Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10311 del 29/05/2020
Cassazione civile sez. VI, 29/05/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 29/05/2020), n.10311
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31337-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS),in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
C.P.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1202/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 20/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI
PRISCOLI LORENZO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso e la Commissione Tributaria Regionale dichiarava inammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate rilevando che la concessionaria della riscossione, parte resistente nel giudizio davanti alla CTP, non costituendosi in giudizio, era rimasta contumace e pertanto nulla era stato prodotto per provare la fondatezza e la legittimità delle pretese tributarie racchiuse negli estratti del ruolo su cui vi è disputa cosicchè devono considerarsi indisponibili le prove allegate dall’Ufficio appellante all’atto di appello, perchè proposte in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58;
l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi mentre la parte contribuente non si costituiva.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la parte contribuente lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, nonchè degli artt. 115 e 329 c.p.c. perchè la produzione di nuovi documenti – tali essendo le relate di notifica delle cartelle esattoriali – è sempre possibile nel grado di appello;
considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la parte contribuente lamenta l’illegittimità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e degli artt. 342 e 112 c.p.c., per aver fatto derivare, dall’erroneo assunto secondo cui non sarebbe possibile produrre nuove prove in appello, la conseguenza dell’inammissibilità dell’intero appello, senza statuire su nessuna delle censure avanzate dall’appellante;
ritenuto, quanto al primo motivo che, secondo questa Corte:
nel processo tributario, poichè il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, consente la produzione in appello di qualsiasi documento, la stessa può essere effettuata anche dalla parte rimasta contumace in primo grado, poichè il divieto posto dal detto decreto, art. 57, riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto (Cass. n. 29568 del 2018);
nell’ambito del processo tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti posti dall’art. 345 c.p.c. purchè tale attività processuale sia esercitata entro venti giorni liberi prima dell’udienza (Cass. n. 29087 del 2018);
nel processo tributario, le parti possono produrre in appello nuovi documenti, anche ove gli stessi comportino un ampliamento della materia del contendere e siano preesistenti al giudizio di primo grado, purchè ciò avvenga, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio nei confronti delle altre parti, entro il termine di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32 (Cass. n. 17164 del 2018).
La CTR non si è attenuta ai suddetti principi laddove da un lato, senza tenere conto delle differenze tra processo civile e tributario, non si è posta il problema del rispetto – nella produzione da parte dell’Ufficio dei nuovi documenti (e tali devono essere considerate le relate di notifica delle cartelle esattoriali) – dei venti giorni liberi prima dell’udienza e dall’altro ha attribuito al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, una interpretazione restrittiva non conforme al diritto vivente, ritenendo sostanzialmente preclusa qualsiasi produzione in appello da parte dell’Ufficio una volta che quest’ultimo non si sia costituito in primo grado.
Ritenuto pertanto che, in accoglimento del primo motivo di impugnazione e assorbito il secondo, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020