Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10277 del 12/05/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10277 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 21709-2008 proposto da:
LARAIA

MICHELE

LRAMHL49S09L328W,

elettivamente

domiciliato in ROMA, P.ZZA SANTIAGO DEL CILE 8, presso
lo studio dell’avvocato BATTAGLIA MARCO, rappresentato
e difeso dall’avvocato DI EUGENIO LUCA;
– ricorrente contro

2014
714

SCARAMUCCI MAURO;
– intimato –

Nonché da:
SCARAMUCCI MAURO SCRMRA65E12A462T,

elettivamente

Data pubblicazione: 12/05/2014

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 18, presso lo
studio dell’avvocato FALCONI FEDERICA, rappresentato e
difeso dall’avvocato MAURINI VINCENZO;
– c/ric. e ricorrente incidentale contro

intimato

avverso la sentenza n. 461/2008 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 09/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/03/2014 dal Consigliere Dott. GAETANO
ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato DI EUGENIO LUCA difensore del
ricorrente che si e’ riportato agli atti depositati ed
ha insistito sul loro accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che, previa riunione dei
ricorsi, ha concluso per il rigetto del ricorso
principale per l’assorbimento del ricorso
incidentale condizionato.

LARAIA MICHELE;

Laraia-Scaramucci
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – Con atto notificato il 25.06.1999, Mauro Scaramucci

proponeva

opposizione al d.i. n.114 , emesso dal Tribunale di Teramo il 7.05.199 in favore

323.873.000, sulla base di una parcella opinata dal Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Teramo, a titolo di pagamento di onorario professionale.
In via preliminare l’attore eccepiva il difetto di legittimazione passiva , in quanto
egli aveva conferito al legale l’incarico di predisporre l’opposizione alla
sentenza dichiarativa del fallimento nei confronti della srl Fratelli Perini, di cui
egli era amministratore, per cui la domanda di pagamento doveva essere rivolta
dall’avvocato solo alla società fallita, avendo egli agito nella qualità di legale
rappresentante della società stessa.
Quanto al merito, l’opponente riteneva abnorme la somma richiesta, calcolata
in base a criteri del tutto errati, sulla base di uno scaglione tariffario calcolato
in relazione alle passività della fallita,con riferimento ai massimi tabellari e con
applicazione della quadruplicazione dell’onorario ai sensi dell’art. 5 n. 3 della
tariffa professionale, senza che ne ricorressero i presupposti.
L’avv. Michele Laraia, costituendosi, chiedeva il rigetto dell’opposizione,
ribadendo di avere ricevuto il mandato personalmente dallo Scaramucci, che
aveva firmato la procura nell’atto di opposizione alla sentenza dichiarativa del
fallimento, anche se poi però l’opposizione non aveva avuto seguito per

Corte Suprema di Cassazi

II s

civ. –

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del richiedente avv. Michele Laraia per la complessiva somma di L.

volontà dello stesso Scarmucci, che gli aveva chiesto di soprassedere dalla
notificazione dell’atto. Quanto al merito, l’opposto sosteneva che l’importo
richiesto ( applicazione degli onorari massimi tariffari con quadruplicazione ai
sensi della tariffa) era giustificato dall’assoluta urgenza che rivestiva la

sue intrinseche difficoltà.
L’adito Tribunale di Teramo, con sentenza n. 636/2003 accoglieva in parte
l’opposizione e condannava lo Scaramucci al pagamento in favore del legale
della minore somma di € 70.357,15 oltre interessi.
La sentenza veniva appellata da quest’ultimo che riproponeva le precedenti
eccezioni, sia in ordine alla carenza di legittimazione passiva che in relazione
all’importo richiesto, ritenuto erroneo e sproporzionato in relazione all’attività
professionale effettivamente svolta. L’avv. Laraia si costituiva svolgendo
appello incidentale.
L’adita Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza n. 461/08, depositata in data
9.07.2008, disatteso l’appello incidentale, accoglieva l’appello principale e, in
totale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda dell’avv. Laraia,
che condannava al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
La Corte rigettava l’eccezione di carenza di legittimazione passiva dello
Scaramucci, ritenendo che il rapporto di mandato in realtà si era costituito tra il
medesimo personalmente ed il legale, come dimostrato dall’attuazione in
concreto del relativo rapporto obbligatorio. Riteneva però che, quanto allo

