Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10299 del 10/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/05/2011, (ud. 30/03/2011, dep. 10/05/2011), n.10299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3592-2010 proposto da:

P.M.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 120, presso lo studio

dell’avvocato MICALI FABIO, rappresentata e difesa dall’avvocato

MICALI FRANCESCO, giusta mandato speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

L’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

Avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 846/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA

dell’11/6/09, depositata il 31/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito per il controricorrente l’Avvocato PULLI CLEMENTINA che si

riporta agli scritti;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ELISABETTA

CESQUI che ha concluso per la manifesta infondatezza.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

Con sentenza n. 820/06 emessa in data 9.5.2006 il Tribunale, giudice del lavoro, di Barcellona P.G., rigettava la domanda proposta da P.M.G. nei confronti del Ministero del Tesoro e dell’Inps diretta al riconoscimento in capo alla ricorrente dello stato di invalida civile con diritto all’indennità di accompagnamento.

Avverso tale decisione proponeva appello la P. lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo l’accoglimento delle domande proposte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Messina, con sentenza in data 11.6.2009 depositata il 31.7.2009, in accoglimento del gravame, dichiarava il diritto della P. all’indennità di accompagnamento con decorrenza dal novembre 2006, condannando l’Inps alla relativa erogazione; compensava tra le parti le spese di giudizio e poneva definitivamente a carico dell’Inps le spese di consulenza tecnica già liquidate in corso di causa.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la P. con tre motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso l’Inps.

Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori costituiti.

Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione ad un motivo di gravame, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Rileva in particolare che il giudice di appello aveva omesso ogni statuizione in ordine alla richiesta di riforma della sentenza impugnata laddove essa ricorrente era stata ingiustamente condannata al pagamento delle spese di giudizio e di quelle di c.t.u..

Il motivo è infondato.

Sul punto occorre innanzi tutto evidenziare che nell’impugnata sentenza viene precisato che il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda proposta dalla P., “con spese compensate”; di talchè l’affermazione dell’odierna ricorrente circa la condanna disposta dal primo giudice al pagamento delle spese di giudizio e di c.t.u. non trova riscontro ed anzi appare smentita dal contenuto della sentenza di appello.

In secondo luogo occorre evidenziare che tale sentenza di appello, nel riformare, nel merito, la decisione adottata nel giudizio di primo grado, ha disposto la compensazione tra le parti delle spese di giudizio, travolgendo in tal modo ogni eventuale diversa statuizione contenuta, in ipotesi, nella sentenza del primo giudice. Ed invero, in base al principio fissato dall’art. 336 c.p.c., comma 1, secondo il quale la riforma della sentenza ha effetto anche sulle parti dipendenti dalla parte riformata (cosiddetto effetto espansivo interno), la riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado determina la caducazione ex lege della statuizione sulle spese, dovendo il giudice d’appello provvedere, anche (d’ufficio, ad un nuovo regolamento delle stesse (Cass. sez. lav., 18.7.2005 n. 15112;

Cass. sez. 1, 16.5.2006 n. 11491; Cass. sez. 3, 14.10.2008 n. 25143).

Col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto per avere il giudice di appello compensato integralmente le spese di secondo grado, pur essendo l’appellante vittoriosa in foto nel suddetto grado.

E con il terzo motivo di ricorso lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 circa la compensazione delle spese di giudizio, rilevando che il ricorso allo stereotipo della sussistenza dei “giusti motivi” si traduceva in una carenza di motivazione sul punto ed in un sostanziale diniego di tutela giurisdizionale.

I motivi suddetti, che per la stretta connessione logico – giuridica delle rispettive censure, possono essere esaminati congiuntamente, sono parimenti infondati.

Devesi in proposito evidenziare che in tema di regolamento delle spese processuali è ius receptum che il sindacato di questa Corte di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa.

Pertanto esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi.

In proposito la più recente giurisprudenza (v., tra le altre, Cass. SS.UU. 20598/2008) ha precisato, quanto alla motivazione della compensazione con riferimento al regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a).

che il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente ed inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione.

In relazione a tali principi, considerato l’accoglimento solo parziale dell’appello, la statuizione impugnata non merita le censure che le sono state rivolte.

Ed invero, nel caso di specie la Corte territoriale ha chiaramente ritenuto che costituisse giustificato motivo di compensazione il fatto che il perfezionamento dei requisiti sanitari per il diritto alla prestazione assistenziale si fosse verificato solo nel novembre del 2006, e cioè successivamente alla decisione del giudice di primo grado e quindi molto tempo dopo la presentazione della domanda amministrativa e la proposizione del ricorso giudiziario.

Alla stregua di quanto sopra il ricorso non può trovare accoglimento.

Nessuna statuizione va adottata in materia di spese, nei confronti dell’Inps, avendo la ricorrente depositato apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’art. 152 c.p.c. (come sostituito dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convenuto in L. 24 novembre 2003, n. 326); e parimenti nessuna statuizione in materia va adottata nei confronti de Ministero dell’Economia e delle Finanze, non avendo lo stesso svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2011

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