Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10290 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/04/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 20/04/2021), n.10290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28723-2014 proposto da:

R.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARONCINI

51, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PERSICO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO SOTTOCASA

BIANI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2042/2014 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 15/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– R.M.R. (di seguito, la contribuente o la ricorrente) ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia (CTR), depositata il 15 aprile 2014, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso con cui aveva chiesto l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2007 per Irpef, Iva;

– dall’esame della sentenza di appello, si evince che l’Ufficio, a causa della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, aveva determinato induttivamente in Euro 34.075,00 il reddito di lavoro autonomo della contribuente, sulla base degli accreditamenti e prelevamenti dai conti correnti, ritenuti compensi per prestazioni di lavoro;

– la CTR affermava che la ricorrente aveva limitato la sua difesa a generiche eccezioni e non aveva confutato, attraverso prove documentali o altri mezzi di prova, l’accertamento induttivo del reddito operato dall’ufficio;

– escludeva la deducibilità dei costi non registrati non essendo stata dimostrata l’incidenza sui ricavi;

– il ricorso è affidato a tre motivi, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, laddove doveva trovare applicazione il principio di diritto scaturito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014, che aveva ritenuto irragionevole la presunzione posta dall’art. 32 citato riferita ai lavoratori autonomi;

– il ricorso involge la preliminare verifica della applicabilità della richiamata presunzione legale nei confronti del contribuente lavoratore autonomo;

– il motivo è fondato;

– ricordato che la contribuente è stata ritenuta, appunto, un lavoratore autonomo, si rileva che la Corte costituzionale con sentenza 24 settembre 2014, n. 228 ha rilevato la contrarietà della presunzione posta dall’ultima parte dell’art. 32, comma 1, n. 2 e dell’inversione dell’onere probatorio che ne discende al principio di ragionevolezza e di capacità contributiva, ritenendo “arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”, dichiarando, quindi, l’illegittimità costituzionale della sopra riportata disposizione “limitatamente alle parole “o compensi””;

– in coerente applicazione della decisione della Corte Costituzionale, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è venuta meno, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale, limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti – cfr. Cass. n. 16697/2016, Cass. n. 3628/2017 – ricadendo, quindi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi;

– la sentenza impugnata, fondata sull’applicazione della prova legale, va sul punto cassata;

– con il secondo motivo di ricorso la contribuente denuncia “violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 53 Cost. e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 54 (sulla violazione del principio costituzionale della capacità contributiva e delle norme sulla determinazione del reddito imponibile ai fini dell’Irpef)”, laddove non aveva, ai fini della determinazione dell’imposta sul reddito, tenuto conto dei costi sostenuti;

– con il terzo motivo di ricorso la contribuente denuncia “violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, commi 2 e 3”, laddove la CTR aveva rigettato la richiesta di riconoscere una quota di costi in percentuale ai ricavi;

– i due motivi di ricorso che, concernendo il tema dell’incidenza dei costi sui ricavi induttivamente accertati possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati;

– va ribadito che in materia di accertamento conseguente ad indagine bancaria regolamentato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2 incombe sul contribuente l’onere di provare, rispetto alla presunzione legale emergente dai dati delle movimentazioni bancarie, che detti elementi non siano riferibili ad operazioni imponibili (in particolare che i versamenti siano registrati in contabilità e che i prelevamenti siano serviti per pagare determinati beneficiari, anzichè costituire acquisizione di utili), mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (Cass. n. 4589 del 2009);

– in particolare, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale. (Sez. 5, Sentenza n. 21303 del 18/09/2013, Rv. 628565 – 01);

– il principio, richiamato dalla difesa della contribuente, secondo cui alla ricostruzione dei ricavi deve corrispondere una incidenza percentualizzata dei costi è applicabile in caso di rettifica induttiva (in questi termini è anche Cass. n. 640 del 2001), e non già di accertamento conseguente ad indagine bancaria, regolamentato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2 in base al quale incombe sul contribuente l’onere di provare, rispetto alla presunzione legale emergente dai dati delle movimentazioni bancarie, che detti elementi non siano riferibili ad operazioni imponibili (in particolare che i versamenti siano registrati in contabilità e che i prelevamenti siano serviti per pagare determinati beneficiari, anzichè costituire acquisizione di utili), mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (Cass. n. 4589 del 2009); Sez. 5 -, n. 24422 del 05/10/2018, Rv. 650526 – 02).

PQM

La Corte: accoglie la prima censura e rigetta le altre; cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui alla motivazione e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR della Lombardia.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

 

 

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