Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10284 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/04/2021, (ud. 24/09/2020, dep. 20/04/2021), n.10284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3452-2014 proposto da:

EQUITALIA SUD, SPA DIREZIONE REGIONALE LAZIO, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato

PASQUALE VARI’, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE CERVO SRL, già LA MARMOTTA ALLEGRA SRL elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 49, presso lo studio

dell’avvocato RICCIONI ALESSANDRO, rappresenta e difensa

dall’avvocato VECCHIO GIANFRANCESCO;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 420/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 11/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

Equitalia Sud s.p.a. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 420/01/2013, depositata l’11.06.2013 dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, era stato accolto il ricorso della società La Marmotta Allegra s.r.l. (già Finvettore s.r.l.) avverso l’intimazione di pagamento del complessivo importo di Euro 70.843,79, notificatole dall’agente della riscossione a seguito del mancato pagamento di cartella esattoriale.

Ha riferito che con il ricorso introduttivo la contribuente aveva lamentato la mancata allegazione della cartella di pagamento presupposta, in ogni caso l’omessa notifica della cartella di pagamento, la violazione dei termini decadenziali previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, per la notifica della cartella, la non debenza delle somme dovute per compensazione con altri crediti. Il giudizio dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma era esitato nella sentenza n. 316/29/2012, di rigetto del ricorso. L’appello della società era stato invece accolto. Il giudice di secondo grado ha ritenuto che l’Ufficio non aveva prodotto documentazione atta a dimostrare la regolarità della notificazione della prodromica cartella di pagamento. Inoltre, in applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 mentre la cartella doveva essere notificata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione, nel caso di specie essa sarebbe stata notificata il 24.06.2004, a fronte di un controllo relativo alla dichiarazione Modello 1995.

Equitalia Sud ha censurato la decisione con tre motivi:

con il primo per violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver del tutto omesso l’esame dell’eccepita inammissibilità dell’appello, notificato alla parte personalmente e non al procuratore domiciliatario;

con il secondo per contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per essere stata fondata la decisione sulla mancata prova della notificazione della cartella, laddove la relata era stata depositata sin dal primo grado del giudizio e peraltro la doglianza della contribuente era riferita alla mancata sottoscrizione dell’avviso di ricevimento della cartella;

con il terzo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 19 per non aver tenuto conto dell’art. 26 cit., comma 3 e della assoluta regolarità della notificazione.

Ha chiesto dunque la cassazione della sentenza con declaratoria di inammissibilità dell’appello o di infondatezza dell’opposizione.

Si è costituita la contribuente, la cui denominazione è nelle more mutata in Immobiliare Cervo s.r.l., che preliminarmente, evidenziando come l’Agenzia delle entrate non ha inteso impugnare la sentenza, divenuta dunque nei suoi confronti definitiva (provvedendo a tal fine anche allo sgravio delle somme iscritte a ruolo e portate in cartella), ha eccepito l’inammissibilità o improcedibilità del ricorso per carenza di interesse e legittimazione a ricorrere da parte dell’agente della riscossione. Nel merito ha contestato i motivi del ricorso, del quale ha chiesto il rigetto.

L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Esaminando in via pregiudiziale la questione sollevata dalla controricorrente in ordine al difetto d’interesse dell’agente della riscossione (nella cui posizione deve intendersi ora succeduta l’Agenzia delle entrate – Riscossione) alla prosecuzione del giudizio, per l’acquiescenza alla decisione da parte dell’Agenzia delle entrate, essa non può trovare accoglimento perchè le due posizioni processuali non sono interamente sovrapponibili e pertanto resta in capo all’agente riscossore l’interesse e la legittimazione all’azione, anche ai soli fini della regolamentazione delle spese processuali.

Quanto ai motivi di ricorso, è infondato il primo, con il quale l’agente della riscossione si duole dell’errore di diritto del giudice regionale per aver omesso la trattazione della eccepita inammissibilità del ricorso in appello, notificato alla parte personalmente anzichè al difensore domiciliatario, fuori dalle ipotesi previste dall’art. 330 c.p.c..

A parte il fatto che il vizio della decisione si tradurrebbe in un errore processuale, da ricondurre all’ipotesi prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa decisione, questa Corte ha avvertito che il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, configurabile solo nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. se ed in quanto si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass., 6 dicembre 2004, n. 22860; 12 gennaio 2016, n. 321). Costituisce orientamento consolidato quello secondo cui la notifica del ricorso per cassazione, o dell’atto d’appello, alla parte personalmente e non al suo procuratore, non determina l’inesistenza ma la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291 c.p.c., comma 1, con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso, secondo la regola generale dettata dall’art. 156 c.p.c., comma 2, applicabile anche al giudizio di legittimità (cfr. Cass., 3 luglio 2014, n. 15236; 17 ottobre 2017, n. 24450. Con riferimento al grado d’appello, Cass., 3 maggio 2018, n. 10500; 7 febbraio 2019, n. 3666. Specificamente in materia tributaria, cfr. 21 gennaio 2008, n. 1156; 6 febbraio 2014, n. 2707). La censura pertanto è priva di fondamento, perchè implicitamente il giudice ha ritenuto che la costituzione delle parti aveva evidentemente sanato la nullità.

E’ poi inammissibile il secondo motivo, con il quale l’ente ricorrente ha denunciato che la decisione fosse fondata sulla mancata prova della notificazione della cartella, laddove la relata di notifica era stata invece depositata sin dal primo grado del giudizio e peraltro la doglianza della contribuente era riferita alla mancata sottoscrizione dell’avviso di ricevimento della cartella. A parte i limiti del vizio motivazionale, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv., con modif., dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che, al contrario di quanto afferma il ricorrente, trova applicazione anche al processo tributario (Cass., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053), e che va applicato al caso di specie, per essere stata depositata la sentenza l’11 giugno 2013, nella pronuncia si afferma che “…deve osservarsi che l’Ufficio non ha prodotto alcuna documentazione per provare la regolarità della notificazione della prodromica cartella esattoriale…..L’Ufficio avrebbe dovuto produrre copia della cartella o quanto meno copia dell’avviso di ricevimento della stessa: solo in tal modo l’Ufficio avrebbe fornito la prova della ricezione della cartella stessa e quindi della legittimità dell’intimazione di cui detta cartella è il presupposto. La produzione della copia dell’atto contestato permette, infatti, al ricorrente di verificare che lo stesso è stato effettivamente notificato e che si riferisce allo stesso tributo per la stessa imposta”. Ebbene, il ricorrente si duole di questa motivazione sostenendo che sin dal giudizio di primo grado aveva versato in atti la prova della notificazione della cartella. Ma tale doglianza evidenzia non già una contraddittorietà della motivazione, bensì un errore percettivo del giudice d’appello, il cui rimedio andava ricercato nella richiesta di revocazione della sentenza, non nella denuncia di un vizio di motivazione.

Inammissibile infine è il terzo motivo per difetto di autosufficienza. Con esso l’agente della riscossione si è doluto della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 19 per non aver tenuto conto dell’art. 26 cit., comma 3 e della assoluta regolarità della notificazione. A tal fine si afferma che è proprio l’art. 26 citato a prevedere che la consegna della cartella a mani del destinatario, o di una delle persone indicate nel comma 4, non richiede la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario. Sennonchè la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento, se la notifica sia eseguita con invio di raccomandata a mezzo posta, è prevista dal comma 1, seconda parte, dell’art. 26 cit. E l’agente della riscossione non specifica con quale modalità sia avvenuta la notifica.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in favore della contribuente nella misura specificata in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per competenze, oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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