Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10314 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10314 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 24465-2007 proposto da:
MERULLI DI MERULLI MARCELLO & C. S.A.S., in persona del
legale rappresentante sig. MERULLI MARCELLO, (già MERULLI
DI FRATINI LORENZINA & C SNC e già MERULLI DI
SINIGAGLIA CAROLINA E C. SNC) 01566560544 e MERULLI
ARNALDO MRLRLD41D021888j, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA SCIPIO SLAPATER 9, presso lo studio dell’avvocato
FILIE’ MASSIMO, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCHI
FRANCO giusta procura speciale del Dott. Notaio ANTONIO FABI,
in GUALDO TADINO il 2/4/2013, rep. 82208, FRATINI
LORENZINA FRTLNZ51P4918800 e MERULLI CLAUDIO
MRLCLD76B13D653F nella loro qualità di eredi di MERULLI

Data pubblicazione: 13/05/2014

ANGELO MRLNGL48P05I888J, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA SCIPIO SLAPATER 9, presso lo studio dell’avvocato FILIE’
MASSIMO, che li rappresenta e difende giusta procura speciale del
Dott. Notaio ANTONIO FABI in GUALDO TADINO il 9/7/2013,

– ricorrenti contro
SENIGAGLIA ALMA;

– intimata sul ricorso 28625-2007 proposto da:
SENIGAGLIA ALMA SNGLMA53A67D653J, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA APPIANO 8, presso lo studio
dell’avvocato CASTELLANA ORAZIO, rappresentata e difesa dagli
avvocati LONGARINI MASSIMO, BARTOLLINI ALVARO giusta
procura in calce al controricorso con ricorso incidentale;

– ricorrente contro
MERULLI DI FRATINI LORENZINA & C SNC, MERULLI
ANGELO, MERULLI ARNALDO;

– intimati avverso la sentenza n. 390/2006 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositata il 02/10/2006, R.G.N. 444/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/01/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato MASSIMO FILIE’;
udito l’Avvocato MASSIMO LONGARINI;

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rep. n. 82747;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
AURELIO GOLIA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
principale, assorbito il ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

dinanzi al Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Foligno, la Merulli
di Senigaglia Carolina e C. S.n.c. nonché Angelo e Arnaldo Merulli e
rappresentò che:
– era comproprietaria per la quota di 1/3, quale avente causa dal marito
Raffaele Merulli da cui era separata, di un capannone artigianale sito in
Spello utilizzato in via esclusiva dagli altri comproprietari (Angelo e
Arnaldo Merulli) che se ne servivano per l’attività di una loro società;
– tale godimento avveniva senza il consenso dell’attrice e in precedenza
senza il consenso del suo ex coniuge;
– alla nota del 12 febbraio 2001, con cui aveva chiesto il pagamento di
un giusto compenso per l’utilizzazione del detto capannone, gli altri
comproprietari avevano fatto riscontro deducendo l’esistenza di un
contratto di locazione stipulato tra i comproprietari, tra cui il suo dante
causa, e la Merulli di Senigaglia Carlina e C.S.n.c. a far data dal 10 aprile
1986, per la durata di cinque anni, rinnovatosi tacitamente alle
scadenze, per un canone annuale di L 1.500.000;
– in data 4 agosto 2001 aveva ricevuto a mezzo assegno l’importo di
500.000 quale propria quota di canone per l’anno in corso,
– non vi era prova del detto contratto e comunque lo stesso, se
esistente, era simulato, come confermato dalla circostanza che in
precedenza non era stato effettuato alcun versamento del canone;
– la predetta società deteneva, a suo avviso, l’immobile in questione
senza titolo.

