Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10299 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. I, 29/04/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 29/04/2010), n.10299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 1407 del R.G. dell’ann. 2005 proposto da:

G.G. domiciliato in ROMA, via Mantegazza 24 presso

Luigi Gardin con l’avv. Gioffreda Adolfo di Brindisi che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di BRINDISI in persona del Sindaco in carica dom.to in Roma

via Cosseria 2 presso Alfredo Placidi con l’Avv. Consales Claudio di

Brindisi che lo rappresenta e difende per legge per procura speciale

a margine del controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce dep. il

10.12.2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18.3.2010 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Gionfreda che ha chiesto

accogliersi il ricorso ed udito, per il controricorrente e per

delega, l’avvocato Fermentino che ne ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con Decreto 22 maggio 1993, il Presidente del Tribunale di Brindisi ingiunse al Comune di Brindisi di corrispondere al richiedente ing. G.G. la somma di L. 26.047.527 quale compenso spettante per l’espletamento dell’incarico, deliberato dal Comune con atti della G.M. 762 e 1213 del 1989, di componente, designato dal CONI, della commissione giudicatrice della selezione per l’appalto di un’opera pubblica. Oppostosi il Comune, il Tribunale revocò il decreto e riconobbe al G. la minor somma di L. 4.000.000. La sentenza venne impugnata in via principale dal Comune di Brindisi, che deduceva la inesistenza di alcun diritto del professionista, stante l’assenza della necessaria pattuizione in forma scritta dell’accordo, ed in via incidentale dal G., che istava per la liquidazione dell’integrale compenso.

La Corte di Appello di Lecce con sentenza 10.12.2003 accolse l’appello principale e rigettò in loto la domanda del G., affermando: che per l’insorgenza del diritto al compenso del professionista, con riguardo all’espletamento dell’incarico assegnato, sarebbe stata necessaria la stipula di un accordo recante forma scritta ad substantium; che il suo evidente difetto nella specie, neanche nella forma di atti distinti di proposta ed accettazione, non poteva essere superato dalla esistenza del provvedimento del Comune che aveva disposto la costituzione di una commissione e chiamato ad integrarla il professionista esterno G., essendo le delibere della Giunta atti interni alla formazione dell’azione amministrativa; che neanche rilevavano i verbali delle riunioni della commissione giudicatrice dell’appalto, pur sottoscritti dal Sindaco e dal G., trattandosi di atti afferenti l’espletamento dell’incarico e privi di contenuto negoziale. Per la cassazione di tale sentenza il G. ha proposto ricorso affidato a due motivi, ai quali si è opposto il Comune di Brindisi con controricorso, illustrato in memoria finale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il G. denunzia violazione delle norme del codice ernie, del R.D. n. 2440 del 1923, art. 17 del R.D. n. 383 del 1934 e la carenza di logica motivazione, là dove la Corte di merito avrebbe pretermesso di considerare che nella specie all’esponente era stato conferito non già un incarico professionale di progettazione ma, con delibere G.M. nn. 762 e 1213 del 1989, il ruolo di componente di una commissione giudicatrice e con espressa previsione dei criteri per la liquidazione dei compensi, ruolo asseverato dai verbali, con la conseguenza per la quale era la delibera di nomina l’atto unico ed esclusivo da assumere a fonte del diritto al compenso.

Con il secondo motivo il ricorrente osserva, subordinatamente, che anche nella logica della esistenza di un “necessario” accordo ne- negoziale, la Corte aveva errato nel pretendere, in violazione delle norme del codice, l’esistenza di un atto contestuale di accordo negoziale, dimenticando che tra delibera di Giunta ed espresse affermazioni di accettazione contenute nei prodotti verbali ben si sarebbe potuta ravvisare la formazione della intesa sull’incarico, sulle sue modalità e sul suo compenso.

Entrambi i motivi sono privi di fondamento avendo la Corte di merito fatto corretta applicazione delle norme di legge e dei principi che questa Corte ha ripetutamente affermato.

E’ da premettere che l’esistenza di un momento negoziale atto a definire il rapporto tra le parti era, nella specie, reso indispensabile dal carattere professionale dell’opera richiesta al G., se pur detta opera era invocata per la realizzazione della volontà della p.a. nel momento selettivo della procedura di evidenza pubblica (si rammenta al proposito quanto affermato da Cass. n. 7535/2005): il G., infatti, lungi dal coprire ruoli all’interno dell’amministrazione comunale (sì da poter essere “comandato” all’incarico con provvedimento organizzativo interno) era un professionista esterno all’Amministrazione comunale chiamato a coprire l’incarico pubblico di componente della commissione giudicatrice di appalto di oo.pp. e che al Comune doveva pertanto essere legato, per l’espletamento dell’incarico stesso, da una convenzione contrattuale.

E la rilevanza di siffatta convenzione e della forma ad substantiam che, per legge, è imposta è altrettanto evidente, come indiscutibile è la impossibilità di ritenerla surrogata dall’interazione di atti dell’amministrazione con accettazioni per facta concludenza.

E’ stato infatti affermato che: Ai fini della conclusione di un contratto d’opera professionale, che, quando ne sia parte la pubblica amministrazione, va redatto, a pena di nullità, in forma scritta, èirrilevante l’esistenza di una deliberazione dell’organo collegiale dell’ente pubblico che abbia autorizzato il conferimento dell’incarico al professionista,richiamando ed approvando anche lo schema del disciplinare, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell’ente stesso e dal professionista. Detta deliberazione non costituisce, infatti, una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all’ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell’ente legittimato ad esprimere la volontà all’esterno e carattere meramente autorizzatorio (in tal senso la massima della sentenza n. 17695 del 2003. si rammentano anche Cass. nn. 14570/2004 – 3042/2005 24296/2005 – 17650/2007 – 27407/2008).

La carenza del requisito della forma scritta per la convenzione attuativa dell’incarico deliberato nel 1989 dalla G.M. del Comune di Brindisi appare poi ragione di nullità affatto assorbente rispetto al concorrente profilo della nullità per mancanza di impegno di spesa a copertura del compenso che, in base a quell’incarico, si sarebbe dovuto erogare, essendo stato deliberato l’incarico stesso con compenso da determinarsi in relazione a quantità e qualità del lavoro svolto.

Era stata infatti appena approvata la norma contenuta nel D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, comma 2, convertito nella L. n. 144 del 1989, la quale comminava la nullità a carico di qualsivoglia deliberazione e di qualsivoglia conseguente convenzione diretta ad acquisire servizi in favore di comuni, provincia e comunità montane in difetto di previo impegno di spesa (disponendo che il rapporto obbligatorio in tal caso intercorresse tra il professionista o fornitore ed il funzionario stipulante l’accordo). Dette norme, è altrettanto noto, attraverso viarie modificazioni legislative sono pervenute all’attuale definitivo inserimento nel D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 191 e 194, ed hanno ricevuto la più chiara e ferma interpretazione di sistema nella giurisprudenza di questa Corte (tra le ultime bastando richiamare Cass. n. 7966/2008, n. 27406/2008 e n. 22922/2009).

Alla luce di quanto esposto, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente alla refusione delle spese di giudizio in favore del controricorrente Comune.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a versare al controricorrente Comune per spese di giudizio Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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