Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10308 del 13/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10308 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 14623-2011 proposto da:
D’AMICO RINALDO DMCRLD48P2OL291S, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA NOMENTANA 909, presso lo studio dell’avvocato SABRINA PRIMAVERA,
rappresentato e difeso dall’avvocato ETTORINO DI PRINZIO, giusta mandato ad
litem in calce al ricorso;

– ricorrente contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI SUL LAVORO 01165400589 in persona del Direttore della Direzione
Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,
presso la Sede Legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LA
PECCERELLA LUIGI, FAVATA EMILIA, giusta procura speciale in calce al
controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 13/05/2014

avverso la sentenza n. 31/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del
20.1.2011, depositata il 03/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’1/04/2014 dal

Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI.

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DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Il Presidente

FATTO E DIRITTO
Atteso che e’ stata depositata relazione dal seguente contenuto.
«La Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 31 del 2011, decidendo sull’appello
proposto da D’Amico Rinaldo avverso l’INAIL, in ordine alla sentenza n. 69 del 2008 del Tribunale
di Lanciano, accoglieva l’appello e rigettava la domanda attrice.
1. Il D’Amico aveva adito il Tribunale per sentir riconoscere il diritto ad indennizzo per
ipoacusia professionale nella misura del 12 per cento.
Per la cassazione della suddetta sentenza resa in grado di appello ricorre il D’Amico,
prospettando un motivo di ricorso vertente sulle risultanze della CTU, nel senso se la stessa sia
immune da vizi logico-formali e risponda ai criteri dettati dalla scienza medica, oppure si discosti
da questa con affermazioni illogiche errate e in contrasto con i prevalenti orientamenti
giurisprudenziali in materia di qualificazione e quantificazione della natura tecnopatia di una
ipoacusia a genesi multifattoriale.
Il ricorrente deduce la lesione degli artt.2697, 2727, 2829 cc, dell’art. 116 cpc, dell’art. 41
cp, degli artt. 10, comma 4 e 13, comma 2, del dlgs n. 38 del 2000, degli artt. 3 e 134 del dPR n.
1124 del 1965 e s.m.i., dell’allegato 4 (voce tabellare n. 75 H83.3 — lettere I e w), del DM 12
luglio 2000. Art. 360, n. 3 e n.5, cpc.
2. L’INAIL resiste con controricorso.
3. Il ricorso appare manifestamente infondato, in relazione alla consolidata giurisprudenza
di questa Corte, secondo cui nel giudizio in materia di invalidità il vizio, denunciabile in sede di
legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico
d’ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui
fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette
nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale
ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in una inammissibile critica
del convincimento del giudice, e ciò anche in relazione alla data di decorrenza della prestazione
(cfr. ex multis Cass. n. 569 del 2011; n. 9988 del 2009).
Nella specie, le censure del ricorrente si risolvono in un mero dissenso in relazione alla
diagnosi operata dal c.t.u., cui la Corte di merito ha prestato adesione, essendo del tutto generiche,
in particolare, le censure espresse in ordine alle carenze della valutazione medico-legale operata dal
c.t.u. di secondo grado – e così in ordine alla erroneità e alla contraddittorietà della decisione della
Corte territoriale che ha fatto propria quella valutazione – per quanto riguarda la gravità e il carattere
invalidante del quadro patologico riscontrato a carico dell’interessato; anche perché il ricorrente non
ha riportato interamente in ricorso il contenuto della relazione di consulenza tecnica (con violazione
del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione), ne’ ha precisato dove e quando i rilievi
di cui trattasi sono stati sottoposti all’esame del giudice del merito (con ulteriore violazione del
suddetto principio)».
Il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni che precedono, svolte dal consigliere
relatore, in ragione della giurisprudenza di legittimità richiamata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio che liquida in euro duemila per compensi professionali, oltre IVA e CPA ed
euro cento per esborsi.
Così deciso in Roma, il 1° aprile 2014

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