Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10286 del 12/05/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10286 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: BENINI STEFANO

Ud. 05/03/2014

SENTENZA
PU

sul ricorso 21116-2007 proposto da:
GIORDANO

MARGHERITA

(C.F.

GRDMGH4OR58F206J),

GIORDANO LUCREZIA (C.F. GRDLRZ46L611216H), MUNAFO’
RICCARDO (C.F. MNFRCR43M30F437V), nella qualità di

Data pubblicazione: 12/05/2014

procuratore di RIGAMONTI LUCIA, tutti nella qualità
di aventi causa di GIORDANO MATTEO, elettivamente
2014
552

domiciliati in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 180, presso
l’avvocato MARCHETTI ALBERTO, rappresentati e
difesi dall’avvocato PERGOLIZZI TOMMASA, giusta
procura in calce al ricorso;

1

- ricorrenti contro

COMUNE DI MILAZZO, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CRESCENZIO 9, presso l’avvocato AMATO EMILIANO,

giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente contro

FALLIMENTO DELLA EDILTER S.C.AR.L.;
– intimato –

avverso la sentenza n.

272/2006 della CORTE

D’APPELLO di MESSINA, depositata il 31/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 05/03/2014 dal Consigliere
Dott. STEFANO BENINI;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato FAVA ANTONIO,
con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

rappresentato e difeso dall’avvocato CUSMANO DIEGO,

Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato il 30.10.1991,
Giordano Margherita,

Giordano Lucrezia Mirella e

Giordano Matteo convenivano in giudizio davanti al
Tribunale di Messina il Comune di Milazzo chiedendo la

condanna del convenuto al risarcimento del danno per
l’occupazione illegittima di un fondo di loro proprietà,
irreversibilmente trasformato per la realizzazione di un
asse viario di raccordo tra l’autostrada Messina Palermo
e la città di Milazzo.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione convenuta,
contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva
il rigetto. Veniva chiamata in causa la Ati guidata
dalla Edilter soc. coop. a r.1., che pure si costituiva
in giudizio. La causa era interrotta a seguito del
fallimento Edilter. Gli attori provvedevano alla
riassunzione nei confronti del solo Comune, ed il
Tribunale, con sentenza depositata 1’11.2.2002,
condannava in solido il Comune ed il fallimento al
risarcimento dei danni, liquidati in lire 2.206.960.000,
oltre interessi e rivalutazione.
2. Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello
il Comune di Milazzo; proponevano appello incidentale
sia Giordano Margherita, Giordano Lucrezia Mirella e
Lucia Rigamonti, anche quali eredi di Giordano Matteo
nel frattempo deceduto, che il curatore del fallimento
Edilter.
3

3. Con sentenza depositata il 31.5.2008, la Corte
d’appello di Messina dichiarava nulla e giuridicamente
inesistente la sentenza nei confronti del fallimento,
essendo quest’ultimo rimasto estraneo al processo, e
rigettava la domanda dei proprietari nei confronti del

Comune di Milazzo, che avendo validamente trasferito al
concessionario poteri e obblighi relativi alla
realizzazione dell’opera, compresa la procedura
espropriativa, non poteva esser chiamato a rispondere
dei danni dell’occupazione. L’amministrazione era da
ritenere titolare del potere espropriativo, apparendo la
dichiarazione di pubblica utilità assistita dalla
fissazione dei termini per inizio e compimento lavori e
procedure espropriative, ed eventuali irregolarità non
inficiavano la titolarità della potestà ablatoria ed il
potere di traslazione al concessionario.
Ricorrono per cassazione Giordano Margherita, Giordano
Lucrezia Mirella e Munafò Riccardo, quale procuratore di
Rigamonti Lucia, affidandosi a quattro motivi, al cui
accoglimento si oppone con controricorso il Comune di
Milazzo.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, Giordano Margherita,
Giordano Lucrezia Mirella e Munafò Riccardo, quale
procuratore di Rigamonti Lucia, denunciando violazione
dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per violazione di norme
di diritto e per omessa, insufficiente o contraddittoria
4

motivazione su punto decisivo della controversia in
riferimento agli artt. 100, 115, 116 c.p.c. e agli artt.
3 1. 3.1.1978 n. l e 42 l. reg. Sicilia 29.4.1985 n. 21,
censurano la sentenza impugnata per aver trascurato che
la procedura espropriativa era stata condotta

principalmente dal Comune, pur se mediante concessione
erano stati trasferiti alla Edilter poteri e obblighi
relativi all’espropriazione, comprese le occorrenti
espropriazioni, risultando agli atti che il Sindaco
aveva disposto l’occupazione e offerto l’indennità, e
che tecnici comunali avevano preso possesso dei terreni.
Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando
violazione dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per
violazione di norme di diritto e per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione su punto
decisivo della controversia in riferimento alla concreta
applicazione dell’art. 42 1. reg. Sicilia 29.4.1985 n.
21, censurano la sentenza impugnata per aver trascurato
l’art.

