Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10290 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10290 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 21567-2011 proposto da:
FRONZA

ELVIO

FRNLVE33P05C756K,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51,

presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ANTONINI, che lo
rappresenta e difende giusta procura speciale in
calce al ricorso;

2015
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ricorrente

contro

LLOYD NAZIONALE ITALIANO

NITLLOYD SPA IN LCA, in

persona del Commissario Liquidatore dottoressa MAURA
NAPONIELLO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 20/05/2015

G.P. DA PALESTRINA 55, presso lo studio dell’avvocato
ROSAMARIA MARIANO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CRISTIANA DONIZETTI giusta
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente

di MILANO, depositata il 02/02/2011, R.G.N.
3419/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2015 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato GIUSEPPE ANTONINI;
udito l’Avvocato ROSAMARIA MARIANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso.

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avverso la sentenza n. 259/2011 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’avv. Elvio Fronza stipulò, in data 9 novembre 1983,
una polizza multirischi con la società Nitloyd per i danni
causati nello svolgimento della propria attività professionale.
Successivamente, il professionista fu convenuto in giudizio
da tale Giovanni Giovannini per ottenere il risarcimento dei
danni conseguenti alla appropriazione indebita, da parte sua,
della somma di lire 80 milioni in relazione all’acquisto di un
immobile. In quel giudizio egli fu condannato con sentenza
definitiva e fu costretto, per evitare l’espropriazione, a
pagare al danneggiato la somma di lire 206.832.703.
A seguito di tale vicenda, l’avv. Fronza comunicò al
commissario liquidatore della società Lloyd nazionale italiano,
in liquidazione coatta amministrativa, la propria intenzione di
insinuarsi al passivo della procedura per ottenere, sulla base
della polizza assicurativa, il recupero del proprio credito
pari ad euro 106.820,17. A seguito della comunicazione, da
parte del commissario liquidatore, della esclusione di detto
credito, l’avv. Fronza propose opposizione, ai sensi dell’art.
98 della legge fallimentare, davanti al Tribunale di Milano.
Si costituì la società di assicurazione, chiedendo il
rigetto dell’opposizione.
Il Tribunale accolse l’opposizione, disponendo l’ammissione
del credito al passivo per la somma richiesta, con condanna
della procedura alla rifusione delle spese di lite.
3

2. Avverso la sentenza è stato proposto appello dalla
società soccombente e la Corte d’appello di Milano, con
sentenza del 2 febbraio 2011, ha accolto il gravame e, in
totale riforma della sentenza impugnata, ha respinto la domanda
di ammissione al passivo formulata dall’avv. Fronza,

gradi di giudizio.
Ha osservato la Corte territoriale che dalla sentenza di
condanna emessa dai giudici di Trento nei confronti del
professionista risultava che questi aveva ricevuto la somma di
lire 80 milioni dal Giovannini a titolo di acconto sul prezzo
di acquisto di un immobile di cui era comproprietaria una
cliente dell’avv. Fronza. Nella stessa giornata, cioè il 10
maggio 1983, il professionista aveva utilizzato tale somma a
titolo di deposito cauzionale per la conversione del
pignoramento esistente su vari beni di proprietà della sua
cliente; ed era emerso che la medesima non aveva mai dato il
proprio consenso alla vendita dell’immobile. Il pignoramento
non era stato poi convertito e i beni pignorati erano stati
venduti, mentre l’avv. Fronza si era rifiutato di restituire al
Giovannini la somma di lire 80 milioni già incassata.
Da tanto doveva dedursi, secondo la Corte d’appello, la
sicura dimostrazione dell’esistenza della responsabilità
professionale dell’avvocato, come del resto era stato accertato
dalla sentenza di condanna definitiva emessa nei suoi
4

contestualmente condannandolo al pagamento delle spese dei due

((\0 1

confronti. E poiché il fatto che aveva dato luogo alla
responsabilità era avvenuto prima che fosse stipulato il
contratto di assicurazione, bisognava interpretare le clausole
di quel contratto.
Su questo punto, la Corte milanese ha rilevato che era

garanzia assicurativa copriva anche i danni relativi a
comportamenti colposi anteriori alla stipulazione del
contratto, benché si fossero manifestati dopo tale
stipulazione. Tuttavia, il secondo comma del medesimo art. 2
prevedeva che l’assicurato fosse tenuto a dichiarare, al
momento dell’accordo, di non essere a conoscenza di alcun
elemento dal quale potesse supporsi il sorgere di un proprio
obbligo di risarcimento dei danni per fatti antecedenti.
Pertanto, alla luce della ricostruzione dei fatti di cui sopra,
la Corte d’appello ha ritenuto che l’avv. Fronza – siccome
dotato di tutte le necessarie cognizioni giuridiche – aveva la
sicura consapevolezza della possibile obbligazione risarcitoria
conseguente al suo comportamento nella vicenda poi giudicata
dai giudici di Trento. Egli doveva essere ben consapevole, alla
data del 9 novembre 1983, del comportamento da lui tenuto il
precedente 10 maggio 1983; sicché la sua condotta,
«caratterizzata da una precisa e consapevole dichiarazione
falsa», escludeva l’operatività della polizza di assicurazione.

