO,
EMANUELE DE ROSE, giusta procura in calce à ricorso;
– ricorrente contro
A2A SPA in persona del Direttore Affari Legali, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 112, presso lo studio
dell’avvocato SERGIO MAGRINI, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati ANDREA DF.T.L’OMARINO, LORENZO

6s.2,

Data pubblicazione: 20/05/2015

CANTONE, CLAUDIO DAMOLI, GILDA PISA, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– contraticorrente sul ricorso 4356-2013 proposto da:

domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 112, presso lo studio
dell’avvocato SERGIO MAGRINI, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati ANDREA DELL’OMARINO, LORENZO
CANTONE, CLAUDIO DAMOLI, GILDA PISA, giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE in persona del legale rappresentante in proprio e quale
procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps
(SCCI) SpA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA
D’ALOISIO, ANTONINO SGROI,

LF.T JO MARITATO,

EMANUELE DE ROSE, giusta procura in calce al controricorso;
– conttoricorrente nonché contro
EQUITALIA NORD SPA;
– intimata avverso la sentenza n. 875/2012 della CORTE D’APPELLO di
MILANO del 16.5.2012, depositata il 06/08/2012;

Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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A2A SPA in persona del Direttore Affari Legali, elettivamente

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/01/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
per il ricorso R.G. 4193/2013 per il ricorrente udito l’Avvocato Carla
D’Aloisio che si riporta ai motivi del ricorso e per la controricorrente

scritti;
per il ricorso R.G. 4356/2013 per la ricorrente uditi gli Avvocati Gilda
Pisa e Claudio Damoli che si riportano ai motivi del ricorso e per il
controricorrente udito l’Avvocato Carla D’Aloisio che si riporta agli
scritti.
Fatto e diritto

Il Consigliere relatore ha depositato la seguente relazione ai sensi
dell’art. 380 bis cod. proc. civ. e 375 cod. proc. civ. sul ricorso iscritto
al n. RG 4193 /2013 proposto da INPS: “La A2A s.p.a. proponeva
opposizione avverso cartella esattoriale con la quale le era stato
ingiunto il pagamento in favore dell’INPS di somme a titolo di
contributi omessi e relative sanzioni aggiuntive.
Il Tribunale respingeva la domanda. La Corte di appello di Milano, in
parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarava non dovuti i
contributi per maternità e relative sanzioni.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS, anche
quale procuratore speciale della S.C.C.I.A. s.p.a., sulla base di un unico
motivo.
A2A s.p.a

ha resistito con controricorso con il quale ha

preliminarmente evidenziato di avere proposto autonomo ricorso per
cassazione avverso la medesima sentenza.

Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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uditi gli Avvocati Claudio Damoli e Gilda Pisa che si riportano agli

Equitalia Nord s.p.a ( già Equitalia Esatti s.p.a ) è rimasta intimata.
Con l’unico motivo di ricorso l’INPS, deducendo violazione e falsa
applicazione degli artt. 78 e 79 d. lgs n. 151 del 2001 ha censurato la
decisione per avere ritenuto applicabile l’aliquota ridotta ai fini del
contributo di maternità in relazione alle dipendenti che avevano

l’INPDAP.
Il motivo è manifestamente infondato. Questa Corte in numerose
pronunzia ha , infatti chiarito che l’art. 78, comma 1, del d.lgs. 26
marzo 2001, n. 151, prevede, a decorrere dal 11.2002, la riduzione
degli oneri contributivi quale conseguenza della fiscalizzazione degli
importi delle indennità di maternità erogate per eventi successivi al 10
luglio 2001 e per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale
obbligatoria, senza alcun riferimento all’aumento dell’aliquota
contributiva dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui
all’art. 3, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con la
conseguente applicabilità della riduzione contributiva anche sulle
retribuzioni dei lavoratori che siano dipendenti da datori di lavoro
privati e che, in forza di preg-resse disposizioni legislative, abbiano
optato per il mantenimento della posizione assicurativa presso
l’INPDAP. ( v., tra le altre, Cass. n. 9593/2014, 7834/2014, 18455
/2014,14098/2014 8211/2014)
E’ stato in particolare precisato che l’art. 78 dl.vo n. 151 del 2001, (in
cui è stato trasfuso l’art. 49, commi 1, 4 e 11, legge n. 488/99),
introduce la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza
(“Conseguentemente”) della prevista messa a carico del bilancio statale (nei
limiti indicati) degli importi delle prestazioni relative ai parti,

alle

adozioni e agli affidamenti intervenuti successivamente al luglio 2001 e
per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza far
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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optato per il mantenimento del rapporto previdenziale presso

quindi alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta
al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all’art. 3, comma 23,
legge n. 335/95.; non può quindi condividersi l’assunto dell’INPS a e
secondo cui la suddetta disposizione costituirebbe la disciplina di
riferimento. Sotto il profilo testuale, inoltre, l’art. 79 dl.vo n. 151/01