Corte Suprema di Cassa

sez. civ. –

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richiesta di stesura dell’atto di opposizione alla declaratori fallimento ed alle i/

scaglione tariffario da applicarsi nella fattispecie ( opposizione a sentenza
dichiarativa di fallimento), non poteva essere posto a fondamento della
liquidazione — contrariamente a quanto deciso dal primo giudice — l’art. 17 c.p.c.
in materia di opposizione all’esecuzione forzata, per cui il valore della

perciò indeterminabile, poiché l’oggetto del giudizio non investiva la
delimitazione quantitativa del dissesto, riservata al subprocedimento di
verificazione, tutto ciò in conformità con la richiamata giurisprudenza di
legittimità a cui aderiva ( Cass. N. 16300/2007). La corte distrettuale quindi,
pur applicando i compensi massimi dello scaglione a valore indeterminabile,
liquidava il compenso spettante al legale, in complessive di L. 4.500.000 ( per
studio controversia, per consultazioni e redazione atto introduttivo). Tuttavia la
domanda da lui proposta doveva ritenersi del tutto infondata atteso che il
cliente gli aveva già corrisposto la maggior somma di L. 12.319.560,
comprensiva dei diritti ed accessori di legge, che dunque era già satisfattoria
del credito professionale giudizialmente fatto valere.
Avverso la sentenza il legale ha proposto ricorso per cassazione

che si

articola in n. 3 mezzi ; resiste con controricorso Lo Scaramucci, che ha
formulato altresì ricorso incidentale.

MOTIVI DELLE DECISIONE
A) RICORSO PRINCIPALE

Corte Suprema di Cas

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controversia non era desumibile dall’entità del passivo fallimentare, ed era

1 — Con il 1° motivo del ricorso principale l’esponente denuncia la violazione
e falsa applicazione degli artt. 5 DM 5 ottobre 1995 n. 584 ( art. 24 L. n.
794/1942) e il vizio di motivazione circa un fatto decisivo. Egli si duole del
fatto che la Corte distrettuale non avesse ritenuto — con adeguata motivazione

nonché l’ “urgenza” dello stesso. Invero il giudice nello stabilire il compenso in
base alla vigente tariffa professionale, ha considerato l’atto di citazione in
opposizione ex art. 18 L.F. da lui redatto, non particolarmente complesso in
relazione alle questioni trattate, ed ha escluso che dall’ asserita ” ristrettezza
dei tempi di redazione” potesse conseguire una “particolare importanza” della
casistica, dovendo tale urgenza ritenersi ” parzialmente compensabile
nell’ambito dello scaglione medesimo”.
A conclusione del mezzo, viene posto il seguente quesito di diritto:
“… si chiede pertanto se il criterio della urgenza richiesta per il compimento di
singole attività” di cui al comma 3 dell’art. 5 della tariffa … possa essere
valutato quale elemento autonomo per la duplicazione degli onorari spettanti al
professionista, ovvero rilevi solo nella ricorrenza di una causa di < particolare importanza > , ai sensi del precedente comma 2.”
La doglianza non ha pregio.
Occorre premettere che l’esponente, nel prospettare tale censura, avrebbe
dovuto – in omaggio del principio dell’autosufficienza – enucleare il contenuto
della bozza di citazione da lui redatta, per consentire al Collegio di stabilire se

Corte Suprema di C

civ. –

6

– di non particolare importanza o complessità chliipIo intervento professionale

la motivazione della corte territoriale fosse congrua o meno. Del resto la
doglianza si risolve in una censura in fatto, avverso la valutazione discrezionale
del giudice distrettuale, ampiamente e congruamente motivata, immune da vizi
logici e giuridici, come tale dunque non sindacabile. La corte d’Appello invero

