Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10296 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. I, 29/05/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 29/05/2020), n.10296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 35951/2018 proposto da:

N.P., elettivamente domiciliato in Roma Via Alberico II N. 4,

presso lo studio dell’avvocato Angelelli Mario Antonio, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pasqualino Gaetano

Mario;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1992/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 08/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2020 da Dott. SOLAINI LUCA;

udito l’Avvocato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Palermo ha respinto il gravame proposto da N.P., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza del tribunale di Palermo che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di essere di fede cattolica ed ha giustificato la sua partenza dal paese d’origine a causa delle minacce di morte subite da uno zio paterno, per il suo rifiuto di aderire alla religione animista che lo zio aveva imposto a lui e ai suoi fratelli.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi illustrati da memoria. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione delle norme di diritto, inerenti la disciplina sullo status di rifugiato e sul diritto di asilo, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 3, artt. 167 e 215 c.p.c., dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, art. 3 della CEDU artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e art. 101 Cost., comma 3 e art. 32 Cost., perchè la Corte d’appello aveva omesso di valutare adeguatamente le discriminazioni e le violenze che il ricorrente ha dichiarato di aver subito per motivi religiosi, alla luce dell’inadeguatezza del sistema giudiziario del suo paese per assicurargli la necessaria tutela, con violazione del principio della collaborazione istruttoria; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 6, par. 4 della direttiva comunitaria n. 115/08, L. n. 881 del 1977, art. 11, artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e art. 10 Cost., comma 3, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, nonostante la situazione di vulnerabilità sussistente e il livello d’integrazione raggiunto, alla luce della mancata valutazione comparativa tra le condizioni soggettive del ricorrente e la regressione delle condizioni personali e sociali in caso di rimpatrio.

Il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte”(Cass. n. 11101/19).

Nel caso di specie, la Corte d’appello non cita alcuna fonte informativa a supporto della sua descrizione della situazione generale del Ghana, mentre il ricorrente, in sede di ricorso, fonda le sue censure alla sentenza impugnata su precise fonti informative (v. pp. 5 e 6).

In accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Palermo, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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