Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10301 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/04/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 20/04/2021), n.10301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11646-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESARE FEDERICO

GLENDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/2013 della COMM. TRIB. REG. LIGURIA,

depositata il 16/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/12/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di (OMISSIS) notificò al sig. C.C. tre avvisi di accertamento, rettificando, con metodo sintetico, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4, nella versione ratione temporis applicabile, le dichiarazioni IRPEF in relazione agli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008.

Gli atti impositivi furono oggetto di distinti ricorsi da parte del contribuente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Genova, che, riuniti i ricorsi, li respinse.

Avverso la pronuncia di primo grado a lui sfavorevole il contribuente propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Liguria che, con sentenza n. 46, pronunciata il 25 ottobre 2013 e depositata il 16 gennaio 2014, non notificata, in accoglimento del gravame ed in totale riforma della sentenza di primo grado, annullò gli avvisi di accertamento impugnati.

Avverso detta sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi di ricorso, cui il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione degli artt. 2697,2727,2728 e 2729 c.c., nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 3, 4 e 5, e art. 42, del D.M. 10 settembre 1992 e del D.M. 19 novembre 1992, come integrati e modificati, da ultimo, dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17 maggio 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando l’erroneità della decisione impugnata nella parte in cui la CTR ha affermato che il c.d. accertamento redditometrico “rappresenta un possibile indizio di evasione, uno spunto di indagine che richiede di essere approfondita, di essere sostenuta e corroborata da altri elementi, prima di potere essere tradotta in rettifica della dichiarazione e la motivazione pertanto non può essere generica ma deve essere dettagliata”.

2. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 lamentando che, quanto all’esame degli elementi di prova contraria, che sarebbero stati offerti dal contribuente, la sentenza impugnata si sarebbe limitata ad affermazioni apodittiche, in base alle quali non è dato in alcun modo comprendere sulla base di quali elementi di fatto e di diritto il giudice tributario d’appello sia pervenuto alle conclusioni che hanno determinato l’accoglimento dei ricorsi del contribuente avverso gli atti impositivi ed il loro annullamento.

3. Con il terzo motivo, infine, subordinatamente al primo, l’Amministrazione finanziaria ricorrente lamenta violazione degli artt. 2697,2727,2728 e 2729 c.c., nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 3, 4 e 5, e art. 42, del D.M. 10 settembre 1992 e del D.M. 19 novembre 1992, come integrati e modificati, da ultimo, dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17 maggio 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando, in relazione alle denunciate violazioni o false applicazioni delle norme di diritto menzionate nella rubrica della censura, le statuizioni espresse dalla sentenza impugnata, già oggetto di specifica impugnazione con il motivo che precede, ove la CTR ha affermato che: “(i)I contribuente ha ricevuto un questionario a cui ha risposto senza contraddittorio alcuno, tant’è che sussistono una serie di errori nell’atto accertativo sulla base del redditometro, es. l’appartamento essendo affittato non può essere considerato residenza secondaria;

non vi sono motivazioni sul fatto di avere disatteso totalmente le indicazioni scritte fornite dal contribuente, es. appartamento vicino a quello del contribuente è totalmente privo di allacci, quindi non costituente residenza secondaria;

non tutti gli immobili rilevano ai fini del redditometro ma solo le residenze secondarie; il locale non ancora abitabile non può essere residenza secondaria;

per la ricostruzione del reddito e per la copertura reale della spesa sostenuta dal contribuente vi è agli atti la dimostrazione della provenienza della capacità economica”.

4. Il primo motivo è fondato e va accolto.

4.1. La sentenza impugnata, nel riferirsi, peraltro in maniera non del tutto congrua rispetto alla sua specifica portata decisoria, al precedente di questa Corte, Cass. sez. 5, 20 dicembre 2012, n. 23554, quanto alla valenza di presunzione semplice del possesso dei c.d. beni indice di capacità contributiva, che dovrebbe essere sostenuta e corroborata da altri elementi, si pone in aperto contrasto con le norme indicate nella rubrica del primo motivo di ricorso come innanzi trascritte, nella loro formulazione applicabile ratione temporis per gli anni d’imposta dal 2006 al 2008, oggetto della rettifica sfociata nella notifica degli atti impositivi, secondo l’interpretazione assolutamente prevalente di questa Corte, che ha più volte avuto modo di affermare che “(i)n tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, la disponibilità di un alloggio e di un autoveicolo integra, ai sensi del citato D.P.R., art. 2, nella versione “ratione temporis” vigente, una presunzione di capacità contributiva “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicchè il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perchè già sottoposta ad imposta o perchè esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (così, tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. primo settembre 2016, n. 17487; Cass. sez. 5, 23 luglio 2007, n. 16284; si veda ancora, più di recente sulla natura di presunzione legale relativa di capacità contributiva della disponibilità di beni indice, suscettibile di prova contraria, Cass. sez. 6-5, ord. 29 gennaio 2020, n. 1980).

