Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1030 del 20/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1030 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 8886-2012 proposto da:
VENDITTI IFIGENIA VNDFGN64P69D756W, quale titolare del
bar “Perla d’Oriente”, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SUSA
1, presso lo studio dell’avvocato DI DOMENICA IDA, che la
rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
CUPAIOLI SARA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GAVINANA 1, presso lo studio dell’avvocato CORAZZA LUISA,
rappresentata e difesa dall’avvocato SONNINI MICHELE giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 204/2011 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA del 24/2/2011, depositata il 30/03/2011;

Data pubblicazione: 20/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato Di Domenica Ida difensore della ricorrente che si

/
/

Ric. 2012 n. 08886 sez. ML – ud. 28-11-2013
-2-

riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 28
novembre 2013, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” La Corte di appello di L’Aquila, con sentenza del 30 agosto 2011,

domanda proposta da Cupaiuoli Sara nei confronti di Venditti Ifigenia,
aveva accertato la intercorrenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le
parti dal 29.8.2005, il diritto della ricorrente ad essere inquadrata nel 50
livello del CCNL Pubblici Esercizi, la inefficacia del licenziamento orale
intimato il 10.12.2005, condannando la Venditti al pagamento in favore
della lavoratrice della somma di euro 3.884,38 , oltre accessori di legge, per
differenze salariali, alla regolarizzazione della relativa posizione
contributiva ed alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro, con
il versamento delle retribuzioni dal licenziamento alla reintegra.
Ad avviso della Corte di merito le risultanze della istruttoria espletata — in
particolare le deposizioni dei testi escussi – avevano confermato che la
Cupaioli, nel periodo dall’agosto al dicembre 2005, aveva lavorato presso
l’esercizio commerciale della Venditti con mansioni di barista, con vincolo
di subordinazione, tutti i giorni della settimana, di pomeriggio dalle 15,00
alle 21,00 ad eccezione del sabato mattina, dovendo sostituire la titolare,
impedita perché in gravidanza.
Per la Cassazione di tale decisione propone ricorso la Venditti
affidato ad un unico motivo.
La Cupaioli resiste con controricorso.
Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio ( art. 360, co.1° n. 5 c.p.c.) per non avere la Corte di appello

I

confermava la decisione del Tribunale di Vasto che, in accoglimento della

adeguatamente valutato le risultanze della prova testimoniale dando
prevalenza alle deposizioni dei testi di parte ricorrente — palesemente
inattendibili — e non considerando le dichiarazioni rese dai testi indotti
dalla resistente dalle quali emergeva in modo non equivoco che la Cupaioli
aveva prestato la propria attività lavorativa nell’esercizio della Venditi in

che la titolare non era in grado di svolgere in quanto agli ultimi mesi di
gravidanza.
Il motivo è inammissibile.
Va rilevato che il vizio di omessa od insufficiente motivazione,
denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc.
civ., n. 5, sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito,
quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del
criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio
convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone
che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino
sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non
consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione
del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata.
Ne consegue che detti vizi non possono consistere nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito
rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice
individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove,
controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze
istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. 29
settembre 2009 n. 20844; 6 marzo 2008 n. 6064; S.U. 11 giugno 1998 n.
18885).

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modo del tutto saltuario ed occupandosi unicamente della pulizia del bar

Inoltre, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito
adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in
esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte
dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio
convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate

del 28/10/2003; Cass. n. 13342/1999).
Orbene, il motivo in esame integra un dissenso dalle conclusioni del
giudice di merito e sollecita una richiesta di controllo sulla motivazione
che si risolverebbe in una inammissibile duplicazione del giudizio di
merito (cfr. Cass n. 6288 del 18/03/2011; Cass. 10657/2010, Cass.
9908/2010, Cass. 27162/2009, Cass. 13157/2009, Cass. 6694/2009, Cass.
18885/2008, Cass. 6064/2008).
In effetti la sentenza impugnata ha vagliato le circostanze rilevanti ai fini
della decisione, svolgendo un iter argomentativo esaustivo, coerente con le
emergenze istruttorie acquisite ed immune da contraddizioni e vizi logici,
il che esclude la fondatezza, sotto il profilo del preteso vizio di
motivazione, delle doglianze svolte.
Il motivo, inoltre, è inammissibile anche per carenza del requisito
dell’autosufficienza non essendo state trascritte le deposizioni dei testi non
valutate dalla Corte di merito in quanto, per costante insegnamento di
questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione venga dedotta l’omessa
od insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita
mancata valutazione di risultanze processuali (un documento, deposizioni
testimoniali, dichiarazioni di parte, accertamenti del consulente tecnico) è
necessario al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della
decisività della risultanza non valutata che il ricorrente precisi – ove
occorra mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso – la
risultanza che egli assume decisiva e non valutata (o insufficientemente

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tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. n. 16162

valutata), dato che in ragione dell’autosufficienza del ricorso per
cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte di cassazione
sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è
possibile sopperire con indagini integrative (Cass. Ordinanza n. 17915 del
30/07/2010; Cass. n. 6679 del 24/03/2006; Cass. n. 8388 del

Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di
inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc.
civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione ritenendo, quindi, di
dichiarare il ricorso inammissibile.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna la ricorrente alle spese
del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in
euro2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, 11 28 novembre 2013
Il Presidente

12/06/2002).

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