Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10310 del 26/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 26/04/2017, (ud. 13/12/2016, dep.26/04/2017),  n. 10310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17771-2014 proposto da:

DUE ERRE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHIANA N. 48,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PILEGGI, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.V., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 1714/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 30/12/2013 R.G.N. 1229/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2016 dal Consigliere Dott. MANNA ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 30.12.13 la Corte d’appello di Catanzaro rigettava il gravame di DUE ERRE S.p.A. contro la sentenza del Tribunale di Castrovillari che, dichiarato illegittimo il licenziamento plurimo individuale per ultimazione lavori nel settore edile di 18 dipendenti (gli intimati di cui in epigrafe), l’aveva condannata a reintegrarli nel posto di lavoro con le conseguenze economiche di cui alla L. n. 300 del 1970.

Statuivano i giudici di merito che la società non aveva fornito la prova del giustificato motivo oggettivo, vale a dire dell’avvenuta ultimazione dei lavori di ampliamento dell’ospedale di Castrovillari nei quali operavano i dipendenti licenziati.

Per la cassazione della sentenza ricorre DUE ERRE S.p.A. affidandosi a due motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, e art. 2697 c.c. per avere i giudici di merito trascurato il principio giurisprudenziale secondo cui il licenziamento può essere giustificato anche da un motivo il cui avverarsi sia certo; essi – si prosegue nel motivo – hanno altresì ignorato il fatto che i lavori di ampliamento dell’ospedale di Castrovillari appaltati alla società ricorrente sono stati comunque ultimati 45 giorni dopo i licenziamenti de quibus (risalenti al 13.12.06), come previsto da un “accordo di diminuzione dei lavori” stipulato tra la società medesima e l’ASL committente il giorno prima dell’intimazione dei recessi.

Il motivo è infondato.

Contrariamente a quanto suppone la ricorrente, la giurisprudenza di questa S.C. è costante nello statuire che il giustificato motivo oggettivo di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 3, deve essere valutato sulla base degli elementi di fatto realmente esistenti al momento della comunicazione del recesso e non su circostanze future ed eventuali (cfr., ex aliis, Cass. n. 12261/03; Cass. n. 6363/2000; Cass. 5301/2000; Cass. n. 10616/97; Cass. n. 7263/96; Cass. n. 603/96; Cass. n. 1970/92; nello stesso senso v., riguardo ai licenziamenti per riduzione di personale, Cass. n. 19271/13, secondo cui tali recessi non possono riferirsi ad assetti o a processi di riorganizzazione produttiva ipotetici e non ancora attuali).

A tale principio si è attenuta la sentenza impugnata, che non merita censura.

Nè giova alla ricorrente il richiamo a Cass. n. 3848/05, pronuncia che – lungi dall’asserire la legittimità di licenziamenti preventivi – si limita a stabilire che la riorganizzazione aziendale posta a base del recesso ben può sopravvenire nel corso o al termine, del periodo di preavviso.

Nel caso di specie la sentenza impugnata non tratta di riorganizzazione aziendale – ma di ultimazione di lavori in appalto, il che è ben diverso – nè parla di licenziamento con preavviso destinato a spirare con l’ultimazione dei lavori.

Del pari inconferente è il richiamo, che si legge in ricorso, a Cass. n. 20232/10, che si limita a puntualizzare che, ai fini della legittimità d’un licenziamento, la cessazione dell’attività aziendale non deve necessariamente coincidere con l’alienazione o la dismissione dello stabilimento.

Il motivo di ricorso non inficia neppure quella parte della sentenza impugnata che ha accertato che alla data dei licenziamenti sicuramente residuavano ancora lavori da eseguire; nè confuta la decisione dei giudici di merito là dove si afferma che la società non ha neppure provato che alla scadenza del termine di proroga, concesso con l’accordo del 12.12.06, effettivamente non vi fossero altri lavori da completare.

2 – Con il secondo mezzo ci si duole di violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, e art. 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata esentato i dipendenti dall’onere di indicare i lavori residui che sarebbe stato possibile affidare loro nel periodo compreso fra la data del licenziamento ((OMISSIS)) e quella di ultimazione definitiva dei lavori (26.1.07), nonchè omesso esame d’un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, consistente nella circostanza che i lavori appaltati, formalmente ultimati alla data del 26.1.07, erano stati già completati alla data di intimazione dei licenziamenti e ciò per effetto del summenzionato accordo di diminuzione dei lavori.

Il motivo è infondato.

L. n. 604 del 1966, ex art. 5, l’onere di allegare e provare il dedotto giustificato motivo oggettivo (l’ultimazione dei lavori, nel caso di specie) incombe sul datore di lavoro.

L’onere di allegazione di cui parla la ricorrente concerne tutt’altra cosa, vale a dire le specifiche possibilità di c.d. repechage in postazioni lavorative diverse da quelle originariamente ricoperte dai lavoratori licenziati, onere che comunque avrebbe presupposto, a monte, la previa dimostrazione del giustificato motivo oggettivo (ossia dell’ultimazione lavori, nella vicenda in oggetto), vale a dire proprio di quella circostanza che invece la sentenza impugnata ha motivatamente ritenuto smentita dalle risultanze processuali.

Da ultimo, quanto al preteso vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, basti osservare che la sentenza impugnata, lungi dal trascurarlo, l’ha espressamente preso in considerazione e l’ha accertato in senso contrario alle aspettative dell’odierna ricorrente.

3 – In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Non è dovuta pronuncia sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso. Nulla per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2017

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