Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10279 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10279 Anno 2015
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 18783-2011 proposto da:
CREDIFARMA SPA 01971061005 in persona del Presidente
del Consiglio di Amministrazione pro tempore, dott.
GHIANI CARLO, GHIANI CARLO GHNCRL42D10B7450 in
proprio, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA S
MARCELLO PISTOIESE 73 75, presso lo studio
2015
508

dell’avvocato PAOLA FIECCHI, rappresentati e difesi
dall’avvocato GIUSEPPE MACCIOTTA giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 20/05/2015

MAURO EZIO MRAZEI48R24D372G,
L’ESPRESSO

SPA

GRUPPO EDITORIALE

00488680588

in

persona

dell’amministratore delegato e legale rappresentante
dott.ssa MONICA MONDARDINI, elettivamente domiciliati
in ROMA, P.ZA DEI CAPRETTARI 70, presso lo studio

rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MAURIZIO MARTINETTI giusta procura a margine del
controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 2247/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/05/2010 R.G.N.
738/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/02/2015 dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

dell’avvocato VIRGINIA RIPA DI MEANA, che li

R.G.N. 18783/11
Udienza del 24 febbraio 2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2001 la società Credifarma s.p.a. ed il presidente del suo Consiglio di
amministrazione, Carlo Ghiani, convennero dinanzi al Tribunale di Roma
Ezio Mauro e la società Gruppo Editoriale L’Espresso s.p.a. (d’ora innanzi,
per brevità, “la GEL”), chiedendone la condanna al risarcimento del danno

“La Repubblica”, nella cronaca di Palermo, tra il marzo ed il maggio del
1999.

2. Esponevano gli attori che in questi articoli si dava conto del fatto che la
locale Procura della Repubblica, in seguito all’esposto di alcuni farmacisti,
aveva deciso di indagare sul fenomeno dei ritardi coi quali le ASL
rimborsavano ai farmacisti il costo dei farmaci a carico del Servizio Sanitario
Nazionale, e sul connesso fenomeno delle società finanziarie sorte col fine di
anticipare ai farmacisti in credito verso le ASL il relativo importo, dietro
compenso.
Secondo la prospettazione attorea i suddetti articoli avevano ecceduto i
limiti del diritto di cronaca e di critica: sia per avere riferito fatti non veri,
sia per averli riferiti in modo malizioso, idoneo a suggerire nel lettore
l’opinione che la società Credifarnia svolgesse un’attività illecita prossima
all’usura.

3. Il Tribunale di Roma con sentenza 14.12.2004 n. 33270 il Tribunale di
Roma rigettò la domanda.
La sentenza venne appellata dai soccombenti.
La Corte d’appello di Roma con sentenza 24.5.2010 n. 2247 rigettò il
gravame. Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne
che negli articoli oggetto del contendere non fossero stati ecceduti i limiti
del diritto di cronaca (ovvero la verità della notizia, l’interesse pubblico alla
sua diffusione, la continenza verbale).

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rispettivamente patito in conseguenza di 6 articoli pubblicati dal quotidiano

R.G.N. 18783/11
Udienza del 24 febbraio 2015

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Credifarma
e da Carlo Ghiani con 8 motivi di ricorsi (ne sono numerati solo 7; una
ottava censura è illustrata a p. 30, § 2).
Hanno resistito con un controricorso unitario la GEL ed Ezio Mauro.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con i primi sei motivi di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza
impugnata sarebbe affetta da un vizio di motivazione, ex art. 360 n,. 5
c. p. c..
Vi si sostiene, in particolare, che la sentenza impugnata:
(a)

ha trascurato di valutare che gli articoli diffamatori non riferivano

esattamente i termini in cui l’attività della Credifarma era stata descritta
nell’esposto presentato da alcuni farmacisti alla Procura della Repubblica; né
ha considerato che gli articoli, pur riferendo di una attività della Procura
della Repubblica, avevano come fonte il suddetto esposto (primo motivo);
(b) ha escluso che gli articoli avessero contenuto diffamatorio, facendo leva
su notizie contenute in un provvedimento giudiziario (richiesta di
archiviazione) posteriore di un anno rispetto alla loro pubblicazione
(secondo motivo);
(c) ha omesso di valutare correttamente il contenuto capzioso e suggestivo
degli articoli intitolati “Così gli speculatori acquistano le farmacie” e “Dopo
l’inchiesta arrivano i soldi”, nei quali si lasciava intendere che la società
Credifarma svolgesse un’attività da usuraio (terzo motivo);
(c) ha omesso del tutto di valutare il contenuto di uno degli articoli oggetto
del contendere (quarto motivo);
(d)