degli oneri di cui all’art. 78″ è “dovuto dai datori di lavoro (..) sulle retribuzioni
di tutti i lavoratori dipendenti”; l’inequivoca dizione legislativa “tutti i
lavoratori dipendenti” impedisce pertanto di accogliere l’opzione
ermeneutica secondo cui la riduzione in parola non dovrebbe
applicarsi per i lavoratori (dipendenti da datori di lavoro privati) che,
per effetto di pregresse disposizioni legislative, abbiano optato per il
mantenimento della propria posizione assicurativa presso l’Inpdap”. (
Cass. n. 18455/2014)
Non avendo l’istituto ricorrente offerto elementi per

una

rimeditazione dell’orientamento richiamato, il ricorso non appare
meritevole di accoglimento
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’adunanza in
camera di consiglio”
Il Consigliere relatore ha depositato la seguente relazione sul ricorso
iscritto al n. RG 4356 /2013 proposto da A2A s.p.a. : “La A2A s.p.a.
proponeva opposizione avverso cartella esattoriale con la quale le era
stato ingiunto il pagamento in favore dell’INPS di somme a titolo di
contributi omessi e relative sanzioni aggiuntive.
Il Tribunale respingeva la domanda. La Corte di appello di Milano, in
parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarava non dovuti i
contributi per maternità e relative sanzioni.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso A2A s.p.a , sulla

base di otto motivi.
Ric. 2013 n. 04193 sez. MI – ud. 29-01-2015
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stabilisce espressamente che il contributo “in attuazione della riduzione

L’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I.A. s.p.a., ha
resistito con tempestivo controricorso preliminarmente
rappresentando di avere, a sua volta, proposto autonomo ricorso
avverso la medesima decisione in relazione al capo in cui era rimasta
soccombente.

Con il primo motivo di ricorso attinente ai contributi per CIGS, CIGO
e mobilità la società ricorrente, denunciando violazione di plurime
norme di diritto, deduce che alla luce della disciplina comunitaria e
della disciplina nazionale, il riferimento alle imprese industriali degli
enti pubblici, anche se municipalizzate e dello Stato, contenute nell’ari
3 comma 1. d.lgs cps n. 1869 del 1947, non può essere inteso, ai fini
della contribuzione in oggetto, come relativo solo alle società esercenti
servizi pubblici a capitale totalmente pubblico e non anche a quelle a
capitale maggioritario pubblico a influenza dominante pubblica; in
particolare, nell’articolata deduzione richiama la nozione di influenza
dominante quale tratto distintivo della impresa pubblica, secondo
quanto previsto nei rispettivi ambiti dalle Direttive n. 50 del 1992, n.
38 del 1993 e n. 52 del 20004 deduce altresì che la unicità della
nozione di impresa non esclude la esistenza di diversità tra impresa
pubblica ed impresa privata come si evince dall’art. 2093 ultimo
comma cod. civ.; non sarebbe dunque condivisibile l’affermazione che
la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua
natura di soggetto di diritto privato solo perché lo Stato e gli enti
pubblici ne posseggano le azioni in tutto o in parte, non assumendo
rilievo alcuno per le vicende della medesima la persona dell’azionista,
dato che tale società, quale persona giuridica privata, opera
nell’esercizio della sua autonomia negoziale, senza alcun collegamento
con l’ente pubblico; ad avviso della ricorrente, ciò che rileva non è il
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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Equitalia Nord s.p.a ( già Equitalia Esatti s.p.a ) è rimasta intimata.

dato formale della personalità giuridica privata e/o l’esercizio o meno
di poteri autoritativi, al fine di determinare una significativa alterazione
del modello societario tipico ma il dato sostanziale dell’unitarietà
economica e funzionale con il soggetto pubblico proprietario di
semplice maggioranza, ciò sarebbe sufficiente a determinare

giustizia nella sentenza 6 dicembre 2007 ( cause C-463 /04 e C- 464
/04) .
Con il secondo morivo, denunciando violazione di norme di diritto e
vizio di motivazione, si duole che la Corte territoriale non le abbia
riconosciuto la natura di impresa esercente di pubblici servizi,
svolgendo essa ricorrente un’attività collaterale e strettamente
strumentale rispetto a quella generale di pubblico servizio.

Con il terzo motivo di ricorso, denunziando vizio di motivazione e
violazione di norme di diritto, si duole che la Corte territoriale non
abbia tenuto conto della circostanza che la sussistenza del requisito
della “stabilità d’impiego”, indispensabile ai fini dell’esonero dai
contributi per disoccupazione involontaria, era stata riconosciuto dal
Ministero del Lavoro, con lettera del 10.7.1956, in favore della AEM,
azienda municipalizzata poi trasformata in società per azioni (la AEIVI
spa), dalla quale era derivata, per effetto di successivo scorporo essa
ricorrente; ricorrente; deduce quindi che, così come riconosciuto in
relazione alle società derivate dall’Enel, essa ricorrente doveva ritenersi
subentrata, in quanto società derivata, nell’esonero contributivo a suo
tempo accordato all’AEM.

