Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10289 del 18/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10289 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 20645-2013 proposto da:
REGIONE CAMPANIA 80011990639, in persona del Presidente e
legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, presso
l’UFFICIO DI RAPPRESENTANZA REGIONE CAMPANIA VIA
POLI 29, rappresentata e difesa dagli avvocati CORRADO
GRANDE, GRAZIELLA MANDATO, MARIA D’ELIA giusta
procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
MAGLIONE ARMANDO, RICCIO MICHRLE, PASSAR1K11,0
VINCENZA, MASSARO AGATA, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 22, presso lo studio dell’avvocato
ROCCO LUIGI GIROLAMO, rappresentati e difesi dall’avvocato

Data pubblicazione: 18/05/2016

FERDIN ANDO 1)1 CERBO giusta procura a margine del
controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 4336/2013 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l’Avvocato Rosanna Panariello (delega avvocati Graziella
Mandato e Corrado Grande) difensore della ricorrente che si riporta
agli scritti insistendo nei motivi e rinunciando al motivo di ricorso
inerente il difetto di giurisdizione.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

i.

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito
di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. La Regione Campania ricorre per cassazione contro la sentenza della
Corte d’appello di Napoli che ha confermato la decisione con la quale
il giudice di prime cure aveva accolto la domanda degli odierni intimati
nei suoi confronti, condannandola al pagamento in favore di ciascuno
di loro della prestazione assistenziale denominata reddito di
cittadinanza, per gli anni 2004 e 2005.
3. 11 ricorso è articolato in due motivi.
4. Le parti intimate hanno depositato controricorso.
5. La controversia concerne la materia del reddito di cittadinanza, istituto
introdotto con L.R. Campania 19 febbraio 2004, n. 2, che è stata
oggetto di interpretazione autentica da parte di successiva
L.R. Campania 15 marzo 2011, n. 4, art.1, comma 208.
lqic 2013 n. 20645 sez. ML – cid 17-03-2016
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NAPOLI del 10/06/2013, depositata il 14/06/2013;

6. Entrambi i motivi pongono questioni sulle quali le sezioni unite si
sono di recente e più volte espresse (da ultimo, per tutte, v. Cass., SU,
12 giugno 2015, n. 12180).
7. Il primo motivo ripropone l’eccezione di difetto di giurisdizione e,
nonostante involga una questione di giurisdizione, non comporta la

sono già pronunciate (art. 374, primo comma, secondo periodo, c.p.c.),
ribadendo quanto già più volte affermato

«In materia

di reddito di cittadinanza, la pretesa che si fondi sul mero possesso dei
requisiti, indicati dalla L.R. Campania19 febbraio 2004, n. 2, appartiene
alla giurisdizione del giudice ordinario, in base al principio di
prospettazione della domanda, senza che assuma rilevanza l’eccezione,
sollevata dalla Regione, dell’asserita insussistenza del diritto, perché
condizionato, nella sua effettiva esplicazione, dal collocamento
dell’interessato nella graduatoria prevista dal regolamento 4 giugno
2004, n. 1, ove non siano stati impugnati gli atti di formazione della
stessa e quelli riferiti alla valutazione discrezionale della specifica
posizione, trattandosi di questione che non implica l’accertamento di
situazioni soggettive esulanti dalla cognizione del giudice ordinario, ma
che si traduce nella confutazione nel merito della domanda dell’attore,
fatta salva la possibilità per il giudice di disapplicarc gli atti
amministrativi – a mezzo dei quali il diritto è stato negato – in forza

della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 4 c 5» (cosi, ex pberimis,
Cass., SU, 5 giugno 2014, n. 12644).
8. Il secondo motivo riguarda il merito della questione.
9. Anche su questo punto deve ribadirsi quanto analiticamente già
affermato nei casi analoghi di recente trattati dalle Sezioni unite della
Corte (explurimis Cass., SU,12644/2014 cit., nonché numerose altre
,

decisioni coeve e, fra le ultime, v. Cass., SU, 12180/2015, cÚ.).
Ric. 2013 n. 20645 sez. ML. – ud. 17-03-2016
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rimessione alle Sezioni Unite, perché sulla medesima queste ultime si