ha errato nel considerare non suggestivo e non decettivo l’articolo

“Farmacie, cinque indagati”, nel quale si forniva una informazione distorta
circa il contenuto del quesito che la Procura titolare delle indagini aveva
posto ad un perito, incaricato di esaminare l’operato della Credifarma
(quinto motivo);
(e) ha errato nel ritenere che nell’articolo intitolato “Il vertice Federfarma
nell’inchiesta sulla ASL/6″non si facesse menzione della società Credifarnna,
la cui ragione sociale era invece ripetutamente indicata (sesto motivo).

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r

1. Il motivi di ricorso.

R.G.N. 18783/11
Udienza del 24 febbraio 2015

1.2. Tutti i primi sei motivi del ricorso sono inammissibili, come
correttamente rilevato dal Procuratore Generale nella pubblica udienza.
In essi infatti si formulano censure con cui si chiede che in questa sede si
rivaluti il contenuto degli articoli in tesi diffamatori (tra l’altro spesso

Ora, è sin troppo noto che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia
riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della
controversia, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate,
tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico
posto a base della decisione.
E’ altresì noto che il giudice di merito al fine di adempiere all’obbligo della
motivazione non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze
processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma
è invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro
complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio
convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi
e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono
logicamente incompatibili con la decisione adottata.
E’, infine, noto che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e
valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo
logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del
giudice del merito.
Da questi principi pacifici discende che non può chiedersi al giudice di
legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella
adottata dal giudice di merito. Il sindacato della Corte è limitato a valutare
se la motivazione adottata dal giudice di merito sia esistente, coerente e
consequenziale: accertati tali requisiti, nulla rileva che le prove raccolte si
sarebbero potute teoricamente valutare in altro modo.

1.3. Nel caso di specie deve ovviamente escludersi che una motivazione
manchi; deve escludersi che essa sia illogica, e deve escludersi che sia

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fraintendendo il contenuto effettivo della decisione).

efiA-

R.G.N. 18783/11
Udienza del 24 febbraio 2015

contraddittoria. La Corte d’appello ha infatti ritenuto veridici i fatti riferiti
(secondo il canone della c.d. verità putativa); sussiste l’interesse pubblico e
rispettato il canne della continenza verbale: e queste sono altrettante
valutazioni di merito, insindacabili in questa sede.

la sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 2697 c.c., là dove ha ritenuto
“non contestata” la verità della notizia secondo cui la Credifarma
“applicherebbe un tasso del 60% sugli interessi moratori”. Tale notizia era
invece falsa, conteneva una chiara accusa di “strozzinaggio” alla Credifarma,
e comunque la verità di essa era stata sin dal primo grado contestata dalla
società Convenuta.

1.5. Il motivo è manifestamente inammissibile, perché travisa il reale
contenuto precettivo della sentenza.
Questa infatti, ha ritenuto non diffamatori gli articoli pubblicati da “La
Repubblica” non solo sul presupposto che la verità delle affermazioni ivi
contenute non sarebbe stata contestata;

ma anche perché ha ritenuto

accertato in facto che la società Credifarma realizzava il proprio utile
d’impresa profittando dei cronici ritardi nei pagamenti da parte della ASL n.
6. La sentenza, dunque, adotta su tale specifica questione una doppia ratio
decidendi,

che la doglianza inerente la sola affermazione della “non

contestazione” non è idonea a scalfire.

2. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai
sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c..
P.q.m.
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
-) rigetta il ricorso;
-) condanna la Credifarma s.p.a. e Carlo Ghiani, in solido, alla rifusione in
favore di Ezio Mauro e della Gruppo Editoriale L’Espresso s.p.a., in solido,
delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di

Pagina 6

ekk-

1.4. Col settimo e con l’ottavo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano che

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Udienza del 24 febbraio 2015

euro 5.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese
forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile

della Corte di cassazione, addì 24 febbraio 2015.

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