Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10283 del 10/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/05/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 10/05/2011), n.10283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.C., rappresentata e difesa dall’avv. Tinelli

Giuseppe e dall’avv. Contestabile Giovanni, presso il quale è

elettivamente domiciliata in Roma in via delle Quattro Fontane n. 15;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE GENERALE;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 40/30/06, depositata il 29 gennaio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12 gennaio 2011 dal Relatore Cons. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza n. 40/30/06, depositata il 29 gennaio 2007, accogliendo gli appelli, riuniti, dell’Agenzia delle entrate, ufficio di (OMISSIS), nei giudizi introdotti da B.C. con l’impugnazione di tre avvisi di accertamento ai fini dell’IVA per gli anni 1999, 2000 e 2001, ha ritenuto che, anteriormente alla novella recata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 5 dal D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 5, comma 2 bis, come convertito nella L. 21 febbraio 1003, n. 27, il reddito costituito dagli utili della impresa attribuiti dall’assodante all’associato nell’associazione in partecipazione doveva essere considerato reddito di lavoro autonomo e come tale assoggettato ad IVA. Nei confronti della decisione la contribuente propone ricorso per cassazione.

L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività nella presente sede.

I motivi rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione di legge, assume che le prestazioni d’opera rese con l’apporto di solo lavoro, nell’ambito di un contratto di associazione in partecipazione, prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 282 del 2002, art. 5, comma 2 bis, dall’associato che non esercita per professione abituale altre attività di lavoro autonomo non rientrerebbero nel campo di applicazione dell’IVA, non ricorrendo il requisito soggettivo dell’autonomia e dell’indipendenza nello svolgimento dell’attività richiesti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 5, comma 1, e art. 4, paragrafi nn. 1 e 4, della sesta Direttiva CEE 17 maggio 1977, n. 388; con il secondo motivo lamenta la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; con il terzo motivo censura la sentenza per vizio di motivazione; con il quarto motivo deduce la non ricorrenza, nelle prestazioni in esame, del requisito oggettivo della onerosità richiesto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “le sante incassate per servizi resi in qualità di associato in partecipazione non sono assoggettabili all’imposta sul valore aggiunto, atteso che l’apporto dell’associato, cioè il bene che trasferisce all’assodante od il servizio che si impegna a svolgere in suo favore, ha natura di conferimento in associazione ed ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 2, comma 3, lett. e), e dell’art. 3, comma 4, lett. d), “non sono da considerarsi” cessioni di beni o prestazioni di servizi tassabili i conferimenti in società od associazioni, senza che una diversa interpretazione sia autorizzata dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 313 del 1997, art. 1″ (Cass. n. 6466 del 1998).

Si è poi di recente chiarito che “l’applicabilità dell’IVA agli atti di compravendita immobiliare posti in essere nell’esercizio di un’attività commerciale non è esclusa dall’esistenza, tra i venditori, di un contratto di associazione in partecipazione, comportando tale tipologia contrattuale soltanto che, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 art. 2, comma 2, lett. e) e art. 3, comma 4, lett. d), (nel testo vigente “ratione temporis”), non è assoggettabile ad IVA unicamente l’apporto dell’associato, inteso come bene trasferito all’assodante o servizio che egli si impegna a svolgere in suo favore, mentre resta invece soggetta all’imposta la vendita di immobili oggetto dell’attività associata” (Cass. n. 4588 del 2010).

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375, comma 1, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto il primo motivo è manifestamente fondato, assorbito l’esame degli ulteriori motivi”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, assorbito l’esame degli altri motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente;

che le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente.

Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1000, ivi compresi Euro 100 per spese vive.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2011

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