giuridica, e, quanto all’ “urgenza” per la rapidità della formulazione a fronte di
più giorni utili per la presentazione. Del resto, per contestare questi aspetti
sarebbe stato necessario — si torna a ripetere – che l’esponente avesse
almeno riportato nel ricorso il contenuto della bozza di citazione che il
professionista assume di avere redatto.
2- Con il 2° motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione
degli artt. 5 DM 5 ottobre 1995 n. 584 ( art. 24 L. n. 794/1942); la violazione
e falsa applicazione dell’ art. 17 c.p.c. nonché degli artt. 13 DPR n. 11/2002 “e
il vizio di motivazione circa un fatto decisivo”.
Il professionista si duole della reo ritenuta indeterminabilità del valore e ritiene
non applicabile alla fattispecie, il criterio espresso dalle S.U. di questa Corte (
n. 16300/2007), perché a suo avviso non era controverso il passivo della
società dichiarata fallita, essendoci stata una

precedente richiesta di

concordato preventivo da parte della società poi fallita. Osserva ancora che
la Corte distrettuale non aveva adeguatamente considerato il parere espresso
sulla sua parcella dal competente Consiglio dell’Ordine professionale.
Il motivo si conclude con i seguenti quesiti diritto:

Corte Suprema di Cassazion

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ha valutato la fattispecie secondo parametri ordinari, per impegno, difficoltà

a . ” se ai fini della quantificazione degli onorari di avvocato nei confronti del
cliente, il valore della causa di opposizione al fallimento ex art. 18 L.F.
debba essere quantificato …. ai sensi del combinato disposto degli artt. 6
comma 4 DM 5 ottobre 1994 n. 585 e 17 c.p.c. e sulla scorta dell’esposizione
sulla liquidazione del

contributo unificato:”
b . “se il parere reso dal Consiglio dell’Ordine professionale, …. conservi — nel
giudizio di opposizione al provvedimento monitorio — efficacia limitatamente
alla corretta individuazione del valore della pratica sulla scorta dei criteri di cui
all’art. 6 della tariffa professionale”.
La doglianza non ha pregio.
Intanto occorre ribadire che, secondo la più volte ricordata pronuncia delle S.U.
( cui si aderisce) : “ai fini della liquidazione dei diritti e degli onorari spettanti al
difensore in sede di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, il
valore della causa, da determinarsi sulla base della domanda ex art. 10 c.p.c.,
non va desunto dall’entità del passivo, non essendo applicabile in via analogica
l’art. 17 c.p.c. riguardante esclusivamente i giudizi di opposizione ad
esecuzione forzata, ma deve considerarsi indeterminabile, atteso che la
pronuncia richiesta è di revoca del fallimento e l’oggetto del giudizio, relativo
all’accertamento dell’insolvenza, si fonda sulla comparazione tra i debiti
dell’imprenditore e i mezzi finanziari a sua disposizione senza investire la
delimitazione quantitativa del dissesto, riservata al subprocedimento di

Corte Suprema ì Cssazione — Il sez. civ. ‘

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debitoria, tenuto conto delle vigenti disposizioni

verificazione.”( Cass. Sez. U, n. 16300 del 24/07/2007; Cass. N. 16032 del
13.06.2008).
Ciò evidenziato, si osserva che il ricorso in esame propone un profilo ulteriore
legato al caso di specie, costituito cioè dal il fatto che , avendo il cliente in

preventivo, per ciò solo vi sarebbe una sorta di “presupposizione” ( per così
dire confessoria) di quella condizione d’insolvenza, che dunque non sarebbe
neppure stato necessario accertare in futuro.
Si tratta di una deduzione che , ad avviso del Collegio , non può essere
condivisa; essa infatti non coglie la ratio della riportata giurisprudenza delle
S.U. che non si sostanzia nell’impossibilità di definire un valore monetario, ma
solo un rapporto “tra i debiti dell’imprenditore e i mezzi finanziari a sua
disposizione”.
Peraltro la prospettazione in questione è contraddetta proprio dalla pronuncia di
questa S.C. ( Cass. 1346/13) che ribadisce, con principio estensibile al caso, il
principio delle S.U. anche in ipotesi di opposizione alla dichiarazione di
fallimento conseguente a pronuncia di risoluzione del concordato preventivo.
Invero questa Corte al riguardo ha osservato : “Ai fini della liquidazione dei diritti
e degli onorari spettanti al difensore in sede di opposizione alla sentenza di risoluzione
del concordato preventivo e conseguente dichiarazione di fallimento, il valore della
causa, da determinarsi sulla base della domanda ex art. 10 c.p.c., non va desunto
dall’entità del passivo, non essendo applicabile in via analogica l’art. 17 c.p.c.

