Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10296 del 20/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10296 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: ARIENZO ROSA

ORDINANZA
sul ricorso 1261-2014 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE in persona del Direttore Centrale Entrate in proprio e quale
procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps
(SCCI) SpA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO
MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO,
EMANUELE DE ROSE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
MAGNANI CLAUDIO in proprio, già socio e liquidatore della Sri
Immobiliare Norditalia, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 20/05/2015

STEFANO MATTE’, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CARLO ABLONDI, giusta procura a margine del
controricorso;
– controrkorrente –

BOLOGNA del 9.5.2013, depositata il 26/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti (per delega orale
avv. Lelio Maritato) che si riporta ai motivi del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato Stefano Mattei che si riporta
agli scritti.
FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9
aprile 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Il Tribunale di Parma ha dichiarato illegittima l’iscrizione a ruolo dei
contributi oggetto della cartella esattoriale opposta, escludendo la
ricorrenza dei requisiti per la iscrizione di Magnani Claudio alla Gestione
Commercianti sul rilievo della illegittimità di una duplice iscrizione (alla
Gestione Commercianti ed a quella separata) e sul rilievo in fatto che
l’attività di amministratore della s.r.l. avesse natura prevalente essendo
l’attività di intermediazione immobiliare svolta in concreto dai vari
collaboratori.
La sentenza della Corte di appello di Bologna del 26.6.2013
confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato illegittime
le iscrizioni a ruolo e le cartelle di pagamento opposte, sul rilievo che,
pur dovendo aderirsi alla tesi della legittimità della doppia iscrizione, non
operando nel caso specifico la “fictio iuris” dell’unificazione della
contribuzione sulla base dell’attività prevalente, tuttavia non era

Ric. 2014 n. 01261 sez. ML – ud. 09-04-2015
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avverso la sentenza n. 646/2013 della CORTE D’APPELLO di

riscontrabile, ai fini della iscrizione alla Gestione Commercianti, la
sussistenza dei requisiti specificamente previsti dall’art. 1 comma 203 I.
662/96, posto che risultava che gli elementi probatori raccolti nel corso
dell’accertamento ispettivo avevano impedito di ritenere integrati i
requisiti normativi necessari ai fini dell’iscrizione dell’appellato nella

correttamente il giudice di primo grado aveva motivato sulla mancanza
di prova, di cui era onerato l’INPS, in ordine ai requisiti di abitualità e
prevalenza dell’attività commerciale tenuto conto della irrilevanza delle
uniche prove orali dedotte dall’INPS a conferma del verbale ispettivo.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, in proprio e quale
mandatario della SCCI, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui
resiste, con controricorso, il Magnani.
L’istituto denunzia con il primo motivo omessa motivazione su un punto
decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., in quanto il
giudice di secondo grado, facendo proprie le argomentazioni del primo
giudice, non aveva espresso sia pure in modo sintetico le ragioni della
conferma della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione
proposti, stante il rinvio contenuto nella sentenza di primo grado ad
altra pronunzia relativa alle stesse parti intervenuta in relazione a
diverso periodo contributivo, sebbene in relazione al medesimo verbale
di accertamento.
Con il secondo motivo, viene dedotta la violazione e falsa applicazione
dell’art. 1 commi 203 e 208 della legge 662/96, come interpretato
dall’art. 12 comma 11 del D. L. 78/2010, conv. dalla legge 122/2010, in
relazione all’art. 2697 c. c., ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., nonché
erronea motivazione, assumendosi che le norme richiamate della I.
662/96 avevano inteso estendere l’obbligo di iscrizione a soggetti prima
esclusi, tra i quali i soci di società a responsabilità limitata, prima esclusi
in ragione della limitazione della loro responsabilità, e che il requisito
della personale partecipazione al lavoro aziendale con abitualità e
prevalenza previsto ai fini dell’iscrizione alla gestione commercianti
doveva estendersi a quelle prestazioni di lavoro relative alle attività
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Gestione Commercianti in riferimento al periodo contestato e che