5

esatto che, in base all’art. 2 delle condizioni di polizza, la

pJ£2

3.

Contro la sentenza della Corte d’appello di Milano

propone ricorso l’avv. Fronza, con atto affidato a cinque
motivi.
Resiste la s.p.a. Lloyd nazionale italiano, in liquidazione
coatta amministrativa, con controricorso.

moTrvI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in

riferimento all’art. 360, primo coma, n. 3), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 del codice
civile.
Il ricorrente, dopo aver ripercorso le tappe principali
della complessa vicenda, osserva che egli venne a conoscenza
della pretesa risarcitoria avanzata nei suoi confronti soltanto
nel 1988, momento in cui aveva comunicato la situazione
all’assicuratore con la lettera raccomandata del 7 giugno 1988.
Prima di quella data, egli non poteva avere alcuna
consapevolezza di tale rischio, mentre il suo comportamento era
stato corretto, avendo egli seguito le istruzioni della propria
cliente cercando di ottenere la conversione del pignoramento.
Non vi sarebbe quindi prova alcuna dell’esistenza di un disegno
preordinato, da parte sua, volto ad ottenere un indebito
rimborso da parte della società di assicurazione.
2.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,
6

Le parti hanno depositato memorie.

(1″\O’Sj

violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1367, 1370 e
1371 cod. civ. relativi all’interpretazione del contratto.
Osserva il ricorrente che le ragioni di cui al primo motivo
troverebbero conferma anche nelle clausole del contratto
interpretate dalla sentenza impugnata. L’esclusione della

siano manifestati, cioè siano stati portati a conoscenza
dell’assicurato, mentre nel caso specifico il pregiudizio si
era manifestato solo molto tempo dopo, quando la copertura
assicurativa era ormai vigente. La chiara interpretazione del
contratto non poteva che condurre al riconoscimento
dell’esistenza del credito.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo coma, n. 3), cod. proc. civ.,

operatività della polizza presuppone, infatti, che i danni si

violazione e falsa applicazione degli artt. 1892 e 1893 del Oì
codice civile.
La fattispecie, secondo il ricorrente, dovrebbe essere
ricompresa nell’art. 1893 cod. civ., in quanto il contraente ha
agito senza dolo o colpa grave; le dichiarazioni reticenti,
quindi, non potevano essere causa né di annullamento del
contratto né di rigetto della richiesta risarcitoria.

La

sentenza in esame, invece, avrebbe erroneamente applicato la
ben più severa disciplina dell’art. 1892 cit., estranea al caso
di specie.

7

4.

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 1892, 1893 e 2697
del codice civile.
Si osserva che la sentenza impugnata sarebbe comunque

sull’onere della prova. La società di assicurazione, infatti,
avrebbe dovuto dimostrare che il contraente era a conoscenza
delle circostanze taciute e che fosse consapevole del loro
valore determinante ai fini del consenso della controparte.
5.

Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in

riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.,
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, rilevando
che la Corte d’appello non avrebbe dato conto in alcun modo
dell’iter logico seguito per giungere alla propria decisione.
6.

I cinque motivi, benché tra loro diversi, sono da

trattare congiuntamente in considerazione della stretta
connessione che li unisce e sono tutti privi di fondamento.
6.1. Va premesso che la Corte territoriale, con un
accertamento di fatto correttamente motivato e privo di vizi
logici, ha ricostruito le principali tappe della vicenda in
esame, nei termini che sono stati in precedenza riassunti. In
particolare, i giudici milanesi hanno posto in luce che – non
essendo in discussione che il fatto generatore della
responsabilità professionale si collocava in un momento
8

errata, non avendo correttamente applicato i principi

AL

antecedente
assicurazione

rispetto

alla

stipula

della

doveva essere valutata,

polizza

di

ai fini del

riconoscimento di operatività della polizza stessa, la
prevedibilità dell’insorgenza di un obbligo risarcitorio in
capo al professionista. Ed ha specificato la Corte che – anche

somma fu incassata ed utilizzata per uno scopo diverso, ossia
alla data del 10 maggio 1983 – l’avv. Fronza doveva avere la
chiara percezione della probabilità

di un’azione risarcitoria

almeno alla data del 10 giugno 1983, quando il Giudice
dell’esecuzione rigettò la richiesta di conversione del
pignoramento, obiettivo per il quale la somma ricevuta dal
Giovannini era stata destinata ad altro scopo. Sicché, tenuto
conto delle sicure conoscenze legali derivanti dallo
svolgimento della professione di avvocato, nel successivo mese
di novembre 1983 l’avv. Fronza doveva essere «ben consapevole
di tutta questa pregressa situazione», ma ciò nonostante egli
«si è ben guardato dal segnalare alcunché», violando la
condizione specifica posta nel contratto di assicurazione.
!