27 bis

del contratto di concessione, che non

prevedeva una delega amministrativa intersoggettiva,
bensì mandato a svolgere le procedure in rappresentanza
e sotto la sorveglianza del Comune, e avendo la
concessionaria agito unicamente in rappresentanza
dell’ente locale, come era rilevabile da vari atti
(quietanza versamento somma, offerta di indennità,
notifica dell’indennità).

5

Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando violazione
dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per violazione di norme
di diritto e per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione su punto decisivo della controversia in
riferimento alla nullità della procedura ablativa,

censurano la sentenza impugnata non per aver tenuto
conto che il Comune agì in carenza di potere, per la
mancanza di una valida dichiarazione di pubblica
utilità.
Con il quarto motivo i ricorrenti,

denunciando

violazione dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per
violazione di norme di diritto e per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione su punto
decisivo della controversia in riferimento all’esatta
identificazione delle aree da occupare, censurano la
sentenza impugnata per non aver tenuto conto che anche
l’occupazione di aree diverse da quelle del relativo
decreto doveva indurre a ritenere illegittima la
condotta del Comune.
2.1. Il primo motivo è infondato.
L’art. 42 della 1. reg. Sicilia 29.4.1985 n. 21, che
stabilisce l’autonomia del concessionario della
costruzione di opera pubblica, operante in nome proprio
e per conto dell’ente beneficiario, implica che il
concessionario assuma nei confronti dei terzi tutte le
obbligazioni negoziali, indennitarie e risarcitorie
derivanti dall’esecuzione dell’opera, escludendo ogni
6

rapporto diretto tra i terzi e l’ente concedente: nella
specie la Corte d’appello di Messina ha correttamente
escluso la titolarità dell’obbligo risarcitorio per
l’occupazione appropriativa degli immobili di proprietà
dei ricorrenti, avendo il Comune di Milazzo concesso il

compimento delle opere e delle espropriazione alla
Edilter s.c.r.l. (in seguito fallita), in virtù della
norma menzionata.
L’esigenza di tutela del proprietario illegittimamente
privato

del

suolo,

nella

individuazione

del

responsabile, pone principalmente il criterio
dell’apparenza, sicché, ove il soggetto che abbia
appreso l’immobile e compiuto le operazioni di
trasformazione dello stesso, è comunque responsabile in
quanto autore materiale del fatto illecito (Cass.
23.11.2007, n. 24397): ciò non esclude la responsabilità
dell’ente delegante, in nome e per conto del quale il
primo abbia operato e si sia manifestato come tale nei
rapporti con i terzi (Cass. 22.5.2007, n. 11849;
18.9.2013, n. 21333).
A tale principio, tuttavia, si deroga, ove sia la legge
a stabilire in via generale la titolarità dell’obbligo
indennitario (e risarcitorio ove la procedura si rilevi
illegittima), presumendosi, in tal caso, la conoscenza
generalizzata di tale disciplina, e potendo il privato
che dall’esecuzione dell’opera pubblica si ritenga

7

danneggiato,

individuare

il

titolare dell’obbligo

risarcitorio.
Proprio in riferimento all’art. 42 della 1. reg. Sicilia
29.4.1985 n. 21, la giurisprudenza di questa Corte è
costante, nell’attribuire l’obbligo del pagamento delle

indennità espropriative all’impresa concessionaria
(Cass. 29.11.1999, n. 790; 24.2.1999, n. 1603;
14.2.2002, n. 2102; 28.11.2011, n. 25201). La soluzione
non muta riguardo alla responsabilità per i danni da
occupazione illegittima. Anche in tal caso,
l’attribuzione al concessionario delle attività relative
al procedimento di espropriazione che si renda
necessario, rende quest’ultimo esclusivo responsabile
del danno, e non anche l’ente territoriale, pur se
beneficiario delle opere (Cass. 6.4.2012, n. 5630),
essendo la legge a individuare in via generale la
traslazione della responsabilità (Cass. 20.3.2009, n.
6769).
Alla luce di tali principi, non rileva che il Sindaco
abbia disposto l’occupazione e offerto l’indennità,
trattandosi in tal caso di atti amministrativi non
delegabili a privati (Cass. 23.11.2007, n. 24397;
2.7.2012, n. 11053), la cui istruttoria e preparazione
compete tuttavia all’ente concessionario.
2.2. Il secondo motivo è parimenti infondato.
Va osservato che ove nella realizzazione dell’opera
pubblica ci si avvalga della collaborazione di privati,
8