connesse, grazie alle quali il servizio veniva reso. Si ritiene non
condivisibile la conclusione del giudice del gravame, laddove era stato
ritenuto che l’attività espletata dal Magnani non sostanziasse il requisito
di cui alla lettera c) del comma 203 della legge 662/96.
Nel terzo motivo la doglianza si appunta sull’omessa valutazione su un

indicata dal giudice di secondo grado alcuna prova volta a sconfessare
le circostanze di cui alla dichiarazione resa dal Magnani in sede
ispettiva che, se fosse stata oggetto di adeguata cognizione, avrebbe
dovuto determinare il convincimento dello stesso giudice in ordine allo
svolgimento ad opera del predetto di un attività lavorativa all’interno
della società immobiliare con i caratteri dell’abitualità e prevalenza e
come tale idonea a giustificare l’iscrizione del predetto alla gestione
commercianti.
Quanto al primo motivo, deve rilevarsi che lo stesso è inammissibile,
posto che sebbene si censuri la mancata esposizione delle ragioni della
conferma della pronunzia di primo grado in relazione ai motivi di
impugnazione proposti, non si specifica il contenuto della censura in
riferimento alla quale sarebbe riscontrabile tale omissione, laddove nella
sentenza impugnata viene affermato che “non sono mosse censure
specifiche in ordine alla mancata ammissione delle prove orali dedotti
dall’INPS in primo grado oppure riguardo alla valutazione delle prove
testimoniali raccolte”. Peraltro, è principio pacifico quello alla cui
stregua la motivazione della sentenza “per relationem” è ammissibile,
atteso che l’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., nel testo novellato dalla
legge n. 69 del 2009, consente di rendere i motivi della decisione
attraverso una succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle
ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento ai precedenti
conformi. In particolare, è consentita la motivazione della sentenza
mediante rinvio ad un precedente del medesimo ufficio, sempre che, al
fine di rendere comunque possibile ed agevole il controllo della
motivazione, si dia conto dell’identità contenutistica della situazione di
fatto e di diritto tra il caso deciso dal precedente e quello oggetto di
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punto decisivo della controversia, evidenziandosi come non sia stata

decisione (cfr. Cass. 22.5.2012 n. 8053). In ogni caso, posto che il
richiamo a precedenti specifici era stato effettuato dal giudice di primo
grado, la doglianza relativa avrebbe dovuto costituire oggetto di
specifico motivo di gravame, nella specie non formulato.
Quanto al secondo motivo di impugnazione, si osserva che il comma

alternatività tra l’iscrizione alla gestione commercianti e l’iscrizione alla
gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, legge n. 335/95 e che,
sotto il profilo logico-sistematico, le contemporanee iscrizioni presso le
due gestioni si fondano su titoli diversi: la percezione di redditi di lavoro
autonomo, come amministratore della società, e la percezione di redditi
di impresa, in qualità di socio che partecipa al lavoro aziendale, nel caso
della gestione commercianti, sì che non può ipotizzarsi una duplicazione
di contribuzione, che il legislatore ha inteso evitare con il comma 208
sopra citato.
L’orientamento interpretativo espresso da S.U. n. 3240 del 2010 è
stato superato dalla legge di interpretazione autentica sopravvenuta, di
cui all’art. 12, comma 11, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv., con
modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122. Le Sezioni Unite, con la
sentenza n. 3240 del 13/02/2010, avevano ritenuto che, nel concorso tra
attività operativa e posizione di amministratore al socio amministratore
di s.r.l. si applicasse l’obbligo di iscrizione in un’unica gestione,
identificata in quella relativa all’attività prevalente, la cui identificazione
era onere dell’INPS. La soluzione a suo tempo accolta dalla Corte si
fondava su una esegesi essenzialmente letterale dell’art. 1, comma 208,
legge n. 662 del 1996.
E’, tuttavia, successivamente intervenuto il legislatore che, con norma
interpretativa, l’art. 12, comma 11, del d.l. n. 78 del 2010, convertito
nella legge n. 122 del 2010, ha espressamente escluso, per i rapporti di
lavoro per i quali è prevista l’iscrizione alla gestione separata, la regola
dell’unicità dell’iscrizione, che resta possibile (e presso la gestione
dell’attività prevalente) solo per le attività autonome esercitate in forma
d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti.
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208 dell’ articolo 1 I. 662/96 non ha introdotto alcun principio di