Corte Suprema di Ca ssazsrp,–sei. eiv. /

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precedenza chiesto ( ma non ottenuto) l’accesso alla procedura di concordato

riguardante esclusivamente i giudizi di opposizione ad esecuzione forzata, ma deve
considerarsi indeterminabile, atteso che la pronuncia richiesta è di revoca del
fallimento, con oggetto l’accertamento dell’insolvenza, e non la delimitazione
quantitativa del dissesto, tenuto conto che, rispetto ad essa, la legittimità della

Sentenza n. 1346 del 21/01/2013).

Quanto all’argomento legato al contributo unificato, lo stesso appare
manifestamente estraneo al problema.
In ordine al parere del consiglio dell’ordine professionale, lo stesso non è
vincolante per il giudice in sede oppositiva. Si ricorda al riguardo questa S.C. :
“In tema di prestazioni professionali, la parcella corredata dal parere del
consiglio dell’ordine, sulla base della quale il professionista abbia ottenuto il
decreto ingiuntivo contro il cliente, se è vincolante per il giudice nella fase
monitoria, non lo è nel giudizio di opposizione, poiché il parere attesta la
conformità della parcella stessa alla tariffa legalmente approvata ma non prova,
in caso di contestazione del debitore, la effettiva esecuzione delle prestazioni in
essa indicate, ne’ è vincolante per il giudice della cognizione in ordine alla
liquidazione degli onorari. Ne consegue che la presunzione di veridicità da cui è
assistita la parcella riconosciuta conforme alla tariffa non esclude ne’ inverte
l’onere probatorio che incombe sul professionista creditore – ed attore in senso
sostanziale – sia quanto alle prestazioni effettivamente eseguite che quanto alla
misura degli importi richiesti” ( Cass. Sez. 2, n. 5321 del 04/04/2003).

Corte Suprema di Ca

I sez. civ. –

IO

risoluzione del concordato costituisce un mero presupposto ( Cass. Sez. 1,

3 . Passando all’esame del 3 0 motivo , con esso il ricorrente denuncia ”
violazione di legge — violazione dell’art. 112 c.p.c. ” e si riferisce al fatto che la
Corte aveva prospettato la possibilità di un recupero futuro delle somme già
spontaneamente corrisposte in eccesso dallo Scaramucci all’aw. Laraia, senza

realtà altro si richiama ad un obiter dictum della Corte territoriale) è
inammissibile, in quanto del tutto privo del necessario quesito di diritto ex art.
366 bis c.p.c.
B) RICORSO INCIDENTALE
Passando al ricorso incidentale ( condizionato) dello Scaramucci . lo stesso si
articola in due motivi : 1° — Nullità della sentenza per carenza della
legittimazione passiva : Scaramucci ha sempre ed unicamente agito come
amministratore unico della società fallita, come legale rappresentante della
stessa; il 2° motivo, si denunzia la violazione degli artt. 1362 e 1388 c.c. : l’
interpretazione della corte del c.d. ” contratto di patrocinio” concluso dallo
Scaramucci non in proprio, ma quale amm. Un. della società fallita — vizio di
motivazione. Il ricorso incidentale, dunque, in quanto condizionato ( proposto
dalla parte totalmente vittoriosa) rimane assorbito ( Cass. N. 7381 del
25.03.20013). Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato; assorbito quello
incidentale; per il principio della soccombenza le spese processuali sono poste
a carico dell’esponente.
P.Q.M.

Colle Suprema di

Il sez.. civ. –

11

che vi fosse stata al riguardo una domanda in tal proposito. Il motivo ( che in

rigetta

il ricorso principale, assorbito quello incidentale, e condanna il

ricorrente al pagamento delle spese processuali , che liquida in € 3.200,00, di
cui € 200,00 per esborsi.
1 9 marzo 2014

In Roma li

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