Con il quarto motivo, denunciando violazione di plurime norme di
legge e di CCNL, nonché vizio di motivazione deduce che,
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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un’alterazione del modello societario come evidenziato dalla Corte di

contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, dalla
disamina della disciplina collettiva (art. 51 e art. 21 (CCNL 17.11.1995
gas acqua e arttt. 46 e 17 CCNL 9.7.1996 per i dipendenti di imprese
elettriche), avrebbe dovuto riconoscersi la sussistenza di una stabilità
d’impiego rafforzata, ai fini dell’esonero del contributo per la

Con il quinto motivo, denunciando violazione di plurime norme di
diritto, deduce che, ai sensi dell’art.. 3, comma 23, legge n. 335/85 e del
dm 21.2.1996, attraverso un’interpretazione costituzionalmente
orientata, avrebbe dovuto riconoscersi che la riduzione delle aliquote
CUAF spettava, a decorrere dal 10 gennaio 1996, anche per quei
lavoratori delle aziende municipalizzate privatizzate del settore
elettrico, che, ai sensi dell’art.5, comma 1, lett. a) e b), legge n. 274/91,
avevano optato per mantenere l’iscrizione all’ INPDAP dovendosi
altrimenti ritenere il contrasto della normativa di riferimento con gli
arti. 81 e ss del Trattato CE e con gli artt. 3 e 41 della Costituzione,
con conseguente disapplicazione del ridetto dm 21.2.1996.
Con il sesto motivo, svolto in via subordinata al precedente, la società
ricorrente, denunciando violazione di plurime norme di diritto, deduce
che ai sensi dell’art. 41 legge n. 88/99, come interpretato
autenticamente dall’art. 68 legge n. 88/2000, attraverso
un’interpretazione costituzionalmente orientata, avrebbe dovuto
riconoscersi che la riduzione delle aliquote CUAF spettava a decorrere
dal 1° gennaio 2000 anche per quei lavoratoti delle aziende
municipalizzate privatizzate del settore elettrico, che, ai sensi dell’art. 5,
comma 1, lett. a) e b), legge n. 274/91, avevano optato per mantenere
l’iscrizione all’INPDAP , dovendosi altrimenti ritenere il contrasto con
le sopra indicate norme comunitarie e costituzionali.

Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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disoccupazione involontaria.

Con il settimo motivo, denunziando omessa motivazione e violazione
di norme di diritto, censura la decisione per avere escluso la sussistenza
delle condizioni giustificative della riduzione delle sanzioni in misura
ridotta ai sensi dell’art.. 116, comma 15 lett a) l n. 388 del 2000.
Con l’ottavo motivo reitera le censure di incostituzionalità e di

, in relazione all’art. 1, comma 238, legge n. 662/96 .

Il primo ed il secondo motivo che, in quanto connessi, sono esaminati
congiuntamente sono manifestamente infondati . Secondo il
consolidato orientamento di questa Corte ( v., tra le altre, Cass. n.
14847/ 2009, n. 5816/ 2010, n. 19087, n. 20818, n. 20819, n. 22318,
n. 27513/ 2013, n. 14089 e n. 13721/2014) in tema di contribuzione
previdenziale, le società a capitale misto, ed in particolare le società per
azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di
attività industriali sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali
previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo
trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli
enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata,
finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di
concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo
esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando
irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella
propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur
maggioritaria, ma non totalit2ri2 – da parte dell’ente pubblico. E’ stato
in particolare precisato che la forma societaria di diritto privato è per
l’ente locale la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge
e prescelta dall’ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico, in
cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML
-9-

ud. 29-01-2015

contrarietà alla normativa comunitaria già formulate nei gradi di merito

dall’accettazione delle regole del diritto privato e che la finalità
perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di
strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è
specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza,
assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il

pubblicistico a quello privatistico.( Cass. n. 20818/1 2013 , Cass. 27513
/ 2013) .
Il terzo ed il quarto motivo che investono l’obbligo contributivo
relativo alla disoccupazione involontaria sono anch’essi
manifestamente infondati.
Le questioni proposte con i motivi in esame risultano infatti essere
state esaminate e disattese da plurime pronunce di questo giudice di
legittimità. In particolare questa Corte, richiamata la normativa di
riferimento, all’epoca costituita dall’art 40 RDL n. 1827 del 1935 e
dall’art. 36 dpr n. 818 del 1957 ha affermato che dalla coordinata
lettura di tali norme si evince che:
– anche in relazione al personale dipendente delle aziende esercenti
pubblici servizi
l’esenzione dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione
volontaria opera soltanto ove ai medesimi sia garantita la stabilità
d’impiego;
– anche in relazione ai personale dipendente delle aziende esercenti
pubblici servizi detta stabilità d’impiego, ove non risultante da norme
regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico, deve essere
accertata dal Ministero competente su domanda del datore di
lavoro,con decorrenza dalla data di tale domanda.
In difetto di disposizioni di legge o regolamentari specificamente
riguardanti la tipologia d’impresa cui appartiene la ricorrente principale,
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime

r
diviene quindi sostanzialmente irrilevante, ai fini de quibus, accertare se
alla stessa debba o meno essere riconosciuta la qualifica di azienda
esercente un pubblico servizio, posto che, anche in ipotesi affermativa,
da ciò non potrebbe farsene derivare, de plano, l’invocata esenzione
contributiva; donde l’inammissibilità, per carenza di interesse, del

