Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10303 del 03/05/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 10303 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COMUNITA’ MONTANA di VALLE CAMONICA – PARCO
dell’ADAMELLO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Maria Cristina 2, presso l’avv. prof. Donella Resta, che, unitamente all’avv. Dario Marchesi, la rappresenta
e difende giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente CONTRO
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Vittorio Veneto 108, presso l’avv.
GiuliA. Pompa, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Cederle
dell’Avvocatura regionale giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente e
ENEL PRODUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma via di Monserrato 34,
presso l’avv. Gianfranco Marzullo, che, unitamente all’avv. Gabriella
Petrucciani, la rappresenta e difende giusta delega in calce al
controricorso;
– controricorrente Avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche,
n. 72/12, del 22 febbraio 2012, depositata il 4 maggio 2012, non

Data pubblicazione: 03/05/2013

notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9
aprile 2013 dal Consigliere Raffaele Botta;
Uditi l’avv. Donella Resta per la parte ricorrente, l’avv. Giuliano
Maria Pompa, per delega, per la Regione Lombardia e l’avv.
Gianfranco Marzullo per la società Enel Produzione S.p.A., parti
contro ricorrenti;
Udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Umberto Apice, che
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Comunità Montana di Valle Camonica, quale Ente gestore del
parco regionale dell’Adamello, ai sensi dell’art. 47 della legge regionale lombarda n. 16 del 2007 (legge che ha anche abrogato la legge
istitutiva del parco n. 86 del 1983), approvava con deliberazione n.
274 del 2007 il “Piano di Settore Acque del Parco dell’Adamello”, tra
le cui prescrizioni vi erano quelle inerenti alle modalità di preservazione della risorsa idrica per quanto riguarda l’aspetto quantitativo,
mediante l’individuazione della quantità minima d’acqua che i titolari
delle concessioni di derivazione sono tenuti a garantire negli alvei.
L’ente gestore lamenta di non essere stato coinvolto nel procedimento amministrativo che ha portato all’emanazione del provvedimento con il quale sono stai approvati i progetti presentati da Enel
Produzione S.p.A. per l’adeguamento dei vari impianti di produzione
idroelettrica di cui la società è titolare nella provincia di Brescia negli
obblighi di rilascio del deflusso minimo vitale, anche con riferimento
a corsi d’acqua situati all’interno del perimetro dell’area protetta.
La Comunità, quindi, ha impugnato innanzi al Tribunale Superiore
delle Acque Pubbliche il precitato provvedimento lamentando: a)
l’omessa sottoposizione dei progetti in questione all’ente gestore del
parco per la necessaria autorizzazione paesaggistica; b) l’omessa
valutazione dell’incidenza sull’adeguamento delle opere di presa al
rilascio del deflusso minimo vitale; c) la violazione delle prescrizioni
sul deflusso minimo vitale dettate dal piano di settore acque
dell’Ente Parco.
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha rigettato il ricorso,
con la sentenza in epigrafe, avverso la quale la Comunità Montana
di Valle Camonica, quale Ente gestore del parco regionale
dell’Adamello, ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati anche con memoria. Resistono con controricorso l’Enel Pro-

2

ha concluso per il rigetto del ricorso.

duzione S.p.A., che ha anche depositato memoria, e la Regione
Lombardia.
MOTIVAZIONE

