Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10306 del 29/04/2010
Cassazione civile sez. I, 29/04/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 29/04/2010), n.10306
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.A. ((OMISSIS)), domiciliato in Roma, piazza
Augusto Imperatore 22, presso l’avv. Pottino C., che la rappresenta e
difende unitamente all’avv. C. Zauli, come da mandato a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero della Giustizia, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi
12, presso l’Avvocatura Generale delle Stato, che per legge lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
Avverso il decreto n. 8/2008 della Corte d’appello di Ancona,
depositato il 7 gennaio 2008;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. NAPPI Aniello;
Udite le conclusioni del P.M. RUSSO Libertino Alberto, che ha chiesto
il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Ancona ha rigettato la domanda proposta da R.A. per la condanna del Ministero della Giustizia a corrispondergli l’equa riparazione per durata irragionevole di un processo penale da lui promosso con querela del 3 agosto 2000 e per il quale il pubblico ministero aveva richiesto l’archiviazione solo il 2 gennaio 2007.
Hanno ritenuto i giudici del merito che la persona offesa, anche se querelante, non puo’ essere consi-derata parte del processo penale fin quando non si costituisca appunto come parte civile. E dunque non ha diritto all’equa riparazione per la durata irragionevole di un procedimento nel quale non riveste la qualita’ di parte.
Ricorre per Cassazione R.A. e lamenta l’ingiustificata disparita’ di trattamento tra persona offesa e indagato nel riconoscimento del diritto all’equa riparazione per durata irragionevole del processo, sostenendo che il diritto va riconosciuto a chiunque sia danneggiato, indipendentemente dall’assunzione della qualita’ di parte. Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e’ infondato.
Non v’e’ dubbio che la L. n. 89 del 2001, art. 2 rinvii alla C.E.D.U. per l’individuazione dei soggetti legittimati alla domanda di equa riparazione. Dispone infatti che la legittimazione spetta a chi abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione “sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, par. 1”.
E’ all’art. 6, par. 1, della Convenzione che occorre dunque fare riferimento; in particolare alla definizione del diritto alla durata ragionevole come legittima pretesa di qualsiasi persona che attenda da un tribunale la decisione “sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga, rivolta”.
E in realta’ questa definizione del soggetto legittimato a chiedere l’equa riparazione corrisponde alla definizione che dottrina e giurisprudenza danno dei soggetti qualificabili come parti di un procedimento penale.
Viene definito parte, infatti, il soggetto titolare, di un diritto di azione da cui derivi per il giudice un dovere di decidere nel merito delle sue domande. E quindi si esclude che rivesta la qualita’ di parte un soggetto come la persona offesa (Cass., sez. un. pen., 16 dicembre 1998, Messina, m. 212077, Cass., sez. 6^, 13 febbraio 2009, Barogi, m. 243836), che pure puo’ svolgere un’attivita’ particolarmente incisiva nella fase procedimentale, in particolare nel procedimento di archiviazione, facendo sorgere per il giudice o anche per il pubblico ministero il dovere di pronunciarsi su talune sue richieste, anche se non sul merito dell’accusa. E’ ad esempio la natura procedimentale, e non di merito, della decisione di archiviazione a escludere che con un tale provvedimento si applichino sanzioni (C. Cost., 15 luglio 1993, n. 319); e a precludere di conseguenza il riconoscimento della qualita’ di parte alla persona offesa, che pure, come s’e’ detto, puo’ intervenirvi con un ruolo attivo. E’ condivisibile pertanto la giurisprudenza civile di questa corte, che esclude la legittimazione alla domanda di equa riparazione per la persona offesa non costituitasi parte civile nel procedimento penale protrattosi oltre i limiti della durata ragionevole (Cass., sez. 1^, 23 gennaio 2003, n. 996, m. 560444, Cass., sez. 1^, 20 gennaio 2006, n. 1184, m. 588638, Cass., sez. 1^, 27 febbraio 2007, n. 4476, m. 595278).
Ne consegue il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente alle spese.
PQM
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010