Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10310 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/04/2021, (ud. 11/01/2021, dep. 20/04/2021), n.10310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10027/14 R.G. proposto da:

FINCAT S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e

difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’avv. Luigi

Ricciardelli, con domicilio eletto presso il Dott. Renato Pedicini,

in Roma, via F. D’Ovidio, n. 83;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Campania n. 382/32/13 depositata in data 15 novembre 2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 gennaio

2021 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La società Fincat s.r.l. impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caserta l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva contestato la contabilizzazione, nell’anno 2006, di una fattura avente ad oggetto l’acquisto di una tettoia in lamiera per Euro 6.000,00 da Z.L., deducendo di non averla mai acquistata e di non avere mai contabilizzato quella fattura.

2. Rigettato il ricorso, la contribuente impugnò la sentenza di primo grado, ribadendo di non avere mai acquistato la merce e che l’Amministrazione non aveva dimostrato che la fattura in contestazione risultasse annotata in contabilità. Al fine di provare che le contestazioni mosse si riferivano ad altro contribuente, con memorie aggiunte del 10 maggio 2013, depositò: a) il partitario contabile da cui risultava l’annotazione della fattura n. 280/2006 dell’importo di Euro 9.872,32 per fornitura di ricambi; b) copia della medesima fattura e del pagamento con relativa quietanza dell’assegno di pari importo; c) copia dell’estratto di conto corrente comprovante l’incasso dell’assegno; d) copia del processo verbale di contraddittorio del 28 luglio 2011 dal quale emergeva che era stata rappresentata dal rag. D.L.S., suo dipendente (e non dal Dott. A.).

3. La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza in questa sede impugnata, rigettò l’appello, osservando che, in materia di I.V.A., era interesse dell’erario riscuotere l’imposta sul corrispettivo indicato in fattura, tanto che, anche in caso di fattura per operazione inesistente, l’imposta era comunque dovuta per l’intero ammontare indicato.

Rilevò che la ditta Z.L. era in realtà una “cartiera”, in quanto dagli accertamenti effettuati dai funzionari dell’Agenzia delle entrate era emersa la totale assenza di una struttura aziendale e di qualsiasi organizzazione amministrativa e commerciale, mentre agli atti era provato il rapporto commerciale tra la contribuente e la ditta Z. mediante il pagamento di una fattura dell’importo di Euro 9.300,00, annotata al foglio n. 15 del registro acquisti. Confermò, pertanto, la ripresa a tassazione.

4. Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione la Fincat s.r.l., con tre motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate mediante controricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale, la contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 39; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 1, comma 2, art. 6, comma 6, art. 5, comma 4, e art. 9, comma 1, in relazione all’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4). Violazione dell’art. 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – sostiene che il giudice di appello sarebbe incorso in errore, poichè l’Amministrazione non aveva fornito la prova dell’esistenza del documento contabile contestato e della sua annotazione nella contabilità della società. E ciò perchè, dal processo verbale di contestazione del 26 novembre 2010, allegato all’avviso di accertamento impugnato, a pag. 6, dove era riportato l’elenco dei clienti della ditta Z.L. nell’anno 2006, i giudici di secondo grado avrebbero potuto agevolmente riscontrare che al rigo 5 dell’elenco era annotata l’operazione in esame e nella quinta colonna era riportata l’imposta afferente e, nella seconda colonna, il numero di partita I.V.A. del cliente, che non corrispondeva alla partita I.V.A. della Fincat s.r.l.

2. Con il secondo motivo censura la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, per violazione del contraddittorio e nullità dell’avviso di accertamento (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) e per errata valutazione della prova documentale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Assume che l’avviso è nullo perchè fondato su un presupposto falso, ossia l’inesistente annotazione nel registro acquisti di una fattura dell’importo di Euro 6.000,00 e sugli esiti di un verbale in contraddittorio riportato nello stesso avviso che si riferisce ad altra vicenda e ad altro contribuente. Avendo dimostrato di avere annotato nel partitario contabile la fattura n. (OMISSIS) dell’importo di Euro 9.872,31 per fornitura di ricambi, la C.T.R., decidendo sulla base dei documenti acquisiti, avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’avviso per inesistenza del fatto contestato.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2729 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ribadendo che la contestazione concerneva un acquisto diverso da quello effettuato e che il reddito era stato rettificato per una operazione mai annotata in contabilità.

Nonostante ciò, la Commissione tributaria regionale aveva desunto la prova di un rapporto commerciale intrattenuto tra la contribuente e la ditta Z., ritenendolo “soggettivamente inesistente” sulla base del solo elemento indiziario costituito dalla irreperibilità di una struttura aziendale presso la sede dichiarata dalla ditta venditrice, in esito all’accesso mirato effettuato il 3 novembre 2010, ossia quattro anni dopo dai fatti, valorizzando in tal modo un elemento che si poneva in netta discordanza con il pagamento dell’importo di Euro 9.872,32, eseguito a mezzo assegno bancario, e con l’estratto conto bancario della Fincat s.r.l..

