Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10296 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/04/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 20/04/2021), n.10296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 12442 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.A., P.V., P.R. e B.R.

nella qualità di eredi di Pi.Vi., rappresentati e difesi,

giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.to

Patrizia Simonetti, elettivamente domiciliati presso lo studio

dell’avv.to Domenico Ferri, in Roma, Via Antonio Raimondi n. 29;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

centrale, sezione di Perugia, n. 63/02/2013, depositata in data 21

marzo 2013, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29 ottobre 2020 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza n. 63/02/2013, depositata in data 21 marzo 2013, non notificata, la Commissione tributaria centrale, sezione di Perugia, accoglieva il ricorso proposto da P.A., P.V., P.R. e B.R., nella qualità di eredi di Pi.Vi., nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 203/03/1994 della Commissione tributaria di secondo grado di Perugia che aveva accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della Commissione Tributaria di primo grado di Perugia n. 1279/91 che aveva accolto il ricorso di Pi.Vi., titolare della omonima azienda agraria, avverso l’avviso di rettifica n. (OMISSIS) relativo ad Iva, per l’anno 1983, con il quale era stata contestata l’indebita detrazione di imposta per l’acquisto di bestiame da allevamento, avendo, ad avviso dell’Amministrazione, il contribuente, esercente attività di allevamento bovini, optato per la detrazione Iva nel modo normale, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, come modificato dal D.L. n. 746 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 17 del 1984, in mancanza della prevista condizione della disponibilità da parte dell’allevatore di terreni nei quali risultasse producibile oltre la metà dei mangimi necessari per il mantenimento del bestiame allevato;

– la Commissione tributaria di secondo grado di Perugia, nel riformare la decisione di primo grado, aveva ritenuto legittimo l’avviso di rettifica impugnato osservando che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, comma 6, nel testo vigente ratione temporis, escludesse la possibilità dell’opzione per la detrazione in regime normale qualora non vi fosse stata in capo all’allevatore, come nella specie, la disponibilità di terreni nei quali risultasse producibile oltre la metà dei mangimi necessari per il mantenimento del bestiame;

– la Commissione Tributaria centrale, in punto di diritto, per quanto di interesse, osservava che, nella specie, come dedotto dal contribuente, questi non aveva optato per la detrazione dell’Iva, nel 1983, nel modo normale – regime per il quale occorreva il requisito del possesso da parte dell’allevatore di terreni sufficienti alla produzione di oltre la metà del mangime necessario per il mantenimento del bestiame – ma aveva eseguito, in sede di dichiarazione, la liquidazione dell’imposta, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, commi 1 e 2 – nel testo vigente ratione temporis- avendo effettuato sia operazioni agricole che operazioni diverse, per cui, trattandosi di impresa agricola mista, non operavano espresse limitazioni al rimborso dell’eventuale eccedenza di imposta;

– avverso la sentenza della CTC, l’Agenzia delle entrate, propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, cui resistono, con controricorso, P.A., P.V., P.R. e B.R. nella qualità di eredi di Pi.Vi.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, nella formulazione vigente ratione temporis, per avere la CTC ritenuto erroneamente legittima la detrazione Iva operata, ex art. 34 cit., dal contribuente, nel 1983, per l’acquisto di bestiame da allevamento, ancorchè fino al 1983, la detrazione di imposta per l’acquisto di bestiame bovino ad opera degli imprenditori individuati dal citato art. 34, comma 1, a prescindere dal regime di detrazione utilizzato, fosse consentita solo a condizione che questi avesse dimostrato di possedere terreni idonei ove svolgere l’attività di allevamento del bestiame;

– il motivo è infondato;

– dalla sentenza impugnata risulta accertato, in punto di fatto, che nella specie, il contribuente non aveva esercitato la detrazione Iva nel modo normale ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, comma 4, nel testo vigente ratione temporis, ma aveva proceduto alla liquidazione dell’imposta ai sensi del medesimo art., commi 1 e 2, avendo effettuato, in relazione all’anno di imposta 1983, sia operazioni agricole che operazioni diverse; da qui la ritenuta non operatività della limitazione di cui al comma 6 – che esclude l’opzione per i soggetti esercenti attività di allevamento di bovini che non dispongono di terreni nei quali risulti producibile oltre la metà dei mangimi necessari per il mantenimento del bestiame allevato – prevista soltanto per la detrazione Iva nel modo normale;

– come dedotto dalla stessa ricorrente, in relazione al medesimo credito Iva, risultante dalla dichiarazione per l’anno 1983 relativamente all’acquisto di bestiame da allevamento – oggetto di ripresa a tassazione con l’avviso di rettifica in questione – pendeva dinanzi a questa Corte ricorso RG 6767/2012, concernente l’impugnativa del relativo diniego di rimborso, definito con sentenza n. 4131/15, depositata il 2 marzo 2015, che, rigettando il ricorso dell’Agenzia- in adesione alle decisioni dei primi due gradi di giudizio- aveva confermato l’annullamento di tale atto;

– nella detta pronuncia – che nel presente giudizio assume l’efficacia di giudicato esterno – la Corte ha disatteso l’interpretazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, proposta dall’Ufficio secondo cui all’allevatore di bestiame sarebbe consentita la detrazione Iva – sia nel regime ordinario che in quello forfetario – alla medesima condizione della dimostrazione del possesso di una sufficiente superficie di terreno ai fini della produzione della metà del mangime necessario all’allevamento del bestiame dichiarato; invero, come sottolinea la Corte, avuto riguardo alla chiara lettera del citato art. 34, nel testo vigente ratione temporis, la condizione – del possesso dei predetti terreni- era prevista solo ai fini dell’opzione per la detrazione nel modo normale, e non già ai fini dell’effettuazione della detrazione con la modalità forfetizzata – come era pacificamente avvenuto, nel caso di specie, nella dichiarazione per l’anno 1983;

– avuto riguardo alla richiamata pronuncia n. 4131/2015 di questa Corte che – alla luce del chiaro significato letterale dell’art. 34, nella versione vigente ratione temporis, (ante novella – in vigore dal 1/1/1984 – di cui al D.L. n. 746 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 17 del 1984) – rigettando il ricorso dell’ufficio, ha confermato l’annullamento del diniego sull’istanza di rimborso del medesimo credito Iva oggetto di ripresa a tassazione con l’avviso di rettifica in questione, risulta privo di fondamento anche il presente ricorso, avendo la CTC correttamente ritenuto l’inapplicabilità, al caso di specie, della limitazione di cui al citato art. 34, comma 6, non avendo il contribuente optato, nella dichiarazione per l’anno 1983, per la detrazione Iva nel modo normale, sola ipotesi in relazione alla quale era da correlare, nel testo vigente ratione temporis, tale limitazione;

– in conclusione, il ricorso va rigettato;

– in considerazione della sopravvenienza della sentenza n. 4131/2015 di questa Corte alla proposizione del ricorso per cassazione, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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