non ha senso parlare di delega amministrativa
intersoggettiva, professabile unicamente nei rapporti
tra enti pubblici. Il rapporto di concessione è comunque
idoneo a conferire l’esercizio di funzioni
pubblicistiche, a svolgere, in particolare, le procedure

espropriative in rappresentanza e sotto la sorveglianza
del Comune. Essendo la legge a connotare il rapporto di
concessione, con l’attribuzione al concessionario degli
oneri legati all’espropriazione, ivi compresa la
responsabilità risarcitoria nell’ipotesi di procedura
illegittima, perciò solo, il privato che dalla procedura
abbia subito un danno, ha come unico interlocutore il
concessionario. Questione diversa è che nei rapporti
interni tra concedente e concessionario, il secondo
possa rivolgersi al primo esercitando rivalsa per la
violazione degli obblighi fissati dal contratto
accedente alla concessione, ad esempio dimostrando di
aver fatto tutto il possibile per porre il Comune nelle
condizioni di emettere gli atti espropriativi non
delegabili. La questione è estranea ai fatti di causa,
in cui non risulta proposta un’azione di rivalsa che
trovi la fonte nel rapporto concessorio.
2.3. Si rivela fondato il terzo motivo.
I ricorrenti sostengono che non essendo stata approvata
dall’Assessorato regionale la delibera di approvazione
del progetto dell’opera pubblica, adottata il 6.5.1989,
con relativa variante allo strumento urbanistico
9

(mancata approvazione Assessore regionale e restituzione
atti: 24.3.90), l’amministrazione agiva in carenza di
potere, e non poteva procedere all’occupazione per la
trasformazione dei terreni. Il contratto di concessione
risale al 14.12.89, ed il decreto di occupazione al

30.1.90.
La Corte d’appello rileva che in data 18.9.90, fu
emanato nuovo decreto occupazione, giacché in data
13.9.90, la variante era stata riadottata, con delibera
del Consiglio comunale, e approvata dalla Regione il
15.6.1991. Il giudice si preoccupa di verificare
l’avvenuta fissazione dei termini per i lavori e la
procedura, spiegando che secondo la legislazione
regionale ciò avviene con il decreto di finanziamento.
Riguardo alla circostanza che l’occupazione sia stata
autorizzata quando la delibera di approvazione del
progetto era stata bocciata, precisa che il rilievo
resta travolto dalla considerazione che è il decreto di
finanziamento che implica la dichiarazione di pubblica
utilità, e che nella specie, ai fini di risolvere la
questione della legittimazione passiva, l’irregolarità
attiene ad un momento logicamente e cronologicamente
successivo al decreto del 1988 di finanziamento
dell’opera, sicché si potrà parlare di illegittimo
esercizio del potere, non di carenza assoluta.
La motivazione è insufficiente e contraddittoria.

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Non si spiega in che modo, l’apponibilità dei termini,
prescritti in linea generale dall’art. 13 1. 25.6.1865
n. 2359, a mezzo del decreto di finanziamento, come
previsto dall’art. 1, comma 5, 1. reg. Sicilia 10.8.1978
n.

35,

possa avere rilevanza sulla diversa questione

della efficacia stessa, come dichiarazione di pubblica
utilità (e, soprattutto, come dichiarazione di
indifferibilità ed urgenza idonea a consentire
l’occupazione dell’aree necessarie alla costruzione
dell’opera), dell’approvazione del progetto dell’opera.
Non spiega, in particolare, se in relazione alla
disciplina urbanistica dei terreni occupati, fosse
necessaria l’approvazione regionale della delibera
consiliare.
L’art. 1 1. reg. cit., attribuisce all’approvazione dei
progetti da parte dei competenti organi dei rispettivi
enti, per le opere pubbliche di competenza della
Regione, e degli enti locali infraregionali, l’effetto
di dichiarazione di pubblica utilità e di
indifferibilità

ed

urgenza

delle

opere

stesse,

conformemente all’art. 1 1. 3.1.1978 n. 1. E
parallelamente, nell’art. 4, recepisce le disposizioni
contenute nei commi quarto e seguenti dell’art. 1 della
legge statale, nel senso che le varianti sostanziali,
ovvero le localizzazioni delle opere pubbliche in aree
non destinate dallo strumento urbanistico a pubblici