10. La Regione ricorrente sostiene, in contrasto con quanto al riguardo

ritenuto dalla corte partenopea, la natura interpretativa della norma
contenuta nella L. n. 4 del 2011, che richiamando il regolamento n. 1
del 2004 e così conferendo rango normativo primario allo stesso,
avrebbe in ogni caso chiarito e ribadito, senza possibilità di deroga da

2 del 2004 ) nel senso, fatto chiaro dal tenore letterale della stessa,
secondo cui il beneficio avrebbe dovuto essere erogato soltanto ai
soggetti utilmente collocati nelle graduatorie d’ambito, fino
all’esaurimento delle risorse. Si soggiunge che la tesi contraria recepita
dalla corte di merito, con l’eccessiva parcellizzazione delle prestazioni
assistenziali, avrebbe finito con il vanificarne, in contrasto con gli stessi
principi ispiratori dell’istituzione, l’effettiva utilità, per l’irrisorio
importo che sarebbe così spettato a ciascun richiedente. Si osserva
infine, con riferimento alla necessità ex art. 117 Cost., del rispetto degli
obblighi internazionali, che anche a voler considerare retroattivo
l’intervento normativo regionale del 2011, lo stesso avrebbe dovuto
considerarsi legittimo, pur tenendo conto della giurisprudenza della
Corte Costituzionale e di quella di Strasburgo, ai sensi dell’art. 6 della
CEDU, attese le esigenze di ristabilire una delle possibili direzioni
dell’intenzione del legislatore ponendo rimedio ad una formulazione
inizialmente ambigua, di non vanificare diritti sorti ed acquisiti, sulla
base della legge come interpretata, dai soggetti che hanno già
beneficiato dell’erogazione, esponendoli ad una ripetizione d’indebito,
della rispondenza soltanto della sostenuta interpretazione alle effettive
finalità di attenuazione dello stato di bisogno e di miglioramento della
qualità di vita dei beneficiari.
././. Il motivo è qualificabile come manifestamente fondato alla luce dei

richiamati arresti delle Sezioni unite della Corte che hanno
Ric. 2013 n. 20645 sez. ML – ud. 17-03-2016
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parte del giudice, l’effettiva portata della originaria norma della I..R. n.

riconsiderato, alla luce del mutamento del quadro normativo, rispetto
a quello in precedenza esaminato (da Cass., SU, n. 18840/2010), la
questione della misura fissa o variabile, del “reddito di cittadinanza”,
tenendo conto dell’intervento di interpretazione autentica
sopravvenuto con la L.R. 15 marzo 2011, n. 4, art. 1, comma 208,

(Istituzione in via sperimentale del reddito di cittadinanza) si
interpretano nel senso che il reddito di cittadinanza è corrisposto ai
soggetti utilmente collocati in ciascuna graduatoria d’ambito, secondo
le modalità definite dal regolamento di attuazione 4 giugno 2004 n, l
fino all’esaurimento delle risorse disponibili assegnate al relativo
ambito”.
12. Le richiamate decisioni delle Sezioni unite hanno pertanto ritenuto!

– di non poter prescindere dallo jus su_perveniens, considerandolo (e
svalutandolo), come fa la corte territoriale, alla stregua di atto
illegittimo o comunque privo di alcuna giustificabile funzione
ermeneutica, tenuto conto della natura normativa, di rango primario
(ancorché regionale), rivestito dalla disposizione, come tale non
disapplicabile incidentalmente (come invece sarebbe stato possibile se
si fosse trattato di un semplice atto amministrativo) dal giudice, tenuto
invece a conformarvisi, salvo il rilievo di eventuali profili di
incostituzionalità, che avrebbero semmai comportato la necessità nella specie non sussistente, per quanto si dirà di seguito – di
sospendere il giudizio e rimettere la questione al Giudice delle leggi;
in un contesto nel quale l’originario complesso di disposizioni
contenuto nella L.R. n. 2 del 2004 e nel suo regolamento di attuazione
dava adito a ragionevoli dubbi interpretativi (laddove la
predeterrninazionc dci trccentocinquanta curo mensili avrebbe potuto
intendersi sia quale misura massima del “reddito di cittadinanza”
Pic. 2013 n. 20645 sez, ML – ud. 17-03-2016

