Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10293 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. I, 29/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 29/04/2010), n.10293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.C.M. (cf. (OMISSIS)), S.L.P.

(c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA

SILVIO PELLICO 24, presso l’avvocato CARELLO CESARE ROMANO, che le

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOLOGNI VITTORIO giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAMPI BISENZIO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, L.RE FLAMINIO 46, presso lo STUDIO

GREZ TOZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato TOZZI LUCIANO,

giusta procura in calco al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1296/2004 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 16/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito per il resistente, l’Avvocato TOZZI, che ha chiesto il rigetto

del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 1^ giugno 2001, S.C. M. e S.L.P. esponevano che il Comune di Campi Bisenzio aveva sottoposto a procedura espropriativa un appezzamento di terreno di cui erano comproprietarie pro indiviso, identificato al N.C.T. al foglio di mappa n. (OMISSIS), particelle n. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per realizzare un Piano di Edilizia Economica e Popolare.

Il Comune aveva occupato il fondo il 30 marzo 1996 per una superficie di 2.136 metri quadrati e lo aveva definitivamente espropriato con Decreto del 29 marzo 2001, per una superficie di 1.650 metri quadrati, ma aveva offerto indennità inferiori a quelle dovute.

Tanto premesso, le S. convenivano il Comune di Campi Bisenzio dinanzi alla Corte d’appello di Firenze per sentir determinare la giusta indennità di espropriazione e di occupazione di urgenza, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Instauratosi il contraddittorio, il Comune convenuto resisteva alla domanda, sostenendo che aveva determinato in L. 15.600 al metro quadrato l’indennità di espropriazione e di occupazione di urgenza, tenendo conto della detrazione del 40% conseguente alla mancata cessione volontaria delle aree, ed aveva, quindi, depositato la somma di L. 25.740.000 presso la Cassa Depositi e Prestiti di Firenze, Eccepiva che, in ogni caso, l’indennità non poteva essere superiore rispetto al valore dichiarato ai fini dell’Imposta Comunale sugli Immobili, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 16, comma 1, e che l’indennità costituiva debito di valuta e, perciò, non era suscettibile di rivalutazione monetaria. Proponeva, quindi, domanda riconvenzionale per sentir determinare l’indennità spettante alle opponenti in misura pari al valore dichiarato ai fini dell’I.C.I. e, in via subordinata, chiedeva il rigetto della domanda.

La causa veniva istruita con l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio e con la produzione di documenti.

La Corte di Appello di Firenze, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, determinava l’indennità di espropriazione in Euro 6.157,82 e l’indennità di urgenza in Euro 1.441,68.

Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione le S. sulla base di tre motivi cui resiste con controricorso il Comune di Campi Bisenzio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si dolgono del fatto che la Corte di merito abbia riconosciuto la decurtazione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, pur in assenza di adeguata prova da parte del Comune circa la sussistenza dei presupposti per operare la detta riduzione, non potendosi detto onere probatorio ritenersi assolto dalla CTU. Con il secondo motivo lamentano, sotto il profilo del vizio motivazionale, l’erroneità della sentenza per mancanza degli elementi adeguati per determinare il valore dell’immobile e per l’erroneità dei calcoli effettuati.

Con il terzo motivo si dolgono della inadeguatezza della determinazione dell’indennità alla luce delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Venendo all’esame del primo motivo di ricorso, si osserva che la Corte d’appello ha motivato l’applicabilità della riduzione ICI di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, sulla circostanza che dalla documentazione allegata alla CTU risultava “che per l’anno 1993 entrambe le S. avevano dichiarato ai fini ICI il valore di lire 35.300.000 corrispondenti ad euro 18.230,93 per la loro quota del 50% della partita n. 9191”.

Le ricorrenti contestano tale decisione ritenendo che il Comune, cui spettava l’onere, non aveva prodotto in causa la dichiarazione ICI di esse ricorrenti e che la mancanza dell’adempimento di suddetto onere probatorio non poteva essere supplito dalla consulenza tecnica e dalla documentazione ad essa allegata.