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Con atto notificato nel 2001 Alma Senigaglia convenne in giudizio,

Tanto premesso l’attrice chiese la condanna della società convenuta
alla restituzione del capannone e al pagamento dell’indennità di
indebita occupazione dalla data di occupazione al rilascio secondo il
valore di mercato; in via subordinata, nel caso fosse stato dimostrato il
contratto di locazione, chiese la declaratoria di simulazione dello stesso

Si costituirono i convenuti eccependo che il capannone era detenuto
dalla società in base al già ricordato contratto opponibile ex art. 1599
c.c. all’attrice che l’aveva pure sottoscritto, essendo stata socia e
amministratrice della società fino al suo recesso in data 31 ottobre
2000; i Merulli rilevarono, peraltro, che non era stata avanzata alcuna
domanda nei loro confronti.
Il Giudice adito, con sentenza del 18 aprile 2003, rigettò la domanda.
Avverso tale decisione Senigaglia Alma propose impugnazione cui
resistettero gli appellati.
La Corte di appello di Perugia, con sentenza del 2 ottobre 2006, in
parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarò simulato il
contratto di locazione di cui si discute in causa, dissimulando lo stesso
un contratto di comodato senza determinazione di durata, confermò il
rigetto delle altre domande proposte dall’attrice e compensò tra le parti
le spese di giudizio.
Avverso la sentenza della Corte di merito la Merulli di Fratini
Lorenzina & C. S.n.c. (già Merulli di Sinigaglia Carolina & C. S.n.c. e
ora Merulli di Merulli Marcello & C. s.a.s.), Angelo e Arnaldo Merulli
hanno proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Ha resistito con controricorso Alma Senigaglia che ha proposto pure
ricorso incidentale basato su un unico motivo.
La società ricorrente e Arnaldo Merulli hanno depositato memoria ex
art. 378 c.p.c. prima dell’udienza dell’8 maggio 2013.
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e reiterò le già proposte richieste di condanna della convenuta.

Disposta con ordinanza del 20 giugno 2013 la comunicazione di nuova
udienza personalmente ad Angelo Merulli, risultando l’unico difensore
di questi deceduto, si sono costituiti in giudizio Lorenzina Fratini e
Claudio Merulli, quali eredi di Angelo Merulli deceduto anch’egli nelle
more, i quali si sono riportati ai motivi e alle difese già svolte dal loro
ex adverso nel

controricorso con ricorso incidentale.
Ha depositato da ultimo memoria anche Alma Senigaglia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi à sensi
dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti contro la stessa
sentenza.
2. Ai ricorsi in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (2 ottobre 2006).
3. Con il primo motivo del ricorso principale i ricorrenti, lamentando
“violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art.
360, n. 3 e 4 c.p.c.”, deducono che la parte attrice / con le conclusioni
precisate nell’atto introduttivo del giudizio e confermate all’udienza di
precisazione delle conclusioni/ ha proposto domanda di simulazione
assoluta e solo nella comparsa conclusionale di quel grado ha proposto
una nuova domanda, sostenendo / sia pure solo in via subordinata, non
più la simulazione assoluta del contratto di locazione stipulato in data
1° febbraio 1986 bensì la simulazione relativa dello stesso,
dissimulando il contratto di locazione un contratto di comodato, e
rappresentano di aver puntualmente eccepito la novità della domanda
nelle repliche alla detta comparsa. Sostengono altresì i ricorrenti che la

dante causa e hanno impugnato quanto dedotto

Senigaglia, con l’atto di appello, ha abbandonato la domanda di
simulazione assoluta e “ha riproposto la domanda di accertamento
dell’esistenza di un contratto di comodato privo di durata, simulato nel
contratto di locazione, domanda già qualificata come nuova e quindi
tardiva dal Tribunale”.

subordinata di simulazione relativa e di accertamento del contratto
dissimulato di comodato, avrebbe violato l’art. 345 c.p.c., trattandosi di
domanda nuova, improponibile in appello.
3.1. Il motivo è infondato.
Ed invero ritiene il Collegio che non sussiste la dedotta violazione,
avendo la Corte di merito correttamente interpretato la domanda
inizialmente proposta quale domanda di simulazione tout court, non
avendo la Senigaglia qualificato la dedotta simulazione del contratto di
locazione come assoluta e non avendo la stessa sostanzialmente
modificato succcessivamente le sue allegazioni, sicché la domanda di
simulazione relativa nella specie non assume carattere di novità.
4. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata
per “contraddittorietà di motivazione su fatto controverso decisivo ex
art. 360 n. 5 c.p.c.”; sostengono in particolare che la Corte di merito,
dopo aver qualificato come nuova e, quindi, inammissibile, la domanda
di simulazione relativa proposta nel giudizio di primo grado, abbia poi
dichiarato non più nuova e, quindi, ammissibile, la medesima domanda
riproposta nel giudizio di appello, “allo scopo dichiarato di derivarne
gli effetti giuridici specifici del contratto dissimulato di comodato”.
4.1. Il motivo é inammissibile.
Anche a prescindere dalla circostanza che la rubrica e l’illustrazione del
motivo fanno esplicito riferimento alla motivazione della sentenza
impugnata e che detta rubrica richiama espressamente l’art. 360, primo
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Ad avviso dei ricorrenti la Corte di merito, accogliendo la domanda