Del pari, non essendo ricomprese le clausole pattizie di cui alla
contrattazione collettiva di diritto comune fra le “norme regolanti lo
stato giuridico e il trattamento economico”,l’eventuale stabilità
d’impiego garantita da detta contrattazione collettiva non potrebbe di
per sé condurre all’esenzione contributiva. in difetto di domanda di
accertamento al riguardo da parte del datore di lavoro e di conseguente
riconoscimento di detta stabilità da parte dell’Autorità amministrativa
competente.(ex plurirnis, Cass. n.18455/2014, n.
28022/2013924524/2013; 20818/2013).
Nel caso di specie la ricorrente e non deduce di avere inoltrato la
domanda, né tanto meno, che sia stata riconosciuta nei suoi confronti
la stabilità d’impiego dei dipendenti. Sostiene invece, di essere
“subentrata”, in quanto società derivata, nell’esonero contributivo a suo
tempo accordato all’azienda municipalizzata AEM. L’assunto non può
essere condiviso, sia perché l’azienda municipalizzata AEM, oggi non
più esistente, era un soggetto giuridico diverso dalla società per azioni
in cui venne trasformata e,a fortiori, dalle altre società che da
quest’ultima sono state scorporate; sia perché, essendo stata la
valutazione della sussistenza della stabilità d’impiego per i dipendenti
dell’azienda municipalizzata AEM necessariamente resa in relazione
alle disposizioni vigenti all’epoca (si parla del lontano 956), il
riconoscimento invocato non è parametrabile alla diversa disciplina
vigente all’epoca dei fatti per cui è causa, atteso che i contratti collettivi
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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primo motivo.

di lavoro che, secondo l’assunto della ricorrente principale, regolano il
rapporto d’impiego dei suoi dipendenti, sono stati conclusi a distanza
di molti anni (cfr., altresì, sul punto, exp/urimis, Cass. n.18455/2014, n.
28022/2013924524/2013; 20818/2013).
Del tutto inconferente, siccome riferentesi a diverse compagini sociali,

società del gruppo Enel. La mancanza del prescritto riconoscimento
amministrativo della stabilità d’impiego conduce di per sé ad escludere
la sussistenza dell’invocata esenzione, assorbendo le censure svolte
con il terzo e il quarto motivo
Non avendo parte ricorrente offerto argomenti diversi ed ulteriori a
quelli presi in considerazione e disattesi dal giudice di legittimità nelle
richiamate decisioni , la sentenza impugnata deve essere confermata
quanto all’esclusione del diritto l’esonero dalla contribuzione per
disoccupazione involontaria
Con il quinto, il sesto e l’ottavo motivo la decisione impugnata viene
censurata sotto una pluralità di profili, tutti attinenti all’applicazione
dell’aliquota ridotta ai contributi dovuti in relazione agli assegni
familiari per i dipendenti che avevano optato per il mantenimento
dell’iscrizione presso l’INPDAP.
Tali motivi sono manifestamente infondati.
Le questioni proposte con i detti motivi, anche sotto il profilo della
necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle
norme di riferimento sono state disattese dalla giurisprudenza di
questa Corte. la quale ha escluso che la disciplina di riferimento,
interpretata nel senso della non applicabilità dell’aliquota ridotta per i
dipendenti rimasti all’INPDAP, si ponesse in contrasto con le norme
costituzionali e comunitarie.

Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
-12-

risulta poi il riferimento al riconoscimento operato in relazione alle

E’ stato infatti precisato che ” l’obiettivo di armonizzazione degli
ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralità degli organismi
assicurativi, fatto proprio alla riforma previdenziale di cui alla legge n.
335/95, non implica che sia sottratta alla discrezionalità del legislatore
la regolamentazione della disciplina contributiva in relazione alle

