Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10282 del 27/04/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 10282 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: CALAFIORE DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 2066-2013 proposto da:
CASSA NAZIONALE PREVIDENZA ASSISTENZA FORENSE C.F.
80027390584, in persona del legale rappresentante pro
tempore elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE LIEGI
42, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO GIOVANNI
ALOISIO, che la rappresenta e difende unitamente
2018

all’avvocato ENRICO PERCHINUNNO giusta delega in atti;
– ricorrente –

646
contro

PRESICCI MICHELE;
– intimato –

Data pubblicazione: 27/04/2018

avverso la sentenza n. 3115/2012 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 20/07/2012 R.G.N. 8041/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA
CALAFIORE;

Generale Dott. STEFANO VISONA’ che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato ALOISIO ROBERTO GIOVANNI.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

N. R. G. 2066/2013
Cassa Naz. Prev. Ass. Forense/ M. Presicci

FATTI DI CAUSA
1.

La Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 311 del 2012, ha respinto

l’impugnazione proposta dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza
Forense, in seguito Cassa, avverso la decisione di primo grado che aveva
accolto la domanda proposta dall’avvocato Michele Presicci tesa ad ottenere
la condanna della Cassa al pagamento in proprio favore della somma di

madre), a seguito dell’adozione di un bambino brasiliano, in forza della
pronuncia della Corte Costituzionale n. 385 del 2005 che aveva dichiarato
l’illegittimità costituzionale degli artt. 70 e 72 del d.lgs. n. 151 del 2001,
nella parte in cui non prevedevano che al padre spettasse il diritto a
percepire, in alternativa alla madre, l’indennità di maternità in caso di
adozione.
2.

La Corte territoriale, ritenendo rispettato il termine perentorio di 180

giorni per la proposizione della domanda perché decorrente dalla data di
ingresso del minore in famiglia e non dalla data del suo ingresso in Italia,
ha respinto l’eccezione della Cassa relativa alla valenza meramente
programmatica e non direttamente precettiva della sentenza della Corte
costituzionale invocata, confermata dalla successiva sentenza della Corte
Costituzionale n. 385 del 2010. Infine, ad avviso della Corte territoriale, la
natura privata della Cassa rendeva inapplicabile il divieto di cumulo tra
interessi e rivalutazione sul credito ai sensi dell’art. 16 , sesto comma, I. n.
412 del 1991.
3. Avverso tale sentenza la Cassa ricorre per cassazione sulla base di un
unico motivo, illustrato da memoria. L’avvocato Michele Presicci è rimasto
intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Con l’unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1

nn.1 e 2 disp. prel. cod. civ., degli artt. 117, 134 e 136 Cost. per l’erronea
qualificazione degli effetti della sentenza n. 385 del 2005 della Corte
Costituzionale, ritenuta dalla ricorrente priva di immediata efficacia
precettiva in quanto additiva di principio, laddove, ad avviso della sentenza
impugnata, la sentenza della Corte Costituzionale citata non necessitava

Euro 4.706,55, a titolo di indennità di maternità (in sostituzione della

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dell’intervento integrativo del legislatore per realizzare il principio di
eguaglianza in essa affermato.
2.

Il motivo è infondato. Occorre chiarire che il motivo di ricorso, limitato

all’unica denuncia di violazione delle norme anche costituzionali che
disciplinano gli effetti delle sentenze costituzionali di accoglimento, si limita
a contestare il punto della sentenza che afferma la immediata operatività

professionista ad ottenere l’indennità di maternità, in alternativa alla madre,
per effetto della pronuncia di incostituzionalità degli art. 70 e 72 d.lgs. n.
151 del 2001 ad opera di Corte Costituzionale n. 385 del 2005, e non
estende le critiche alla sentenza impugnata ad altri profili, essenziali per il
riconoscimento del diritto della parte intimata, quali, ad esempio, quelli
relativi alla verifica della qualità professionale e della posizione assunta dalla
madre adottiva nella vicenda in ordine alla fruizione dell’indennità di
maternità, di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, rilevanti ai fini
dell’applicazione della disciplina dell’ indennità genitoriale rivendicata.
3.

In tale ambito questa Corte di cassazione Cass. sez. lav. n. 809 del

15 gennaio 2013) ha avuto modo di affermare, in particolare, che < [...] Evidenziate le distinzioni esistenti tra le ipotesi di adozione e quelle di filiazione biologica, in relazione alla prima ipotesi, la disciplina dell'indennità di maternità risponde all'interesse primario della prole, l'esame della citata normativa consente di affermare che è ritenuto adeguatamente tutelato tale interesse della prole attribuendo ad uno soltanto dei genitori l'indennità in esame. I principi che regolano la normativa in esame, come modificata dagli interventi della Corte Costituzionale, possono, infatti, essere sintetizzati in quello della alternatività tra i due genitori e della loro fungibilità e ciò è espressamente previsto per le coppie composte da entrambi i genitori dipendenti cfr. in tal senso il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 28, che attribuisce l'indennità di maternità al padre ove non richiesta dalla madre lavoratrice), ma non vi sono ragioni per discostarsene in caso di coppie in cui un genitore è libero professionista trattandosi di situazioni omogenee nelle quali l'interesse primario da tutelare è e rimane quello della prole e quello di facilitare il suo inserimento nella nuova famiglia>.