1. Con il primo motivo l’ente gestore lamenta la violazione dell’art.
164, D.Lgs. n. 152 del 2006 in ragione del mancato coinvolgimento
dell’ente stesso nel procedimento amministrativo che ha portato alla
approvazione dei progetti presentati dal concessionario per
l’adeguamento delle opere di presa agli obblighi di rilascio del deuna contraddittorietà della motivazione con la quale il giudice a quo
ha giustificato la decisione adottata.
1.1. La censura non è fondata, né sotto il profilo della violazione di
legge, né sotto il profilo del vizio di motivazione, profilo
quest’ultimo, rispetto al quale, la censura stessa dovrebbe essere
dichiarata inammissibile, essendo il contenuto specifico della critica
alla sentenza impugnata correttamente inquadrabile esclusivamente
nel vizio di violazione di legge. Ma anche sotto questo profilo la censura si palesa priva di fondamento, in quanto la sentenza impugnata, con motivazione esente da vizi logici, ritiene che la ratio della
norma, che la ricorrente pretende violata, sia estranea alla previsione di un “obbligo di concertazione” tra Regione ed Ente Parco. Invero, la citata norma, al comma 2, secondo periodo, attribuisce
all’Ente Parco un compito di vigilanza – «gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all’interno
delle aree medesime» – e un potere di intervento “successivo” ad
una precisa rilevazione – (gli enti gestori) «richiedono all’autorità
competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano
alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d’acqua oggetto di captazione» – che non giustificano alcun diritto di “previa concertazione”
dell’ente da parte dell’autorità competente all’approvazione dei progetti di rilascio idrico da parte dell’Enel.
1.2. L’ente gestore sostiene, nel proprio ricorso, che i progetti di adeguamento di rilascio idrico presentati dall’Enel si siano attenuti alla “modalità ordinaria” di determinazione dei rilasci idrici e non, come mostra di ritenere il giudice a quo, seguendo la strada alternativa prevista dall’art. 31, comma 4, del “Programma di Tutela delle
Acque approvato dalla Regione Lombardia”, mediante la presentazione di progetti sperimentali dei rilasci idrici. Ma questa si palesa
come una mera affermazione sfornita di prova, né la parte ricorrente
sostiene di aver sollevato, e in quali termini, la questione qui eccepi3

flusso minimo vitale. In proposito la parte ricorrente denuncia anche

ta. Peraltro, anche se la circostanza fosse “vera”, non diverse sarebbero le conseguenze in ordine all’inesistente diritto dell’Ente Parco
alla “previa concertazione” e ad un supposto “potere di interdizione”.
2. Con il secondo motivo, la parte ricorrente lamenta una violazione
dell’art. 6 della direttiva 92/43/CEE (“Habitat”) e dell’art. 5 del
D.P.R. n. 357 del 1997, come sostituito dall’art. 6 del D.P.R. n. 120
del 2003, sempre relativamente al mancato coinvolgimento dell’ente
gestore nel procedimento amministrativo che ha portato alla approdelle opere di presa agli obblighi di rilascio del deflusso minimo vitale. Anche in questo caso la parte ricorrente denuncia un vizio di contraddittoria motivazione nella sentenza impugnata.
2.1. La censura non è fondata. Essa, in verità, muove da un presupposto indimostrato: cioè, che i progetti di cui si discute avessero una
“incidenza significativa” sui valori ambientali, perché si attivassero le
procedure di cui alla normativa richiamata.
2.2. Con una motivazione esente da vizi logici, ancora una volte il
giudice a quo legge correttamente le norme denunciate di falsa applicazione, riconoscendo che esse, pur essendo ispirate al “principio
di precauzione”, possano legittimare una interpretazione che ne dilati il «senso fino a comprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli sul sito»: «occorre dimostrare», afferma condivisibilmente la sentenza impugnata, «almeno un potenziale o latente stato
di pericolo per il sito, ma non anche meramente ipotizzato, a più forte ragione se poi, come nella specie, il progetto della controinteressata non ha formato oggetto d’una valutazione negativa in concreto
e, quindi, non ha dato adito all’emersione di tale pericolo».
2.3. La parte ricorrente non nega questa circostanza, ma afferma
che la normativa in questione prevede astrattamente un potere di
intervento dell’ente gestore per la valutazione di incidenza, indipendentemente dal fatto che vi sia in concreto una valutazione negativa
di possibile pericolo: in altri termini si tratta di una questione di legittimità procedurale, che prevede una “via obbligata” per giungere
all’emissione di un legittimo provvedimento, e non di una rilevazione
concreta di “incidenza significativa” del progetto. Ancora una volta
l’ente gestore reclama un “potere di interdizione”, senza peraltro
contestare adeguatamente la rilevante affermazione contenuta nella
sentenza impugnata in ordine alla circostanza che l’ente gestore non
abbia confutato nel merito il contenuto progettuale della controinteressata.
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vazione dei progetti presentati dal concessionario per l’adeguamento