comma, n. 5, c.p.c. mentre, a conclusione del motivo, i ricorrenti
affermano di formulare, “in relazione ai profili di violazione di legge
evidenziati nel presente motivo”, “il quesito di diritto”, con cui
chiedono a questa Corte di accertare se sia contraddittoria la
motivazione della sentenza per quanto già rappresentato

riproducono testualmente, a supporto della sostenuta contraddittorietà,
non già proposizioni tra loro inconciliabili poste a fondamento della
decisione dei Giudici del merito bensì solo quella parte della sentenza
di secondo grado in cui è meramente riportato l’assunto della società
appellata (v. sentenza p. 8,

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3). Il vizio di contraddittorietà della

motivazione presuppone, invece, che le ragioni poste a fondamento
della decisione risultino sostanzialmente tra loro contrastanti in guisa
da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio
decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico
posto a base della decisione adottata (Cass. 6 marzo 2008, n. 6064), che
nella specie è ben chiaro.
5. L’esame del terzo motivo – con cui, lamentando “violazione e falsa
applicazione degli artt. 100 c.p.c., 832 e 1372 c.c. in relazione all’art.
360 n. 3, c.p.c.”, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella
parte in cui si afferma che essi non hanno alcun interesse a contrastare
la domanda di accertamento del contratto dissimulato giovando loro,
nel caso di specie, l’esistenza di tale contratto – resta assorbito dal
rigetto del primo motivo.
6. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la Senigaglia censura la
sentenza impugnata per “violazione e falsa applicazione dell’art. 1414
c.c. e dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n. 3 cpc”, sostenendo che
la Corte di merito avrebbe omesso ogni valutazione circa il capo della
domanda “relativo [al]la dedotta simulazione assoluta del rapporto” e
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nell’illustrazione del mezzo in parola, va osservato che i predetti

pone il seguente quesito di diritto: “dica l’Ecc.ma Suprema Corte se proposta

una domanda di simulaione assoluta, ricorra la fattispecie dedotta nel rapporto
avente ad oggetto un bene immobile tra locatore apparente e conduttore apparente
che rappresenti un unico centro d’imputnione poiché i locatori apparenti sono legati
da un vincolo di stretta familiarità (coniugio in comunione di beni ex lege) ai soci

laddove, peraltro, il canone non è mai stato corrisposto”.
6.1. Il motivo é inammissibile per inidonea formulazione del quesito,
alla luce dei canoni indicati dalla giurisprudenza di questa Corte,
secondo cui il quesito di diritto deve compendiare la riassuntiva
esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, la
sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice e il
diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe
dovuto applicare al caso di specie. La mancanza – come nel caso
all’esame – anche di una sola di tali indicazioni nel quesito di diritto
rende inammissibile il motivo cui il quesito così formulato sia riferito
(Cass. Cass., ord., 25 settembre 2007, n. 19892 e 17 luglio 2008, n.
19769; Cass. 30 settembre 2008, n. 24339; Cass. 13 marzo 2013, n.
6286, in motivazione). Né, peraltro, il quesito può consistere nel mero
interpello della Corte in ordine alla fondatezza o meno delle
propugnate petizioni di principio o della censura così come illustrata
nello svolgimento del motivo (Cass. 7 marzo 2012, n. 3530), e in un
interpello siffatto pure si risolve sostanzialmente il formulato quesito.
7. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso principale
deve essere rigettato e quello incidentale va dichiarato inammissibile.
8. Stante la reciproca soccombenza le spese del presente giudizio di
legittimità vanno compensate per intero tra le parti.
P.Q.M.

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della società di persone (in nome collettivo) e conduttrice apparente dell’immobile,

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile il ricorso incidentale; compensa tra le parti le spese del
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

Civile della Corte Su dr a di Cassazione, il 29 gennaio 2014.

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