La legge interpretativa così dispone: “La L. 23 dicembre 1996, n. 662,
art. 1, comma 208, si interpreta nel senso che le attività autonome, per
le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista
per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai
commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono

esclusi dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i
rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla
gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2,
comma 26″.
Il legislatore ha quindi chiarito che il criterio dell”attività prevalente” non
opera per i rapporti di lavoro – quelli a carattere autonomo – per i quali è
obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui
alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26.
Tale disposizione ha infatti previsto che, a decorrere dal 1 gennaio
1996, sono tenuti all’iscrizione presso una apposita Gestione separata,
presso l’INPS, e finalizzata all’estensione dell’assicurazione generale
obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che
esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di
lavoro autonomo, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49,
comma 1, (Testo Unico delle imposte sui redditi), nonché i titolari di
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 49,
comma 2, lett. a), del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a
domicilio di cui alla L. 11 giugno 1971, n. 426, art. 36.
Le Sezioni Unite sono di nuovo intervenute sulla questione (di
particolare importanza) relativa all’iscrizione assicurativa del socio
amministratore di società a responsabilità limitata dopo le S.U. n. 3240
del 2010 e la novella interpretativa di cui all’art. 12, comma 11, del d.l. n.
78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010.
Nel riesaminare la questione, con sentenza n. 17076 dell’8 agosto
2011, hanno riconosciuto all’intervento del legislatore la natura di norma
effettivamente di interpretazione autentica ed hanno fornito alla
questione una soluzione giuridica difforme da quella fatta propria in
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iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS. Restano, pertanto,

precedenza, enunciando i seguenti principi di diritto: ” In caso di
esercizio di attività in forma d’impresa ad opera di commercianti o
artigiani ovvero di coltivatori diretti contemporaneamente all’esercizio di
attività autonoma per la quale è obbligatoriamente prevista l’iscrizione
alla gestione previdenziale separata di cui all’art. 2, comma 26, legge n.

parametro dell’attività prevalente, quale prevista dall’art. 1, comma 208,
legge n. 662 del 1996″.
“L’art. 12, comma 11, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, nella legge n. 122 del 2010 – che prevede che l’art. 1,
comma 208, legge n. 662 del 1996, si interpreta nel senso che le attività
autonome per le quali opera il principio di assoggettamento
all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate
in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori
diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni
dell’INPS, mentre restano esclusi dall’applicazione dell’art. 1, comma
208, legge n. 662 del 1996, i rapporti di lavoro per i quali è
obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui
all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 – costituisce norma
dichiaratamente ed effettivamente di interpretazione autentica, diretta a
chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in
quanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU
– quanto al mutamento delle “regole del gioco” nel corso del processo trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita
dall’art. 70 Cost.”.
La soluzione adottata è stata successivamente confermata
nell’orientamento da ultimo recepito nelle seguenti pronunce: Cass. Sez.
L, Sentenza n. 9153 del 6 giugno 2012; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n.
9803 del 14 giugno 2012, che ha enunciato il principio di diritto che
segue: “In caso di esercizio di attività in forma d’impresa ad opera di
commercianti, artigiani o coltivatori diretti, contemporaneo all’esercizio di
attività autonoma per la quale è obbligatoria l’iscrizione alla gestione
separata ex art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, ai sensi
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335 del 1995, non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del

dell’art. 1, comma 208, della legge n. 662 del 1996, autenticamente
interpretato dall’art. 12, comma 11, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in legge
n. 122 del 2010, non opera la “fictio iuris” dell’unificazione della
contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, ma vale il
principio della doppia iscrizione. Ne consegue che il socio di una società