11

servizi, devono essere sottoposte ad approvazione
regionale.
Allorché si tratti di area destinata alla realizzazione
di servizi pubblici è sufficiente, ai sensi dell’art. l,
quarto comma, 1. 3.1.1978 n. l, e dell’art. 4 della 1.

reg. Sicilia 10.8.1978 n. 35, che la delibera di
approvazione di un progetto che importi variante dello
strumento urbanistico sia trasmessa all’Assessorato
regionale del territorio e dell’ambiente, e che questi
non adotti alcuna determinazione nei successivi trenta
giorni. Allorquando si tratti di area destinata dallo
strumento urbanistico ad altri scopi, invece, necessita
l’approvazione espressa del predetto Assessorato (Cons.
giust. amm. sic., sez. giurisd., 2.11.1992, n. 316).
Il giudice di merito, a fronte di una puntuale obiezione
degli appellati, non spiega le ragioni per cui la prima
approvazione consiliare del progetto, in data 6.5.1989,
non viene approvata dall’organo regionale (che anzi
restituisce la delibera il 24.3.90), e quale sia la
dichiarazione di pubblica utilità che legittima la
procedura seguente, ivi compreso il nuovo decreto di
occupazione del 18.9.1990, se è vero che il progetto
viene riapprovato il 13.9.1990,

con approvazione

regionale che sopraggiunse solo il 15.6.1991, quando,
presumibilmente, i lavori erano già stati compiuti.
E’ dunque necessaria una nuova motivazione che dia
chiara e logica narrativa dello svolgimento dei fatti,
12

tenendo conto che in mancanza di dichiarazione di
pubblica utilità l’agire della pubblica amministrazione
è svolto in carenza di potere, e che la stessa delega al
compimento delle operazioni espropriative viene a
mancare del necessario supporto. Con la conseguenza che
dell’illecita trasformazione della proprietà dovrebbe

rispondere anche l’ente che in assenza del fondamentale
presupposto per lo svolgimento della procedura, ha
autorizzato l’occupazione e la trasformazione della
proprietà privata.
Va infatti ricordato che ai sensi dell’art. 1 1.
3.1.1978 n. 1, l’approvazione di un progetto di opera
pubblica equivale

ex lege a dichiarazione di pubblica

utilità, nonché indifferibilità ed urgenza dei relativi
lavori solo allorquando l’opera stessa sia conforme alle
previsioni del vigente strumento urbanistico, con la
conseguenza che laddove tale conformità difetta, il
progetto stesso deve essere approvato in variante al
piano regolatore, ai sensi dell’art. 1, quinto comma, 1.
cit. (Cons. Stato, sez. V, 23.5.2011, n. 3075), ma in
tale ultima ipotesi, l’approvazione del progetto e la
conseguente variante urbanistica esplicano i loro
effetti solo dopo l’approvazione regionale, da cui
normalmente derivano gli effetti di dichiarazione di
pubblica utilità del progetto dell’opera pubblica
approvata (Cons. Stato, sez. IV, 3.8.2011, n. 4642), e
ciò in quanto solo con l’approvazione regionale la
13

modifica

della

destinazione

urbanistica

acquista

efficacia, laddove la sola adozione della variante non è
idonea a far conseguire gli effetti di dichiarazione di
pubblica utilità del progetto dell’opera approvata né a
sorreggere gli ulteriori atti della procedura ablativa

(Cons. Stato, sez. IV, 14.12.2006, n. 7464; 27.12.2006,
n. 7898).
In difetto di idonea dichiarazione di pubblica utilità,
proprio in riferimento all’art. l 1.reg. Sicilia 35/78,
non è attribuito alcun potere ablatorio alla p.a. ed è
inidonea ad affievolire ad interesse legittimo il
diritto di proprietà del privato (Cass. 23.6.2008, n.
17015), con conseguente disapplicazione dell’ordinanza
con la quale sia stata disposta l’occupazione di urgenza
dell’area sulla quale l’opera avrebbe dovuto insistere
(Cass. 30.6.1999, n. 355/SU).
2.4.

L’accoglimento

del

terzo

motivo,

comporta

l’assorbimento del quarto.
3. La sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione
della Corte d’appello di Messina, che provvederà anche
sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito
il quarto, rigetta il primo e il secondo. In relazione
alla censura accolta, cassa la sentenza impugnata, e
rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte
d’appello di Messina.
14

Così deciso in Roma il 5.3.2014

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