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secondo cui “L.R. 19 febbraio 2004, n. 2, art. 2 e art. 3, comma 1,

erogabile, sulla scorta di successivi atti dell’amministrazione,
fissandone, di volta in volta, l’importo in ciascun esercizio, ai soggetti
risultanti più bisognosi, tra quelli in possesso dei prescritti requisiti
rninimali di accesso al beneficio, sia quale tetto massimo di una
provvidenza variabile, senza limiti minimi, dovuta a tutti gli istanti

Regione Campania di adottare una soluzione che, chiarendo la portata
del precedente e controverso quadro normativo, ha ritenuto di
prescegliere quella ritenuta più idonea a conferire effettività e
consistenza economica all’erogazione in questione, confermando la
funzione di quella “graduatoria” (non mero elenco) d’ambito, indicata
nel regolamento di attuazione n. 1 del 2004, art. 5, comma 3, che
altrimenti non avrebbe avuto alcun senso;
né, a svalutare tale intervento, può valere la considerazione del giudice
di merito, secondo cui lo stesso, facendo seguito alla soppressione del
beneficio (che la legge originaria aveva istituito in via “sperimentale” e
che altre successive avevano prorogato e finanziato fino al 2010),
attuata con la L.R. 7 dicembre 2010, n. 16, art. 19, comma 2, avrebbe
finito con richiamare in vita un regolamento, quello sopra citato
abrogato unitamente alla L. a 2 del 2004, considerata la natura
recettizia dell’operato rinvio, con il quale tale atto di normazione
secondaria, peraltro ancora applicabile (al pari della legge cui lo stesso
aveva dato attuazione) ai rapporti pendenti, già costituente

un

significativo indice della mens le,gis (siccome adottato dallo stesso
Consiglio Regionale a pochi mesi di distanza dall’emanazione della
legge istitutiva), è stato definitivamente inserito nel tessuto normativo
primario, chiarendone la relativa portata, nei plausibili termini in
precedenza esposti;

Ric. 2013 n. 20645 sez. MI
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ud. 17-03-2016

legittimati) insindacabile deve ritenersi la scelta della

tale finalità sottrae l’intervento in questione ad ogni profilo di censura,
con riferimento all’art. 3 Cost., in relazione al principio generale di
ragionevolezza, cosi come desumibile dalla corrente giurisprudenza
della Corte Costituzionale in tema di interpretazione autentica con
efficacia retroattiva, avendo lo stesso fornito una delle possibili

obiettivamente controvertibile;
né si evidenziano profili di illegittimità costituzionale, in relazione
all’obbligo ex art. 117 Cost., comma 1, di osservanza delle norme
sovranazionali, con riferimento sia all’art. 6, par. 1, della CEDU, sia alla
normativa comunitaria, segnatamente all’art. 34, comma 3, della Carta
di Nizza (che a seguito del Trattato di Lisbona è stata recepita nel
tessuto normativo fondativo dell’Unione Kuropea), secondo cui “al
fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’unione
riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale.. .a tutti coloro che
non dispongono di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal

diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali”; e sotto
quest’ultimo profilo, è agevole osservare come la nonna, lasciando un
largo margine discrezionale agli stati aderenti, non preveda
direttamente quali siano i criteri per l’individuazione dei soggetti
destinatari degli interventi in questione;
una disposizione come quella in esame, che dopo l’istituzione del
beneficio non lo ha del tutto abolito (come invece avvenuto con la
n. 16 del 2010, art. 19, comma 2), provvedendo soltanto a
chiarirne la portata applicativa, per il periodo in cui era stato in vigore,
peraltro “in via sperimentale”, non contrasta con il principio ispiratore
di tale adozione, mirando soltanto a conferire, nell’esercizio dei sopra
evidenziati ampi spazi discrezionali conferiti dalla norma
sovranazionale, chiarezza ed effettività (con l’attribuzione di una
Ric. 2013 n, 20645 sez. ML – ud. 17-03-2016