La censura appare fondata.

Occorre innanzi tutto ribadire che la consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, con la conseguenza che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. Al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative è consentito derogare unicamente quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo in questo caso consentito al c.t.u.

anche di acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse. (Cass 3191/06,Cass 10202/08).

Nel caso di specie, non è dubbio che l’onere di produrre il documento relativo alla dichiarazione ICI spettava al Comune resistente senza che detto onere di produzione potesse essere supplito dal Consulente tecnico d’ufficio.

Tuttavia poichè quest’ultimo ha acquisito, su espressa disposizione del giudice, il documento in questione, occorre valutare se lo stesso poteva essere utilmente utilizzato in giudizio.

Questa Corte ha più volte osservato che nel vigente ordinamento processuale, caratterizzato dall’iniziativa della parte e dall’obbligo del giudice di rendere la propria pronunzia nei limiti delle domande delle parti, al giudice è inibito trarre dai documenti comunque esistenti in atti determinate deduzioni o indicazioni, necessarie ai fini della decisione, ove queste non siano specificate nella domanda, o – comunque – sollecitate dalla parte interessata (cfr. Cass., 12 febbraio 1994, n. 1419; Cass 5149/01).

Tutto ciò sempre però sul presupposto che la produzione sia stata in ogni caso tempestiva non potendosi comunque fondare la decisione su documenti irritualmente proposti.

Tale circostanza non ricorre nel caso di specie.

La documentazione è stata pacificamente acquisita in giudizio tardivamente ben dopo l’udienza di prima comparizione dal consulente tecnico d’ufficio, nè, del resto, il Comune su cui gravava l’onere,risulta avere dedotto che il documento è stato prodotto nei termini stabiliti dal codice di rito (Cass. 15189/05; Cass. 18949/06;

Cass. 24874/06), per cui, anche a voler considerare che il Comune di Campi Bisenzio abbia dichiarato nelle proprie difese di volersi avvalere di detto documento, lo stesso non poteva comunque avere ingresso nel giudizio stante il mancato rispetto del termine di cui all’art. 184 c.p.c..

Questa Corte ha già infatti avuto occasione di chiarire che nei procedimenti – come quello di specie – instaurati dopo il 30 aprile 1995, regolati dalle nuove disposizioni introdotte dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, non trova più applicazione il principio secondo cui l’inosservanza delle disposizioni che delimitano il momento in cui è possibile produrre in giudizio documenti deve ritenersi sanata qualora la controparte non abbia sollevato la relativa eccezione in sede di discussione della causa dinanzi al collegio. Difatti il novellato art. 184 cod. proc. civ., non solo prevede l’eventuale assegnazione alle parti di un termine entro cui dedurre prove e produrre documenti, ma espressamente stabilisce il carattere perentorio di detto termine, il che vale a sottrarre siffatto termine alla disponibilità delle parti (stante il disposto dell’art. 153 cod. proc. civ.), come del resto implicitamente confermato anche dal successivo art. 184 bis c.p.c., che contempla la possibilità di rimessione in termini, ma solo ad istanza della parte interessata ed a condizione che questa dimostri di essere incorsa nella decadenza per una causa ad essa non imputabile (Cass. 5539/04 Cass. 24422/09).

In tal senso, è irrilevante il silenzio delle attuali ricorrenti sul documento contenente la dichiarazione ICI poichè il silenzio serbato da una parte sul documento irritualmente e tardivamente prodotto dall’altra non può valere come accettazione del contraddittorio sullo stesso, posto che il comportamento di una parte, successivo all’attività tardiva espletata dall’altra, per assumere il significato di accettazione del contraddittorio, deve essere univoco, sicchè non può assumere rilievo decisivo il semplice protrarsi del difetto di reazione o il silenzio. (Cass. 15189/05, Cass. 1171/04).

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento degli altri.

Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione.

La sentenza impugnata va di conseguenza cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione che si atterrà nel decidere al principio di diritto dianzi enunciato e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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