Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10298 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/04/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 20/04/2021), n.10298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian A – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5561-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., dom.to ope legis in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, n. 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente –

contro

P.M. (C.F. (OMISSIS)) e P.P. (C.F. (OMISSIS)),

rapp.ti e dif.si, in virtù di procura speciale a margine del

ricorso, dall’Avv. FRANCESCO IOPPOLI, presso il cui studio sono

elett.te dom.ti in ROMA, alla VIA TRIONFALE, n. 5697;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 82/5/13 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

della TOSCANA, depositata il 09/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/10/2020 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

 

Fatto

Osservato che l’AGENZIA DELLE ENTRATE emise nei confronti di P.M. e P.P., nella qualità di eredi di P.A., un avviso di accertamento per riprese I.R.P.E.F. ed I.V.A. relative all’anno di imposta 2004, in conseguenza delle plusvalenze realizzate dalla cessione di un’area edificabile con sovrastante fabbricato rurale sito in (OMISSIS);

che i contribuenti impugnarono tale provvedimento, limitatamente alla ripresa I.V.A., innanzi alla C.T.P. di Firenze che, con sentenza 147/20/11, respinse il ricorso; che, avverso tale decisione, P.M. e P.P. proposero gravame innanzi alla C.T.R. della Toscana la quale, con sentenza n. 82/5/13, depositata il 9.7.2013, in accoglimento dell’appello ed in riforma della gravata sentenza, annullò l’avviso di accertamento impugnato, osservando come il terreno oggetto di compravendita non fosse destinato ad attività agricola, irrilevante essendo la circostanza che lo stesso fosse stato dichiarato come oggetto di coltura ai fini ICI;

che avverso tale sentenza l’AGENZIA DELLE ENTRATE ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo. Si sono costituiti, con controricorso, P.M. e P.P..

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo, parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ovvero l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, relativamente all’uso agricolo del bene oggetto di compravendita, evincibile (a) dalla sua sottoposizione all’I.C.I prevista per i terreni agricoli nonchè (b) dalla riserva, in favore della residua proprietà P., del diritto di attingere acqua dal pozzo ubicato sulla porzione ceduta: donde avrebbe dovuto trarsi la natura strumentale dell’immobile ceduto rispetto all’attività di imprenditore agricolo svolta dall’alienante;

che il motivo – ammissibile, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa di parte controricorrente, rispetto al paradigma tanto dell’art. 360-bis c.p.c. (registrandosi in materia orientamenti oscillanti di questa Corte) quanto dell’art. 375 c.p.c. (per essere analitico, specifico ed autosufficiente) – è, in parte, infondato, in parte inammissibile (sotto profili diversi da quelli eccepiti dai controricorrenti);

che premesso che il vizio motivazionale denunciabile in questa sede non può concernere la motivazione insufficiente o contraddittoria, stante l’intervenuta modifica – applicabile ratione temporis al caso di specie – dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (donde l’inammissibilità della relativa doglianza), rispetto al lamentato “omesso esame” osserva il Collegio come non solo la C.T.R. ha preso espressa posizione sulla irrilevanza della dichiarazione ai fini I.C.I. relativa al terreno oggetto di compravendita, ma ha altresì escluso la destinazione agricola del bene compravenduto sulla base di elementi (quali la comproprietà di esso con altri soggetti non imprenditori agricoli e la mancata coltivazione – cfr. p. 2, penultimo cpv. della motivazione) non scalfiti, in concreto, dalla riserva di utilizzazione del pozzo ivi ubicato per irrigare le porzioni residue del fondo, rimaste in proprietà dei venditori, trattandosi di circostanza del tutto neutra rispetto all’uso, in concreto, del medesimo pozzo per le esigenze irrigue della porzione ceduta;

che il ricorso va, pertanto rigettato, con condanna dell’AGENZIA DELLE ENTRATE al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo; che va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (arg. da Cass., Sez. 6-L, 29.1.2016, n. 1778, Rv. 638714-01).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Per l’effetto condanna l’AGENZIA DELLE ENTRATE al pagamento, in favore di P.M. e P.P., delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.100,00 (quattromilacento/00), oltre al 15% su tale importo per rimborso forfetario delle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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