4. In controricorso la difesa erariale ha replicato che in ipotesi di falsa percezione da parte del giudice, il relativo vizio è denunciabile esclusivamente in via revocatoria, attraverso l’impugnazione di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, con la conseguenza che la ricorrente avrebbe dovuto agire in revocazione e non per cassazione. Ha pure sottolineato che risulta accertato in punto di fatto che la società contribuente ha sicuramente intrattenuto rapporti commerciali con un fornitore dedito all’assolvimento di funzione di “mera cartiera”.

5. Le doglianze fatte valere dalla società ricorrente non si sostanziano nella denuncia di un tipico errore revocatorio, quale previsto dall’art. 395 c.p.c., atteso che, a norma dell’art. 395 c.p.c., non può configurare un errore revocatorio – come fatto “incontrastabilmente” escluso o come fatto “positivamente” accertato – bensì un error in iudicando, la valutazione della questione che ha costituito il thema decidendum della fase di merito (“il punto controverso”) e che è stata comunque oggetto di valutazione ed apprezzamento delle risultanze processuali, come tali preclusivi del c.d. errore di fatto (Cass., sez. 2, 4/04/2006, n. 7812).

Infatti, i vizi dedotti a base del ricorso per cassazione attingono la valutazione compiuta dal giudice di merito nell’ambito dell’apprezzamento dei fatti controversi oggetto del giudizio. Invece, in tema di revocazione, l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c. deve risultare obiettivamente dagli atti o documenti della causa e si risolve nella falsa percezione della realtà determinata da una mera svista, immediatamente rilevabile: la decisione deve fondarsi sulla supposizione di un fatto, la cui verità è esclusa, oppure è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e sia nell’uno che nell’altro caso il fatto non deve avere costituito un punto controverso su cui la sentenza si è pronunciata.

Nel caso in esame, i giudici regionali, tralasciando di verificare se risultasse annotata nella contabilità della contribuente la fattura afferente l’acquisto di una tettoia in lamiera per Euro 6.000,00, alla quale si riferiva l’avviso di accertamento impugnato, hanno posto a fondamento del decisum la fattura commerciale dell’importo di Euro 9.300,00, inferendo da essa l’esistenza di un rapporto commerciale tra la società contribuente e la ditta Z.L., e sulla base di tale risultanza processuale hanno ritenuto legittima la ripresa a tassazione, in tal modo operando una valutazione che può assumere rilevanza esclusivamente sotto il profilo del vizio di motivazione.

6. Esclusa, dunque, la configurabilità dell’errore revocatorio, merita accoglimento il terzo motivo di ricorso con cui si denuncia il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Risulta incontestato, da quanto emerge dalla sentenza, che con l’atto impositivo oggetto di impugnazione l’Amministrazione finanziaria ha recuperato a tassazione costi, ritenuti indeducibili perchè relativi ad operazione soggettivamente inesistente, derivanti da fattura rilasciata da Z.L. a fronte dell’acquisto di una tettoia in lamiera per un corrispettivo di Euro 6.000,00.

La conferma della ripresa a tassazione da parte della C.T.R., che richiama in motivazione una fattura di diverso importo relativa alla fornitura di un bene diverso da quello indicato nell’avviso di accertamento, dalla contribuente “annotata al foglio n. 15 del registro acquisti”, poggia sulla totale pretermissione del fatto decisivo per il giudizio – il cui esame è stato omesso – costituito dall’annotazione, nelle scritture contabili della contribuente, della specifica fattura indicata nell’atto impositivo, oggetto del thema decidendum.

Come evidenziato in controricorso dalla stessa Agenzia delle entrate, la contribuente, nell’impugnare l’avviso di accertamento, ha infatti lamentato di non avere mai ricevuto, nè tanto meno contabilizzato la fattura di acquisto inerente l’approvvigionamento di una tettoia in lamiera, emessa dalla ditta Z.L., e a supporto di tale assunto difensivo ha prodotto documentazione, dettagliatamente richiamata nella sentenza impugnata e nel ricorso per cassazione, al fine di dimostrare che nelle scritture contabili risultava annotata una diversa fattura per fornitura di ricambi, regolarmente pagata con assegno bancario.

La Commissione regionale ha, quindi, ritenuto legittimo l’operato dell’Agenzia delle entrate e confermato la ripresa fiscale, attribuendo rilievo ad un acquisto diverso da quello contestato con l’atto impositivo, omettendo di verificare se l’operazione a cui si riferiva la fattura n. 105 del 31 luglio 2003, asseritamente rilasciata alla Fincat s.r.l. a fronte dell’acquisto di una tettoia in lamiera, risultasse annotata sul registro degli acquisti a pag. 7 prot. (OMISSIS), come riportato nell’avviso di accertamento impugnato, incorrendo, pertanto, nel vizio denunciato.

Infatti, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito dalla L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) (Cass., sez. 2, 29/10/2018, n. 27415).

L’accoglimento del terzo motivo consente di dichiarare assorbiti i restanti motivi.

7. In conclusione, accolto il terzo motivo e dichiarati assorbiti i restanti motivi, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla competente Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, per nuovo esame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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