Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10313 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/05/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 29/05/2020), n.10313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33836-2018 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

VINCENZO PALOMBO;

– ricorrente –

contro

SOGERT SPA, COMUNE DI CASTEL VOLTURNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3614/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 17/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

il contribuente – lamentando di non aver ricevuto la notifica dei presupposti avvisi di accertamento – proponeva ricorso avverso ingiunzione di pagamento della TARSU per l’anno d’imposta 2011 notificatagli dalla SO.GE.R.T. s.p.a. per conto del comune di Castel Volturno in ordine ad immobili siti in codesto Comune;

la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso;

la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello della parte contribuente affermando che, a prescindere dall’epoca della variazione anagrafica della residenza, il contribuente ha l’onere di comunicare ai soggetti attivi dell’imposizione tributaria il cambio del proprio domicilio fiscale, il quale peraltro può anche non coincidere con la residenza, sì che, in caso di inosservanza di tale onere, il procedimento notificatorio che contempli il vecchio indirizzo non può considerarsi illegittimo;

la parte contribuente proponeva ricorso affidato ad un unico motivo e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso mentre l’Agenzia delle entrate non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 58 e 60, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione al mancato riconoscimento della variazione anagrafica della residenza – domicilio fiscale del ricorrente – effettuata in data 14 dicembre 2010, come risulta dal certificato di residenza storica, anni prima della notifica degli atti prodromici;

ritenuto che tale motivo è infondato in quanto, secondo questa Corte:

la disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicare all’ufficio tributario il proprio domicilio fiscale e di tenere detto ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni, di guisa che il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’ufficio procedente ad eseguire le notifiche comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, lett. e), non potendosi addossare all’Amministrazione l’onere di ricercare il contribuente fuori del domicilio stesso (Cass. 28 dicembre 2016, n. 27129 Cass. n. 25272 del 28/11/2014; Cass. n. 1206 del 20 gennaio 2011);

in tema di accertamenti tributari, la disciplina delle notificazioni, che ne consente l’esecuzione nel domicilio fiscale del contribuente per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), in caso di mancata comunicazione da parte di quest’ultimo di eventuali variazioni, è posta a garanzia dell’Amministrazione finanziaria, cui non può essere addossato l’onere di ricercare il contribuente, che non abbia assolto l’onere informativo a suo carico, fuori dal suo domicilio fiscale (Cass. 24 settembre 2015, n. 18934).

La CTR si è attenuta ai suddetti principi laddove ha ritenuto che fosse onere della parte contribuente di comunicare il cambio del proprio domicilio fiscale: tale ratio della sentenza, oltre che conforme al diritto vivente, non è neppure oggetto di una specifica impugnazione da parte del ricorrente, il quale dà per presupposto – contrariamente a quanto risulta da una lettura della sentenza della CTR – che tale onere sia stato adempiuto; quanto poi al lamentato omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, tale motivo (o parte di motivo) è inammissibile, innanzitutto perchè, appunto, in un unico motivo vengono denunciati vizi diversi della sentenza (violazioni di legge e omesso esame di fatti decisivi) mentre il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (Cass. 6 marzo 2019, n. 6519). Ma il ricorso, sotto il profilo del lamentato omesso esame di un fatto decisivo, pecca anche quanto al requisito dell’autosufficienza, in quanto dalla lettura dello stesso il Collegio non ha la possibilità di controllare se il fatto decisivo lamentato sia stato effettivamente oggetto di discussione fra le parti, poichè qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Cass. n. 13625 del 2019). In effetti, va rilevato che, così come articolata, la censura si risolve, in sostanza, nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso del procedimento e come argomentate dalla parte, così mostrando i ricorrenti di anelare ad una impropria trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dalla Corte di merito non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata; quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità (Cass. n. 5939 del 2018). Ma, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della Cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dal giudice del merito (cfr. Cass. n. 3267 del 2008), dovendo invece il giudice di legittimità limitarsi a controllare se costui abbia dato conto delle ragioni della sua decisione e se il ragionamento probatorio, da esso reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che nel caso di specie è dato riscontrare (cfr. Cass. n. 21705 del 2019).

Ritenuto pertanto che il motivo di impugnazione è infondato, il ricorso va rigettato; nulla va statuito in merito alle spese non essendosi costituita l’Agenzia delle entrate.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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