Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10295 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. I, 29/05/2020, (ud. 07/01/2020, dep. 29/05/2020), n.10295

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3282/2019 proposto da:

L.D., elettivamente domiciliato in Roma V.le Delle Milizie 38,

presso lo studio dell’avvocato Paravani Stefania e rappresentato e

difeso dall’avvocato Ciarletta Dario Carlo Enrico, giusta procura

speciale in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 03/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/01/2020 da Dott. IOFRIDA GIULIA;

udito l’Avvocato Ciervo Antonello, per il ricorrente, su delega

scritta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 22/2019, ha respinto il gravame di L.D., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale che, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, aveva respinto la richiesta dello straniero di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria.

In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che: la situazione narrata dal richiedente (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, la regione di Tambacoundia, per sfuggire alle violenze dei famigliari, di religione mussulmana, parenti del padre, alla morte di questi, i quali avversavano la sua unione con una donna che professava diversa religione, da cui egli aveva avuto due figli) presentava scarsa verosimiglianza (in quanto la vendetta famigliare si era manifestata dopo molti anni dalla nascita dei due figli e la stessa moglie, pur di diversa religione, era rimasta in Senegal, ospite presso gli zii materni), con conseguente insussistenza dei presupposti per i riconoscimento dello status di rifugiato; quanto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, su cui esclusivamente era incentrato l’appello, il racconto del richiedente non integrava un pericolo di danno grave, in quanto la regione di provenienza, pur prossima a quella di Casamance, non era interessata da violenza indiscriminata, come emergeva dalle più “recenti agenzie di stampa”, successivamente al 2016; non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero nè rilevando una situazione di particolare integrazione in Italia nè particolari patologie necessitanti di terapie non praticabili nel Paese d’origine.

Avverso la suddetta pronuncia, L.D. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che resiste con controricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, non avendo la Corte d’appello assolto all’onere di cooperazione istruttoria nella materia, verificando il grado di violenza indiscriminata e di insicurezza che caratterizza l’attuale situazione del Senegal, sulla base del rapporto annuale di Amnesty International 2017-2018; 2) con il secondo motivo, in relazione al rigetto della richiesta di protezione umanitaria, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non essendo stato valutato il percorso di integrazione avviato in Italia, con contratti di lavoro a tempo determinato.

2. La prima censura è fondata.

La Corte d’appello ha ritenuto, con riguardo all’unica forma di protezione sulla quale verteva l’appello, la protezione sussidiaria, essere noto ormai, sulla base “delle più recenti agenzie di stampa”, che la regione del Senegal di provenienza del richiedente, pur prossima alla Casamance, dal 2016 in poi non era interessata da una situazione di violenza indiscriminata, in quanto “perdurano solo nel paese atti di banditismo e rapine ascrivibili alla criminalità comune ma non alla situazione di instabilità legata al conflitto in essere”.

Ora, questa Corte da ultimo ha precisato che ” la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (Cass. 13897/2018).

La sentenza impugnata, non avendo menzionato in alcun modo le fonti informative da cui ha tratto gli elementi per escludere la ricorrenza attuale di una situazione di violenza indiscriminata, per come allegata dal ricorrente, va dunque cassata.

3. Il secondo motivo risulta assorbito, riguardando la forma di protezione minore di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, di per sè subordinata alla protezione sussidiaria.

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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