ritenersi che le norme che implichino al riguardo una diversificazione
contributiva costituiscano violazione del principio di uguaglianza; tanto
meno potrebbe quindi legittimarsi una loro interpretazione che, nella
suddetta ottica, si discosti dal contenuto testuale delle disposizioni
scrutinate. La manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalità
sollevati sussiste anche con riferimento al parametro di cui all’art. 41
della Costituzione, la cui asserita violazione è del resto espressa in
termini generici, non potendo ravvisarsi nelle specifiche disposizioni
regolanti gli oneri contributivi a carico delle aziende in misura
diversificata a seconda dell’ente previdenziale di iscrizione dei
dipendenti una limitazione della libertà di iniziativa economica. Non
consta, né è stato dedotto, che la Commissione UE abbia ravvisato
nella riduzione contributiva di che trattasi un aiuto di stato
incompatibile; il che, dei resto, avrebbe semmai condotto alla
soppressione della disposta riduzione, non certo ad una sua estensione
nel senso propugnato dalla ricorrente principale. 5..2 Ciò premesso,
deve rilevarsi che l’art. 3, comma 23, legge n. 335/95, laddove prevede
che “Con effetto dal 1 0 gennaio 1996, l’aliquota contributiva di
finanziamento dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori
dipendenti è elevata al 32 per cento con contestuale riduzione delle
aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee a
carico della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n.
88, (…)” è assolutamente inequivoco nel ricollegare la “contestuale”
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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peculiari necessità dei diversi enti previdenziali, sicché non può

riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le
prestazioni temporanee all’elevazione dell’aliquota contributiva dovuta
a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, onde non vi è
spazio per poter ritenere che la prevista riduzione operi anche a favore
dei soggetti che non versano i contributi a tale Fondo; e il successivo

contributive dovute “all’assicurazione generale obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle
.forme di previdenza esclusive, sostitutive ed esonerative della
medesima”suona a conferma che la ricordata previsione di cui al
precedente comma deve ritenersi sancita con riferimento alle sole
contribuzioni relative al Fondo pensioni lavoratori dipendenti. 5.3
Anche per ciò che riguarda le disposizioni di cui all’art. 41 legge n.
488/99 deve riconoscersi che la riduzione delle percentuali
contributive introdotte dal quarto periodo del primo comma è
direttamente collegata alle previsioni di cui ai precedenti periodi dello
stesso comma (soppressione del Fondo di previdenza per i dipendenti
dell’Ente nazionale per l’energia elettrica e delle aziende elettriche
private e del Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici
servizi di telefonia; iscrizione all’assicurazione generale obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti dei
titolari di posizioni assicurative e dei titolari di trattamenti pensionistici
diretti e ai superstiti presso i detti fondi soppressi) e si applica quindi in
relazione alle posizioni dei soggetti che venivano ad essere iscritti
all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i
superstiti dei lavoratori dipendenti, non certo ai dipendenti delle
imprese del settore elettrico che avevano mantenuto l’iscrizione
all’Inpdap. Parimenti il contributo straordinario di cui ai commi 2 e 3
del medesimo art. 41 legge n. 488/99 è testualmente ricollegato alla
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML ud. 29-01-2015
-14-

comma 24, nel prevedere invece un aumento delle aliquote

soppressione degli anzidetti fondi e risulta pertanto privo di
consequenzialità voler desumere dalla norma di interpretazione
autentica del terzo comma (art. 68, comma 7, legge n. 388/00)
l’estensione alle posizioni dei dipendenti iscritti all’Inpdap della
riduzione contributiva di cui al primo comma.”( Cass. n.18455 del

del 2014).
Il settimo motivo di ricorso che concerne il diritto alla riduzione
delle sanzioni in base al disposto dell’art. 116 comma 15 lett. a) 1. n.
388 del 2000 è anch’esso infondato.
Si premette che il rigetto della richiesta di riduzione delle sanzioni è
stata dal giudice di appello motivata dall’insussistenza dei relativi
presupposti rappresentati dalla preventiva richiesta della società e
dall’integrale pagamento della contribuzione controversa. Parte
ricorrente non ha contestato tali ultime circostanze di fatto ma si è
limitata a ribadire che la riduzione delle sanzioni era giustificata,
secondo quanto previsto dalla norma evocata richiamata, da oggettive
incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o a
determinazioni amministrative in ordine alla sussistenza degli obblighi
contributivi in controversia.
La statuizione del giudice di appello è corretta . Essa secondo quanto
già affermato da questa Corte ( Cass. n. 27513/ 2013) trova riscontro
nella lettera della legge, atteso che il citato comma 15, pone come
premessa per “la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8”, in
presenza delle suddette incertezze, “l’integrale pagamento dei
contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali”
circostanza questa pacificamente non verificatasi
In conclusione il ricorso è da respingere

Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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2014 e, in termini, fra le altre, v. Cass. n. 14098 del 2014, e n. 13721

Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’Adunanza
camerale.”
La società ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 ter cod. proc.
civ. .
Preliminarmente deve essere disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc.