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interpretazioni della precedente norma, di significato ambiguo ed

somma mensile di una certa consistenza) alla provvidenza economica,
nel senso di adottare un criterio di maggiore aderenza agli intenti
perseguiti, consistenti nell’individuare, nell’ambito delle varie comunità
locali e sulla scorta di quelle “graduatorie” previste dall’art. 5, comma
4, del regolamento attuativo, i nuclei familiari più bisognosi tra quelli in

all’esaurimento i relativi (e necessariamente limitati) stanziamenti
destinati ai rispettivi ambiti territoriali, anziché provvedere ad una
ripartizione eccessivamente parcellizzante delle relative risorse
finanziarie, tale da degradare le erogazioni a livelli di mera beneficenza;
le evidenziate finalità dell’intervento d’interpretazione autentica e la
necessità della relativa adozione comportano anche l’insussistenza di
alcun contrasto con l’art. 6 della CF,I)U, dovendo escludersi che lo
stesso abbia concretato un’ingiustificata interferenza
nell’amministrazione della giustizia, alla luce giurisprudenza del
Giudice delle leggi, secondo cui, lasciando la normativa sovranazionale
un margine discrezionale di apprezzamento al legislatore nazionale, gli
effetti sostanzialmente retroattivi (fatti salvi, ovviamente, i rapporti già
definiti) della norma interpretativa risultano legittimi allorquando siano
giustificati dall’attribuita preminenza ad altri interessi
costituzionalmente protetti (v. sent. n. 264 del 2012), come sono quelli,
nella specie perseguiti, di conferire concretezza ed efficienza agli
interventi assistenziali (in funzione della concreta rimozione degli
“ostacoli di ordine economico e sociale” di cui all’art.. 3, secondo
comma, Cosi.), tuttavia necessariamente limitati nella loro consistenza
complessiva dalle ineludibili esigenze di bilancio dell’ente erogatore,
condizionanti il buon andamento della pubblica amministrazione (art.
97 Cost.);

Ric. 2013 n, 20645 sez. ML – ud. 17-03-2016
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possesso dei requisiti di accesso al beneficio, così utilizzando fino

- le anzidette esigenze risultano ancor più evidenti in un contesto nel
quale la Regione, avendo a suo tempo esaurito tutte le precedenti
risorse (seguendo il criterio dell’attribuzione della somma di 350,00
curo ai soli nuclei familiari utilmente collocati nelle graduatorie dei
relativi ambiti territoriali), non sarebbe stata più in grado di far fronte

il diverso criterio della ripartizione tra tutti i richiedenti legittimati)
sarebbe peraltro risultato pressoché irrilevante agli effetti
dell’attenuazione dello stato di bisogno degli interessati (cfr., (ass., SU,
12644/2014 e numerose successive conformi).
13. In conclusione, dichiarato inammissibile il primo motivo, la
fondatezza del secondo motivo comporta la cassazione della sentenza
impugnata nella parte in cui, rigettando l’appello, ha confermato
raccoglimento della domanda operato dal primo giudice e, non
necessitando la controversia di ulteriori accertamenti di fatto, può
essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto della
domanda.
14. Giusti motivi, in considerazione della problematicità delle questioni
dibattute sulle quali si è resa necessaria la rinicssione alle Sezioni unite,
consigliano la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il
secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta
la domanda dichiarando totalmente compensate, tra le parti, le spese
dell’intero processo.

kic. 2013 n. 20645 sez. ML – uct. 17-03-2016
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alle numerosissime istanze dei rimanenti, il cui accoglimento (secondo

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