lavoro autonomo, quale collaboratore coordinato e continuativo, è
soggetto a doppia contribuzione, presso la gestione separata per i
compensi di lavoro autonomo e presso la gestione commercianti per il
reddito d’impresa”.
Tale soluzione ha trovato l’avallo anche della Corte costituzionale che,
con la sentenza n. 15 del 2012, ha riconosciuto la legittimità
costituzionale della norma di interpretazione autentica in riferimento agli
articoli 3, 24, comma primo, 102, 111 comma secondo, e 117, comma
primo Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Può quindi sintetizzarsi che la regola espressa dalla norma risultante
dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1,
comma 208) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. 31
maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è nel senso che l’esercizio di
attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione
separata, che si accompagni all’esercizio di un’attività di impresa
commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sé comporti l’obbligo
dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non è
regolato dal principio dellmattività prevalente”. Si tratta di attività distinte
e (sotto questo profilo) autonome, sicché parimenti distinto ed autonomo
resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa. Non
opera il criterio (dell’art. 1, comma 208, cit.) dell’unificazione della
posizione previdenziale in un’unica gestione secondo l’individuazione
dell’attività “prevalente”.
Tuttavia la sentenza impugnata non ha ritenuto dirimente
l’accertamento del carattere prevalente dell’attività prestata dall’ attuale
intimato quale amministratore rispetto a quella prestata nello
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a responsabilità limitata, che svolge per la società stessa attività di

svolgimento dell’impresa come socio/prestatore d’opera. Ha piuttosto
ritenuto, con accertamento di merito che risulta immune dalle censure
genericamente svolte nel terzo motivo di impugnazione — non essendo
presente alcuna individuazione del “fatto storico”, il cui esame sia stato
omesso, del “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente,

processuale tra le parti e della sua “decisività” — che l’attività
commerciale idonea all’iscrizione alla relativa gestione non presentasse
i requisiti di cui all’art. 1 comma 203 I. 662/96. D’altro canto la sentenza
a s. u del S. C. 3240/2010, se pure superata da giurisprudenza
successiva, deve ritenersi utilmente richiamabile nella parte in cui
sancisce che in caso di verifica della insussistenza dei requisiti per
l’iscrizione alla gestione commercianti, non vi è necessità di procedere
al giudizio di prevalenza tra detta attività e quella di amministratore, con
conseguente obbligo di iscrizione del ricorrente esclusivamente alla
gestione separata, laddove non può essere più condivisa nella parte in
cui afferma che ove venga accertata la presenza dei requisiti per
l’iscrizione alla gestione commercianti, si debba procedere al giudizio di
prevalenza, verificandosi se il contribuente dedichi personalmente la
propria opera professionale prevalentemente ai compiti di
amministratore della società, ovvero ai compiti di cui all’attività
commerciale.
Nessuna delle indicazioni sopra indicate viene fornita (le censure svolte
in appello dall’INPS riguardavano — come emerge dal contenuto della
decisione impugnata – esclusivamente il valore confessorio delle
dichiarazioni rese dal Magnani nel corso dell’accertamento ispettivo ed il
valore da attribuirsi ai relativi verbali) e l’omissione integra violazione del
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il quale trova la
propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di
legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere
all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (cfr, Cass. n. 86 del 2012) e
altresì di permettere alla Corte di Cassazione di verificare se una
determinata questione possa ancora ritenersi sub iudice (cfr., Cass. n.
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del “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione

5970 del 2011). I principi di diritto richiamati, che risultano mediati da
una valutazione in fatto che resiste alle censure del ricorrente, risultano
pertanto correttamente applicati con riferimento alla fattispecie
esaminata.
Si propone, pertanto, il rigetto del ricorso dell’INPS”.

unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio. L’INPS ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378
c. p.c.
Ritiene il Collegio che le osservazioni in fatto e le considerazioni e
conclusioni in diritto svolte dal relatore (che trovano anche conferma nella
più recente Cass. 19 marzo 2014, n. 6470) siano del tutto condivisibili e
non scalfite dalla memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. con la quale
l’I.N.P.S., oltre a riproporre le ragioni esposte a sostegno dei motivi di
ricorso, ha in modo inammissibile fatto richiamo per la prima volta a
dichiarazioni testimoniali non riportate in ricorso.
Va, in ogni caso, ulteriormente sottolineato che, se la regola espressa
dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre
1996, n. 662, art. 1, comma 208) e dalla disposizione di interpretazione
autentica (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è che
l’esercizio di un’attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la
quale di per sè comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione
assicurativa presso l’I.N.P.S., non fa scattare il criterio dell’unificazione
della posizione previdenziale in un’unica gestione secondo
l’individuazione dell’attività “prevalente”, rimanendo attività distinte e
(sotto questo profilo) autonome, sicché parimenti distinto ed autonomo
resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa, deve
coerentemente ritenersi che ognuna delle due distinte attività debba
essere valutata, ai fini della sussistenza dell’obbligo contributivo, secondo
gli ordinari criteri.
Così la sussistenza di un’attività comportante l’obbligo contributivo nei
confronti della gestione commercianti va valutata con i criteri di cui al già
sopra ricordato comma 203 del medesimo art. 1 della legge n. 662/1996.
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Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione,

Ai fini, dunque, di tale ulteriore (rispetto a quello della gestione separata)
obbligo contributivo non è richiesta la verifica del requisito della
prevalenza (che vale nel solo ambito delle attività autonome inquadrabili
nei settori produttivi del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura; vale,
cioè, solo al fine di evitare più di una contribuzione nel caso di un

attività plurime, ma pur sempre tutte “assicurabili” nelle gestioni previste
per le attività in parola), bensì quella della sussistenza degli elementi
della abitualità e della professionalità della prestazione lavorativa, nonché
degli altri requisiti eventualmente previsti dalle rispettive discipline
normative di settore.
Per il doppio onere occorre, dunque, una “coesistenza” di attività
riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione
societaria.
La verifica della sussistenza di requisiti di legge per tale “coesistenza” è
compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e
rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo
le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti
costitutivi dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n.
5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga compiutamente assolto,
potendo assumere rilevanza, ai fini di tale valutazione e, quindi, della
prova del personale apporto all’attività di impresa, con diretta ed abituale
ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi
quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di
dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni (così, ad
esempio, in presenza di una società di capitali con numerosi dipendenti
ed un sistema organizzato di controlli sul personale, la diretta
partecipazione al lavoro aziendale dell’amministratore, ancorché pure
socio, non beneficia di elementi presuntivi che, diversamente, possono
sussistere quando si è in presenza di una società con due soli soci, di cui
uno amministratore, e senza dipendenti – si veda, per una ipotesi di
questo secondo tipo, Cass. 11 luglio 2012, n. 11685 -).

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soggetto esercente contemporaneamente, anche in un’unica impresa,

Ciò precisato, nella specie, il decisum della Corte territoriale, incentrato
sullo svolgimento da parte del Magnani della sola attività di
amministratore, senza alcuna partecipazione diretta all’attività materiale
ed esecutiva dell’azienda, non è stato validamente infirmato dalla parte
ricorrente e dai mezzi d’impugnazione articolati.

responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla
realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento
di tale capitale) può essere significativa dell’esercizio di diretta attività
commerciale nell’azienda.
Sussiste con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc.
civ. per la definizione camerale del processo.
Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
I recenti interventi, legislativo e giurisprudenziali, giustificano la
compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30
gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1
quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,

comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero, in base al tenore
letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei
presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce
un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è
collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto
oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale
o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione,
muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un
parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario
o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua
disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di
legittimità.

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Né, di per sé, la qualifica di socio di una società di capitali (con

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9.4.2015

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