4.2. Si è quindi ancora precisato che ” (i)n tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicchè è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore” (cfr,. tra le altre, Cass. sez. 6-5, ord. 29 aprile 2020, n. 8289; Cass. sez 5, 31 ottobre 2018, n. 27811; Cass. se. 6-5, ord. 10 agosto 2016, n. 16192).

4.3. La sentenza impugnata non risulta pertanto aver fatto corretta applicazione dei principi di diritto sopra esposti.

5. Sono ugualmente fondati il secondo e terzo motivo, in parte sovrapponibili e che possono essere quindi trattati congiuntamente.

5.1. La CTR, infatti, nella valutazione degli elementi di prova contraria offerti dal contribuente, atti a contrastare la valenza presuntiva dell’accertamento fondato sul possesso di beni indici di capacità contributiva, si è limitata, come si è testualmente riportato sub 3), ad affermazioni o erronee o assolutamente generiche e come tali inidonee a dar conto dell’effettiva disamina del materiale probatorio.

5.2. In relazione al primo profilo, oggetto di censura con il terzo motivo di ricorso, va ricordato che l’accertamento in esame, che copre il triennio 2006- 2008, è anteriore alle modifiche apportate al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22, convertito con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, in relazione al quale non era obbligatorio, a pena di nullità, il contraddittorio con il contribuente (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 31 maggio 2016, n. 11283; Cass. SU 9 dicembre 2015, n. 24823).

5.3. Quanto alla motivazione dell’accertamento basato su redditometro, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, si è affermato da questa Corte che ” la norma esige dati certi con riguardo alla esistenza del maggiore reddito imponibile e, in presenza di dati siffatti, richiede la individuazione dell’entità del reddito stesso con parametri indiziari, in via di deduzione logica dal fatto noto del fatto taciuto dal dichiarante, secondo i comuni canoni di regolarità causale. Ne consegue che, in presenza di dati certi ed incontestati, non è consentito pretendere una motivazione specifica dei criteri in concreto adottati per pervenire alle poste di reddito fissate in via sintetica nel cosiddetto redditometro, in quanto esse, proprio per fondarsi su parametri fissati in via generale, si sottraggono all’obbligo di motivazione, secondo il principio stabilito dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 2″. (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 23 giugno 2006, n. 14896; Cass. sez. 5, 11 gennaio 2006, n. 327).

5.4. La decisione impugnata si manifesta dunque erronea, in quanto in chiaro contrasto con gli anzidetti principì ai quali va assicurata ulteriore continuità.

5.5. In relazione al secondo profilo, di cui al secondo motivo di ricorso, la pronuncia si limita a dare per certa, senza indicare da quali elementi tragga il relativo convincimento, l’esistenza di un locale non ancora abitabile, così da non poter essere considerata residenza secondaria, concludendo con l’affermazione secondo cui “per la ricostruzione del reddito e per la copertura reale della spesa sostenuta dal contribuente vi è agli atti la dimostrazione della provenienza della capacità economica”.

5.6. E’ noto che questa Corte ha più volte affermato che “(r)icorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (cfr., tra le altre, più di recente, Cass. sez. lav. 5 agosto 2019, n. 20291; Cass. sez. 6-5, ord.7 aprile 2017, n. 9105).

5.7. Ciò è quanto indubbiamente si è verificato nella fattispecie in esame, in cui la CTR non ha dato conto adeguato degli elementi di prova contraria che sarebbero stati offerti dal contribuente tali da poter superare la presunzione legale relativa di sussistenza di capacità contributiva in relazione alla disponibilità certa ed effettiva dei beni indice indicati nei rispettivi atti impositivi, rendendo quindi impossibile, in parte qua, il controllo sulla ratio decidendi atta a sorreggere il convincimento espresso.

6. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio, per nuovo esame, alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Liguria, che, nell’uniformarsi ai sopra indicati principi di diritto, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

 

 

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