entrambi avverso la medesima decisione.
Nel merito ritiene il Collegio di condividere le conclusioni del Relatore
in quanto coerenti con la consolidata giurisprudenza in materia e rileva
che la memoria depositata dalla società non offre argomenti utili a
sollecitare un ripensamento degli indirizzi giurisprudenziali alla base
della proposta del Relatore.
Tale memoria si incentra sui seguenti rilievi : a) in merito all’obbligo
contributivo per CIGO, CIGS e mobilità, non sussiste un
orientamento consolidato in ordine alla rilevanza del “quantum” di
partecipazione pubblica al fine dell’esonero contributivo ai sensi
dell’art. 3 comma 1 d. lg-s n. 869 del 1947; b) è errata da un punto di
vista storico, oltre che giuridico, la affermazione contenuta nella
Relazione secondo cui assumerebbe “rilevanza determinante, in ordine
all’obbligo contributivo, il passaggio dal personale addetto alla gestione
del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico” . Ciò in
quanto è pacifico e non è mai stato contestato che da sempre (
quanto meno dal 1925) i dipendenti di aziende municipalizzate
ponevano in essere rapporti di natura privatistica per cui, sotto il
profilo del regime dei rapporti di lavoro del personale alle dipendenze
di queste aziende nulla è mutato tra il periodo precedente e quello
successivo all2 cd. privatizzazione della società; c) le peculiarità di
carattere normativo delle società partecipate, segnalate nelle memorie
finali relative ad alcuni dei contenziosi richiamati nella Relazione,
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
-16-

civ., la riunione dei ricorsi dell’INPS e di A2A s.p.a in quanto

hanno incontestabilmente ricadute dirette sui rapporti di lavoro e non
possono ritenersi non pertinenti al tema del regime contributivo di
queste società. Di tali norme , che si sono in particolare implementate
enormemente negli ultimi anni (2012/2014), si è prodotto un elenco
in tutte le memorie finali dei giudizi in cui sono parte società del

considerazione da alcuna delle decisioni richiamate nella Relazione
d) non è vero che, come affermato nella Relazione, non sono stati
offerti da parte ricorrente argomenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli
esaminati e disattendersi dal giudice di legittimità , in quanto “quelli
evidenziati” si possono definire argomenti diversi ed ulteriori rispetto
a quelli esaminati nelle pronunce richiamate ; e) ulteriore elemento non
oggetto di valutazione si rintraccia anche in alcuni passaggi del
“programma di razionalizzazione delle partecipate locali” datato
7.8.2014 del Commissario Straordinario per la revisione della spesa.
In ordine ai contributi per assegni familiari la memoria segnala il
contrasto tra l’orientamento richiamato nella Relazione e la pronunzia
n. 10119/2014, nonché il rilievo dell’argomento cd. cronologico , mai
considerato ed esaminato nelle pronunce di cui dà atto la Relazione
che si fondano, invece su una pretesa valenza estensiva delle
prescrizioni del dm 21.2.1996. In questa prospettiva deduce che il
riferimento al detto decreto ministeriale non sarebbe dirimente in
quanto esso non può disporre anche per il futuro ma può riferirsi al
solo incremento per la contribuzione cd. maggiore già intervenuto a
quella data (IVS ) laddove è pacifico che quanto ad INPDAP ( e agli
altri regimi) l’incremento è stato introdotto in epoca successiva
all’emanazione del decreto ministeriale richiamato. In merito al punto
a), il Collegio rileva la assoluta genericità del riferimento alla
contraddittorietà intrinseca dell’orientamento richiamato dal Relatore;
Ric. 2013 n. 04193 sez. MI – ud. 29-01-2015
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Gruppo A2A e l’elenco di dette norme non è stato preso in

la deduzione non è corredata infatti da alcuna indicazione degli estremi
delle singole pronunce e, tanto meno, dei relativi passaggi
motivazionali rivelatori, in tesi, della denunziata contraddittorietà,
attinente al rilievo o meno da attribuire al quantum di partecipazione
pubblica al fine dell’esonero dalla contribuzione per CIGS. CIGO e

società ricorrente (v. pagg. 5 e sgg. del ricorso ), si evince che la A2A
s.p.a è società a capitale misto, non può che confermarsi
l’orientamento assolutamente consolidato del giudice di legittimità che,
valorizzando l’adozione dello strumento societario per la gestione del
servizio pubblico, ritiene, in difetto di norma derogatoria ed in una
prospettiva di tutela del principio comunitario di libera concorrenza,
l’assoggettamento a contribuzione di detto soggetto avente natura
essenzialmente privata. In merito al punto b) della memoria si segnala
che l’errore ascritto alla Relazione, di avere ritenuto dirimente ai fini
dell’obbligo contributivo la “trasformazione” in senso privatistico del
rapporto di lavoro alle dipendenze della società partecipata esercente
un pubblico servizio, è frutto della non esatta interpretazione del
significato dell’espressione utilizzata nella Relazione che, nel
riconoscere di ” rilevanza determinante, … il passaggio del personale
addetto alla gestione del servizio dal regime pubblicistico a quello
privatistico”, ha solo inteso ribadire che proprio il passaggio della
gestione dei servizi pubblici locali da soggetti pubblici (quali le aziende
municipalizzate) a soggetti privati, anche se partecipati, comporta il
venir meno delle condizioni a cui il legislatore ha connesso l’esonero
dal pagamento della contribuzione in questione.
Con l’affermazione sopra riprodotta non si è, pertanto, in alcun
modo inteso connettere la disciplina del regime contributivo ad una
pretesa “trasformazione” da pubblicistico in privatistico del rapporto
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML – ud. 29-01-2015
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mobilità. In tale contesto, ricordato che dalle stesse allegazioni della