3. Con il terzo motivo di ricorso, l’ente gestore lamenta la violazione
e falsa applicazione degli artt. 164, nonché 3 ter, 3 quater e 3-

quinquies del D.Lgs. 152 del 2006, in relazione alle potestà dalle
medesime norme riconosciute agli enti gestori di chiedere modifiche
dei quantitativi di rilascio idrico. Anche in questo caso la parte ricorrente lamenta anche un vizio di contraddittorietà della motivazione.
3.1. In buona sostanza la parte ricorrente sostiene che il progetto
presentato dall’Enel e approvato dalla Regione comporti per l’ente
della portata media annua della sezione di derivazione), mentre il
«Piano settoriale Acque del Parco prevede che la ricostituzione degli
equilibri biologici dei corsi d’acqua sottoposti a captazione, secondo
le finalità del più volte menzionato art. 164 del Codice
dell’Ambiente, necessiti di una quantità di rilascio del DMV pari al
20% della portata naturale delle sezioni di derivazione (10% della
componente base idrologica moltiplicata per il “fattore correttivo naturalistico N” = 2)».
3.2. La censura non è fondata. Essa pecca, come le precedenti, per
eccessiva genericità ed astrattezza, in evidente contrasto con quanto già rilevato in ordine alla mancata confutazione nel merito, da
parte dell’ente gestore, del contenuto progettuale della controinteressata: affermazione, quest’ultima, che costituisce una delle basi
fondanti della decisione adottata nella sentenza impugnata e che
non trova nel ricorso alcuna adeguata contestazione.
3.3. Il giudice a quo, nel fare riferimento all’attività di sperimentazione connessa ai progetti Enel contestati dall’ente gestore, afferma
che il fattore correttivo N2 della componente idrologica del DMV si
renderà definitivamente applicabile, come previsto dal piano del settore acque emanato dallo stesso ente gestore, «solo al momento in
cui sarà emanato il regolamento ad hoc indicato dall’art. 32, comma
8, delle NTA (Norme Tecniche di Attuazione) entro il 31 dicembre
2015, termine dal quale in ogni caso le NTA del piano di settore si
porranno, ai sensi dell’art. 164 del D.Lgs. 152/2006, come parte integrante necessaria del PTUA (Programma di Tutela e Uso delle Acque) regionale».
3.4. A fronte di questa ricostruzione normativa, il ricorso non oppone una solida e convincente altra prospettiva esegetica, che non sia
quella, reiterata ancora una volta, della rivendicazione procedimentale (infondatamente) fatta valere nelle precedenti censure. Ma ciò
che appare aver valore decisivo è la mancanza di una adeguata cri5

concessionario il solo rilascio della componente base idrologica (10%

tica di quanto affermato dal giudice a quo, quando quest’ultimo afferma che «il progetto della controinteressata non ha formato oggetto d’una valutazione negativa in concreto»: la parte ricorrente
non documenta in alcun modo l’esistenza di un sopravvenuto squilibrio dell’ecosistema capace di attivare il potere d’intervento dell’ente
gestore per l’applicazione delle NTA alle concessioni “già assentite”
(alle quali è ascrivibile quella in discussione), estendendo a
quest’ultime l’obbligo di rilascio più gravoso previsto per le “nuove”
3.5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. La complessità della
vicenda e l’assenza di precedenti specifici giustificano la compensazione delle spese di questa fase del giudizio.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2013.

concessioni.

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