6.2. Tale complessa ricostruzione – che, come si è detto,
appare del tutto logica, ragionevole e bene argomentata determina innanzitutto l’evidente infondatezza del quinto
motivo di ricorso, col quale si censura, in modo del tutto
generico, la «totale assenza di motivazione» da parte della
Corte d’appello, la quale non avrebbe dato conto dell’iter
9

ammettendo un’assoluta non consapevolezza nel momento in cui la

logico-giuridico seguito; il che non risponde affatto alla
realtà della pronuncia in esame.
Allo stesso modo, però, quanto detto fin qui dimostra
l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso, col quale
il ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe violato

contratto. La tesi del ricorrente è destituita di fondamento
allorché si rifletta sul fatto che l’insistenza, contenuta nel
motivo in esame, sul momento in cui il danno si è manifestato
non coglie la

ratio decidendi

della sentenza in esame e si

risolve nella sollecitazione ad ottenere da questa Corte una
diversa interpretazione del contratto stesso. La Corte milanese

ha interpretato le clausole del contratto di assicurazione ed è
pervenuta alla conclusione – non sindacabile in termini di
violazione di legge relativa alle norme di ermeneutica secondo cui l’espressione

«non essere a

conoscenza di alcun

elemento che possa far supporre il sorgere di
risarcimento

del danno»

era

un

obbligo di

tale da escludere l’operatività

della polizza, in considerazione della ragionevole e doverosa
prevedibilità di una richiesta risarcitoria.
6.3. Qualche ulteriore considerazione va fatta in relazione
al terzo ed al quarto motivo, che lamentano violazioni di legge
in riferimento ad alcune norme in materia di contratto di
assicurazione.

10

numerose norme di legge in tema di interpretazione del

Va osservato, innanzitutto, che in relazione agli stessi
potrebbero porsi anche alcuni rilievi preliminari di
inammissibilità, poiché si tratta di questioni probabilmente
nuove, né il ricorrente dà conto del se e del come le stesse
siano state poste in sede di giudizio di merito.

il terzo ed il quarto motivo sono parimenti infondati, in
quanto muovono da una premessa che non è quella fatta propria
dal giudice di merito. Il presupposto del ricorrente, infatti,
è che la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato la
disciplina dell’art. 1892 cod. civ. anziché quella dell’art.
1893 cod. civ.; così facendo, però, il ricorrente non tiene
conto dell’affermazione, contenuta nella sentenza in esame,
secondo cui la condotta dell’avv. Fronza si era caratterizzata
per «una precisa e consapevole dichiarazione falsa, a nulla <0/ rilevando che in quel momento (egli) non avesse ancora ricevuto formali richieste di risarcimento». Ne consegue che, questa essendo la ricostruzione in fatto operata dalla Corte di merito, è del tutto corretto l'inquadramento della odierna fattispecie nell'ipotesi dell'art. 1892 cod. civ. (dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave); ed è appena il caso di evidenziare che il sinistro si è verificato addirittura prima assicurazione, della stipulazione del contratto di per cui non vi sarebbe alcun dubbio sulla non operatività della polizza di assicurazione nel caso specifico. 11 Tuttavia, anche volendo tralasciare tali questioni formali, Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, pertanto, sono rigettati. 6.4. Le argomentazioni precedenti danno ragione della infondatezza anche del primo motivo di ricorso, col quale si lamenta una lesione dei principi in tema di onere della prova. per cui egli avrebbe avuto cognizione della pretesa risarcítoria avanzata nei suoi confronti solo molto tempo dopo la stipulazione della polizza, ossia nel 1988, quando egli comunicò il tutto alla società assicuratrice. Ritiene il Collegio, però, che il motivo non colga la ratio decidendi della sentenza impugnata la quale, secondo quanto si è già ripetuto, ha ricondotto la responsabilità dell'avv. Fronza alla prevedibilità dell'azione risarcitoria, pervenendo perciò alla conclusione della non veridicità della dichiarazione resa all'assicuratore; accertamento in fatto non sindacabile in questa sede e tale da consentire alla sentenza impugnata di resistere anche alle censure di cui al primo motivo di ricorso. 7. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. 12 In esso il ricorrente insiste soprattutto sulla circostanza PER QUESTI MOTIVI La Corte r0 rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in '464 complessivi euro 8.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Sezione Civile, il 26 febbraio 2015. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza

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