di lavoro dei dipendenti in conseguenza del passaggio della gestione
del servizio da un soggetto pubblico ( azienda municipalizzata ) ad un
soggetto privato ( società partecipata).
I rilievi formulati al punto c) si limitano a evocare, in termini anch’essi
generici e riassuntivi, peculiarità della disciplina delle società

peculiarità dovrebbero necessariamente riverberarsi sul relativo regime
contributivo. In questo contesto priva di concreto significato è
l’ulteriore deduzione difensiva ( punto sub d) ) con la quale si
contrasta l’affermazione del Relatore in ordine al fatto che il ricorso
riproponeva deduzioni già scrutinate e disattese dai richiamati
precedenti di legittimità. Tale affermazione non può che correlarsi a
quanto risultante dal testo delle decisioni di legittimità richiamate nella
Relazione e non può, come ovvio, estendersi a deduzioni difensive
che, secondo quanto allegato dalla ricorrente medesima, non risultano
in alcun modo prese in considerazione nelle dette pronunzie e, quindi,
in alcun modo conoscibili. La deduzione svolta sub e) è priva di
pregio essendo del tutto evidente che la materia de qua non potrebbe
essere incisa da alcuni passaggi del Programma di razionalizzazione
delle partecipate locali del Commissario Straordinario per la revisione
della spesa, che non si colloca tra le fonti di diritto alle quali è affidata
la regolamentazione dell’obbligo contributivo.
In merito alle deduzioni svolte nella memoria in esame e attinenti
all’obbligo contributivo per gli assegni familiari relativo ai dipendenti
che avevano optato per il mantenimento dell’iscrizione all’INPDAP,
ritiene il Collegio in primo luogo di ribadire che l’orientamento
assolutamente consolidato di questa Corte è nel senso che ai contributi
per assegni familiari, in relazione ai dipendenti che avevano optato per
il mantenimento dell’iscrizione presso l’INPDAP, non si applica la
Ric. 2013 n. 04193 sez. MI – ud. 29-01-2015
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partecipate, per inferirne, in maniera peraltro non argomentata, che tali

aliquota ridotta pretesa dalla società. Invero alla sentenza n.
10119/2014 richiamata in memoria dalla società, a sostegno
dell’assunto dell’assenza di un orientamento consolidato sulla
questione, hanno fatto seguito le pronunce n. 13720/2014,
13721/2014 e 14098/2014, conformi all’indirizzo tradizionale alla

che ha respinto il motivo di ricorso con il quale l’INPS aveva
censurato la statuizione del giudice di appello che aveva ritenuto
dovuti in misura ridotta i contributi per assegni familiari in relazione
alla retribuzioni corrisposte ai dipendenti che avevano optato per il
mantenimento della iscrizione presso l’INPDAP, la motivazione della
decisione in oggetto non sembra inficiare le argomentazioni espresse
nella pronunzie di segno opposto richiamate nella Relazione.
Per come si desume dalla ricostruzione, nella decisione ora richiamata,
il motivo di ricorso dell’INPS era incentrato sul fatto che l’esclusione
dalla riduzione sulla contribuzione minore (versata alla “Gestione
prestazioni temporanee per i lavoratori dipendenti” istituito presso
l’INPS) sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori che avevano optato
per il mantenimento dell’iscrizione presso l’INPDAP, era giustificata
dal fatto che la contribuzione ed. maggiore dovuta a quest’ultimo ente
non aveva subito il medesimo incremento percentuale stabilito
dall’art. 3 comma 23 L. n. 335 del 1994 per la contribuzione versata al
DPLD, incremento percentuale in relazione al quale il medesimo
comma 23 aveva stabilito una riduzione della contribuzione per
prestazioni temporanee. L’INPS aveva inoltre evidenziato che,
comunque, la 1. n. 662 del 1996, art. 1 comma 238, nel prevedere un
aumento della contribuzione maggiore da versare all’INPDAP non
aveva previsto una correlativa riduzione delle aliquote per la
contribuzione minore.
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML ud. 29-01-2015
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base della proposta del Relatore. Quanto alla sentenza n. 10119/2014,