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della regola del riconoscimento del diritto del padre adottivo libero

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4.

Dunque, in tale specifico contesto processuale, ove l’accertamento

dell’ulteriore presupposto della fruizione alternativa alla madre, richiesto per
il riconoscimento del diritto

alla fruizione dell’indennità in oggetto, è

definitivamente accertato, è evidente che anche la disamina della mera
questione giuridica proposta con il motivo di ricorso per cassazione deve
limitarsi alla sola verifica della legittimità dell’applicazione alla concreta

385 del 2005.
5.

Tale pronuncia, preso atto che il d.lgs. n. 151 del 2001, riconoscendo il

diritto all’indennità genitoriale al padre adottivo o affidatario che sia
lavoratore dipendente ed escludendolo, viceversa, nei confronti di coloro
che esercitino una libera professione, i quali non hanno la facoltà di
avvalersi del congedo e dell’indennità in alternativa alla madre, ha
affermato che « tale discriminazione rappresenta un vulnus sia del principio
di parità di trattamento tra le figure genitoriali e fra lavoratori autonomi e
dipendenti, sia del valore della protezione della famiglia e della tutela del
minore. Come si evince dalla ratio sottesa agli interventi normativi sopra
ricordati nonché dalla lettura delle motivazioni dei precedenti di questa
Corte, gli istituti nati a salvaguardia della maternità, in particolare i congedi
ed i riposi giornalieri, non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed
esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati alla difesa del
preminente interesse del bambino «che va tutelato non solo per ciò che
attiene ai bisogni più propriamente fisiologici, ma anche in riferimento alle
esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono collegate allo sviluppo
della sua personalità» (sentenza Corte Cost. n. 179 del 1993).
6.

Nell’ipotesi di affidamento e di adozione, ove l’astensione dal lavoro non

è finalizzata alla tutela della salute della madre ma mira in via esclusiva ad
agevolare il processo di formazione e crescita del bambino, «creando le
condizioni di una più intensa presenza della coppia, i cui componenti sono
entrambi affidatari, e come tali entrambi protagonisti, nell’esercizio dei loro
doveri e diritti, della buona riuscita del delicato compito» loro attribuito
(sentenza n. 341 del 1991)- continua Corte Costituzionale n. 385 del 2005al il fine di realizzare, in caso di adozione e affidamento, la garanzia di una

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fattispecie della norma risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n.

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completa assistenza al bambino nella delicata fase del suo inserimento nella
famiglia, non riconoscere l’eventuale diritto del padre all’indennità
costituirebbe un ostacolo alla presenza di entrambe le figure genitoriali. Per
questo occorre garantire «un’effettiva parità di trattamento fra i genitori
nel preminente interesse del minore che risulterebbe gravemente
compromessa ed incompleta se essi non avessero la possibilità di accordarsi

esigenze di tutela della prole, ammettendo anche il padre ad usufruire
dell’indennità di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 151 del 2001 in alternativa alla
madre. In caso contrario, nei nuclei familiari in cui il padre esercita una
libera professione verrebbe negata ai coniugi «la delicata scelta di chi,
assentandosi dal lavoro per assistere il bambino, possa meglio
provvedere» alle sue esigenze, scelta che, secondo la giurisprudenza
menzionata di questa Corte, non può che essere rimessa in via esclusiva
all’accordo dei genitori, «in spirito di leale collaborazione e nell’esclusivo
interesse del figlio» (sentenza n. 179 del 1993).
7.

La Corte Costituzionale ha, poi, evidenziato che il principio di

uguaglianza implica che non possa non riconoscersi anche al professionista
padre tale facoltà posto che la legge la riconosce ai padri che svolgano
un’attività di lavoro dipendente e la non estensione di analoga facoltà ai
liberi professionisti determina « una disparità di trattamento fra lavoratori
che non appare giustificata dalle differenze, pur sussistenti, fra le diverse
figure (differenze che non riguardano, certo, il diritto a partecipare alla vita
familiare in egual misura rispetto alla madre), e non consente a questa
categoria di padri-lavoratori di godere, alla pari delle altre, di quella
protezione che l’ordinamento assicura in occasione della genitorialità, anche
adottiva».
8.

Tale situazione di assenza di tutela, in difetto di effettiva

giustificazione, è stata, quindi, ritenuta da Corte Costituzionale n. 385 del
2005 come discriminatoria con la consequenziale illegittimità costituzionale ,
degli artt. 70 e 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte
in cui non prevedono il principio che al padre spetti di percepire in
alternativa alla madre l’indennità di maternità, attribuita solo a quest’ultima.

per un’organizzazione familiare e lavorativa meglio rispondente alle

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Anche se, conclude Corte Cost. n. 385 del 2005, .
9.