La decisione n. 10119/2014 si sofferma sulla prima censura laddove,
nel rilevare che l’incremento percentuale del carico contributivo da
versare all’INPDAP, quale risultante, ai sensi dei commi 238 e 239
dell’art. 11. n. 662 del 1996, dalla somma della contribuzione a carico
del datore di lavoro ed a carico del lavoratore, era pari al 32% e quindi

l’art. 3 comma 23 1. n. 335 del 1995 aveva stabilito la correlativa
diminuzione della contribuzioni cd. minore ritiene, in tale ottica,
giustificata la riduzione della contribuzione per assegni familiari da
versarsi alla Gestione prestazioni temporanee istituita presso l’INPS.
La decisione n. 10119/2014 non investe tuttavia il nodo della
questione che viene in rilievo nel presente giudizio, rappresentato dalla
assenza di specifica previsione normativa di riduzione della
contribuzione cd. minore, per i dipendenti iscritti all’INPDAP. Tale
previsione non è ravvisabile né nell’art. 23 comma 3 1. n. 335 del 1995
che pone in relazione la riduzione della contribuzione cd. minore
all’aumento della contribuzione per il FPLD gestito dall’INPS , né nei
commi 238 e 239 art. 11. n. 662 del 1996 che nello stabilire un analogo
incremento retributivo della contribuzione dovuta all’INPDAP, non
prevedono la corrispondente riduzione della contribuzione minore
versata alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti
istituita presso l’INPS. La questione è stata invece espressamente
affrontata – e risolta in senso negativo per la società – dalle pronunzie
di legittimità richiamate nella Relazione, le quali hanno ripetutamente
affermato che la previsione di incremento (della contribuzione
maggiore) e della correlativa riduzione ( della contribuzione minore) di
cui all’art. 23 comma concerneva esclusivamente la ipotesi di lavoratori
iscritti al FPLD gestito dall’INPS, e che tale opzione era legittima in
quanto “l’obiettivo di armonizzazione degli ordinamenti pensionistici
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identico a quella (da corrispondersi al FPLD) in relazione alla quale

nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi, fatto proprio alla
riforma previdenziale di cui alla legge n. 335/95, non implica che sia
sottratta alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione della
disciplina contributiva in relazione alle peculiari necessità dei diversi
enti previdenziali…”.

dalla società, deduzione attinente alla corretta individuazione
dell’ambito temporale del DM 1.2.1996 emanato in attuazione dell’art.
3 comma 23, si rileva che, a prescindere dalla novità della
argomentazione, la stessa risulta non dirimente atteso il difetto di
specifica previsione normativa di riduzione delle aliquote relative allo
contribuzione minore in presenza di incremento di quella maggiore
versata all’INPDAP per i lavoratori che avevano optato per il
mantenimento della propria posizione assicurativa presso tale gestione.
Infine, i dedotti profili di incostituzionalità della disciplina differenziata
relativa alla misura del contributo per assegni familiari dovuto in
relazione ai lavoratori che avevano optato per il mantenimento
dell’iscrizione presso l’INPDAP, sono stati espressamente presi in
considerazione dal Relatore laddove ha richiamato le precedenti
pronunce di questa Corte che hanno ritenuto manifestamente
infondate le censure di incostituzionalità proprio in relazione agli artt.
3 e 41 Cost. ed evidenziato che il loro eventuale accoglimento avrebbe,
semmai, condotto alla soppressione della disposta riduzione, non
certo ad una sua estensione nel senso propugnato dalla società
ricorrente. Occorre infatti ricordare che il giudice costituzionale ha
ripetutamente affermato il principio della incomparabilità dei sistemi
previdenziali, che deriva dalla loro complessità inerente alla varietà
delle prestazioni e delle condizioni per ottenerle, ed alle collegate
diversità delle fonti di finanziamento ( Corte cost . n. 202 del 2008 ,
Ric. 2013 n. 04193 sez. ML ud. 29-01-2015
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Con riferimento alla deduzione formulata nella memoria depositata

ord. n. 325 del 1993), chiarendo che la realizzazione definitiva della
tendenziale attuazione dell’omogeneizzazione dei regimi previdenziali
affidata alla discrezionalità del legislatore trattandosi di scelte di politica
sociale ed economica (Corte cost. n. 173 del 1986 ) e che tale
discrezionalità concerne

anche la conformazione dell’obbligo

Alla luce della richiamata giubsprúdenza costituzionale il Collegio non
può che confermare la valutazione di manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionàle dedotte dalla società.
In conclusione, in base alle considerazioni che precedono, tutti i ricorsi
devono essere respinti. Le spese del giudizio di legittimità sono
compensate per un quarto tenuto conto della misura della
soccombenza dell’ente previdenziale . Il residuo è posto a carico delle
società e liquidato come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa per un
quarto le spese del giudizio di legittimità e condanna A2A s.p.a a
pagare i residui tre quarti. Liquida le spese nell’intero ammontare in €
18000,00 per compensi professionali, oltre € 100,00 per esborsi, oltre
spese forfettizzate nella misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del
ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13.

Roma, 29 gennaio 2015

contributivo ( Corte cost. n. 48 del 2010, ord. n. 896 del 1988).

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