Trattasi, quindi, di pronuncia di accoglimento cui la tradizione dottrinale

associa la qualificazione di “additiva di principio”. Tale tipo di pronuncia

fattispecie ove la disciplina applicabile è stata interessata da tale tipo di
pronuncia

( vd. Cass. n. 8097 del 2015 in ragione della tutela di diritti

fondamentali e doveri di assistenza morale e materiale condizionante
l’assetto della vita, in ipotesi di rettifica del sesso di persona coniugata) non
elide la specificità degli effetti delle pronunce di accoglimento così come
indicati nell’art. 136 Cost., comma 1. La regola relativa

al mancato

riconoscimento del diritto del padre adottivo, libero professionista, di fruire
dell’indennità genitoriale obbligatoria in luogo della madre, ha cessato di
avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella
Gazzetta Ufficiale (art. 136 Cost., comma 1).
10. Appare pertanto evidente che l’illegittimità costituzionale ha colpito la
norma nella porzione mancante, da cui derivava la violazione dell’obbligo di
parità di trattamento, posto che la Corte Costituzionale con la sentenza
invocata ha espressamente indicato che il fine di garantire una completa
assistenza al bambino nella delicata fase del suo inserimento nella famiglia
unitamente al raggiungimento dell’effettiva parità di trattamento fra i
genitori, nel preminente interesse del minore, risulterebbero gravemente
compromessi ed incompleti se essi non avessero la possibilità di accordarsi
per un’organizzazione familiare e lavorativa meglio rispondente alle
esigenze di tutela della prole, ed è per questo che deve ammettersi anche il
padre ad usufruire dell’indennità di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 151 del 2001
in alternativa alla madre.

11.

E’ sotto questo particolare aspetto della individuazione della regola da

adottare per disciplinare tra i genitori «la delicata scelta di chi,
assentandosi dal lavoro per assistere il bambino, possa meglio
provvedere» alle sue esigenze, in spirito di leale collaborazione e

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costituzionale, tuttavia, come rilevato da questa Corte di legittimità in

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nell’esclusivo interesse del figlio, (sentenza n. 179 del 1993), che la Corte
Costituzionale ha attribuito al futuro legislatore il compito < di approntare un meccanismo attuativo che consenta anche al lavoratore padre un'adeguata tutela>.
12.Ciò, però, non può eliminare che la sentenza costituzionale esplichi
effetti laddove il solo effetto dichiarativo della medesima pronuncia, come
nel caso di specie, consenta di per sé il riconoscimento del diritto
dell’odierna parte intimata ad ottenere l’indennità genitoriale, in ragione di
quel diritto alla parità di trattamento che ha determinato la decisione della
Corte Costituzionale in oggetto.
13. La Corte ha ritenuto discriminatorio il mancato riconoscimento del
diritto del padre adottivo a fruire dell’indennità in luogo della madre,
rispetto alla analoga situazione del lavoratore dipendente, e già la
dichiarazione di tale discriminazione ha determinato il primo l’effetto di
eliminazione dalla norma dell’irrazionale disparità di trattamento; in via
ulteriore, la Corte Costituzionale ha rilevato la ingiustificata disparità di
trattamento con il lavoratore dipendente in punto di mancanza di una regola
di concreta gestione, in accordo tra i genitori, del tempo da destinare ai
congedi familiari a tutela del minore, e poiché tale mancanza risulta
incompatibile con la protezione che la Costituzione riserva al minore, la
Corte ha richiesto l’intervento integrativo del legislatore.
14. Deve, pertanto, ritenersi che, nei limiti fattuali e processuali sopra
delineati in cui la tutela richiesta si realizza con la mera affermazione del
diritto a fruire dell’indennità genitoriale, in assenza di contrasti tra genitori
sulla concreta modulazione dei rispettivi diritti, la pronuncia sia auto
applicativa e non meramente dichiarativa. Ne consegue che, fermo l’assunto
secondo il quale con le pronunce additive di principio la Corte non immette
direttamente nell’ordinamento una concreta regola positiva, nel rispetto
della competenza legislativa del Parlamento, non può essere contestato che
l’affermazione del diritto del padre adottivo libero professionista, in
alternativa alla madre,

a fruire dell’indennità di maternità ha natura

imperativa e deve essere applicato con l’efficacia stabilita dall’art. 136 Cost.

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15. In attesa dell’intervento del legislatore per gli aspetti richiesti dalla
Corte Costituzionale, il giudice a quo è, comunque, tenuto ad individuare sul
piano interpretativo la regola per il caso concreto che dia concreta vitalità
al principio imperativo stabilito con la sentenza di accoglimento. Corte
Costituzionale n. 385 del 2005 ha indicato nettamente al giudice il nucleo di
diritti da proteggere, per cui si impone un adeguamento necessario.

17. Nulla per le spese posto che l’intimato non ha svolto difese nel giudizio
di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 febbraio 2018.
Il Consigliere est.

Il Presidente

Daniela galafiore
(/

Antonio Manna

Il Funzionario Ci’
Dott.ssa D

16. In definitiva, il ricorso va respinto.

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